"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano

 


Cattolici sottovetro

di Domenico Barrilà


La chiesa vive sempre più in un mondo parallelo e surreale separato dai problemi reali di noi comuni mortali. Con questo rischio per la società. E la politica

Confesso una certa difficoltà a tenere dietro alle torrenziali esternazioni del pontefice. Esse spaziano dalla scuola cattolica alla sicurezza dei cristiani nel mondo, passando per la doglianza sull'abuso di nomi esotici per i bambini e facendo una puntatina sull'educazione sessuale che tenderebbe a sostituire quella religiosa. Un posticino non piccolo se lo sono guadagnato anche preservativi e omosessuali. Una corsa forsennata, nemmeno il  tempo di rifiatare. Non è certo un segno di forza la proliferazione dei messaggi, così come non lo è il continuo flirtare con le stanze del potere da parte di esponenti di rilievo della gerarchia e della Cei, che volentieri surrogano quei cattolici che latitano preferendo il comodo ventre delle strutture ecclesiali o, ancora peggio, la nicchia rassicurante dell'indifferenza. L'implosione dei cattolici, sempre più esitanti quando si tratta di mettere il naso fuori dalle sacrestie, è un problema che più di altri dovrebbe preoccupare il pontefice e i suoi numerosi collaboratori, perché senza gambe non si cammina e soprattutto si perdono preziosi sensori sulla realtà. Un paio di mesi fa sono stato ospite di una parrocchia lombarda. Tra il pubblico, mamme, insegnanti, operai; impiegati, liberi professionisti, persino preti. Gente comune, lontanissima dallo zelo che divora quegli attivisti che non abbandonano mai i recinti ecclesiali. Se il culmine della formazione di costoro è restare attaccati alle sottane di preti, vescovi e agli amici correligionari, significa carenze di formazione, ma soprattutto significa che non si mischieranno mai col mondo, andando in direzione contraria al senso di marcia di un cristianesimo maturo. Finito il mio intervento, mi sono imbattuto in una locandina che annunciava una serie di incontri promossi dalla diocesi, tenuti proprio da quegli attivisti senza posa (che conosco bene) e chiamati pomposamente "Lectio". Con encomiabile modestia non avevano aggiunto "magistralis". Un viaggio a ritroso nel tempo, mi sono venuti in mente, nell'ordine: l'odore della naftalina,le copertine illustrate de "La Domenica del Corriere", le Terme Liberty di Montecatini, il Titanic, la Tenda Rossa, il Formitrol, la Magnesia Bisurata Aromatic, il cinema muto, il Ballo Excelsior.

Pensavo al mondo fuori e ai signori della Lectio, alla scomoda arena laica, che nessuno di questi ultimi frequenta in maniera permanente, perché trova duro muoversi senza la vicinanza del gruppetto di amici d'oratorio. Tra noi è meglio, anzi più sicuro. Scorrevano nella mia testa i volti di quelle mamme e di quei papà che avevo visto tra il pubblico, che volevano capire come funzionano i loro figli e che alla fine si sona discretamente avvicinati, per raccontarmi un qualche problema, un piccolo o grande dolore, la disoccupazione del marito, la sindrome bipolare della moglie. Persone vive, estranee a quella cultura che si compiace dell'uso di termini come Lectio e abita universi paralleli, surreali e rassicuranti, ma irrimediabilmente separati dalla quotidianità di noi comuni mortali. La politica italiana si è impoverita con l'uscita di scena dei cattolici e la chiesa stessa rischia di trasformarsi in un mega ricovero di renitenti, più o meno devoti. Non basta più da parte dei vescovi invocare genericamente l'impegno nel politico, urge riaffermare che sotto le gonne della mamma non c'è crescita, che bisogna formarsi e poi incontrare la collettività in campo aperto. In caso contrario la presenza dei cattolici nel socio politico si ridurrà alle prassi spregiudicate di Comunione e liberazione, che stanno allo spirito di servizio come il defunto Pablo Escobar sarebbe stato ad un programma di rieducazione ministeriale per adolescenti.



 

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