Un 10 dicembre per la pace preventiva


Manifestazioni in cento città per dire no alla guerra in Iraq,

su iniziativa di Emergency, Tavola della pace, Rete Lilliput e Libera.

In piazza anche Cgil, Social forum e numerosi enti locali


di ANGELO MASTRANDREA


Oltre cento iniziative previste in comuni grandi e piccoli d'Italia, 336.778 mila le adesioni all'appello «fuori l'Italia dalla guerra», amministrazioni regionali (Campania e Toscana), provinciali e comunali mobilitate. Le premesse perché il 10 dicembre, cinquantaquattresimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, sia una giornata di grande mobilitazione per la «pace preventiva» ci sono tutte, nonostante il silenzio dei mezzi d'informazione. Promossa da Emergency, Libera, Rete Lilliput e Tavola della pace, che un mese fa avevano lanciato la campagna «stracci di pace», invitando i cittadini a esporre segni bianchi in modo da rendere tangibile l'opposizione alla guerra, le manifestazioni del 10 stanno raccogliendo l'adesione di tutto il movimento dei movimenti. L'altro ieri a Firenze la riunione del comitato organizzatore del Forum sociale europeo ha sancito la condivisione, adesione e partecipazione a tutte le iniziative previste. Così come ha deciso di spendersi in prima persona Sergio Cofferati, arrivato ieri a Roma per la presentazione delle manifestazioni del 10 direttamente dal corteo della Cgil di Napoli. «Sono convinto che ci sarà una grande partecipazione», ha detto Cofferati, che insiste sulla necessità di costruire quotidianamente una cultura della pace», per non dover pagare, come spesso capita, lo scotto del «venir meno dell'onda emotiva» che porta alle grandi mobilitazioni di piazza. Anche perché, e lo si vedeva a occhio nudo ieri mattina nella sala della Protomoteca del Campidoglio, i media non si stanno dimostrando particolarmente interessati all'argomento. «Non è un caso che abbiano pensato di ignorare questa campagna», afferma Gino Strada, che accusa «i soliti opinionisti che fanno il panegirico della guerra» e che attaccano il pacifismo «radicale e ideologico» alla Gino Strada, appunto. Il fatto è, per il fondatore di Emergency, che «in molti casi i proprietari delle testate sono anche proprietari delle teste, e le penne in vendita si guardano bene dallo scrivere i reali motivi di questa guerra». Che si possono definire con un solo termine: petrolio. Così non resta che ringraziare, come fa, tra l'ironico e il polemico, il «sovversivo» don Tonio dall'Olio di Pax Christi, i «pochi coraggiosi» della «stampa sovversiva» presenti in sala. Il sacerdote traccia poi un parallelo tra le «azioni preventive» previste dalla nuova dottrina del governo Bush per «difendere gli interessi americani, distruggendo la minaccia prima che arrivi ai confini» (come è scritto nel National security strategy, che delinea le future strategie di politica estera statunitensi) e gli arresti dei «nostri amici e compagni, accusati di aver voluto sovvertire l'ordine economico». Un tema, quello della criminalizzazione dei movimenti, che sta particolarmente a cuore al Social forum, tanto che tra le parole d'ordine delle manifestazioni del 10 ci sarà quello della «difesa del diritto costituzionale alla libertà di pensiero, espressione e riunione», come dice Nella Ginatempo.

Eppure, appena due giorni prima scadrà l'ultimatum degli Usa all'Iraq affinché renda noti i suoi arsenali e che, afferma Flavio Lotti della Tavola della pace, «come tutti gli ultimatum è destinato ad aumentare la tensione». Evidentemente, «si è deciso di non parlarne», con i «politici italiani» che «si stanno comportando in maniera irresponsabile», visto che una guerra all'Iraq avrebbe seri riflessi negativi anche sull'Europa. Il perché di una manifestazione contro la guerra proprio il 10 dicembre è presto detto: «La ragione principale per cui non riusciamo a debellare la guerra dal pianeta è che la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo non è mai stata rispettata da nessun paese, né ci si sta sforzando di andare in quella direzione», dice ancora Strada. E «non applicare i diritti umani vuol dire creare quelle differenze» che poi sfociano nel terrorismo e nei conflitti.

Le iniziative saranno le più diverse: fiaccolate, ma anche dibattiti e incontri. A Bologna concluderà Sergio Cofferati, a Palermo don Ciotti, a Napoli il presidente della Regione Antonio Bassolino e padre Alex Zanotelli, a Firenze Tiziano Terzani. Ma, accanto alla presenza in piazza della Cgil e del mondo dei movimenti, la novità più rilevante è la partecipazione di istituzioni e scuole, con riunioni straordinarie di consigli comunali e provinciali, una conferenza europea a Venezia per l'adozione di una carta dei diritti umani, e bandiere per la pace esposte in diversi istituti scolastici. Le stesse già esposte da ieri in Toscana in tutte le sedi istituzionali che aderiscono alla campagna, a partire dalla Regione. Intanto, domani partirà per l'Iraq, dove rimarrà fino al 6 dicembre, una delegazione di esponenti della società civile e parlamentari.
 

 testo integrale tratto da "Il Manifesto" - 1 dicembre 2002 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Casella di testo: Un 10 dicembre per la pace preventiva 

Manifestazioni in cento città per dire no alla guerra in Iraq, 
su iniziativa di Emergency, Tavola della pace, Rete Lilliput e Libera. 
In piazza anche Cgil, Social forum e numerosi enti locali

di ANGELO MASTRANDREA

Oltre cento iniziative previste in comuni grandi e piccoli d'Italia, 336.778 mila le adesioni all'appello «fuori l'Italia dalla guerra», amministrazioni regionali (Campania e Toscana), provinciali e comunali mobilitate. Le premesse perché il 10 dicembre, cinquantaquattresimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, sia una giornata di grande mobilitazione per la «pace preventiva» ci sono tutte, nonostante il silenzio dei mezzi d'informazione. Promossa da Emergency, Libera, Rete Lilliput e Tavola della pace, che un mese fa avevano lanciato la campagna «stracci di pace», invitando i cittadini a esporre segni bianchi in modo da rendere tangibile l'opposizione alla guerra, le manifestazioni del 10 stanno raccogliendo l'adesione di tutto il movimento dei movimenti. L'altro ieri a Firenze la riunione del comitato organizzatore del Forum sociale europeo ha sancito la condivisione, adesione e partecipazione a tutte le iniziative previste. Così come ha deciso di spendersi in prima persona Sergio Cofferati, arrivato ieri a Roma per la presentazione delle manifestazioni del 10 direttamente dal corteo della Cgil di Napoli. «Sono convinto che ci sarà una grande partecipazione», ha detto Cofferati, che insiste sulla necessità di costruire quotidianamente una cultura della pace», per non dover pagare, come spesso capita, lo scotto del «venir meno dell'onda emotiva» che porta alle grandi mobilitazioni di piazza. Anche perché, e lo si vedeva a occhio nudo ieri mattina nella sala della Protomoteca del Campidoglio, i media non si stanno dimostrando particolarmente interessati all'argomento. «Non è un caso che abbiano pensato di ignorare questa campagna», afferma Gino Strada, che accusa «i soliti opinionisti che fanno il panegirico della guerra» e che attaccano il pacifismo «radicale e ideologico» alla Gino Strada, appunto. Il fatto è, per il fondatore di Emergency, che «in molti casi i proprietari delle testate sono anche proprietari delle teste, e le penne in vendita si guardano bene dallo scrivere i reali motivi di questa guerra». Che si possono definire con un solo termine: petrolio. Così non resta che ringraziare, come fa, tra l'ironico e il polemico, il «sovversivo» don Tonio dall'Olio di Pax Christi, i «pochi coraggiosi» della «stampa sovversiva» presenti in sala. Il sacerdote traccia poi un parallelo tra le «azioni preventive» previste dalla nuova dottrina del governo Bush per «difendere gli interessi americani, distruggendo la minaccia prima che arrivi ai confini» (come è scritto nel National security strategy, che delinea le future strategie di politica estera statunitensi) e gli arresti dei «nostri amici e compagni, accusati di aver voluto sovvertire l'ordine economico». Un tema, quello della criminalizzazione dei movimenti, che sta particolarmente a cuore al Social forum, tanto che tra le parole d'ordine delle manifestazioni del 10 ci sarà quello della «difesa del diritto costituzionale alla libertà di pensiero, espressione e riunione», come dice Nella Ginatempo.

Eppure, appena due giorni prima scadrà l'ultimatum degli Usa all'Iraq affinché renda noti i suoi arsenali e che, afferma Flavio Lotti della Tavola della pace, «come tutti gli ultimatum è destinato ad aumentare la tensione». Evidentemente, «si è deciso di non parlarne», con i «politici italiani» che «si stanno comportando in maniera irresponsabile», visto che una guerra all'Iraq avrebbe seri riflessi negativi anche sull'Europa. Il perché di una manifestazione contro la guerra proprio il 10 dicembre è presto detto: «La ragione principale per cui non riusciamo a debellare la guerra dal pianeta è che la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo non è mai stata rispettata da nessun paese, né ci si sta sforzando di andare in quella direzione», dice ancora Strada. E «non applicare i diritti umani vuol dire creare quelle differenze» che poi sfociano nel terrorismo e nei conflitti.

Le iniziative saranno le più diverse: fiaccolate, ma anche dibattiti e incontri. A Bologna concluderà Sergio Cofferati, a Palermo don Ciotti, a Napoli il presidente della Regione Antonio Bassolino e padre Alex Zanotelli, a Firenze Tiziano Terzani. Ma, accanto alla presenza in piazza della Cgil e del mondo dei movimenti, la novità più rilevante è la partecipazione di istituzioni e scuole, con riunioni straordinarie di consigli comunali e provinciali, una conferenza europea a Venezia per l'adozione di una carta dei diritti umani, e bandiere per la pace esposte in diversi istituti scolastici. Le stesse già esposte da ieri in Toscana in tutte le sedi istituzionali che aderiscono alla campagna, a partire dalla Regione. Intanto, domani partirà per l'Iraq, dove rimarrà fino al 6 dicembre, una delegazione di esponenti della società civile e parlamentari. 

 testo integrale tratto da "Il Manifesto" - 1 dicembre 2002