RAPPORTO CENSIS Il 70% dei ragazzi non sa indicare un modello di vita da imitare, mentre il 44% nutre grande fiducia nella Tecnologia. I libri? Non esistono: il tempo libero si passa tra amici, musica e telefono Giovani in cerca di un centro di gravità. I numeri Adesso non riconoscono «maestri» autorevoli, così si affidano alla tivù. E le certezze? In una canzone... di Gianni SantamariaLa cultura è importante, ma i giovani dell'Italia di oggi fanno i conti con l'assenza di «padri e maestri». Pertanto la gerarchia di modelli cui si rivolgono è ispirata a ciò che offre la tv. Ecco, dunque, che alla fatica della formazione subentra la ricerca di scorciatoie. E magari si prova a "sfondare" nel bel mondo che promette successo con una canzone azzeccata. Il 36° Rapporto del Censis individua proprio nella tv una «fonte di miraggi» che fa baluginare una strada dello spettacolo percorribile da chiunque e che porta dritto alla hall of fame. Aumenta così la partecipazione a concorsi di bellezza e talent show. Selezioni alle quali i giovani si sono recati in massa. In 22mila per Miss Italia, 6mila per diventare Veline, rispettivamente 26mila e 36mila per entrare nelle "scuole" alla Operazione Trionfo o Saranno Famosi. I numeri dei candidati ai casting per il piccolo schermo superano ormai quelli dei concorsi pubblici. Ben altri numeri si registrano per le domande di ingresso a istituzioni come l'Accademia musicale di Santa Cecilia (200, quasi tutti stranieri), l'Accademia di recitazione Silvio D'Amico (400), l'Accademia nazionale di danza (350). La sproporzione, spiega il Censis, non può essere dovuta alla dura selezione di questi ultimi centri, poiché anche gli show che promettono la celebrità sono a numero limitatissimo di posti. Ma c'è di più. Il difficile rapporto tra cultura e consumo presente nel mondo giovanile emerge nel paragrafo del Rapporto intitolato «Giovani e cultura nell'era della comunicazione». In esso vengono sintetizzati i risultati dell'inchiesta condotta per conto della Conferenza episcopale italiana, resi noti al recente convegno «Parabole mediatiche». Infatti, i giovani attribuiscono un elevato valore alla cultura: per il 38,7% essa deve «orientare, offrire guida», per il 30,2% «deve promuovere la civilizzazione» e per il 24,5% «denunciare le cose che non vanno». Formarsi rappresenta per il 60% del campione - mille giovani tra 18 e 30 anni - un patrimonio esistenziale teso a costruire la propria visione del mondo. Mancano, però, riferimenti significativi. O meglio c'è una «frammentazione inquietante, con una forte influenza del teatrino televisivo» (addirittura il 70% non sa indicare un maestro «di vita prima ancora che di cultura»). Un dato che impone una riflessione, se si pensa che i giovani sono convinti che saranno tecnologia (43,6%) e televisione (25%) a plasmare la cultura del futuro. Molto più che i libri. Nella graduatoria sull'utilizzo del tempo libero essi non compaiono. La quasi totalità dei giovani indica come modalità di svago lo stare con gli amici (97%), guardare la tv (93,6), l'ascolto della musica (91,9), stare al telefono (87,1), le gite (89) e lo shopping (86,4). Il 27, 3% non legge neanche un libro all'anno e il 16,9% ne "consuma" uno o due. Metà dei giovani (49,3%) non sa indicare un volume che ha inciso nella sua vita. E chi lo fa conferma il bisogno di certezze interiori, citando classici o libri di psicologia. Insomma, emerge un quadro di fragilità, «solitudine educativa», poca trasmissione di valori dalle generazioni precedenti. Una «morsa del vuoto» che, notano i ricercatori, è più acuta nel ricco Nord Est. testo integrale tratto "Avvenire" - 7 dicembre 2002
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