La pace preventiva del Papa
di FILIPPO GENTILONI
Il Papa continua a pronunciarsi contro la guerra. Quasi tutti i giorni, in ogni occasione, con toni sempre più decisi e precisi. Nessuna giustificazione vaticana per una guerra «preventiva», mentre la preoccupazione per le popolazioni colpite - ieri, oggi e probabilmente domani - si fa sempre più stringente. Nessuna autorità mondiale, né laica né religiosa, si può dire altrettanto schierata a favore della pace. E quindi, implicitamente ma non troppo, contro le pretese della Casa Bianca. Una posizione, questa del Vaticano, che ha suscitato reazioni contrastanti anche da noi e che merita qualche riflessione ulteriore. Logicamente entusiaste le reazioni della grandissima parte del mondo cattolico, al di qua e anche - ma con riserve - al di là dell'Atlantico. Poche le voci discordi. Applaude tutta la grande mobilitazione di forze cattoliche pacifiste. Questa volta, su questo tema, anche i più avanguardisti fra i cattolici si trovano d'accordo con il Vaticano. Anche i tanti terzomondismi e i no global . Un tema, questo della pace, sul quale buona parte del mondo cattolico si sta ricompattando.
Le voci critiche non mancano, anche autorevoli, come alcuni editoriali del Corriere della Sera, a firma di Ernesto Galli Della Loggia: si ha, comunque, l'impressione che il mondo e la cultura cattolica non siano d'accordo con lui. Non è vero, dicono, che il papa sia pregiudizialmente contro l'Occidente che gli Usa rappresenterebbero; non è vero che l'ottica pontificia sia falsata. E' vero, invece, che i maggiori pericoli per la pace vengono proprio dall'occidente a guida Usa.
Il pacifismo del papa, d'altronde, non è quello dei pacifisti «assoluti». Nel complesso della dottrina cattolica l'uso della forza non viene negato in assoluto, ma viene condizionato alla giustizia della causa, alla impossibilità di intervenire in altro modo, alla proporzione fra i vantaggi e gli svantaggi. E' proprio questo insieme di condizioni che, a tutt'oggi, viene negato nel caso dell'Iraq, E viene ribadita la necessità di una risoluzione dell'Onu. Non è poco.
A questo punto è opportuno chiedersi come mai queste autorevoli insistenze rimangano nel vuoto. Né gli Usa né l'Inghilterra - i due stati più impegnati - sembrano preoccuparsene. Anche se i cattolici sia americani che inglesi sono molti e le loro autorità nazionali ripetono le preoccupazioni di Roma.
La risposta a questo interrogativo chiama in causa parecchi aspetti che andrebbero approfonditi. Forse una eccessiva abbondanza di interventi romani, una frequenza che ne fa scemare l'autorevolezza. Forse è lo stesso mondo dei mass media a produrre una certa sordità. Forse è proprio la religione - e non solo quella cattolica - a perdere oggi in autorevolezza e in importanza: La politica - soprattutto l'economia - hanno oggi voce più forte di quella della religione e dell'etica?
Nessuna meraviglia, allora, se le voci del Pentagono e di Wall Street sono più forti e più ascoltate di quella di Roma.
testo integrale tratto da "Il manifesto" - 19 gennaio 2003
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