fonte : MISNA VATICAN CITY, 20 NOV 2002 (13:21)
PRESIDENTE CARITAS INTERNATIONALIS:
"GLI IRACHENI SARANNO ANCORA VITTIME,
MA QUAL'E' LA LORO COLPA?"
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"In Iraq la popolazione civile muore di fame, I bambini muoiono di fame, non c'è cibo. E non ci sono medicine, c'è solo tanta disperazione. Quale sono le responsabilità di queste persone? Per cosa devono essere ancora puniti?". A parlare è monsignor Youhanna Fouad El Hage, presidente di Caritas Internationalis e vescovo di Tripoli, che in un'intervista concessa oggi alla MISNA, illustra le sfide a cui Caritas è chiamata a rispondere. Il comitato esecutivo della confederazione cattolica, che raccoglie 154 organizzazioni di assistenza, sviluppo e promozione sociale presenti in 198 nazioni, è riunito in questi giorni a Roma per una serie di incontri 'operativi', tesi a coordinare gli sforzi in un momento così delicato. "In un mondo che ha raggiunto così tante conquiste tecnologiche e così tanti traguardi, c'è ancora una immensa sofferenza. Un dolore causato dalle avverse condizioni meteorologiche ma ancora peggio causato dalla mano dell'uomo", ha continuato il presule. "I venti di guerra che spirano e attraversano il globo, fanno respirare al mondo un'aria carica di tensione - aggiunge -. Dopo che il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, dichiarò la sua 'Guerra al terrorismo' gli scrissi una lettera, nella quale gli chiedevo cosa fosse il terrorismo. È fondamentale che ci si interroghi sulle cause di un fenomeno come quello del terrorismo, solo così si può pensare di sconfiggerlo realmente. Quanto accade in Medio Oriente ne è poi un esempio lampante - sottolinea
ancora il presidente di Caritas Internationalis -. Il popolo palestinese soffre da 50 anni un'esistenza fatta di miseria e di assoluta mancanza di prospettive. Per mettere fine al terrorismo bisogna interrogarsi davvero su come condizioni di vita miserrime influiscano su di esso", ha concluso. Anche per questo bombardare o lanciare un attacco contro l'Iraq può difficilmente rappresentare una soluzione al contenzioso in corso tra Washington e Baghdad da oltre 10 anni. "Si creeranno sicuramente altro dolore e altra sofferenza. Questo mondo ha bisogno di pace. E pace vuol dire saper ascoltare e saper dialogare. È bene che tutti si ricordino che nessuno può dirsi perfetto, tutti devono saper ascoltare le critiche altrui e rispettare chi la pensa diversamente", prosegue monsignor El Fouage. "L'altro va accettato così com'è senza pretendere cambiamenti. Al tempo stesso è fondamentale mantenere le proprie posizioni. Solo così – conclude - si può ottenere un rispetto reciproco, necessario oggi più che mai". Proprio sulla questione irachena e sui rischi legati ad un attacco statunitense nel Paese, l'organizzazione cattolica ha recentemente pubblicato un rapporto, stilato in seguito ad una visita nel Paese mediorientale. Nel dossier della Caritas Internationalis appaiono numeri che mostrano tutta la drammaticità del quadro che un possibile attacco potrebbe lasciare dietro di sé. Quasi 16 milioni di iracheni, circa due terzi dell'intera popolazione, dipendono completamente per il loro sostentamento dagli aiuti umanitari consegnati ogni mese. Le sanzioni economiche e l'eredità della Guerra del Golfo hanno fatto sì che
le normali infrastrutture, dal sistema sanitario, a quello elettrico fino agli impianti idrici, siano ancora assolutamente inadeguate. Nel documento Caritas Internationalis azzarda anche alcune ipotesi sulle conseguenze di un possibile conflitto. In caso di un attacco il numero delle vittime potrebbe variare da un minimo di 10 mila morti a oltre dieci volte tanto. La riunione del comitato esecutivo di Caritas Internationalis si è aperta ieri a Palazzo San Callisto a Roma, dove si concluderà domani. (MZ) |
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