L'altra Europa dice no alla guerra
Il 15 febbraio lo sciopero generale promosso dal social forum. In piazza in molte capitali, grande corteo a Roma
Si comincia sabato Iniziative in diverse città. Campagne di pressione sui parlamentari e per inserire nella convenzione Ue il ripudio della guerra

di ANGELO MASTRANDREA
ROMA


Era il 10 novembre, il giorno dopo la grande manifestazione di chiusura del Forum sociale europeo di Firenze. Del milione di partecipanti al corteo contro la guerra, in quasi diecimila si ritrovarono nell'ex stazione Leopolda per tracciare un bilancio del Forum e darsi appuntamento al 15 febbraio per uno sciopero generale europeo contro la guerra. Con l'obiettivo, ambizioso, di riuscire a impedire che i rispettivi governi dessero un appoggio, diretto o meno (magari con la semplice concessione delle basi e degli spazi aerei all'aviazione bellica Usa), all'intervento militare in Iraq. Nel frattempo, nonostante la guerra non sia ancora scoppiata, la mobilitazione preventiva non si è fermata, ma ha fatto registrare una campagna («stracci di pace») promossa da Emergency, Rete Lilliput, Libera e Tavola della pace, culminata in fiaccolate in oltre cento città italiane il 10 dicembre, anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani; e le mobilitazioni pacifiste negli Stati uniti, che culmineranno in una giornata mondiale contro la guerra nell'anniversario della prima guerra del Golfo, il prossimo sabato. Promossa dalla coalizione Usa Answer, vedrà scendere in piazza il movimento pacifista americano (a Washington e San Francisco) ma non solo, visto che si manifesterà anche in altri 22 paesi, dal Canada all'Ecuador (in Italia sono previste iniziative in diverse città, tra cui Roma, Napoli e Bologna). La guerra sarà il tema portante anche del prossimo Forum sociale mondiale di Porto Alegre (dal 23 al 28 gennaio) e della manifestazione dei movimenti mondiali nel capoluogo del Rio grande do sul, il prossimo 27 gennaio. E' per questo che, se da un lato lo sciopero generale del 15 febbraio rappresenta la «continuazione materiale» del Forum sociale di Firenze, come sostiene Vittorio Agnoletto, dall'altro ha addirittura ampliato il suo raggio d'azione, estendendosi a paesi come Egitto, Macedonia, Pakistan, Thailandia, Filippine, Canada e Usa, mentre iniziative sono previste anche in Israele e Palestina. Per questo è stato costituito un European antiwar network, che si è già incontrato a Firenze prima e a Copenhagen poi (in occasione del controvertice Ue) e che si riunirà nei prossimi giorni a Londra.

In Italia, l'appuntamento è per il pomeriggio del 15 a Roma, con gli slogan «fermiamo la guerra all'Iraq», «no alla guerra senza se e senza ma» e «pace e giustizia in Medio Oriente». «Noi puntiamo a una manifestazione il più ampia possibile», spiega Agnoletto, «ma con una discriminante di coerenza, e cioè che le forze politiche che aderiscono (ieri è arrivata l'adesione ufficiale dei Ds, con una lettera agli organizzatori del segretario Piero Fassino, ndr) devono impegnarsi a votare no alla guerra in parlamento anche se ci sarà l'avallo dell'Onu. Non riteniamo accettabile che il parlamento non voti, così come non accetteremo alcun tipo di furbizia e faremo circolare i nomi di chi ha votato per la guerra o magari si è assentato al momento del voto». Gli obiettivi della mobilitazione preventiva li spiega Flavio Lotti della Tavola della pace (che ha in cantiere una marcia Perugia-Assisi per il prossimo 12 ottobre, preceduta da una tre giorni dell'Onu dei popoli): «Innanzitutto, intendiamo far esprimere il parlamento, con un chiaro e secco no dell'Italia a ogni tipo di coinvolgimento, anche se tutto ciò è già stato contraddetto dalla partenza degli alpini per l'Afghanistan e dal nulla osta al sorvolo dei nostri cieli da parte dei caccia Usa. Per questo avvieremo una campagna perché ognuno chieda ai parlamentari dei propri collegi cosa pensano in proposito». Inoltre, «pensiamo che la prima vittima di questa guerra sarà l'Europa», e per questo «chiediamo a tutti i governi di dire no e di attivare una politica di prevenzione». Un altro punto fondamentale, deciso nell'affollata assemblea fiorentina del 10 novembre scorso, è la «campagna affinché nell'articolo 1 della convenzione europea si riconosca in maniera chiara che l'Europa è fondata sul ripudio della guerra». E «su questo punto daremo battaglia durante il semestre italiano di presidenza Ue (il secondo del 2003)», quello in cui dovrebbe essere approvata la convenzione, aggiunge Agnoletto. Infine, «ci appelleremo all'Europa perché svolga un ruolo in tutte le guerre, dal Medio Oriente alla Cecenia», conclude Lotti. Ma, data per scontata la contrarietà della maggioranza della popolazione al conflitto, l'opera di pressione si svolgerà soprattutto sui parlamentari, che si vedranno rivolgere inviti a «visite guidate nei luoghi di guerra» (Tonio dall'Olio di Pax Christi) o magari «negli ospedali» (Maso Notarianni di Emergency).

testo integrale tratto da "Il manifesto" - 16 gennaio 2003

Casella di testo: L'altra Europa dice no alla guerra 
Il 15 febbraio lo sciopero generale promosso dal social forum. In piazza in molte capitali, grande corteo a Roma 
Si comincia sabato Iniziative in diverse città. Campagne di pressione sui parlamentari e per inserire nella convenzione Ue il ripudio della guerra
di ANGELO MASTRANDREA
ROMA 

Era il 10 novembre, il giorno dopo la grande manifestazione di chiusura del Forum sociale europeo di Firenze. Del milione di partecipanti al corteo contro la guerra, in quasi diecimila si ritrovarono nell'ex stazione Leopolda per tracciare un bilancio del Forum e darsi appuntamento al 15 febbraio per uno sciopero generale europeo contro la guerra. Con l'obiettivo, ambizioso, di riuscire a impedire che i rispettivi governi dessero un appoggio, diretto o meno (magari con la semplice concessione delle basi e degli spazi aerei all'aviazione bellica Usa), all'intervento militare in Iraq. Nel frattempo, nonostante la guerra non sia ancora scoppiata, la mobilitazione preventiva non si è fermata, ma ha fatto registrare una campagna («stracci di pace») promossa da Emergency, Rete Lilliput, Libera e Tavola della pace, culminata in fiaccolate in oltre cento città italiane il 10 dicembre, anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani; e le mobilitazioni pacifiste negli Stati uniti, che culmineranno in una giornata mondiale contro la guerra nell'anniversario della prima guerra del Golfo, il prossimo sabato. Promossa dalla coalizione Usa Answer, vedrà scendere in piazza il movimento pacifista americano (a Washington e San Francisco) ma non solo, visto che si manifesterà anche in altri 22 paesi, dal Canada all'Ecuador (in Italia sono previste iniziative in diverse città, tra cui Roma, Napoli e Bologna). La guerra sarà il tema portante anche del prossimo Forum sociale mondiale di Porto Alegre (dal 23 al 28 gennaio) e della manifestazione dei movimenti mondiali nel capoluogo del Rio grande do sul, il prossimo 27 gennaio. E' per questo che, se da un lato lo sciopero generale del 15 febbraio rappresenta la «continuazione materiale» del Forum sociale di Firenze, come sostiene Vittorio Agnoletto, dall'altro ha addirittura ampliato il suo raggio d'azione, estendendosi a paesi come Egitto, Macedonia, Pakistan, Thailandia, Filippine, Canada e Usa, mentre iniziative sono previste anche in Israele e Palestina. Per questo è stato costituito un European antiwar network, che si è già incontrato a Firenze prima e a Copenhagen poi (in occasione del controvertice Ue) e che si riunirà nei prossimi giorni a Londra.

In Italia, l'appuntamento è per il pomeriggio del 15 a Roma, con gli slogan «fermiamo la guerra all'Iraq», «no alla guerra senza se e senza ma» e «pace e giustizia in Medio Oriente». «Noi puntiamo a una manifestazione il più ampia possibile», spiega Agnoletto, «ma con una discriminante di coerenza, e cioè che le forze politiche che aderiscono (ieri è arrivata l'adesione ufficiale dei Ds, con una lettera agli organizzatori del segretario Piero Fassino, ndr) devono impegnarsi a votare no alla guerra in parlamento anche se ci sarà l'avallo dell'Onu. Non riteniamo accettabile che il parlamento non voti, così come non accetteremo alcun tipo di furbizia e faremo circolare i nomi di chi ha votato per la guerra o magari si è assentato al momento del voto». Gli obiettivi della mobilitazione preventiva li spiega Flavio Lotti della Tavola della pace (che ha in cantiere una marcia Perugia-Assisi per il prossimo 12 ottobre, preceduta da una tre giorni dell'Onu dei popoli): «Innanzitutto, intendiamo far esprimere il parlamento, con un chiaro e secco no dell'Italia a ogni tipo di coinvolgimento, anche se tutto ciò è già stato contraddetto dalla partenza degli alpini per l'Afghanistan e dal nulla osta al sorvolo dei nostri cieli da parte dei caccia Usa. Per questo avvieremo una campagna perché ognuno chieda ai parlamentari dei propri collegi cosa pensano in proposito». Inoltre, «pensiamo che la prima vittima di questa guerra sarà l'Europa», e per questo «chiediamo a tutti i governi di dire no e di attivare una politica di prevenzione». Un altro punto fondamentale, deciso nell'affollata assemblea fiorentina del 10 novembre scorso, è la «campagna affinché nell'articolo 1 della convenzione europea si riconosca in maniera chiara che l'Europa è fondata sul ripudio della guerra». E «su questo punto daremo battaglia durante il semestre italiano di presidenza Ue (il secondo del 2003)», quello in cui dovrebbe essere approvata la convenzione, aggiunge Agnoletto. Infine, «ci appelleremo all'Europa perché svolga un ruolo in tutte le guerre, dal Medio Oriente alla Cecenia», conclude Lotti. Ma, data per scontata la contrarietà della maggioranza della popolazione al conflitto, l'opera di pressione si svolgerà soprattutto sui parlamentari, che si vedranno rivolgere inviti a «visite guidate nei luoghi di guerra» (Tonio dall'Olio di Pax Christi) o magari «negli ospedali» (Maso Notarianni di Emergency). 
testo integrale tratto da "Il manifesto" - 16 gennaio 2003