Se si alza la voce contro la guerra


di FILIPPO GENTILONI


Non siamo certamente abituati a sentire un papa che parla del silenzio di un Dio «disgustato» dell'umanità, come ha fatto ieri Giovanni Paolo II. Eppure un linguaggio di questi tipo non è certamente estraneo alla Bibbia, tutt'altro. Il papa ha citato le espressioni dure del profeta Geremia; avrebbe potuto citare anche Giobbe, al cui dolore e alla cui disperazione il Dio biblico sembra non rispondere. E ci vengono subito in mente le preghiere che si alzavano dalle baracche di Auschwitz: dove eri, Dio, allora? Preghiere-bestemmie.

Un Dio «a portata di mano», «pret à porter» come vorrebbe una diffusa pietà di comodo, non è certamente il Dio misterioso della Bibbia.

E non è neppure comune che il papa condanni la guerra e la fame come i mali maggiori e peggiori dell'umanità, quelli per i quali Dio sarebbe «disgustato». Siamo abituati a sentire piuttosto le condanne - e quindi il disgusto di Dio - per i peccati legati al sesso, alla famiglia o alla proprietà privata. Parole non certamente nuove - il papa ha condannato mille volte le guerre e la fame - ma pronunciate, questa volta, con accenti molto più drammatici del solito.

Come mai questa «escalation» pontificia nella condanna dei mali dell'umanità?

Non basta ricordare, come è ovvio, la gravità della situazione. Forse altri elementi sono entrati in gioco. Fra gli altri, la forte opposizione e alla guerra e alla fame di buona parte del mondo, opposizione che trova schierati in prima fila molti cattolici, anche autorevolissimi. Lo abbiamo constatato di recente anche a Firenze. La contestazione a chi continua ad affamare il mondo e a chi continua a preparare guerre si è diffusa fra i cattolici, al di qua e al di là dell'Atlantico.

In Vaticano, evidentemente, queste voci sono arrivate e si è attenti non soltanto a non contraddirle ma anche a non emarginarle. Voci che, fra l'altro, vengono anche dai cristiani di Baghdad e da molti cristiani non cattolici: in gioco anche le prospettive dell'ecumenismo.

Molte di queste voci, a quanto sembra, speravano in qualche intervento vaticano anche più forte. Il papa, infatti non ha citato espressamente né la guerra preventiva né l'Iraq né gli Usa. Comunque quello che ha detto ieri è già molto forte, in un contesto generale che non osa esporre contraddizioni forti e nette all'impero degli Usa.

Non dimentichiamo, a questo punto, che l'altra volta, al tempo della prima guerra del Golfo, la voce del papa fu tra le poche che condannarono apertamente l'intervento anti iracheno. Forse il discorso di ieri ha rappresentato la preparazione a qualche presa di posizione più mirata. Lo possiamo pensare e sperare.

 testo integrale tratto da "Il Manifesto" - 12 dicembre 2002

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Casella di testo: Se si alza la voce contro la guerra 

di FILIPPO GENTILONI

Non siamo certamente abituati a sentire un papa che parla del silenzio di un Dio «disgustato» dell'umanità, come ha fatto ieri Giovanni Paolo II. Eppure un linguaggio di questi tipo non è certamente estraneo alla Bibbia, tutt'altro. Il papa ha citato le espressioni dure del profeta Geremia; avrebbe potuto citare anche Giobbe, al cui dolore e alla cui disperazione il Dio biblico sembra non rispondere. E ci vengono subito in mente le preghiere che si alzavano dalle baracche di Auschwitz: dove eri, Dio, allora? Preghiere-bestemmie.

Un Dio «a portata di mano», «pret à porter» come vorrebbe una diffusa pietà di comodo, non è certamente il Dio misterioso della Bibbia.

E non è neppure comune che il papa condanni la guerra e la fame come i mali maggiori e peggiori dell'umanità, quelli per i quali Dio sarebbe «disgustato». Siamo abituati a sentire piuttosto le condanne - e quindi il disgusto di Dio - per i peccati legati al sesso, alla famiglia o alla proprietà privata. Parole non certamente nuove - il papa ha condannato mille volte le guerre e la fame - ma pronunciate, questa volta, con accenti molto più drammatici del solito.

Come mai questa «escalation» pontificia nella condanna dei mali dell'umanità?

Non basta ricordare, come è ovvio, la gravità della situazione. Forse altri elementi sono entrati in gioco. Fra gli altri, la forte opposizione e alla guerra e alla fame di buona parte del mondo, opposizione che trova schierati in prima fila molti cattolici, anche autorevolissimi. Lo abbiamo constatato di recente anche a Firenze. La contestazione a chi continua ad affamare il mondo e a chi continua a preparare guerre si è diffusa fra i cattolici, al di qua e al di là dell'Atlantico.

In Vaticano, evidentemente, queste voci sono arrivate e si è attenti non soltanto a non contraddirle ma anche a non emarginarle. Voci che, fra l'altro, vengono anche dai cristiani di Baghdad e da molti cristiani non cattolici: in gioco anche le prospettive dell'ecumenismo.

Molte di queste voci, a quanto sembra, speravano in qualche intervento vaticano anche più forte. Il papa, infatti non ha citato espressamente né la guerra preventiva né l'Iraq né gli Usa. Comunque quello che ha detto ieri è già molto forte, in un contesto generale che non osa esporre contraddizioni forti e nette all'impero degli Usa.

Non dimentichiamo, a questo punto, che l'altra volta, al tempo della prima guerra del Golfo, la voce del papa fu tra le poche che condannarono apertamente l'intervento anti iracheno. Forse il discorso di ieri ha rappresentato la preparazione a qualche presa di posizione più mirata. Lo possiamo pensare e sperare. 

 testo integrale tratto da "Il Manifesto" - 12 dicembre 2002