DA BOLOGNA

Lungo le rive del fiume Reno, come sempre ai margini delle città, sorgevano le baraccopoli degli indesiderabili, gli immigrati clandestini che forniscono la manodopera necessaria a padroni e padroncini per poter moltiplicare i loro profitti.

La notte di domenica 10 aprile, di fronte a un pauroso ingrossamento del fiume che minacciava di travolgere le fragili casupole di lamiera e cartone, i baraccati hanno chiamato i vigili del fuoco. Con i pompieri sono arrivati i carabinieri, che hanno smantellato il campo portandosi via nove immigrati rumeni irregolari per rinchiuderli nel lager di via Mattei in attesa dell’espulsione. La mattina seguente i magistrati di turno si sono affrettati a convalidare tutti gli “arresti” del giorno prima, eccetto quello di un ragazzo rilasciato per irregolarità formali. Nel frattempo scoppiava la protesta all’interno del Cpt: i reclusi hanno iniziato uno sciopero della fame e riunitisi in assemblea hanno redatto una lettera aperta indirizzata a tutti i cittadini di Bologna e d’Europa per spiegare ragioni e richieste della loro lotta, seguendo l’esempio e l’invito partito dal lager di via Corelli a Milano. La risposta degli aguzzini non si è fatta attendere: i carabinieri, accompagnati dal personale di servizio della Misericordia, hanno fatto, manganelli alla mano, una ronda all’interno del lager per ricordate a tutti cosa succede a chi osa protestare. Sebbene vi siano state delle mobilitazioni in città per denunciare questa situazione e sotto via Mattei per sostenere le proteste in corso all’interno, la sensazione di isolamento degli internati deve aver prevalso, visto che in un paio di giorni la protesta è stata zittita.

Sabato 14 maggio un banchetto informativo, con una piccola mostra, ha ricordato ai bolognesi che passeggiavano per il centro dell’esistenza dei lager, di quello che significano e di come non si possa continuare a fingere di non sapere. Si è parlato anche delle diverse lotte in corso dentro e fuori i Cpt di tutta Italia e in particolare dei compagni arrestati pochi giorni prima a Lecce proprio per questa lotta. Dopo un paio di ore di volantinaggi, megafonaggio e musica sotto le due torri, i presenti hanno improvvisato un breve ma rumoroso corteo fino a Piazza Maggiore dietro allo striscione «Chiudere i Cpt, terrorista è chi li gestisce».

Infine il 24 maggio abbiamo appreso dalla stampa che una giovane ragazza marocchina, in procinto di essere espulsa, era stata ricoverata in ospedale con una vertebra spezzata e diversi ematomi su tutto il corpo circa due settimane prima. La polizia sostiene che si era fatta male fingendo una crisi epilettica. Lei affermava di essere stata picchiata dagli agenti, ma poche ore prima che passasse il funzionario incaricato di raccogliere la sua denuncia la ragazza è scomparsa. Scappata, dicono polizia e giornali. Fatta sparire, temiamo sia la cosa più probabile.

  

DAI CENTRI DI PERMANENZA TEMPORANEA IN RIVOLTA

Noi detenuti del CPT di Bologna inviamo questa lettera a tutti i cittadini di Bologna e d’Europa

Desideriamo essere visitati dai rappresentanti delle istituzioni, dai giornalisti per far conoscere le nostre richieste. Vorremmo la possibilità di raccontare la situazione ed i problemi con le carte di soggiorno ed i documenti della gente che deve stare in questo centro. Alcuni sono stati presi sul lavoro, alcuni dal carcere, alcuni hanno famiglia in Italia e non possono parlarci. Per cortesia vorremmo sapere tutti i motivi per cui siamo qua.

Veniamo qua per migliorare il nostro futuro. La legge umana è solo una. Vorremmo giustizia, che la polizia effettuasse il suo lavoro come si deve, non contro di noi. È giusto che sappiate che molti assistenti sociali qua dentro nuocciono alle persone che chiedono libertà. È l’esempio più importante che questo centro sta diventando un carcere.

Siamo stati spogliati dei nostri diritti come esseri umani, ci hanno ingabbiati come animali.

Richiediamo la libertà al popolo italiano ed al sindaco di questa città.

I cittadini reclusi al CPT di via Mattei, in lotta

Comunicato dal Cpt di via Corelli

Noi detenuti del Cpt di via Corelli da oggi, Sabato 9 aprile 2005, siamo in sciopero della fame.

Per denunciare che via Corelli non è un centro di accoglienza ma un carcere speciale per immigrati, dove sono negati tutti i diritti e dove subiamo quotidiane violenze.

Chiediamo:

1) Libertà per tutti, perché essere immigrato non è un reato.

2) Libertà immediata per Mohammed, portato da Corelli a San Vittore per aver avuto il coraggio di denunciare i soprusi che subiamo qui  dentro.

3) Un incontro in Prefettura a cui partecipi la nostra delegazione.

I detenuti di via Corelli

BLITZ NEL CARCERE DI LECCE

Sabato 11 giugno, nottetempo, Salvatore e Saverio sono stati prelevati dalle loro celle e trasferiti, su ordine ministeriale, in altri due differenti carceri a molti chilometri di distanza. Tutto ciò dopo alcune proteste che negli ultimi giorni avevano animato le grigie mura della prigione di Lecce.

Salvatore si trova attualmente in isolamento e si presume che anche Saverio si trovi nelle stesse condizioni. Lo scopo di questo trasferimento appare chiaro: cercare di isolare i nostri compagni dalla solidarietà che non è mai mancata da ogni parte, fin dal giorno dell’arresto, per prostrarli e ridurli a più miti consigli. Se di questo si tratta, i burocrati del ministero hanno sbagliato i loro conti e si accorgeranno ben presto che gli arresti, la repressione e i soprusi, nulla possono contro la determinazione di individui in rivolta.

Per scrivere agli anarchici arrestati:

Salvatore Signore

Casa circondariale “Fuorni”

Via del Tonnazzo 1

84100 Salerno

Saverio Pellegrino

Casa circondariale

Via Lecce

85025 Melfi (PZ)

Cristian Paladini

Borgo San Nicola

73100 Lecce