LA FRETTA DI USARE LA FORZA
Il governo iracheno ha dichiarato la sua disponibilità a garantire accesso a tutti gli impianti, senza preavviso e senza limiti. A quanto è stato possibile sapere fino a queste ore sembra che le promesse siano state mantenute. Sebbene molte vittime civili siano già state sacrificate in questi anni, ciò che, di questa drammatica vicenda, si è svolto sulla scena diplomatica internazionale è stato nell'interesse della pace, dell'ordine internazionale, del rispetto delle norme. Per ora.
C’è chi ha fretta di passare comunque alle misure di forza, quale che sia l'esito delle verifiche degli ispettori. Sono di ritorno da un viaggio negli Stati Uniti in cui ho avuto molti colloqui, a diversi livelli della società, fino a qualcuno dei più alti esponenti della politica di quel paese. Sono E’ in corso negli Usa una vera pressione multilaterale sull’opinione pubblica affinché finisca per considerare la guerra non solo inevitabile, ma addirittura già decisa. Resta l’impressione che il paese venga preparato alla guerra. Qualcosa di simile sta accadendo anche in Gran Bretagna, dove ho letto che il Parlamento ha già consegnato nelle mani del premier un mandato preventivo per un'azione militare senza ulteriori discussioni.
Cosa significa tutto ciò? Che ci si accinge alla guerra a prescindere dall'esito delle verifiche. Come se si fosse sempre saputo che esse non avrebbero condotto ad alcun esito certo.
Tutto ciò induce a gravi riflessioni. Io credo che, oggi più che mai, si debba impedire che si sedimenti negli animi l’idea che i problemi del mondo contemporaneo siano risolvibili con la guerra, con la forza. In un contesto come questo non è difficile ipotizzare che, da qualche parte, si inneschino operazioni di provocazione capaci di innescare un conflitto. Il sistema mediatico è già pronto ad agire in questa direzione. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu deve, per queste ragioni, mantenere sotto il suo controllo l’intero processo di verifica fino alla sua conclusione. E, al termine previsto, nel rispetto della risoluzione approvata all’unanimità, deve nuovamente riunirsi per discutere. Ogni scorciatoia dev’essere considerata fin d'ora come illegale. Se si arriverà alla conclusione che l’Iraq dispone di armi di distruzione di massa, o delle strutture per costruirle in tempi rapidi, allora sarà il Consiglio di Sicurezza a imporgli la loro eliminazione e a decidere in quali tempi e quali forme. Se invece non si scoprirà nulla, sarà comunque il Consiglio di Sicurezza a dover prendere una decisione, a definire le modalità per il ritorno alla normalità nel rispetto della sovranità nazionale irachena, fino alla fine dell'embargo in base a precisi impegni iracheni in termini di verifiche e controlli. La questione della permanenza al potere del regime di Saddam Hussein - che molti, negli Stati Uniti, considerano insopportabile - non può e non deve essere risolta dall'esterno, tanto meno con atti di forza che violino la sovranità nazionale di quel paese. Questo indicano le norme vigenti della comunità internazionale. Chiunque le violi ci conduce, lo voglia o non lo voglia, al ritorno alla legge della giungla.
testo integrale tratto da "LA STAMPA" - 2 dicembre 2002
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