NELLE SEGRETE DELLA DEMOCRAZIA

Il 20 dicembre, le celle di 14 detenuti rinchiusi nella sezione speciale “ad alto indice di vigilanza” del carcere di Biella sono state perquisite. Le guardie, su ordine del nuovo direttore, hanno sequestrato effetti personali, pentole, cd e libri, cioè tutto ciò che strappa il prigioniero alla solitudine, alla noia e all’apatia mentale. In base al nuovo regolamento interno, i detenuti non possono "possedere più di quattro tra riviste e libri per volta". Questo provvedimento è senza precedenti nella pur famigerata storia della detenzione speciale in Italia. Chiunque può immaginare cosa rappresenti per un detenuto la possibilità di leggere, studiare, fare ricerca. Chiunque sa che è impossibile farlo con quattro testi soltanto per volta (compresi i dizionari). Ciò che si persegue apertamente è l’annientamento del prigioniero. Ha scritto un detenuto di Biella: "Quello che si pretende, oltre al controllo dei ritmi fisici, è il possesso delle idee, del dinamismo delle nostre intelligenze. Hanno tolto ai corpi, negando ai corpi imprigionati il diritto all’affettività, ma adesso vogliono perfino decidere i nostri gusti: i modi, le forme ed i tempi attraverso i quali noi ci rapportiamo con la vita, con la storia, con la memoria e con l’attualità, con la speranza". Questo provvedimento, in parte applicato anche al carcere di Sulmona, è in linea con un giro di vite repressivo generale che dal sociale arriva al carcere e viceversa, e che ci coinvolge tutti. » stata subito lanciata una campagna dal titolo "un libro in più di Castelli" – allo scopo di riempire l’amministrazione del carcere di pacchi contenenti libri, opuscoli e giornali per i detenuti – a cui hanno partecipato centinaia di persone, fra cui associazioni culturali e librai. Domenica 6 febbraio si è svolta a Biella una manifestazione contro la società carceraria, a cui hanno partecipato un migliaio di persone. Il corteo, che ha raggiunto il carcere, è stato rumoroso e vivace. Per maggiori informazioni sulla campagna "un libro in più di Castelli": unlibroinpiù@libero.it

Il 30 dicembre, circa venti detenuti sono stati trasferiti sull’isola di Pianosa per "ripulirla dai rifiuti". Secondo quanto deciso dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, il vecchio e famigerato carcere speciale diventerà un museo, mentre l’isola "sarà completamente aperta alla gente, con detenuti che gestiscono alberghi e bar, e tanto altro ancora". Nuove strutture sono state costruite per i detenuti e per i secondini. Che meraviglia. Mentre in diverse città si spostano in periferia le nuove carceri ad alta sorveglianza, là i turisti potranno farsi servire il caffè da detenuti a “bassa pericolosità sociale”.

Nello stesso periodo è stata inaugurata una nuova sezione di tre piani nel carcere di Pescara con apertura automatizzata delle celle e sistema interno di videosorveglianza: il tutto allo scopo di ridurre il personale necessario al controllo dei detenuti. All’inaugurazione erano presenti il ministro della Giustizia Roberto Castelli, il provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria per l’Abruzzo e il Molise Aldo Fabozzi, e il capo dell’Amministrazione penitenziaria Giovanni Tinebra. Dopo un periodo di sperimentazione, questa nuova forma di detenzione altamente tecnologizzata sarà estesa anche ad altre carceri. Galere a somiglianza delle città, città a somiglianza delle galere. Controllo ovunque. Chi avrà ancora il coraggio di dire che la tecnologia è neutra?

L’1 gennaio, sei detenuti sono morti per asfissia nell’infermeria di un carcere a 15 chilometri da Buenos Aires, dove si erano ammutinati bruciando materassi. Nell’incendio sono rimasti feriti diversi secondini e altri detenuti.

Secondo un dossier dell’associazione Antigone, l’Italia è al quarto posto in Europa (dopo Grecia, Ungheria e Bielorussia) per quanto riguarda il sovraffollamento delle carceri. Come era logico, il diffondersi delle cosiddette misure alternative non ha affatto portato ad una riduzione del numero di detenuti, bensÏ a un aumento della carcerazione sociale. A fronte di un numero costante di detenuti, infatti, le misure alternative sono raddoppiate, dal momento che sono state criminalizzate condotte che prima non erano considerate reato. Inoltre, grazie alla legge Cirielli, meglio nota come “Salva-Previti”, le patrie galere ospiteranno 20.000 persone in più ogni anno, dal momento che verranno aumentate a dismisura le pene ai recidivi con la soppressione delle attenuanti generiche, mentre verrà ritardato l’accesso alla legge Gozzini.

Si tratta, agli occhi degli stessi riformisti, di un preciso programma politico e di pratiche di controllo sociale per rispondere a determinati problemi sociali. In tal senso va letta la legge Fini, in discussione in Parlamento dal 25 novembre 2004, che istituisce nuove forme di detenzione – a metà fra il carcere e la comunità di recupero – per i tossicodipendenti. Sempre in tal senso va letto il processo di privatizzazione delle carceri. Dopo la società Dike aedifica spa, è stata creata la Patrimonio spa, che ha ottenuto dalla prima 11 (ma in prospettiva 80) carceri vecchie da vendere allo scopo di finanziare la costruzione di quelle nuove. Le transazioni finanziarie ora si fanno anche su carceri e carcerati. Presidente della Dike è il professore Adriano de Maio, rettore dell’università confindustriale Luiss. Consigliere delegato è invece Vico Valassi, ex presidente dell’Associazione nazionale costruttori edili.

A metà febbraio è stata annunciata l’apertura di una sezione per minori (soprattutto stranieri) nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere (MN). L’ospedale psichiatrico giudiziario, come noto, è quello che una volta si chiamava manicomio criminale. Le sole obiezioni istituzionali di fronte a questo annuncio di Sirchia sono relative all’inammissibilità di strutture in cui adulti e ragazzi vengano confusi. Tutto qui. » invece evidente la tendenza sempre più forte a psichiatrizzare i conflitti sociali, a trasformare l’insofferenza, la rivolta o la violenza apparentemente insensata in malattie da sedare (a scuola, in famiglia, in manicomio). Questo non è l’Ottocento, come hanno detto a sinistra. » la vecchiaia che ci spetta, se non scarceriamo la gioventù.

Il governo francese vuole costruire sette nuove carceri minorili entro il 2006. Sono attualmente 623 i ragazzi tra i 13 e i 18 anni che scontano una pena. Il pretesto è che dai Centri educativi chiusi (Cef) – attualmente 11, ma lo Stato li vuole più che raddoppiare – si verificano troppe fughe. Le “case di correzione”, ghigliottina d’ogni gioventù, in Francia erano state abolite nel 1978, sostituite da apposite sezioni nelle carceri normali e dai Cef. Ora ritornano, segno dei tempi. Il ministro della giustizia Perben le ha definite “prigioni-scuola”. Accostamento appropriato, non c’è dubbio. Tra scuole-prigione e prigioni-scuola, questa società rivela compiutamente se stessa. La nostra memoria corre spontanea al carcere minorile in costruzione a Saragoza che i Gruppi autonomi spagnoli avevano fatto saltare in aria nel 1979. La rivendicazione diceva: "Mai vedremo dei bambini crescere fra queste mura".

Morire di fame per non morire di solitudine. Il 19 dicembre si è svolta una giornata internazionale di mobilitazione contro l’imminente trasferimento collettivo dei prigionieri politici turchi nelle famigerate celle di isolamento dette F-Type. In Turchia sono già morti 117 prigionieri in seguito ad uno sciopero della fame ad oltranza contro l’isolamento. Il 19 dicembre 2000, reparti dell’esercito diedero l’assalto a venti carceri e uccisero brutalmente diversi detenuti in sciopero della fame. Quella data è rimasta un simbolo dell’oppressione carceraria e di resistenza fino alla fine. Racconta Ibrahim Halil Sahin, scarcerato il 25 luglio scorso dopo 11 anni e 6 mesi di detenzione: "Quello che è successo tra il 19 e il 22 dicembre 2000 è un massacro, un eccidio che lo Stato ha ironicamente ribattezzato “ritorno alla vita”. Abbiamo resistito con tutte le nostre forze. Ci hanno attaccato con i gas chimici, con i lanciafiamme, con le bombe. Ci hanno assassinato". Sono morti in 28 in quei tre giorni, bruciati vivi per essersi opposti all’isolamento. Sarà allora il caso di ricordare che quello delle celle di tipo F – che i detenuti chiamano “le bare” – è un modello importato dall’Europa. "Le carceri speciali – dice Ibrahim – sono un regalo dell’Europa che ne è una sorta d’architetto. L’Unione europea ha fortemente sostenuto il progetto d’isolamento dei prigionieri politici con la motivazione di “pacificare le carceri” e “riabilitare i detenuti”". Il ministro della giustizia turca ha dichiarato che le nuove carceri di tipo F sono state costruite grazie ai contributi (il 70% dei costi) della Ue.

Il nuovo regolamento carcerario introduce l’obbligo dell’uniforme e impone il "pentimento forzato per ogni atto di ribellione, oltre a nuove restrizioni su giornali e libri". Tra pochissimo, le mura di 6 metri che circondano i minuscoli cortili, che permettono di vedere soltanto il cielo, saranno sormontate da filo spinato e lame taglienti: "L’innalzamento di queste mura con filo spinato e lame è quasi simbolico: è un messaggio chiaro di quello che ci riserva il futuro".

Per denunciare tutto ciò, il 19 dicembre scorso alcune iniziative sono state organizzate a Berlino e a Firenze. Il 25 dicembre, la militante rivoluzionaria turca Sergul Albayrak si è uccisa dandosi fuoco davanti a un circolo culturale di Taksim. Aveva già conosciuto il carcere, la tortura spinta fino allo stupro, lo sciopero della fame ad oltranza. Rilasciata nell’agosto scorso, ha deciso questo gesto estremo in appoggio alla lotta dei suoi compagni. Non si può rimanere indifferenti.

La lotta internazionale contro l’isolamento carcerario è il minimo indispensabile nella lotta contro il potere e le sue galere.

L.S.