AGENDA DELLA CONVIVENZA
CRISTIANI E
MUSULMANI PER UN FUTURO INSIEME
RICCARDI E MINISTRO FRATTINI APRONO COLLOQUIO CRISTIANI E MUSULMANI
“La presenza dei cristiani nel mondo arabo, musulmano, è una chance per tutti,
per il mondo, per i musulmani stessi”. Si è aperto con questa considerazione il
colloquio promosso oggi a Roma dalla Comunità di Sant’Egidio l’ “Agenda della
convivenza: cristiani e musulmani per un futuro insieme”. Ad aprire i lavori è
stato Andrea Riccardi, fondatore della Comunità, accogliendo in una strapiena
sala della Pace il ministro degli esteri italiano Franco Frattini e i
rappresentanti delle fedi cristiane e musulmane sia della tradizione sunnita che
sciita. Il colloquio si sta svolgendo a Roma mentre il Nord Africa è in fiamme.
“E’ il momento – ha detto Riccardi – di una riflessione puntuale sulla
situazione dei cristiani nel mondo arabo e musulmano. Difficoltà, problemi,
crisi e tragedie hanno caratterizzato soprattutto in questo ultimo periodo la
vita dei cristiani in questi Paesi ma la loro presenza è una realtà secolare,
millenaria. Ha radici antiche”. La domanda è: “sta scomparendo proprio nel
momento in cui nel mondo si stanno affermando processi di democrazia e
globalizzazione. Noi – ha detto Riccardi – siamo convinti di no. Ma crediamo
anche che non è questo il tempo del lamento e delle denunce. E’ il momento di
una riflessione seria da fare insieme, cristiani e musulmani”, a partire da temi
concreti come la cittadinanza e l’identità religiosa; il ruolo delle radici
spirituali; la cultura del convivere.
Riccardi ha poi ricordato le parole di Giovanni Paolo II, “la storia è piena di
sorprese”. Ed ha aggiunto: “Gli uomini religiosi hanno un approccio diversi
rispetto agli storici e ai politici. In alcuni momenti, proprio per il loro
radicamento nel cuore delle persone, comprendono le correnti profonde della
storia”. Nel prendere la parola, il ministro Frattini ha fatto subito
riferimento alle drammatiche notizie provenienti dalla Libia, che – ha detto –
“stanno mostrando al mondo una guerra civile, un orribile spargimento di
sangue”. Di fronte agli oltre mille libici morti in questi giorni, “tutto il
mondo è sgomento”. Sono violazioni dei diritti umani che chiedono una condanna
“chiara, ferma e senza incertezza”, perché “non c’è nulla che può giustificare
atti di violenza che non avremmo mai voluto vedere”. Di ritorno ieri dal Cairo,
il ministro ha detto all’auditorium della Sant’Egidio di aver saputo ieri da
fonti ufficiali incontrate nella capitale egiziana che il primo ministro del
precedente governo egiziano “non solo non ha protetto ma ha in qualche modo
tollerato”, la strage dei cristiani in Egitto. Ed ha aggiunto: “la transizione
verso la democrazia in Egitto deve far emergere anche queste responsabilità”.
Allargando quindi il suo discorso alla situazione di tutta l’area mediorientale,
Frattini ha ribadito: “quanto più si ha democrazia e liberta, tanto più le
libertà di tutte le religioni vengono rispettate”, e “quanto più c’è dialogo
interculturale e interreligioso, tanto più i diritti umani si espandono”.
All’Europa – ha detto Frattini – spetta oggi il compito di “uscire dal covo
d’ombra di incertezza e timidezza nell’affermare che le minoranze religiose
hanno il diritto di essere garantite non solo nell’espressione della loro fede
in privato, ma anche pubblicamente ovunque vogliano”. Il ministro ha poi parlato
di un “errore commesso dall’Europa e dall’Occidente”: quello di stringere
“partnership di convenienza” con alcuni Paesi, spinti da “ragioni di Stato”. Ed
ha concluso: “queste ragioni di Stato si devono fermare dinanzi al rispetto dei
diritti fondamentali della persona”. La sfida oggi per l’Europa – ha concluso il
ministro – è quello di monitorare affinché “nelle nuove Costituzioni sia
inserito anche il principio della libertà di tutte le religioni perché questo
principio può rappresentare per questi Paesi che hanno chiesto libertà e
democrazia, un valore aggiunto”.
CARD. NAGUIB, “RADICI SPIRITUALI, PONTE TRA CRISTIANI E MUSULMANI”
In una “stretta coesistenza” durata 14 secoli nei paesi del Medio Oriente,
“cristiani e musulmani hanno scoperto di avere delle radici spirituali comuni
che sono oggi un ponte e un solido terreno d’incontro e di cooperazione”. Lo ha
detto il card. Antonios Naguib, Patriarca di Alessandria dei copti cattolici,
intervenendo oggi a Roma al panel dedicato alle ”Grandi radici spirituali”
nell’ambito del colloquio della Comunità della Sant’Egidio sulla convivenza tra
cristiani e musulmani. “La stretta coesistenza di 14 secoli tra cristiani e
musulmani – ha detto il Patriarca – è una realtà storica che continua ancora
oggi, creando dei legami che scaturiscono dalle grandi radici spirituali comuni
tra le due religioni. In questo essere insieme, i cristiani hanno vissuto e
vivono tuttora dei momenti di tranquillità e altri di difficoltà che vanno fino
alla pressione o anche la persecuzione, come in alcuni periodi della storia”. Ed
è proprio in questi momenti di difficoltà che occorre andare alle radici.
Cristiani e musulmani condividono molto: la fede in Dio Uno e nella santità di
Maria; la rivelazione divina e la vita eterna; il fatto di essere tutti “figli
di Abramo”. “Tutte strade utili e interessanti – ha detto il Patriarca – che
aiutano all’incontro e rinforzano la convivenza. Le radici spirituali comuni
possono rinsaldare fermamente questi legami, e quanto ne abbiamo oggi bisogno”.
SAMMAK (SUNNITA), PER MUSULMANI E CRISTIANI È “TEMPO DI COOPERARE”
“Non ci sarà nessun Medio Oriente senza cristiani e musulmani che condividono la
stessa cittadinanza nazionale. Questo è il tempo di cooperare e non quello di
seguire la regola ‘la speranza di un uomo è la paura di un altro’. Dobbiamo
comportarci seguendo la regola per cui ‘il sogno di una comunità religiosa non è
necessariamente l’incubo di un’altra’”. Con queste parole Mohammad Sammak, del
Comitato nazionale di dialogo islamo-cristiano (Libano), ha interpretato l’onda
di manifestazioni e proteste che stanno segnando molti Paesi dell’area
mediorientale e nordafricana. “Nei regimi autocratici – ha detto l’esponente
sunnita parlando all’incontro della Comunità di Sant’Egidio, “Agenda della
convivenza: cristiani e musulmani per un futuro insieme”– i cristiani hanno
sofferto molto come testimonia l’alto numero di quelli emigrati all’estero. I
regimi islamici hanno usato l’argomento del radicalismo islamista come
spauracchio per mantenere il potere e guadagnarsi l’appoggio internazionale.
Quanto sta accadendo in queste settimane testimonia che tali idee erano prive di
senso”.
“Il Medio Oriente sta cambiando, la democrazia liberale sta avanzando, ma questa
onda di cambiamento saprà rispettare i principi stabiliti dalla Dichiarazione
universale dei diritti umani tra cui quello della libertà religiosa?”. Una
domanda che per Sammak trova risposta nei moti di piazza che non hanno gridato
“slogan religiosi ma invocato libertà, democrazia, dignità, riforme economiche,
trasparenza, lotta alla corruzione, slogan relativi alla difesa dei diritti e
dei valori umani”. “La speranza – è stata la conclusione – è quella di vedere le
basi di consapevoli identità nazionali ed il rispetto dei diritti di
cittadinanza per tutti”.
MONS. AUDO (SIRIA), “DARE AI CRISTIANI ORIENTALI MOTIVI DI FIDUCIA”
“Abbiamo bisogno di musulmani con capacità di governo che sappiano dare ai
cristiani arabi motivi di fiducia in questa fase di cambiamento”. Lo ha detto il
vescovo caldeo di Aleppo (Siria), mons. Antoine Audo, intervenuto, questa
mattina, al colloquio promosso a Roma dalla Comunità di Sant’Egidio, “Agenda
della convivenza: cristiani e musulmani per un futuro insieme”. “Dai cristiani –
ha affermato il vescovo ricordando il recente Sinodo per il Medio Oriente –
giunge un messaggio per i musulmani. Uniti nell’amore di Dio e del prossimo
possiamo edificare la nostra società. Vogliamo offrire un modello di
convivialità sempre più necessario dopo gli attacchi alle chiese di Baghdad e di
Alessandria d’Egitto e davanti alle proteste di piazza in questi giorni che
chiedono soluzioni di giustizia, diritto e pace”. Mons. Audo ha espresso “la
preoccupazione dei cristiani orientali di perdere la loro identità di cittadini
come sta accadendo in Iraq dove tutti sognano un Paese laico, in cui tutti sono
uguali e godono degli stessi diritti. Invece accade che i cristiani sono
costretti a fuggire e ad emigrare. Chiediamo una politica che riconosca ai
cristiani orientali piena cittadinanza. L’Europa può diventare un modello di
unità per il mondo arabo e per la sua ricerca di una laicità positiva che dia
spazio all’esperienza religiosa vissuta dal cittadino in piena libertà nello
spazio pubblico”.
UN MINUTO DI SILENZIO PER TUTTE LE VITTIME NEL NORDAFRICA
Un minuto di silenzio per tutte le vittime cadute in questi giorni di lotta per
la democrazia e per tutti i cristiani uccisi nell’esercizio della loro fede.
Cristiani e musulmani, cardinali e teologi sunniti e sciiti si sono alzati in
piedi ed hanno rivolto un pensiero per il Medio Oriente e il Nord Africa. E’
successo questa mattina nella sala della Pace presso la sede della Comunità di
Sant’Egidio dove è in corso l’”Agenda della Convivenza. Cristiani e musulmani
per un futuro insieme”. A proporre il minuto di silenzio è stato Mohammed
Esslimani, teologo sunnita che ha raccontato ai presenti quanto ha visto al
Cairo nella piazza di Tahrir. “Il mondo – ha detto – ha bisogno di apprendere la
lezione che ci è arrivata dal Cairo, da questo modello vivente di convivenza che
abbiamo visto nella piazza della Liberazione”. Anche padre Pierbattista
Pizzaballa, custode della Terra Santa, ha portato la sua testimonianza. “Il
Medio Oriente – ha detto – è il luogo dove affondano le radici spirituali delle
nostra fede e pertanto rappresenta un unicum. Non un libro, non un messaggio ma
la manifestazione della rivelazione di Dio concreta, storica, precisa avvenuta
in un luogo e in un momento”.
“La Terra Santa – ha proseguito Pizzaballa - rappresenta questo luogo. E’ la
Terra che custodisce queste radici. Pertanto le comunità cristiane che le
abitano, hanno la vocazione unica a custodire e tenere viva la memoria e i
legami che tutte le Chiese del mondo hanno con questa terra. E tutto il mondo
guarda alla Terra Santa. Guarda a questo luogo santo con fatica perché non
riesce a capire le diversità e gli intrecci delle comunità che le abitano. Ma la
guardano anche con l’attesa che proprio da quella terra continui ad arrivare
quella testimonianza alta di amore e di convivenza possibile”. E proprio questa
mattina è stato letto e ricordato un paragrafo dedicato al dialogo con l’Islam
del documento finale del Sinodo per il Medio Oriente che si è svolto in Vaticano
ad ottobre: “Dobbiamo lavorare tutti insieme pder preparare una nuova alba in
Medio Oriente. Siamo sostenuti dalla preghiera, dalla comprensione e dall’amore
di tutti i nostri fratelli e le nostre sorelle nel mondo. Non siamo soli”.
CARD. NAGUIB (EGITTO), “SPERO SI REALIZZI IL SOGNO DEI GIOVANI”
“Lo scenario che spero è quello della realizzazione del sogno dei giovani del
Paese. Una generazione che, grazie ai social network, si sono ritrovati in
piazza per gridare la loro voglia di valori come giustizia, libertà, pace e
uguaglianza”. A dichiararlo è il patriarca di Alessandria di Egitto, il card.
Antonios Naguib, intervenuto oggi a Roma all’incontro della Comunità di
Sant’Egidio, “Agenda della convivenza: cristiani e musulmani per un futuro
insieme”. Parlando a margine dei lavori, il patriarca ha commentato le vicende
egiziane, dopo la caduta di Mubarak esprimendo anche il timore che “in questa
rivoluzione dei giovani trovino spazio quei gruppi che non hanno invece questi
ideali come scopo e che possano così rafforzare le loro posizioni ed imporre la
loro agenda alla scena politica”.
Chiaro il riferimento agli estremisti e ai Fratelli musulmani, “all’interno dei
quali, tuttavia, ci sono anche dei moderati”. “Colui che sarà chiamato guidare
ora il Paese o che sarà in futuro eletto – ha spiegato il cardinale - dovrà
vigilare affinché questo non accada. Dovrà vigilare anche sulla struttura che si
vorrà dare al Paese, sulle forze dell’ordine, sul parlamento per vedere se
questo darà spazio a tutte le rappresentanze e possibilità di esprimersi”. Alla
domanda se vede delle analogie o differenze tra la rivolta egiziana e quella
libica il card. Naguib ha risposto che “la differenza tra Egitto e Libia è il
capo. L’ex presidente Mubarak, quando si è trovato nella condizione di decidere
se reprimere tutto o meno, ha scelto per il bene della nazione di ritirarsi.
Cosa che non vuole fare Gheddafi, un leader ormai isolato”.
MONS. BADER (ALGERIA), “I GIOVANI HANNO FAME E SETE DI GIUSTIZIA”
“I giovani che stanno animando le proteste in molti paesi mediorientali e
nordafricani hanno fame e sete di libertà, di diritto, di dignità, che
desiderano più di qualsiasi altra cosa. Noi come vescovi nordafricani sosteniamo
le loro istanze di libertà e di futuro”. L’arcivescovo di Algeri, mons. Ghaleb
Moussa Abdalla Bader, commenta così le manifestazioni che da giorni stanno
animando le piazze di molti Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa.
L’arcivescovo, intervenuto oggi a Roma all’incontro della Comunità di
Sant’Egidio, “Agenda della convivenza: cristiani e musulmani per un futuro
insieme”, non è “preoccupato” tanto da una possibile deriva islamista delle
proteste quanto “dalla libertà che i futuri governi lasceranno al popolo, nelle
Costituzioni che redigeranno, nell’applicazione dei diritti come quello della
libertà religiosa”. “Un musulmano timoroso di Dio – afferma - può far meglio di
uno che vuole fare carriera politica. Il pericolo, ribadisco, è il grado di
libertà che si intende dare e se sarà applicata la Sharia”.
AL TAHTAWI (EGITTO), “RIMEDIO ALL’ESTREMISMO È LA LIBERTÀ”
Una paura fugata da Muhammad Rifaa al Tahtawi, portavoce dell’università di al
Azhar (Cairo), che lo scorso 4 febbraio ha offerto le sue dimissioni
dall’incarico per potersi unire ai manifestanti di piazza Tahrir. “Gli islamisti
non sono la maggioranza ma una minoranza – dichiara al Tahtawi – e non possono
condizionare il cammino democratico”. Due, per l’esponente egiziano, “gli
scenari da temere: il potere nelle mani dell’esercito anche in futuro e il
modello iraniano. Il modello cui ci rifacciamo è invece quello turco”. Parlando
dei Fratelli musulmani, al Tahtawi spiega che “sono una parte importante in
Egitto. Erroneamente è stata loro impedita l’azione politica, e quando si
impedisce a qualcuno di agire apertamente lo si spinge all’estremismo. L’unico
rimedio all’estremismo è la libertà. Non temo una democrazia in cui i Fratelli
musulmani siano dominanti se questi sono stati scelti dal popolo liberamente.
Questa rivoluzione è di tutti gli egiziani”.
MONS. CASMOUSSA (IRAQ), “NON ASSIMILARE I CRISTIANI A CROCIATI E AMERICANI”
“I cristiani non sopportano di essere assimilati ai Crociati del Medio Evo e
agli occupanti americani di oggi. Dopo il 2003 tutti pensavano che la legge
tornasse a governare l’Iraq nell’uguaglianza del diritto e dei doveri. Purtroppo
non è andata così. Oggi i cristiani sono facile preda di ogni genere di
vessazione”. La denuncia è di mons. Georges Casmoussa, arcivescovo
siro-cattolico di Mosul (Iraq), che oggi ha partecipato all’incontro della
Comunità di Sant’Egidio, “Agenda della convivenza: cristiani e musulmani per un
futuro insieme”. L’arcivescovo, che qualche anno fa ha vissuto sulla sua pelle
il dramma del rapimento, ha ricordato alcune delle restrizioni subite dalla
minoranza cristiana: “minori di genitori passati all’Islam sono obbligati alla
conversione, terreni dei cristiani dati a musulmani, chiusura di negozi dei
cristiani, restrizioni croniche che alimentano l’esasperazione e la frustrazione
della minoranza cristiana”. Nonostante ciò, ha aggiunto, “il dialogo non deve
fermarsi. Cristiani e musulmani sono chiamati a coabitare e riprendere il
cammino per ricostruire il Paese. Abbiamo molti amici musulmani risoluti a
creare un Iraq moderno, pluralista, rispettoso del diritto”. “Spingere i
cristiani fuori dall’Iraq – ha concluso – è un grave errore non solo per i
cristiani ma soprattutto per i musulmani e per il Paese”.