ANDATA SENZA RITORNO

In aereo, non tutte le merci viaggiano nel bagagliaio. Alcune — dopo aver provato le gioie del viaggio di andata con la fuga dal proprio paese d’origine solo per trovare in Europa schiavitù, razzismo, retate, manganelli — ripartono con le mani e i piedi legati, pestate, cloroformizzate e imbavagliate. Di fronte alla ribellione dei passeggeri, sovente compatrioti degli espulsi, i paesi europei ricorrono ormai sempre più spesso a voli charter su cui vengono raggruppati gli immigrati, insieme alla schiera delle uniformi necessarie che così si guadagnano un viaggio, spesate di tutto, godendo per di più del piacere di torturare un’ultima volta lontano da sguardi indiscreti.

La Germania ha iniziato a deportare in questo modo oltre 10.000 persone a partire dal 1999, data in cui un sans-papier nigeriano è morto sul volo LUFTHANSA nel corso di una espulsione individuale. Dal 2001 ad oggi l’Inghilterra ha espulso così più di 4.000 kosovari, oltre a rom e ad afgani. La Spagna utilizza questi "voli raggruppati" — secondo la neolingua in uso — soprattutto verso la Romania (diversi viaggi di 50 persone ogni mese). Dal 1998, l’Italia ha deportato mediante i charter più di 3.000 immigrati, con 12 voli in Nigeria, 12 in Albania e 5 nello Sri-Lanka. Quanto alla Francia, aveva inaugurato questo metodo già nel 1986 verso il Mali sotto un governo di destra, l’ha ripreso nel 1991 sotto la sinistra e in materia si ritiene all’avanguardia ormai dal 2003. Soltanto in questo anno, per deportare 2.500 sans-papier ha noleggiato con altri paesi europei 7 aerei speciali e utilizzato 209 voli commerciali dal solo aeroporto di Roissy.

A livello europeo, il gruppo di lavoro diretto dalla Francia si è pronunciato il 10 ottobre 2002 ed il 3 giugno 2003 con la disposizione di una "cooperazione operativa" mirante a creare dei charter europei: «la generalizzazione di voli charter comuni, non solo offrirebbe notevoli vantaggi finanziari, ma invierebbe un forte segnale». Se la redditività occupa senz’altro un posto importante nell’abiezione, è altrettanto certo che la fredda ragione capitalista ha tutto l’interesse a riprodurre l’efficienza nazista dell’accoppiata internamenti/deportazioni di massa.

Poi è toccato all’Italia essere il "paese della collaborazione" alla testa del gruppo di lavoro. Il 22 gennaio 2004 la commissione europea si è dichiarata pronta a stanziare 30 milioni di euro per finanziare la campagna 2005/2006 dei "charter comunitari". Oggi la proposta italiana di organizzarli — approvata il 29 aprile 2004 nel corso del vertice interstatale Giustizia Affari Interni — è diventata superata per semplici ragioni tecniche (il Parlamento europeo non l’ha avallata in tempo). In attesa dei voli charter, l’Unione sta già finanziando la costruzione di grandi campi alle frontiere dell’Europa.

Eppure questa macchina infernale, vero e proprio terrorismo di Stato che colpisce ogni individuo solo perché non possiede alcune carte, non è una grande cosa astratta che si libra nell’aria sopra le noste teste come un avvoltoio inaccessibile sul proprio ramo. Al di là degli uomini che vi collaborano per mestiere (in seguito agli accordi franco-rumeni e franco-senegalesi, sbirri di questi paesi sono presenti sui charter in partenza da Parigi), per dovere civico o per gusto personale di sciacalli, le compagnie aeree sono ad esempio ogni giorno sotto i nostri occhi.

Per quanto riguarda la Francia, le più coinvolte sono piccole compagnie di voli charter nazionali come la EURALAIR HORIZONS o l’AIR MEDITERRANEE. Ma, cercando un po’ più lontano, si scopre facilmente che quella che il 27 marzo 2003 ha deportato 70 rumeni con un volo franco-spagnolo è l’AIR EUROPA. Questa compagnia spagnola di charter ha predisposto dei punti fedeltà in comune ed ha proceduto a scambi di loghi sugli aerei, con l’ALITALIA dal novembre 2000 (voli UX 3041-3049 e UX 3061-3069) e con l’americana CONTINENTAL AIRLINES (voli UX 017/018, UX 3101/3199) dal novembre 2001. Insomma, si può così partire da una deportazione collettiva di zigani dalla Spagna in Romania e trovarsi davanti la sorellina adottiva dell’Alitalia, della Continental Airlines e dell’Air France (grazie all’accordo del luglio 2003).

Del resto, l’Air France non è certo estranea al commercio delle espulsioni, se la sua fama le è già costata in Francia una campagna di logoramento a partire dal 1999 (con occupazioni, molestie telefoniche, vetrine infrante nel corso di manifestazioni). Del tutto naturale ritrovarla oggi ad intascare la sua parte di bottino coi voli charter europei. Il volo che il 26 maggio 2004 ha deportato 18 togolesi e 26 camerunensi, è stato organizzato congiuntamente da Inghilterra, Francia, Germania, Belgio e Paesi Bassi. È la compagnia olandese TRANSAVIA ad aver effettuato l’odioso trasporto. Ora quest’ultima è una filiale della KLM, che a sua volta si è fusa con l’Air France nel 2003. La concentrazione capitalista e le alleanze nel trasporto aereo sono tali che un operatore francese, ad esempio, può ritrovarsi a continuare il suo sporco lavoro sotto altri colori.

Nel piccolo mondo dei grossi profitti, le grandi compagnie non devono più compromettersi direttamente con le deportazioni di massa, si limitano a subappaltare il compito ai propri vassalli meno conosciuti: gli stessi che oggi trasportano a basso costo con ben altri voli milioni di vacanzieri verso campi per turisti dove il sole è ben più esotico. D’altronde è così piacevole che migliaia di proletari continuano a proprio rischio e pericolo a fare il tragitto in senso inverso, talvolta perfino ribellandosi alle espulsioni che segnano brutalmente la fine di tutto un percorso e di una aspettativa delusa. Chissà che i proletari di qui non intendano a loro volta solidarizzare con loro, di fronte a queste deportazioni da cui traggono lauti profitti l’Alitalia o l’Air France, grazie alle compagnie di voli charter che possiedono in proprio o con le quali hanno stretto accordi (per scambi di aerei o punti fedeltà).

F.


TURISTI E IMMIGRATI

C’è chi dice che la differenza tra turismo e immigrazione sia solo una questione di carte. Il turista ha in tasca quelle giuste, documenti d'identità e banconote, per cui ha il diritto di varcare le frontiere e di essere ovunque il benvenuto. L’immigrato, invece, ha le tasche vuote e quindi ha il dovere di crepare di fame e guerra nel paese natale senza mettere in imbarazzo nessuno con la sua presenza. Ciò detto, bisogna ammetterlo, sempre di viaggiatori si tratta.

Qualcuno se n’è accorto. La Accor, leader del settore alberghiero di cui si è parlato nello scorso numero per i suoi interessi nella tratta dei migranti, è appena diventata azionista di maggioranza del celebre Club Med. Con la modica cifra di 174,5 milioni di euro, la Accor ha infatti acquistato il 21,2% del capitale dell’impresa detenuto dalla famiglia Agnelli. Un’autentica boccata d’aria, se son vere le cifre che indicano in 220 milioni di euro il debito accumulato dal Club Med negli ultimi anni. Da quel che si dice, grazie a quest’operazione finanziaria il Club Med potrà «rilanciare nuovi investimenti, anche al di fuori delle frontiere dell’Europa». Il ragionamento non fa una piega. In effetti è facile prevedere che saranno sempre meno i turisti, soprattutto quelli disposti a pagare per una vacanza organizzata del Club Med, mentre saranno sempre più gli immigrati, soprattutto quelli costretti da manette e manganelli a usufruire dei suoi servizi.

N.O.