DA MILANO...

Dallo sgombero di via Adda l’arroganza e la violenza dello Stato democratico hanno avuto il via libera per il progetto di deportazione di massa dei rom.

Solo nei mesi di maggio e giugno di quest’anno le forze di polizia hanno eseguito ben cinque operazioni di sgombero, con conseguente internamento in via Corelli e deportazione di massa.

Il 6 Maggio, in via Sassetti, nel quartiere Isola, la polizia ha sgomberato alcune baracche di proprietà della Metropolitana milanese, dove avevano trovato rifugio un centinaio di persone probabilmente provenienti dallo sgombero di via Adda. Come in quella occasione, la connivenza tra Protezione civile, servizi sociali e polizia locale ha permesso di deportare, dopo il controllo dei documenti, 17 migranti sprovvisti di permesso di soggiorno tra i 43 fermati. Appena una decina di giorni dopo, altre 42 persone sono state sgomberate da una fabbrica dismessa in via Vincenzo da Seregno a Bruzzano e portate in questura per essere espulse.

Ma c’è un’escalation nella brutalità degli interventi polizieschi. La notte del 31 maggio, Milano assiste muta ad un episodio di razzismo degno di uomini in divisa forti dell’autorità conferita loro dallo Stato: si parla tanto di diritti civili, di diventare finalmente “cittadini”. Avere il permesso di soggiorno a qualcuno può sembrare la fine di un incubo, della persecuzione, degli sgomberi da un campo all’altro, da una fogna all’altra, la fine delle deportazioni, dei maltrattamenti, dei pestaggi. Nadia e la sua famiglia avevano deciso di occupare un appartamento, loro che questo fatidico pezzo di carta ce l’hanno. Ma una casa? A cosa serve un pezzo di carta se non c’è una casa? Occupare, come fanno anche tante famiglie italiane, sembra una giusta soluzione. Ma, all’insegna della “Tolleranza zero” contro l’illegalità, con un mandato del Tribunale dei minori, alle 3 di notte la polizia fa irruzione nell’appartamento, caccia gli occupanti e sequestra tre bambini. Alla reazione di Nadia e del suo compagno, gli agenti rispondono con un brutale pestaggio. Lei finisce all’ospedale Sacco con una gamba fratturata e pesanti ferite al volto, mentre i bambini sono ancora “custoditi” dal Tribunale dei minori in via Leopardi 18.

Nel mese di giugno muore Marin, un ragazzo rom di 15 anni ucciso sull’autostrada mentre cerca di sfuggire all’inseguimento dei carabinieri.

Solo qualche giorno dopo, la mattina del 23 giugno, la polizia fa irruzione in via Barzaghi, sequestra 90 persone di nazionalità rumena, le trasporta in questura e le deporta.

Il progetto è chiaro: Milano non vuole le comunità rom rumene. Queste non sono assimilabili ai piani di assoggettamento degli sfruttati tra gli sfruttati, ovvero degli stranieri. Per gli “zingari” l’unica soluzione è sempre stata la deportazione ed il campo di concentramento. Per i più buoni, Milano ha pensato al ghetto.

In seguito ad una proposta fatta dal prefetto Bruno Ferrante ai privati dell’intera provincia, Milano potrà vantare un buon numero di ghetti come quello di via Novara, posti al confine occidentale della città.

Il campo di via Novara è stato aperto nell’agosto del 2001 e viene gestito dal gennaio 2002 dalla Caritas Ambrosiana. In questo campo vivono separate da un alto muro 200 persone: da una parte i rom kosovari, che sono la maggioranza, e dall’altra quelli macedoni.

Via Novara non è via Barzaghi, ma è pur sempre un campo, dove la rete fognaria c’è ma non essendo abbastanza inclinata non è funzionale; dove l’elettricità c’è ma nell’ultimo semestre la bolletta è aumentata a 600 euro e dove, cosÏ lontani dalla città, è difficile trovare lavoro.

Con furbizia economica e politica la Caritas si è fatta finanziare un progetto di integrazione per ragazzi dai 6 ai 16 anni dal settembre 2002 con fondi della legge 285/97.

Ferrante nella sua proposta parla chiaramente di "piccoli nuclei di extracomunitari, regolari in Italia, con necessità abitative, gestite da associazioni di volontariato".

Da quanto si dice, grossi privati sarebbero già disposti a finanziare questi moderni ghetti.

V.B.


CRONACA DI UNA MORTE NON ACCIDENTALE

Domenica 20 giugno 2004 una macchina ha stroncato la vita di un ragazzo di 15 anni, rom rumeno abitante della favela di via Barzaghi. Leggendo il Corriere della sera di lunedì si sarebbe trattato di un “normale” incidente: la macchina investe il ragazzo che sta attraversando di corsa l’uscita dell’autostrada dei laghi, all’altezza di viale Certosa.

Ma insieme al ragazzo c’erano anche altri 5 minori che hanno assistito all’intera scena e nelle ore successive hanno fatto emergere la verità nascosta. I sei amici stavano entrando in un Mc Donald quando una pattuglia dei carabinieri li vede, gli si avvicina, due agenti scendono dalla vettura minacciosi; i ragazzi non hanno documenti, hanno paura. Sanno bene cosa li aspetta e scappano dividendosi. I carabinieri inseguono Marin che corre in direzione dell’autostrada. » cosÏ che avviene l’incidente mortale.Ulteriore particolare inquietante è il fatto che la pattuglia, dopo l’incidente, risale in macchina e si allontana.Questa la cronaca dei fatti secondo gli amici di Marin.

Ma ci sono anche altre considerazioni da fare.

Per non correre troppo indietro nel tempo ci limitiamo a ricordare le settimane immediatamente precedenti lo sgombero di via Adda quando, in tre occasioni ravvicinate, diversi bambini sono stati prelevati dalle forze dell’ordine e spediti direttamene in una comunità, nonostante frequentassero le scuole di Milano e i genitori fossero regolarmente presenti.In un altro caso c’è stata una vera e propria aggressione fisica terminata con l’esplosione di due colpi da parte dei poliziotti.Il caso più recente è quello della sottrazione di tre minori dalle braccia della madre (e per questo verrà addirittura denunciata per maltrattamento ai propri figli) a cui viene spezzata una gamba, durante lo sgombero di un appartamento occupato in zona S. Siro.

In nessuno dei casi citati la verità ha trovato spazio sui mass-media né, tantomeno, nelle aule di giustizia. Facile immaginare quindi che anche in questo caso, qualora questa verità trapelasse, si cercherà di far scomparire la macchina dei carabinieri o comunque emergerà la solita formula della caccia al ladro; tanto, si sa, tutti i rom rubano. Non è forse cosÏ che la vede il benpensante milanese medio? Noi invece non rinunciamo alla ricerca della verità.

La morte di Marin, in realtà, è dovuta alla sua stessa paura. Quella paura che ti prende in ogni momento della tua vita, se sei zingaro a Milano. Paura di essere sgomberati, espulsi, picchiati, rinchiusi. Questo è il vero terrore che agisce quotidianamente per ridurre al silenzio e all’emarginazione totale i rom, i diversi.La Milano che comincia ad aprire gli occhi saprà da che parte stare.

Campagna “via Adda non si cancella”

Milano, 22 giugno 2004