QUELLI DELLA VIA
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Pubblichiamo integralmente l'omelia dell'arcivescovo di Agrigento,
mons. Francesco Montenegro,
in occasione dei festeggiamenti in onore dell'Immacolata.




Oggi è festa dell’Immacolata, il nostro cuore è rivolto a Maria, la graziosa, la bella, la splendente. Maria, dopo Gesù, è il capolavoro della creazione perché, più di qualsiasi altra creatura, reca  in sé l’impronta e l’immagine del Creatore. Oggi è la festa di Maria, ma è anche la festa dell’amore. Dell’amore vincente  di  Dio, che raggiunge l’uomo e lo riscatta dalla schiavitù del peccato. L’Immacolata è la prova che Dio non si arrende nonostante le distanze che spesso mettiamo  tra noi e Lui. Anzi, non solo non si arrende, ma ci viene a cercare. Tocca il cuore quel: 'Dove sei?' pronunciato da Lui. È il richiamo avvilito di chi non trova più il suo amico e non può più fare la sua passeggiata quotidiana. Le sue non sono parole di giudizio o di rimprovero. Infatti non rinfaccia: ‘ingrato che hai combinato. Non dovevi farmelo!’. Apparentemente questa pagina sembra la sconfitta dell’amore, invece in essa emerge quanto sia forte l’amore che Dio nutre per l’uomo. La conseguenza è Maria, la graziosa, la tutta bella, l’Immacolata. Bernardette, la veggente di Lourdes, quando si trovò dinanzi alla statua della Madonna da collocare nella grotta, scolpita tenendo conto delle sue indicazioni, profondamente delusa esclamò: 'Non è fatta come doveva essere. Maria è molto più bella!'. La Chiesa applica a Maria queste parole: 'Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle' e 'Tu sei la gloria di Gerusalemme, tu magnifico vanto d’Israele, tu  splendido onore della nostra gente...' (Gdt 15, 9-10). La sua bellezza, mai offuscata dal peccato, non ha nulla in comune con i canoni umani, perché ha la sua origine in Dio. Eppure, tanta bellezza, non appartiene solo al cielo, ma riguarda anche il nostro mondo umano.  Il  sì anticipato da Maria,  la piccola e semplice donna di Nazaret, se pronunciato anche da noi, ci assicura un destino di bellezza. Da sempre, infatti, il Signore Dio sogna che noi siamo santi ed  immacolati dinanzi a Lui (cfr Ef.1,4). È esaltante e confortante pensare che la nostra storia è destinata alla bellezza, come è avvenuto per Maria. Questo vuol dire che, il nostro faticoso quotidiano, non porta verso il nulla o l’ignoto ma porta verso la luce e la bellezza del cielo. Rassomiglieremo, insomma, alla nostra mamma celeste. Quando l’angelo porta  l’annuncio  a Maria non  trova una donna passivamente ubbidiente, ma  robusta e volitiva. Accettando  la proposta di Gabriele, Maria mostra la sua forza e la sua volontà. Si schiera con Dio e mette in gioco la sua vita, entrando così  in pieno nel progetto di Dio. Tanto è vero che, visitando Elisabetta, non esita a proclamare che  la rivoluzione di Dio è iniziata e che il corso della storia può cambiare. Ormai gli umili e gli oppressi - dice - possono vedere la loro posizione ribaltata … È  su  quel  ‘lo  voglio’ di Maria,  che  intendo  soffermarmi,  riferendomi alla  nostra  città  che,  orgogliosamente,  afferma  la  sua  devozione  all’Immacolata. Lo  faccio perché  ritengo che  la devozione a Maria deve  servirci da scossa per entrare da protagonisti  responsabili e decisi nel progetto di  liberazione di Dio che, nel nostro caso, si realizza nel cercare insieme il bene di Agrigento. Mi riferisco ai rappresentati delle varie istituzioni ma anche ai singoli cittadini. Il sentimento che accomuna molti di noi continua ad essere quello dell’avvilimento, dello  sconforto, della provvisorietà, della non  speranza. A questo si aggiunge il grave senso di incertezza e di sconfitta che va insinuandosi in molti nostri  giovani. Questa situazione non ci può permettere di sentirci precari della città nè abbassare sconsolatamente le braccia perché le cose non vanno: la fede non lo permette. Anzi, richiede che noi per primi, assieme a chi non la condivide, ci rimbocchiamo le maniche con  umiltà, senza voler dare lezioni  a nessuno e, con tenacia, operiamo, ci confrontiamo, dialoghiamo su idee, problemi, valori che possano ricaricarci di vitalità e speranza. Questa città la abitiamo noi, la viviamo noi, noi la facciamo, siamo noi Agrigento. Ricordiamoci, io per primo, che le nostre comunità parrocchiali  non possono accontentarsi di stare nelle chiese e da là sentenziare sulla vita della città, ma devono abitarla attivamente e responsabilmente. La sua bellezza, la sua storia, il suo presente, il suo futuro siamo noi. Darle vita nuova significa  superare pregiudizi,  finte ed orchestrate cautele, diffidenze, assolutismi, arroganze; significa recuperare uno stile di onestà che, evitando  intrecci tra corruttori e corrotti, porti tutti ad uno stile di legalità che è garanzia di giustizia. Convinciamoci che questa città è ancora - non dico può essere - come nel passato, terreno fecondo capace di far germogliare idee e speranze. Non si può vivere solo di passato. Vogliamo questa città diversa? Cominciamo ad essere diversi noi, a qualunque ceto sociale apparteniamo. Se questo vale per  tutti, vale  in particolare, per quanti hanno responsabilità  in questa città. Loro, a vario modo, sono a servizio di Agrigento, ma meraviglia il fatto che con difficoltà, si arriva a conclusioni e determinazioni, sembra  che poco  si muova,  nonostante  il  tempo  scorra, purtroppo  velocemente. Sembra che manchi soprattutto vero  interesse e desiderio di solidarietà perché  i progetti  si  realizzino. Spesso basta un no, detto da qualcuno, perché tutto si impantani. E poi si ricomincia da capo…  Penso  al  deterioramento  del  centro  storico,  e  a  quella  che,  infelicemente, è chiamata via di fuga, perché è un asse viario necessario per una più sicura viabilità e una migliore vivibilità per quanti, più o meno dimenticati, lo abitano. È possibile che, dopo anni, ancora non si sa se la strada verrà realizzata e che ne sarà del centro storico? Qualcuno dovrà pur dirlo. Il tempo  fa cadere a pezzi  il cuore di Agrigento - come mi piace chiamare  il centro storico - ma anche  il cuore di chi  lo abita. Permettere che ciò accada e affidare al  futuro  le soluzioni dei problemi, significherà necessità di maggiore denaro, che, sappiamo già da ora, sarà sempre più difficile reperire. Le frane ed i disastri della natura mettono paura, ma non sono meno pericolosi  i silenzi,  i rimandi, le contrapposizioni, le non assunzioni di responsabilità, e soprattutto il ‘non tocca a me’. Molti dei disastri naturali, non sono solo la vendetta della natura ma anche il frutto di decisioni non prese al tempo dovuto. Perché si devono piangere  i morti e poi  ipocritamente affermare che tutto si poteva e doveva prevedere?  Il bene comune deve prevalere sempre sugli  interessi di parte o  sulle proprie  idee. La politica non è a servizio dei partiti e le istituzioni sono state create per i cittadini. Si vuole rinnovare la città? Lo ripeto, cominciamo da noi stessi. Ognuno faccia la sua parte, ma davvero. L'lo voglio’ di Maria, come le parole del Magnificat, siano il nostro canto di speranza. Carichiamoci di speranza. Diciamo anche noi ‘lo voglio’, come Maria. È vero, viviamo un tempo di incognite, di ombre e di interrogativi, ma proprio per questo abbiamo bisogno di condividere la convinzione che è possibile mantenere relazioni sociali solidali, a tutti i livelli, e che non si cerca il bene della città se si dà spazio a divisioni o a inutili dimostrazione di muscoli ma se, individuate le necessità e le urgenze di questa città e dei suoi abitanti, ci si impegna a cambiarla, trasformarla e rinnovarla perché Agrigento ritrovi la bellezza e si ricolleghi finalmente alla ricca storia che l’ha resa famosa nel mondo. Maria ci scuota e sia per tutti noi riferimento di questo percorso, ci aiuti a credere che la luce pasquale avrà il sopravvento sul buio della mediocrità, della separazione, della rassegnazione e dell’egoismo.
Mi piace chiudere pregando con voi:
'Tutta bella tu sei, o Maria, perché col tuo ‘sì’ incondizionato, hai consentito al Signore Dio di operare i Suoi prodigi. Insegna a ciascuno di noi la libertà e il coraggio di pronunciare il nostro 'sì' alla volontà del Signore. Facci capire che questa è la via che ci conduce alla vera felicità di ciascuno e al bene di tutti. Amen

(8 dicembre 2011)

 

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