PULIZIA DI QUARTIERE

Compiendo un balzo all’indietro con la memoria di quasi centoventi anni, un vecchio abitante di San Salvario raccontava che, secondo quanto dicevano i suoi nonni, la municipalità aveva obbligato le imprese edilizie impegnate a costruire questo quartiere torinese a riservare almeno una piccola parte delle nuove case alle classi meno abbienti. Le mansarde di San Salvario, insomma, sono state costruite perché insieme alla buona borghesia commerciale per la quale era stato pensato questo pezzo di città potessero vivere anche dei poveri.

Erano i tempi, anno più anno meno, di Umberto I e del ferocissimo Bava Beccaris, e le autorità erano sempre pronte a cannoneggiare le folle quando queste dimostravano migliore disposizione per la sommossa piuttosto che per la devota e laboriosa obbedienza. Nonostante questa propensione al massacro, però, trovavano semplicemente ovvio e doveroso che i poveri avessero un proprio posto nella stessa città dei ricchi, alcuni addirittura negli stessi palazzi dei ricchi.

Andato al creatore Umberto I, le mansarde di San Salvario sono state il passaggio obbligato, insieme a quelle di Porta Palazzo, per buona parte degli immigrati arrivati in città. Prima hanno ospitato i veneti, poi i siciliani e i pugliesi, ed ora i cinesi, gli arabi, i rumeni. A due passi da questi quartieri, i caffè di lusso della città, il municipio, le banche.

Le autorità cittadine di oggi, al contrario dei funzionari sabaudi, sono terrorizzate dal pericoloso intersecarsi tra la città dei poveri e quella dei ricchi. Fanno di tutto per separarle, costruendo tra le due città un muro che sia, contemporaneamente, una barriera sociale, economica e culturale, ma anche una muraglia urbanistica che allontani i poveri dalla tentazione di allungare le mani e i ricchi dai pericoli di una guerra di classe che minaccia di essere ben più barbarica di quella del passato. E' per questo che hanno deciso di ripulire i quartieri di San Salvario e Porta Palazzo, di imbellettarli e riconsegnarli splendenti agli eredi della buona borghesia per la quale erano stati costruiti nel corso del diciannovesimo secolo. Ma senza poveri tra i piedi, questa volta.

Si tratta di una vera e propria operazione di pulizia sociale ed etnica che è cominciata già da qualche anno, con l’intensificarsi progressivo del controllo poliziesco, delle retate e dei rastrellamenti a danno degli stranieri. Ora, a completare l’opera, il comune ha varato dei piani di riqualificazione che prevedono la ristrutturazione forzata di alcuni isolati. Molti palazzi verranno svuotati per eseguire i lavori e gli appartamenti, ritornati agli antichi splendori, avranno affitti triplicati.

Un migliaio di persone, cosÏ, rischia di perdere la casa e di dover emigrare nei ghetti di periferia. Sono arabi, rumeni, cinesi, ma anche tanti italiani. In gioco non c’è soltanto il loro futuro immediato. C’è la possibilità stessa per tutti gli sfruttati di continuare a vivere nel cuore della città e, nello stesso tempo, di impedire la costruzione di un muro sempre più invalicabile tra gli esclusi e gli inclusi del nuovo ordine urbano.


"INCIDENTI"

La paura di essere reclusi e deportati cui sono sottoposti molti immigrati, Ë sfociata in questi mesi in diversi “incidenti”, alcuni mortali.

A Torino, la mattina del 24 novembre 2004 una squadretta di vigili urbani fa un giro di “normale controllo” nelle mansarde del quartiere di San Salvario. Pensando probabilmente ad una retata ed al conseguente rischio di essere arrestati od espulsi, tre giovani stranieri tentano la fuga sui tetti. Uno di loro scivola sulle tegole gelate e si schianta in strada: Ë una giovanissima ragazza marocchina, Latifa Sdairi. A qualche mese di distanza, sul posto ci sono ancora mazzi di fiori bianchi ed una scritta: ´Vigili assassiniª.

Due giorni dopo un evento analogo Ë accaduto a Spoleto, in provincia di Perugia. Anche qui in seguito ad una caccia all’uomo sono state fermate quaranta persone, tra cui alcuni magrebini subito espulsi e altri immigrati portati al Cpt romano di Ponte Galeria. Una giovane donna turca ha cercato di fuggire, quando gli agenti hanno fatto irruzione nella sua casa, aggrappandosi alla finestra del bagno, da cui Ë caduta ed Ë stata ricoverata con lesioni spinali all’ospedale di Terni. La donna era gi‡ stata espulsa dall’Italia, ma vi era rientrata per ricongiungersi ai suoi parenti. In base alla legge Bossi-Fini, rischia ora fino a quattro anni di carcere. Potrebbe esserle concesso un permesso di soggiorno per ragioni di salute, ma se riuscir‡ a rimettersi potrebbe essere nuovamente rimpatriata o reclusa. Il 4 dicembre si Ë tenuta a Roma una manifestazione contro le azioni repressive a danno dei migranti organizzata da comitati umbri.

Il 9 gennaio 2005 Said Zigoui, marocchino, si Ë lanciato dal secondo piano dell’ospedale di Lamezia Terme. Aveva scontato cinque anni in un carcere ma a fine pena, anzichÈ essere rilasciato, era stato trasferito in quel Cpt. Evadere dalla vita forse Ë stato il modo per fuggire dalla sua condizione di prigionia.

Infine il 16 febbraio a Veglie, in provincia di Lecce, una giovane polacca Ë caduta, ferendosi gravemente, nel tentativo di scavalcare un muro nei pressi della sua abitazione, per sfuggire all’imminente rimpatrio stabilito per la perdita del lavoro come badante.