Il difficile cammino del laico
di Carlo Molari
Nella chiesa cattolica è in corso una difficile trasformazione di strutture e di funzioni per un serio adeguamento della sua missione alle nuove condizioni dell’umanità. I laici ne stanno diventando la spina dorsale e la trincea avanzata. Il Concilio Vaticano II ne aveva intravisto la necessità e poste le basi teologiche per avviare il processo, ma il cammino è proceduto lentamente perché ha trovato notevoli resistenze. Le spinte a valorizzare il laicato sono di natura diversa: la progressiva diminuzione del clero nelle chiese di più lunga tradizione e di maggiore benessere economico è uno dei fattori, ma non il più importante. Quello principale è il cambiamento della missione ecclesiale. Essa è entrata in una nuova fase. Tale cambiamento ha favorito lo sviluppo della teologia del laicato che tuttavia non ha ancora trovato modelli adeguati, riferimenti condivisi e formule mature. Essere laici nella chiesa è un modo concreto di vivere la fede in Dio "tenendo fisso lo sguardo su Gesù" (Eb 12, 2), un modo particolare, quindi, di essere cristiano. L’assunzione del Vangelo di Gesù quale riferimento di vita costituisce l’identità cristiana di base ma non avviene in modo istantaneo, bensì si stabilisce in un processo, che sorge da testimonianze e che si svolge in una comunità. Ogni uomo, infatti, nascendo incompiuto e incapace di vivere, necessita di un utero sociale che lo completi fino alla maturità in un intreccio di rapporti, che offre ragioni di vita e indica orizzonti ideali per le scelte che la vita impone. Questa offerta si svolge lungo tutta l’esistenza personale, ma ha una funzione decisiva nella sua prima parte. Dopo diverse verifiche e confronti, infatti, giunge per tutti il momento in cui si diventa capaci di fare una scelta definitiva e di orientare la vita secondo gli ideali scoperti. Un fanciullo in una comunità cristiana dovrebbe essere educato, attraverso stimoli continui ad accogliere gli ideali proposti da Gesù, in modo da crescere nella libertà, da sperimentare il valore della fedeltà al Vangelo così da sceglierlo come riferimento della propria esistenza. Il complesso delle scelte vitali costituisce l’identità spirituale di una persona e nella chiesa configura la sua funzione, il suo carisma o il suo stato di vita. Quando, infatti, una persona, dopo verifiche e confronti, decide di assumere gli ideali evangelici e di proseguire la strada in cui è stato avviato, acquista la sua fisionomia di credente maturo e diventa fedele laico, testimone del Vangelo nel mondo, secondo la caratteristica della propria professione. Laici nella chiesa non si diventa per la semplice iscrizione nel registro battesimale, ma per una decisione consapevole e libera che si sviluppa nel tempo e acquista la sua forma definitiva attraverso la propria competenza professionale svolta con attenzione costante al regno di Dio.
Lo stato laicale come ogni stato di vita ecclesiale implica una risposta personale a sollecitazioni che hanno la loro radice ultima nell’azione di Dio espressa attraverso la struttura dei rapporti, e il loro riferimento paradigmatico nel Vangelo di Cristo. Il complesso di queste sollecitazioni costituiscono per ogni persona la sua vocazione. Per i laici le scelte della professione, del matrimonio, (come per altri la decisione di entrare in un ordine religioso, di diventare sacerdote ecc.) sono le modalità concrete con cui decidono la loro configurazione ecclesiale, assumono l’identità di figli di Dio, entrano in uno stato di vita e svolgono la loro missione. In alcuni casi tale decisione ha la forma di uno specifico atto, sacramentale (come per il Matrimonio), o viene inserito all’interno della Eucaristia (come, a volte, la deputazione ad essere catechisti, o la partenza di missionari laici ecc.). Tutti questi momenti sono attuazioni concrete dell’impegno battesimale sancito personalmente nella Cresima e rinnovato nella Eucarestia. Ogni stato di vita nella chiesa ha una fondazione sacramentale, perché non risulta da una semplice decisione personale ma da una offerta o da un mandato della comunità ecclesiale. Il Battesimo e la Confermazione sono riti di inizio e, come tali, non sono sufficienti a stabilire uno stato ecclesiale finché, attraverso scelte personali, non si rendono esplicite le loro implicazioni vitali. Il principale impegno della chiesa attuale deve essere quello di far crescere adulti nella fede che siano in grado di testimoniare in modo efficace l’azione di Dio, che chiama tutti gli uomini alla identità di figli suoi, in tutte le condizioni della vita.
nuovi baricentri della missione ecclesiale
I cambiamenti culturali di questi ultimi decenni hanno spostato sempre più il baricentro della missione ecclesiale dall’ambito sacro a quello secolare. Per questo la funzione laicale sta diventando sempre piu importante all’interno della chiesa in ordine alla sua missione.
Oggi chiedendo la venuta del Regno di Dio si pensa alla maturità personale, alla giustizia, alla salute, alla pace, alla salvaguardia del creato. Le domande di salvezza più che in spazi religiosi vengono poste in quelli profani. In questi ambiti la chiesa deve annunciare il Regno e testimoniare l’azione salvifica di Dio.
Per questo motivo, la missione della chiesa, oggi è svolta prevalentemente attraverso l’azione dei laici, che vengono così a costituire la punta di diamante della missione ecclesiale nel mondo.
Laico non è il semplice battezzato o il fedele cristiano, ma il credente che ha scelto una personale condizione per la missione ecclesiale, un fedele cioè, che, inserito in una comunità, accogliendo la tradizione che gli viene offerta, compie scelte consapevoli per svolgere in modo specifico la missione e annunciare il regno. La decisione di fondo è compiuta nel momento in cui, "tenendo fisso lo sguardo su Gesù" (Eb 12, 2) si sceglie la propria condizione nel mondo, attraverso la professione o le varie modalità di esistenza secolare. In questa luce si comprende il valore salvifico delle decisioni personali e storiche prese dal laico: l’una o l’altra professione, i servizi sociali e le scelte politiche, il matrimonio o il celibato, ecc. Tutte queste scelte qualificano l’esercizio della fede in Dio rivelato da Cristo e le modalità della missione ecclesiale svolta dal laico. Esse rendono concreta la sua liturgia vitale secondo l’invito di S. Paolo: "vi esorto ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale" (Rom 12,1). Il fulcro di questa esistenza è l’atteggiamento teologale assunto nei meandri della vita sociale e degli impegni secolari. Il Concilio ha riassunto in modo esemplare tale compito: "per loro vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio... Sono chiamati da Dio a contribuire, quasi dall’interno e a modo di fermento, alla santificazione del mondo mediante l’esercizio della loro funzione propria e sotto la guida dello spirito evangelico, e in questo modo a rendere visibile Cristo agli altri, principalmente con la testimonianza della loro vita e col fulgore della fede, della speranza e della carità. A loro quindi particolarmente spetta di illuminare e ordinare tutte le realtà temporali, alle quali essi sono strettamente legati, in modo che sempre siano fatte secondo Cristo e crescano e siano di lode al Creatore e al Redentore" (Concilio Vaticano LI Lumen gentium 31, EV 1, 363).
Per questa missione il laico si caratterizza come seguace di Cristo e testimone di Dio, nell’ambito della vita secolare e come tale "appartiene non meno che la gerarchia alla sfera istituzionale della chiesa" (Correcco E., L’identità ecclesiologica del fedele laico, in Vita e pensiero, marzo 1987, p. 164).
Nella nota pastorale (7 giugno 1985) i Vescovi italiani dopo il Convegno ecclesiale di Loreto (9-13 aprile 1985) hanno riconosciuto: "il volto maturo e responsabile del laicato che opera nelle nostre chiese. Esso merita fiducia e ci fa intravedere a quali obiettivi di comunione possiamo guardare. Di qui viene il primario impegno della formazione dei laici ad una autentica ministerialità laicale nella chiesa e ad uno specifico e competente servizio nel Paese"(n. 55). Viene poi citato il discorso del Papa al Convegno (11 Aprile 1985, n. 6) dove si parla di una autentica laicità cristiana "come un modo specifico caratterizzato dall’inserimento nelle realtà terrene, di vivere la comune appartenenza e missione cristiana ed ecclesiale (cfr. LG 31)" (ib.).
Nonostante questi riconoscimenti ufficiali, diverse lamentele si elevano nella chiesa italiana sull’invadenza clericale e sulle resistenze di fronte ai necessari cambiamenti. La cosa è comprensibile, dato che ogni processo suscita reazioni e deve incontrare difficoltà. Ma anche da parte dei laici manca la consapevolezza della responsabilità e delle possibilità offerte. Una teologa laica recentemente invitava tutti i laici ad un’autocritica, a riconoscere cioè che "l’ostacolo più grave non sta negli altri, ‘quanto, ciascuno per la sua parte, nel fraintendimento o nel tradimento della propria ‘competenza ". Continua poi: "So bene che è difficile essere laici, esserlo sino in fondo. Sfuggire cioè alle facili omologazioni vuoi al mondo clericale, vuoi a quello delle spiritualità maturate nell’ambito specifico della vita religiosa" (Cettina Melitello, Immaginare la chiesa del terzo millennio. Dov’è la doppia competenza dei laici?, Vita pastorale, 88 (2000) n. 4, p. 22). Tale difficoltà non deve scoraggiare, bensì stimolare i laici ad una formazione permanente, perché la nuova fase della missione richiede vita di fede, generosità e competenza.
testo integrale tratto da "Rocca" Rivista della pro Civitate Christiana Assisi, 1/6/2000 n. 11