2a DOMENICA - B
1. L’itinerario con il vangelo di Marco, previsto dal ciclo B dell’anno liturgico, questa domenica ci propone una sosta su Gv 1,35-42, come “apertura” più adeguata al tema fondamentale della catechesi narrativa di Marco: seguire Gesù, il Figlio di Dio, il quale rivela la novità di Dio nella fragilità della sua esistenza. Infatti, la pagina di Gv 1,35-42, che evidenzia il cammino della ricerca di Gesù, l’Agnello di Dio, ovvero lo “sgozzato” e il “consegnato” per amore degli uomini, è collocata nel contesto della “grande settimana” evocatrice della “nuova creazione”. Non a caso l’espressione “il giorno dopo”, che scandisce Gv 1,19-2,12, sviluppa l’arco di una settimana (v. 19: 1° giorno: la testimonianza di Giovanni Battista; v. 29: 2° giorno: ancora la testimonianza di Giovanni Battista; v. 35: 3° giorno: la ricerca di Gesù; v. 43: 4° giorno: ancora la ricerca di Gesù) che si chiude al 7° giorno (“tre giorni dopo”: 2,1) con le Nozze di Cana tra Gesù, lo Sposo, e l’umanità, la sua Sposa, attraverso la trasformazione dell’acqua/parola di Dio che, con la presenza dello Sposo Gesù, assume ora il “sapore”, il “gusto” del vino/amore donato. È il segno fondamentale, quello delle Nozze di Cana, della manifestazione della presenza del Signore che ricrea la nostra storia attraverso il “vino bello”, cioè la sua esistenza donata. Da qui parte il cammino della sequela con Gesù (Gv 2,12): si segue Colui che segna il passo del cammino e che, nel contempo, è Lui stesso la strada, la via (cf. Gv 14,5-6). Dunque, con Gv 1,35-42 siamo al 3° giorno della “nuova creazione”. 2. La pagina si apre con Giovanni Battista che “fissa lo sguardo” su Gesù in cammino (v. 36) e si chiude con Gesù che “fissa lo sguardo” su Simone, figlio di Giovanni (v. 42). “Fissare lo sguardo” vuol dire “guardare dentro” le persone e gli avvenimenti con profonda attenzione: è l’intuizione che nasce dall’amore (cf. Mc 10,21; Lc 15,20). L’amicizia che lega Giovanni Battista a Gesù — Giovanni è l’amico dello Sposo Agnello (cf. Gv 3,29) — è attestata anche da questa comune capacità di intuizione e di introspezione che matura nell’ascolto della Parola, nell’ascolto dell’altro e nella ricerca costante del Senso vero e autentico della vita. 3. Ed è proprio su questa ricerca che ora si sofferma la pagina. Da una parte i due discepoli, mossi dalla testimonianza di Giovanni Battista, si mettono alla sequela di Gesù (v. 37) in ricerca della vera Sapienza. Dall’altra, vi è anche Gesù che si pone alla loro ricerca: lo dicono quel suo camminare (v. 36) e quel suo volgere lo sguardo (v. 38), ovvero convertirsi verso di loro. Questo duplice movimento di ricerca — dei discepoli e di Gesù — porta all’esperienza della pienezza dell’incontro, alla comunione interpersonale con il Signore (cf. Gv 15), cioè, come dice il testo greco, all’ora decima. Ed è interessante che la ricerca e l’incontro con il Signore è, nello stesso tempo, ricerca e incontro con i fratelli. Andrea, dice il testo greco, “trovò per primo suo fratello Simone” (v. 41). Nella sequela del Signore la ricerca è, insieme, personale e comunitaria/ecclesiale : “Abbiamo trovato il Messia...” (v. 41). Certo, ed è un ulteriore indicazione preziosa di questa pagina evangelica, la ricerca del Signore e del Senso della vita ha bisogno di testimoni che sappiano trasmettere la fede e accompagnare il cammino di fede dei loro fratelli: per questo è scritto che Andrea “condusse” Simone da Gesù (v. 42). Sono necessari testimoni non autoreferenziali che attirano su di sé per sentirsi in qualche modo gratificati, ma testimoni o mistagoghi (dal verbo “condurre” viene il sostantivo “mistagogo”) che sappiano condurre a Cristo, come Giovanni Battista, l’amico dello Sposo, come l’anziano Eli che si fa guida al giovane Samuele (cf. 1Sam 3,1-10.19). Ogni credente — dai genitori, all’insegnante, al lavoratore, al catechista, al frate, alla suora, al prete... — che ha fatto l’esperienza dell’ “ora decima” è chiamato a compiere il ministero di mistagogo. Ma sempre nella consapevolezza dell’ amico dello Sposo: Egli, cioè Gesù, deve crescere e noi diminuire (cf. Gv 3,30). Egidio Palumbo Barcellona PG (ME)
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