Questa volta il Parlamento

non potrà rispondere «no»
 

di Stefano Folli
 

 

Prima il momento dell’emozione collettiva, in molti casi sincera. Poi il ritorno alla politica, con le sue strettoie e le sue asperità. Così si è consumata la giornata storica nell’eco del discorso papale. Giorgio Rumi lo ha definito «non rituale, non di circostanza». Altri hanno aggiunto: un discorso forte, fascinoso, quello che ci si attendeva da un protagonista del secolo. Il passaggio sui rischi del totalitarismo figlio di «una democrazia senza valori», ha scosso chi ascoltava. E ha descritto una Chiesa conciliata con la democrazia rappresentativa. Si capisce allora che oltre Tevere ci si compiaccia per il successo indiscutibile. E si valuti che il messaggio di Giovanni Paolo II, nel segno di «un’alta etica politica», ha centrato tutti i suoi obiettivi. Senza le temute interferenze. A destra qualcuno afferma: «Il Papa ha toccato i cuori». Sull’onda del sentimento, ci si spinge a dire che «da oggi qualcosa cambia in Parlamento». Anche chi non condivide alcunché nel merito, come il vecchio laico Marco Pannella, ammette di avere osservato il Pontefice con ammirazione e di aver avuto la tentazione di gridargli, da avversario: «Sei magnifico!».
Così pure un altro laico, La Malfa, uno degli assenti del «fronte del no», rende omaggio a suo modo al Papa, quando commenta che adesso il Parlamento si trova di fronte a un’alternativa secca: o segue la rotta indicata da Wojtyla, rinunciando a qualcosa della sua autonomia; o ignora il messaggio, «svalutando così l’alto magistero papale».
Vedremo allora se hanno ragione quelli che dicono «da oggi qualcosa cambia». Verificheremo come reagisce in concreto il Parlamento alle sollecitazioni del Papa. A un discorso che è, sì, di alto profilo etico; ma che comporta inevitabilmente dei risvolti politici. La reazione di Montecitorio non aiuta a decifrare il rebus. Lo storico Rusconi osservava ieri sera a Excalibur che il Parlamento non è stato, per certi versi, all’altezza del suo interlocutore. C’è del vero. Fausto Bertinotti ha giudicato un po’ ridicolo che gli applausi siano stati selettivi: ogni settore ha scelto quel che più gradiva del discorso, applaudendo a blocchi «come se si trattasse di un dibattito sulla fiducia».
Del resto, l’ingresso in aula del presidente del Consiglio è stato salutato esclusivamente dalla maggioranza: l’opposizione è rimasta gelida. Segno di un Paese che resta diviso quasi su tutto, come forse è inevitabile. Fino a che punto il messaggio del Pontefice è in grado di favorire comportamenti più virtuosi e coesi?
Lo scontro nel pomeriggio tra il ministro dell’Istruzione, Letizia Moratti, e il responsabile dell’Economia, Giulio Tremonti, forse sarebbe accaduto lo stesso, visto che la prima chiede investimenti e il secondo vuole contenere le spese. Ma in qualche modo «la passione della signora Moratti per la scuola» (parole di Berlusconi) è stata incoraggiata dal gesto di affetto che il Papa ha avuto verso di lei e dalle parole pronunciate sul tema dell’educazione scolastica.
C’è comunque un punto su cui il Parlamento è in grado di offrire in fretta il segno richiesto. Ed è ovviamente «l’atto di clemenza» verso i carcerati: il nodo che il Papa ha trattato con molta precisione, scendendo quasi nel dettaglio, riferendosi al «sovraffollamento» degli istituti di pena. Su questo la Santa Sede non può non avere avuto garanzie. E nonostante che la politica abbia subito riproposto le sue strettoie, ossia incertezza sull’opportunità del gesto e sullo strumento da usare (amnistia, indulto, misure ad personam , eccetera), mai come adesso l’impressione generale è che «l’atto di clemenza» ci sarà. Attraverso un momento (raro) di convergenza tra maggioranza e opposizione.

 

testo integrale tratto da "Il Corriere della Sera"- 15 novembre 2002

 

 

 

 

Casella di testo: Questa volta il Parlamento 
non potrà rispondere «no»

di Stefano Folli


Prima il momento dell’emozione collettiva, in molti casi sincera. Poi il ritorno alla politica, con le sue strettoie e le sue asperità. Così si è consumata la giornata storica nell’eco del discorso papale. Giorgio Rumi lo ha definito «non rituale, non di circostanza». Altri hanno aggiunto: un discorso forte, fascinoso, quello che ci si attendeva da un protagonista del secolo. Il passaggio sui rischi del totalitarismo figlio di «una democrazia senza valori», ha scosso chi ascoltava. E ha descritto una Chiesa conciliata con la democrazia rappresentativa. Si capisce allora che oltre Tevere ci si compiaccia per il successo indiscutibile. E si valuti che il messaggio di Giovanni Paolo II, nel segno di «un’alta etica politica», ha centrato tutti i suoi obiettivi. Senza le temute interferenze. A destra qualcuno afferma: «Il Papa ha toccato i cuori». Sull’onda del sentimento, ci si spinge a dire che «da oggi qualcosa cambia in Parlamento». Anche chi non condivide alcunché nel merito, come il vecchio laico Marco Pannella, ammette di avere osservato il Pontefice con ammirazione e di aver avuto la tentazione di gridargli, da avversario: «Sei magnifico!». 
Così pure un altro laico, La Malfa, uno degli assenti del «fronte del no», rende omaggio a suo modo al Papa, quando commenta che adesso il Parlamento si trova di fronte a un’alternativa secca: o segue la rotta indicata da Wojtyla, rinunciando a qualcosa della sua autonomia; o ignora il messaggio, «svalutando così l’alto magistero papale». 
Vedremo allora se hanno ragione quelli che dicono «da oggi qualcosa cambia». Verificheremo come reagisce in concreto il Parlamento alle sollecitazioni del Papa. A un discorso che è, sì, di alto profilo etico; ma che comporta inevitabilmente dei risvolti politici. La reazione di Montecitorio non aiuta a decifrare il rebus. Lo storico Rusconi osservava ieri sera a Excalibur che il Parlamento non è stato, per certi versi, all’altezza del suo interlocutore. C’è del vero. Fausto Bertinotti ha giudicato un po’ ridicolo che gli applausi siano stati selettivi: ogni settore ha scelto quel che più gradiva del discorso, applaudendo a blocchi «come se si trattasse di un dibattito sulla fiducia». 
Del resto, l’ingresso in aula del presidente del Consiglio è stato salutato esclusivamente dalla maggioranza: l’opposizione è rimasta gelida. Segno di un Paese che resta diviso quasi su tutto, come forse è inevitabile. Fino a che punto il messaggio del Pontefice è in grado di favorire comportamenti più virtuosi e coesi? 
Lo scontro nel pomeriggio tra il ministro dell’Istruzione, Letizia Moratti, e il responsabile dell’Economia, Giulio Tremonti, forse sarebbe accaduto lo stesso, visto che la prima chiede investimenti e il secondo vuole contenere le spese. Ma in qualche modo «la passione della signora Moratti per la scuola» (parole di Berlusconi) è stata incoraggiata dal gesto di affetto che il Papa ha avuto verso di lei e dalle parole pronunciate sul tema dell’educazione scolastica. 
C’è comunque un punto su cui il Parlamento è in grado di offrire in fretta il segno richiesto. Ed è ovviamente «l’atto di clemenza» verso i carcerati: il nodo che il Papa ha trattato con molta precisione, scendendo quasi nel dettaglio, riferendosi al «sovraffollamento» degli istituti di pena. Su questo la Santa Sede non può non avere avuto garanzie. E nonostante che la politica abbia subito riproposto le sue strettoie, ossia incertezza sull’opportunità del gesto e sullo strumento da usare (amnistia, indulto, misure ad personam , eccetera), mai come adesso l’impressione generale è che «l’atto di clemenza» ci sarà. Attraverso un momento (raro) di convergenza tra maggioranza e opposizione. 

testo integrale tratto da "Il Corriere della Sera"- 15 novembre 2002