FONTE: M.I.S.N.A.
 

ETHIOPIA, 11 NOV 2002 (18:59)
 

EMERGENZA FAME:

 TORNA LO SPETTRO DELLA MORTE PER MILIONI DI CIVILI,/PARTE1  (STANDARD, GENERAL)

 

 

È solo questione di tempo e l'Etiopia si troverà a vivere ancora una volta una catastrofe fatta di corpi scheletrici e facce scavate. La denuncia è arrivata oggi dal primo ministro etiope Meles Zenawi che ha avvisato come il suo Paese si stia apprestando a vivere un'emergenza fame ancora più grave per intensità e dimensioni di quella del 1984 quando il mondo intero si mobilitò in soccorso della popolazione civile. Un appello rilanciato anche dalla Federazione internazionale della Croce rossa, che ha chiesto ai 'donor' di mettere al più presto a disposizione dell'organizzazione 11 milioni di dollari. Soldi con cui si cercherà di alleviare le sofferenze dei circa 15 milioni di cittadini etiopi che rischiano di morire di fame. Uno scenario che dai presupposti potrà facilmente superare per gravità le devastanti carestie che colpirono il Paese nel 1972, 1974, 1984 e 1989. Eppure operatori umanitari, agenzie internazionali, missionari e organismi delle Nazioni Unite sembrano impotenti di fronte ad un conto alla rovescia che implacabile avvicina sempre più rapidamente il Paese verso le stesse drammatiche conseguenze di quelle terribili crisi alimentari. "Le piogge quest'anno sono arrivate con un mese di ritardo e sono terminate con 45 giorni di anticipo. Una situazione analoga si presentò nell'84 e nell'89 quando il Paese venne colpito da due delle peggiori carestie che si ricordino. Solo che allora i raccolti dei due-tre anni precedenti erano stati quanto meno soddisfacenti”. A parlare è Suor Elisa, missionaria della congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice, in Etiopia da molto tempo. Alla MISNA racconta il dramma che si sta consumando sotto i suoi occhi: “Quest'anno invece al quadro meteorologico bisogna aggiungere il fatto che gli ultimi raccolti sono stati scarsissimi e che l'ultima grande carestia ha colpito il Paese solo due anni fa”. Tutti segnali che preannunciano una catastrofe di dimensioni immani, ma “il mondo è distratto – denuncia la missionaria - pensa ad altro. Il mondo se lo può permettere, noi invece no. Perché ogni giorno abbiamo davanti agli occhi i volti scavati di questi bambini". Una testimonianza dura e piena di rabbia quella raccolta dalla MISNA. Rabbia provocata dal disinteresse che i media internazionali sembrano avere sulla questione. Un’indifferenza che ha il sapore della beffa per chi è costretto ad assistere impotente al dramma umano di decine di migliaia di persone. Suor Elisa vive a Zway, una cittadina 160 chilometri a sud della capitale Addis Abeba, sull'omonimo lago, da cui si possono osservare da vicino alcuni di quei 15 milioni di etiopi che secondo la croce rossa rischiano di tornare a confrontarsi in maniera drammatica con lo spettro della fame. Zway nacque per volontà del dittatore Mengistu Haile Mariam il quale la scelse come capoluogo, data la posizione piuttosto centrale. Una decisione politica che, in appena 15 anni, riuscì a trasformare un villaggio di poche migliaia di persone in una grande città. "Una baraccopoli di 50-60mila abitanti, dotata di uffici (la burocrazia è una delle poche cose realmente funzionanti) e larghi 'boulevard', secondo lo stile delle migliori città europee”, racconta suor Elisa. “Due sensi unici separati da uno stupendo viale verde: non c'è stato il tempo per costruire altre infrastrutture, che avrebbero fatto di Zway una vera città modello, perché nel 1992 Mengistu venne costretto alla fuga e trovò rifugio in Zimbabwe”, aggiunge. Zway si trova ad affrontare uno strano destino: uno stupendo sogno, pianificato ma mai realizzato, che negli ultimi anni si è andato trasformando in un incubo. Il sogno di Mengitsu ha avuto l’unica conseguenza di spingere verso una crescita sproporzionata della popolazione urbana, che in pochi anni ha quasi raggiunto le 60mila unità in una delle peggiori località, dal punto di vista climatico, dell'intero Paese. Pur sorgendo sulle rive di un grande lago, l'area semi-arida è infatti considerata a costante rischio fame. Le statistiche degli ultimi tre anni mostrano una carenza alimentare continua. "L'ultima siccità - racconta ancora la suora - ha portato alla missione un gran numero di bambini ridotti a pelle e ossa. Alemitu, una piccola di 18 mesi, pesava poco meno di cinque chili quando è arrivata: un briciolo di ossicini ormai quasi senza vita. Tzehai, sette anni, superava a malapena i 10 chilogrammi, da mesi era incapace di reggersi in piedi, si attaccava ancora al seno della mamma. Hosen, un maschietto di 8 mesi, pesava 4 chili e duecento grammi!". Solo pochi nomi, alcuni di una lunga, interminabile lista, che non ha mai subito flessioni, che non ha mai neanche accennato a diminuire. "Chi cerca di aiutare questa povera gente – spiega ancora la religiosa - è costretto a dover stabilire un criterio. Per essere ‘ammessi’ ai programmi nutrizionali di organismi e associazioni, i bimbi devono essere sottopeso almeno del 40 per cento. Se così non fosse il 70-80 per cento dei bambini di Zway e dei villaggi limitrofi dovrebbero essere assistiti!". L'immediato futuro è, ancora una volta, preoccupante. Le associazioni degli agricoltori avevano previsto e pianificato che il raccolto ottenuto dai campi dell'area si sarebbe aggirato intorno ai 360mila quintali. "Ma il raccolto effettivo è stato di soli 6.676,5 quintali, oltre 50 volte meno del previsto”, osserva suor Elisa. “Con queste scorte potranno essere mantenute in vita circa 12mila persone per 3 mesi (da ottobre a dicembre) mentre ne rimarranno escluse altre 100mila. Tra tre mesi l'intera popolazione dell'area di Zway sarà alla fame, per un totale di oltre 12mila persone". Ma la siccità non colpisce solo uomini donne e bambini. (Continua) (MZ)

       ETHIOPIA, 11 NOV 2002 (19:1)
 

 EMERGENZA FAME: TORNA LO SPETTRO DELLA MORTE    PER MILIONI DI CIVILI,/PARTE2 (STANDARD, GENERAL)

La mancanza di acqua e di pascoli in questa zona dell'Etiopia metterà a rischio ben 200mila animali, che sono l'unico sostegno e le uniche 'macchine agricole' di questa gente. "Se i buoi non riusciranno a farcela – spiega ancora suor Elisa alla MISNA - all'inizio della prossima stagione delle piogge non si riuscirà ad arare la terra necessaria nel poco tempo a disposizione. E allora il ciclo della fame si preparerà a stringere ancora una volta la sua morsa sul triste destino di questa terra". Già ora nei villaggi la situazione è desolante. Gli uomini validi se ne sono andati da tempo, alla ricerca di acqua e pascoli per assicurare la sopravvivenza del bestiame. A casa sono rimasti solo donne, vecchi e bambini, circondati da tonnellate di terra riarsa che il vento trasforma in enormi mulinelli di polvere e morte. I piccoli granai di cicca (rami e fango) che affiancano le capanne sono crollati. "Nessuno si è preoccupato di rinnovarli per i nuovi raccolti. Tutti sanno che non ci sarà nessun nuovo raccolto quest'anno. Promesse mancate, bruciate nei campi quando il grano iniziava a formarsi nascosto dalle barbe della pannocchia. Non è stato raccolto neppure la semente sparsa tra le lacrime all'inizio della stagione delle piogge. Il tieff, il piccolo grano per fare la injera, il tradizionale pane etiopico, non è stato neanche falciato, la gente sa benissimo che le spighe sono completamente vuote", racconta ancora la suora. La situazione in cui versa l'Etiopia, ma anche la vicina Eritrea, negli ultimi giorni ha cominciato a preoccupare anche organismi internazionali come il Programma mondiale alimentare (Pam) dell'Onu, che ha iniziato a diffondere i suoi allarmanti bollettini. Il governo etiope si è appellato alla comunità internazionale, chiedendo 2 milioni di tonnellate di aiuti alimentari, ma al momento nessun 'donor' ('governo donatore') si è ancora fatto avanti. "A causa della grande crisi alimentare che colpito i Paesi dell'Africa australe, l'Etiopia e le altre Nazioni del corno d'Africa stanno ricevendo minori attenzioni", ha dichiarato recentemente Wagdi Othman, portavoce del Pam in Eritrea. "Gli aiuti? - continua Suor Elisa - Finora il Governo ha mandato 100 quintali di faffa (farina vitaminizzata, spesso usata nel Paese in caso di carestie, ndr). 100 quintali per oltre 100 mila persone, vuol dire neanche un etto di faffa a testa! E' la prima volta che mi trovo direttamente coinvolta in una catastrofe preannunziata di queste dimensioni. Mi spaventa. E penso all'ironia della sorte: sarebbe sufficiente spostare il Paese qualche parallelo più a Nord e tutto sarebbe diverso. Se i villaggi più a nord dell'Etiopia si trovassero fianco a fianco con i paesini più a sud del nostro stivale... allora sì che quella dell'Etiopia diventerebbe una tragedia vera e reale – continua la missionaria -. Un dramma degno di adeguata copertura mediatica e della giusta attenzione da parte dei governi! Ma siamo troppo a sud. E tutti i grandi del mondo sono troppo impegnati a combattere i fantasmi del terrorismo internazionale, per poter abbassare lo sguardo verso chi sta un po' troppo... sotto il tavolo! Sotto il tavolo della politica internazionale cercando di raccoglierne le briciole! Noi continuiamo a sperare. Speriamo di poter continuare e allargare al massimo il numero di persone da assistere con il nostro programma alimentare che, quotidianamente, assicura un pasto a quasi 4mila bambini. Il mondo potrebbe aiutarci a moltiplicare questi numeri - conclude Suor Elisa - potrebbe aiutarci ad offrire una scodella di faffa in più ogni giorno. Sperando così di riuscire a salvare il maggior numero di bambini possibile!". (MZ)

       FONTE: M.I.S.N.A.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Casella di testo: FONTE: M.I.S.N.A.
 
ETHIOPIA, 11 NOV 2002 (18:59)
 
EMERGENZA FAME:
 TORNA LO SPETTRO DELLA MORTE PER MILIONI DI CIVILI,/PARTE1  (STANDARD, GENERAL) 
 
 
È solo questione di tempo e l'Etiopia si troverà a vivere ancora una volta una catastrofe fatta di corpi scheletrici e facce scavate. La denuncia è arrivata oggi dal primo ministro etiope Meles Zenawi che ha avvisato come il suo Paese si stia apprestando a vivere un'emergenza fame ancora più grave per intensità e dimensioni di quella del 1984 quando il mondo intero si mobilitò in soccorso della popolazione civile. Un appello rilanciato anche dalla Federazione internazionale della Croce rossa, che ha chiesto ai 'donor' di mettere al più presto a disposizione dell'organizzazione 11 milioni di dollari. Soldi con cui si cercherà di alleviare le sofferenze dei circa 15 milioni di cittadini etiopi che rischiano di morire di fame. Uno scenario che dai presupposti potrà facilmente superare per gravità le devastanti carestie che colpirono il Paese nel 1972, 1974, 1984 e 1989. Eppure operatori umanitari, agenzie internazionali, missionari e organismi delle Nazioni Unite sembrano impotenti di fronte ad un conto alla rovescia che implacabile avvicina sempre più rapidamente il Paese verso le stesse drammatiche conseguenze di quelle terribili crisi alimentari. "Le piogge quest'anno sono arrivate con un mese di ritardo e sono terminate con 45 giorni di anticipo. Una situazione analoga si presentò nell'84 e nell'89 quando il Paese venne colpito da due delle peggiori carestie che si ricordino. Solo che allora i raccolti dei due-tre anni precedenti erano stati quanto meno soddisfacenti”. A parlare è Suor Elisa, missionaria della congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice, in Etiopia da molto tempo. Alla MISNA racconta il dramma che si sta consumando sotto i suoi occhi: “Quest'anno invece al quadro meteorologico bisogna aggiungere il fatto che gli ultimi raccolti sono stati scarsissimi e che l'ultima grande carestia ha colpito il Paese solo due anni fa”. Tutti segnali che preannunciano una catastrofe di dimensioni immani, ma “il mondo è distratto – denuncia la missionaria - pensa ad altro. Il mondo se lo può permettere, noi invece no. Perché ogni giorno abbiamo davanti agli occhi i volti scavati di questi bambini". Una testimonianza dura e piena di rabbia quella raccolta dalla MISNA. Rabbia provocata dal disinteresse che i media internazionali sembrano avere sulla questione. Un’indifferenza che ha il sapore della beffa per chi è costretto ad assistere impotente al dramma umano di decine di migliaia di persone. Suor Elisa vive a Zway, una cittadina 160 chilometri a sud della capitale Addis Abeba, sull'omonimo lago, da cui si possono osservare da vicino alcuni di quei 15 milioni di etiopi che secondo la croce rossa rischiano di tornare a confrontarsi in maniera drammatica con lo spettro della fame. Zway nacque per volontà del dittatore Mengistu Haile Mariam il quale la scelse come capoluogo, data la posizione piuttosto centrale. Una decisione politica che, in appena 15 anni, riuscì a trasformare un villaggio di poche migliaia di persone in una grande città. "Una baraccopoli di 50-60mila abitanti, dotata di uffici (la burocrazia è una delle poche cose realmente funzionanti) e larghi 'boulevard', secondo lo stile delle migliori città europee”, racconta suor Elisa. “Due sensi unici separati da uno stupendo viale verde: non c'è stato il tempo per costruire altre infrastrutture, che avrebbero fatto di Zway una vera città modello, perché nel 1992 Mengistu venne costretto alla fuga e trovò rifugio in Zimbabwe”, aggiunge. Zway si trova ad affrontare uno strano destino: uno stupendo sogno, pianificato ma mai realizzato, che negli ultimi anni si è andato trasformando in un incubo. Il sogno di Mengitsu ha avuto l’unica conseguenza di spingere verso una crescita sproporzionata della popolazione urbana, che in pochi anni ha quasi raggiunto le 60mila unità in una delle peggiori località, dal punto di vista climatico, dell'intero Paese. Pur sorgendo sulle rive di un grande lago, l'area semi-arida è infatti considerata a costante rischio fame. Le statistiche degli ultimi tre anni mostrano una carenza alimentare continua. "L'ultima siccità - racconta ancora la suora - ha portato alla missione un gran numero di bambini ridotti a pelle e ossa. Alemitu, una piccola di 18 mesi, pesava poco meno di cinque chili quando è arrivata: un briciolo di ossicini ormai quasi senza vita. Tzehai, sette anni, superava a malapena i 10 chilogrammi, da mesi era incapace di reggersi in piedi, si attaccava ancora al seno della mamma. Hosen, un maschietto di 8 mesi, pesava 4 chili e duecento grammi!". Solo pochi nomi, alcuni di una lunga, interminabile lista, che non ha mai subito flessioni, che non ha mai neanche accennato a diminuire. "Chi cerca di aiutare questa povera gente – spiega ancora la religiosa - è costretto a dover stabilire un criterio. Per essere ‘ammessi’ ai programmi nutrizionali di organismi e associazioni, i bimbi devono essere sottopeso almeno del 40 per cento. Se così non fosse il 70-80 per cento dei bambini di Zway e dei villaggi limitrofi dovrebbero essere assistiti!". L'immediato futuro è, ancora una volta, preoccupante. Le associazioni degli agricoltori avevano previsto e pianificato che il raccolto ottenuto dai campi dell'area si sarebbe aggirato intorno ai 360mila quintali. "Ma il raccolto effettivo è stato di soli 6.676,5 quintali, oltre 50 volte meno del previsto”, osserva suor Elisa. “Con queste scorte potranno essere mantenute in vita circa 12mila persone per 3 mesi (da ottobre a dicembre) mentre ne rimarranno escluse altre 100mila. Tra tre mesi l'intera popolazione dell'area di Zway sarà alla fame, per un totale di oltre 12mila persone". Ma la siccità non colpisce solo uomini donne e bambini. (Continua) (MZ)
       ETHIOPIA, 11 NOV 2002 (19:1)
 
 EMERGENZA FAME: TORNA LO SPETTRO DELLA MORTE    PER MILIONI DI CIVILI,/PARTE2 (STANDARD, GENERAL)
La mancanza di acqua e di pascoli in questa zona dell'Etiopia metterà a rischio ben 200mila animali, che sono l'unico sostegno e le uniche 'macchine agricole' di questa gente. "Se i buoi non riusciranno a farcela – spiega ancora suor Elisa alla MISNA - all'inizio della prossima stagione delle piogge non si riuscirà ad arare la terra necessaria nel poco tempo a disposizione. E allora il ciclo della fame si preparerà a stringere ancora una volta la sua morsa sul triste destino di questa terra". Già ora nei villaggi la situazione è desolante. Gli uomini validi se ne sono andati da tempo, alla ricerca di acqua e pascoli per assicurare la sopravvivenza del bestiame. A casa sono rimasti solo donne, vecchi e bambini, circondati da tonnellate di terra riarsa che il vento trasforma in enormi mulinelli di polvere e morte. I piccoli granai di cicca (rami e fango) che affiancano le capanne sono crollati. "Nessuno si è preoccupato di rinnovarli per i nuovi raccolti. Tutti sanno che non ci sarà nessun nuovo raccolto quest'anno. Promesse mancate, bruciate nei campi quando il grano iniziava a formarsi nascosto dalle barbe della pannocchia. Non è stato raccolto neppure la semente sparsa tra le lacrime all'inizio della stagione delle piogge. Il tieff, il piccolo grano per fare la injera, il tradizionale pane etiopico, non è stato neanche falciato, la gente sa benissimo che le spighe sono completamente vuote", racconta ancora la suora. La situazione in cui versa l'Etiopia, ma anche la vicina Eritrea, negli ultimi giorni ha cominciato a preoccupare anche organismi internazionali come il Programma mondiale alimentare (Pam) dell'Onu, che ha iniziato a diffondere i suoi allarmanti bollettini. Il governo etiope si è appellato alla comunità internazionale, chiedendo 2 milioni di tonnellate di aiuti alimentari, ma al momento nessun 'donor' ('governo donatore') si è ancora fatto avanti. "A causa della grande crisi alimentare che colpito i Paesi dell'Africa australe, l'Etiopia e le altre Nazioni del corno d'Africa stanno ricevendo minori attenzioni", ha dichiarato recentemente Wagdi Othman, portavoce del Pam in Eritrea. "Gli aiuti? - continua Suor Elisa - Finora il Governo ha mandato 100 quintali di faffa (farina vitaminizzata, spesso usata nel Paese in caso di carestie, ndr). 100 quintali per oltre 100 mila persone, vuol dire neanche un etto di faffa a testa! E' la prima volta che mi trovo direttamente coinvolta in una catastrofe preannunziata di queste dimensioni. Mi spaventa. E penso all'ironia della sorte: sarebbe sufficiente spostare il Paese qualche parallelo più a Nord e tutto sarebbe diverso. Se i villaggi più a nord dell'Etiopia si trovassero fianco a fianco con i paesini più a sud del nostro stivale... allora sì che quella dell'Etiopia diventerebbe una tragedia vera e reale – continua la missionaria -. Un dramma degno di adeguata copertura mediatica e della giusta attenzione da parte dei governi! Ma siamo troppo a sud. E tutti i grandi del mondo sono troppo impegnati a combattere i fantasmi del terrorismo internazionale, per poter abbassare lo sguardo verso chi sta un po' troppo... sotto il tavolo! Sotto il tavolo della politica internazionale cercando di raccoglierne le briciole! Noi continuiamo a sperare. Speriamo di poter continuare e allargare al massimo il numero di persone da assistere con il nostro programma alimentare che, quotidianamente, assicura un pasto a quasi 4mila bambini. Il mondo potrebbe aiutarci a moltiplicare questi numeri - conclude Suor Elisa - potrebbe aiutarci ad offrire una scodella di faffa in più ogni giorno. Sperando così di riuscire a salvare il maggior numero di bambini possibile!". (MZ)
       FONTE: M.I.S.N.A.