Bambini nel mondo
L’Onu: adulti colpevoli
«Gli adulti hanno tradito tutti i bambini del mondo». È un vero e proprio atto d’accusa quello con cui il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha dato il via al forum mondiale sull’infanzia. Rivolgendosi alle centinaia di bambini, che per la prima volta partecipano a questa sessione speciale dell’assemblea generale delle Nazioni Unite, ha indicato innanzitutto i cinque diritti fondamentali che vanno loro riconosciuti. «Libertà dalla fame, dalla povertà e dalle malattie contagiose - ha tuonato -, nonché da abusi e sfruttamenti, e l’accesso all’istruzione». E poi, rivolto agli adulti, li ha richiamati alle loro responsabilità: «Sono diritti ovii e tuttavia noi li abbiamo deprecabilmente trascurati. Ora dobbiamo annullare questa ommissione». Parole dure, che hanno scosso profondamente i tremila delegati delle organizzazioni non governative e gli oltre sessanta esponenti politici, in rappresentanza di 180 Paesi, riuniti nel salone del Palazzo di Vetro di New York. Lo stupore, invece, ha segnato i volti dei 350 bambini ospiti e protagonisti del summit che con gli occhi sbarrati e le bocche spalancate non hanno perso una sillaba del discorso di Annan. A nome loro si sono fatti avanti i due delegati ufficiali, emozionati, un po’ spaesati, ma ben coscienti dell’importanza del loro ruolo. Poche, semplici frasi, di una chiarezza disarmante. «Siamo i bambini del mondo, ma anche della guerra. Siamo le vittime e gli orfani dell’Aids. Siamo i bambini le cui voci non vengono mai ascoltate», ha ripetuto Gabriela Azurduy Arrieta, 13 anni, boliviana, quasi nascosta dal podio, giusto alto come lei. Poi è tornata accanto agli altri, per ascoltare quello che tutti quegli adulti avranno da dire durante il summit che si concluderà sabato e al cui centro è stato posto un obiettivo preciso: rimediare a un’emergenza dalle proporzioni drammatiche.
Perché dei 2 miliardi di minori nel mondo, 150 milioni non hanno abbastanza da mangiare.
Perché 11 milioni di bambini muoiono prima dei cinque anni.
Perché 120 milioni non possono andare a scuola e 300mila combattono nelle guerre degli adulti.
L’Italia, in questa campagna, è in prima fila. «Vogliamo essere all’avanguardia nella lotta contro lo sfruttamento minorile per garantire ai giovani e all’infanzia un futuro giusto e decoroso», ha ribadito ieri il ministro del Welfare, Roberto Maroni, nel corso di una tavola rotonda sulle «azioni future per i prossimi dieci anni». In vista di questo obiettivo l’Italia pone la famiglia al centro di tutte le politiche sull’infanzia: «Diritto alla salute, all’istruzione, ad avere una tutela contro gli abusi significa per i bambini il diritto a una famiglia, il nucleo fondamentale della società - ha sottolineato Maroni - inteso come l’intende la Costituzione: famiglia naturale fondata sul matrimonio». Il dibattito su alcuni temi, comunque, si preannuncia arroventato: Stati Uniti, alleati in questo caso con cattolici e islamici, continuano a rinviare il varo del documento finale perché non condividono i riferimenti che riguardano l’educazione sessuale e il diritto alla contraccezione per gli adolescenti. Washington, d’altra parte, è spesso contro corrente: non ha mai ratificato, per esempio, la Convenzione del 1989 sui Diritti dell’Infanzia disconosciuta solo dalla Somalia. Nel 1990, il vertice dell’Onu sui minori si concluse con un impegno delle nazioni ricche a devolvere lo 0,7% del Prodotto interno lordo al miglioramento delle condizioni sanitarie e dell’istruzione nei Paesi in via di sviluppo. Nell’ultimo decennio tuttavia questa promessa si è progressivamente arenata. E anche le nazioni del Terzo Mondo, che avrebbero dovuto investire il 20% dei loro bilanci nazionali sul welfare, non hanno brillato: nel migliore dei casi non sono andate oltre il 12-14%.
da "Avvenire" 9 maggio 2002