CATTOLICI
Il nemico numero Uno
di FILIPPO GENTILONI


«Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica»: è questo il titolo di un documento pubblicato ieri dal Vaticano (cardinale Ratzinger, Congregazione per la Dottrina della Fede, ex Sant'Uffizio). Un titolo molto impegnativo, a indicare, come si afferma nella prime righe, che «in questi ultimi tempi, per l'incalzare degli eventi, sono emersi orientamenti ambigui e posizioni discutibili, che rendono opportuna la chiarificazione di aspetti e dimensioni importanti della tematica in questione». Niente di molto nuovo nella sostanza di una quindicina di pagine. Nuova, o rinnovata, la consapevolezza che la dottrina cattolica si trova a dovere procedere in una via sempre più stretta, fra scogli sempre più minacciosi. Il testo vaticano li indica con chiarezza. Da una parte, sì alla democrazia e quindi al pluralismo delle posizioni politiche e sociali. Ma dall'altra, no alle varie forme di relativismo che si affacciano sul percorso politico da tutte le parti. Il testo ribadisce continuamente che su alcuni punti fondamentali i cedimenti non possono essere ammessi («l'ordine pubblico e la pace, la libertà e l'uguaglianza, il rispetto della vita umana e dell'ambiente, la giustizia, la solidarietà», ecc.). Dal testo appare chiaramente che oggi il relativismo è, per il Vaticano, il nemico pubblico numero uno. I tempi nei quali tale nemico era l'ateismo materialista appaiono molto lontani.

No al relativismo, dunque, ma no anche al fondamentalismo: la laicità ha i suoi diritti e il Vaticano non rimpiange i tempi degli stati e dei governi cattolici. E' chiaro, fra le pieghe del testo, il desiderio di prendere le distanze non soltanto dai relativismi di un certo laicismo più o meno scettico, ma anche delle possibili somiglianze con i discorsi religiosi di tipo musulmano. («Tutti i fedeli sono ben consapevoli che gli atti specificamente religiosi restano fuori dalle competenze dello stato, il quale né deve intromettersi né può in modo alcuno esigerli o impedirli...»). Una via intermedia , dunque, che le vicende attuali rendono sempre più stretta ma anche sempre più necessaria.

Né si deve dimenticare, nel leggere la Nota, un'altra circostanza che la rende attuale: la fine dei partiti «a ispirazione cattolica». Sono finiti quasi dovunque, e così il discorso sull'impegno politico dei cattolici si è fatto più personale. Più impegnativa, dunque, la responsabilità di ciascuno. E' interessante notare che il documento non mostra, per quell'epoca, alcuna nostalgia. Né auspica, per il gruppo dei cattolici impegnati in politica, una sorta di gruppo (una lobby) che sostituisca i partiti. Ciascun cattolico in politica se la dovrà vedere da sé, con la propria coscienza.

Un passo avanti, dunque, verso un'etica della responsabilità personale di tipo protestante? Sì e no. E' giusto che «i cittadini rivendichino, nelle loro scelte, la più completa autonomia». Anche i cattolici. Ma la via è stretta proprio perché il documento vaticano ribadisce ancora una volta che la verità è una. «La via della democrazia se, da una parte, esprime al meglio la partecipazione diretta dei cittadini alle scelte politiche, dall'altra si rende possibile solo nella misura in cui trova alla sua base una retta concezione della persona. Su questo principio l'impegno dei cattolici non può cedere a compromesso alcuno, perché altrimenti verrebbero meno la testimonianza della fede cristiana nel mondo e la unità e coerenza». E ancora: «La Chiesa insegna che non esiste autentica libertà senza verità»: al singolare.

E allora? Non è facile comprendere come possa avere successo questo ennesimo tentativo vaticano di comporre l'unicità e certezza della verità cattolica con il pluralismo e la ricerca che sono tipici della moderna cultura democratica.

testo integrale tratto da "Il manifesto" - 17 gennaio 2003


 
 

 

 

 

 

 

 

 

Casella di testo: CATTOLICI 
Il nemico numero Uno 
di FILIPPO GENTILONI

«Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica»: è questo il titolo di un documento pubblicato ieri dal Vaticano (cardinale Ratzinger, Congregazione per la Dottrina della Fede, ex Sant'Uffizio). Un titolo molto impegnativo, a indicare, come si afferma nella prime righe, che «in questi ultimi tempi, per l'incalzare degli eventi, sono emersi orientamenti ambigui e posizioni discutibili, che rendono opportuna la chiarificazione di aspetti e dimensioni importanti della tematica in questione». Niente di molto nuovo nella sostanza di una quindicina di pagine. Nuova, o rinnovata, la consapevolezza che la dottrina cattolica si trova a dovere procedere in una via sempre più stretta, fra scogli sempre più minacciosi. Il testo vaticano li indica con chiarezza. Da una parte, sì alla democrazia e quindi al pluralismo delle posizioni politiche e sociali. Ma dall'altra, no alle varie forme di relativismo che si affacciano sul percorso politico da tutte le parti. Il testo ribadisce continuamente che su alcuni punti fondamentali i cedimenti non possono essere ammessi («l'ordine pubblico e la pace, la libertà e l'uguaglianza, il rispetto della vita umana e dell'ambiente, la giustizia, la solidarietà», ecc.). Dal testo appare chiaramente che oggi il relativismo è, per il Vaticano, il nemico pubblico numero uno. I tempi nei quali tale nemico era l'ateismo materialista appaiono molto lontani.

No al relativismo, dunque, ma no anche al fondamentalismo: la laicità ha i suoi diritti e il Vaticano non rimpiange i tempi degli stati e dei governi cattolici. E' chiaro, fra le pieghe del testo, il desiderio di prendere le distanze non soltanto dai relativismi di un certo laicismo più o meno scettico, ma anche delle possibili somiglianze con i discorsi religiosi di tipo musulmano. («Tutti i fedeli sono ben consapevoli che gli atti specificamente religiosi restano fuori dalle competenze dello stato, il quale né deve intromettersi né può in modo alcuno esigerli o impedirli...»). Una via intermedia , dunque, che le vicende attuali rendono sempre più stretta ma anche sempre più necessaria.

Né si deve dimenticare, nel leggere la Nota, un'altra circostanza che la rende attuale: la fine dei partiti «a ispirazione cattolica». Sono finiti quasi dovunque, e così il discorso sull'impegno politico dei cattolici si è fatto più personale. Più impegnativa, dunque, la responsabilità di ciascuno. E' interessante notare che il documento non mostra, per quell'epoca, alcuna nostalgia. Né auspica, per il gruppo dei cattolici impegnati in politica, una sorta di gruppo (una lobby) che sostituisca i partiti. Ciascun cattolico in politica se la dovrà vedere da sé, con la propria coscienza.

Un passo avanti, dunque, verso un'etica della responsabilità personale di tipo protestante? Sì e no. E' giusto che «i cittadini rivendichino, nelle loro scelte, la più completa autonomia». Anche i cattolici. Ma la via è stretta proprio perché il documento vaticano ribadisce ancora una volta che la verità è una. «La via della democrazia se, da una parte, esprime al meglio la partecipazione diretta dei cittadini alle scelte politiche, dall'altra si rende possibile solo nella misura in cui trova alla sua base una retta concezione della persona. Su questo principio l'impegno dei cattolici non può cedere a compromesso alcuno, perché altrimenti verrebbero meno la testimonianza della fede cristiana nel mondo e la unità e coerenza». E ancora: «La Chiesa insegna che non esiste autentica libertà senza verità»: al singolare.

E allora? Non è facile comprendere come possa avere successo questo ennesimo tentativo vaticano di comporre l'unicità e certezza della verità cattolica con il pluralismo e la ricerca che sono tipici della moderna cultura democratica.

testo integrale tratto da "Il manifesto" - 17 gennaio 2003