VATICAN CITY, 14 GEN 2003 (3:18)
'NO ALLA GUERRA': LEZIONE DI POLITICA DEL PAPA AI POLITICI DEL NOSTRO TEMPO (STANDARD, CHURCH/RELIGIOUS AFFAIRS) |
di Giulio Albanese |
Meno male che c'è il Papa. È il caso di scriverlo a caratteri cubitali leggendo il suo intervento di ieri nel corso dell'udienza al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Giovanni Paolo II ha espresso una lucidità straordinaria nel giudicare la realtà con gli occhi di Dio. Parlando dei flagelli che assillano il nostro tempo, il Pontefice ha manifestato l'inquietudine di un Padre di fronte ad un'umanità allo sbando: "Sono impressionato dal sentimento di paura che dimora sovente nel cuore dei nostri contemporanei". Parole vere, parole che i Grandi della Terra non sembrano voler ascoltare perché preoccupati di trovare rifugio "nel bozzolo di una classe sociale privilegiata" o "di una cultura di comodo che esclude l'altro". Il Papa ha dimostrato d'essere un grande politico, ma di quelli veri, che hanno davvero a cuore il bene comune dell'umanità. Non si può rimanere indifferenti, ha detto con coraggio, di fronte "al modo di vivere di quanti usufruiscono del benessere", precisando che "il loro modo di vivere, il loro modo di consumare, debbono essere rivisti alla luce delle ripercussioni che hanno sugli altri Paesi". Ed è in questo contesto che ha ribadito, come peraltro già fatto in altre occasioni, il suo 'No' a tutto ciò che è diabolico: 'No' alla guerra! 'No' alla morte! 'No' all'egoismo! Credo che a questo punto non vi possano essere più fraintendimenti sul delicato tema della 'pace'. Troppe volte, dobbiamo ammetterlo, soprattutto dopo la tragedia delle 'Twin Towers', anche nelle nostre comunità cattoliche, molti hanno
legittimato il ricorso alla guerra per dirimere questioni che potrebbero essere risolte senza inutili spargimenti di sangue. Bombardare un popolo, l'abbiamo scritto già tante volte, non è lottare contro il terrorismo ma fomentarlo. È contrapporre ai fuorilegge, del calibro di Saddam Hussein o Osama bin Laden, la legge del terrore. A noi non resta che fare tesoro del messaggio di speranza lanciato ieri al mondo dal successore di Pietro: "Tutto davvero può cambiare. Dipende da ciascuno di noi", ha proferito con solenne commozione ricordando che "ognuno può sviluppare in se stesso il proprio potenziale di fede, di probità, di rispetto altrui, di dedizione al servizio degli altri. Dipende chiaramente anche dai responsabili politici chiamati a servire il bene comune". E a questo riguardo è stata sapienziale e al contempo provocatoria la sua ammonizione ai presenti riuniti nella Sala Regia del Palazzo Apostolico Vaticano: "Non vi sorprenda il fatto che, di fronte ad una platea di diplomatici, io proponga al riguardo alcuni imperativi, ai quali mi sembra necessario ottemperare, se si vuole evitare che popoli interi, forse addirittura l'umanità stessa, precipitino nell'abisso". Più chiaro di così si muore: è ora che la classe dirigente del mondo capisca che occorre passare dalle parole ai fatti! Lo scrivo con il massimo rispetto per la persona del Santo Padre, ma il suo discorso è stato davvero 'Papale-Papale'. Devo ammettere che mentre leggevo le sue parole mi venivano alla mente quelle di monsignor Gremoli, vicario apostolico d'Arabia, che ho incontrato alcuni giorni fa ad Abu Dabi: "Il presidente degli Emirati Arabi Uniti, lo sceicco Zayed bin Sultan Al Nahayyan, mi ha detto
che ha una grande stima del Papa e più volte mi ha ripetuto che è l'unico uomo al mondo che può parlare sinceramente di pace e di giustizia, perché lui parla per tutti e non ha interessi personali". È proprio vero! (di Giulio Albanese) (GA)
FONTE: WWW.MISNA.ORG |
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