Il falò delle vanità - 06-12-02 - Nicola Pagliarulo

 

 

Il falò delle vanità

(un uomo onesto, un uomo probo…F. De Andrè)

 

Quando scrissi che avrei cessato d’esprimermi attraverso il sito, portando le mie scuse a tutti (o quasi…) i lettori che dalle mie considerazioni avessero subito fastidio, intendevo effettivamente privilegiare chi preferisce la morbida poesia latinoamericana alla cruda realtà che viviamo. D'altronde anch’io impazzisco per Borges e Neruda…ma quante verità mi sarebbero state precluse senza i “maledetti”.

 

Purtroppo, la differenza tra la storia e le favole è netta…almeno quanto un fendente ed una carezza.

 

A volte si può cercare di coniugarle, ricorrendo all’ironia, alle metafore, usando il sarcasmo che serve a costruire la satira…ma, ahimè, questa non potrà non essere dura, se tristi e gravi sono le vicende che s’intende raccontare.

Ho già detto che l’odio non è un sentimento che m’appartiene, è troppo frustrante e viscerale…ma non m’appartiene neanche la diplomazia di chi addolcisce le cose per non esporsi troppo…e nemmeno la sterilità di chi le cose “le manda a dire”.

 

Io combatto il male comune dell’indifferenza e della prevaricazione. Mi espongo contro la falsità e l’arroganza di chi gioca con gli altri. Attacco la convinzione comune che “gestire” voglia dire “valere”, quando invece, spesso, significa “approfittare”.

 

Si potrà obiettare che credo di fare cose che in fin dei conti non faccio…”chapeau”…è vero, quanto lo è la volgarità che risiede nelle azioni malsane più che nel linguaggio “colorito”.

 

Qui mi sento di fare una supplica accorata: nell’era “dell’apparire”, piuttosto che “dell’essere”, è troppo importante rendersi conto di cosa sia effettivamente la volgarità. Altrimenti avremmo perduto tutto, anche l’autostima…anche la capacità di giudizio che, se ci pensate, è esattamente lo scopo della politica clientelare.

 

Dal retaggio d’insegnare al bambino a non pronunciare le “brutte parole”, ci si dimentica di spiegargli quanto sia più volgare dire il falso. Con questo non voglio legittimare l’uso di un linguaggio scurrile, ma credo che leggere Baricco possa risultare meno indecente che ascoltare le nefandezze sciorinate da illustri personaggi della mistificazione.

 

A volte, le parole che servono sono “quelle”…e non è giusto cercare stupidi vezzeggiativi, o alternative, che ne addolciscano il senso. E’ ingiusto per l’onestà intellettuale che dovrebbe essere più importante della forma (essere/apparire…). Insegniamo prima questo ai fanciulli e state certi che il linguaggio migliorerà di conseguenza…

 

Ai tiranni, agli usurpatori, ai millantatori, a coloro che non hanno rispetto per gli altri ed usano la loro posizione per tornaconti personali, non c’è vocabolo che possa pareggiare la volgarità che esprimono. E’ così che la vedo, perché l’immagine non è tutto, anzi…l’immagine è, spesso, il mezzo per confondere e convincere…l’artifizio che si usa per non mostrare il resto…

 

Volgare è non fare il lavoro per cui si viene pagati.

E’ non essere al servizio del cittadino ma al proprio.

E’ non rispondere alle domande.

E’ non confrontarsi per supposta superiorità.

E’ speculare su tutto.

E’ danneggiare gli altri per privilegiare sé stessi.

Volgare è molto di ciò che vedo e molto meno di ciò che leggo…

 

Scusandomi per l’assonanza delle due parole sottolineate con eventuali sconcezze, mi riservo di scrivere una “buona novella” non appena sparirà tutta la volgarità che ci attornia.

 

Nicola Pagliarulo