Devo farmi per forza uno shampoo! - 04-01-03 - Nicola Pagliarulo

 

 

Shampoo

(non c’è via di scampo…devo farmi per forza uno shampoo!)

 

Al fine di evitare dubbi su informazione/disinformazione e consentire alla Befana di non sbagliare indirizzo e tipologia di regali, riporterò articoli ed interviste comprensivi di fonti e nominativi.

Certo che l’attendibilità di ogni notizia possa essere discussa (lo insegnano i dati economici di fine anno e le manine che fanno ciao-ciao dietro i parabrezza delle automobili), mi rifaccio all’esperienza della Vecchia Signora ed all’indiscussa capacità, di ramazzare il lercio, della sua scopa volante.

A Berlusconi, vorrei regalasse un pallottoliere (dato che umiltà ed onestà gli sono sconosciute, potrebbe almeno migliorare in matematica che, gli ricordo, non è un’opinione).

A Bush, una camicia di forza…bianca, candida come la pace che declama ed ignora. Sotto, un bel cinturone con due pistole irraggiungibili (indossata la camicia) che meglio identificano il popolo americano (certamente più avvezzo ad un presidente con sotto le pistole, piuttosto che un presidente con sotto Monica…).

A tutti voi, che siete stati bravi, ciò che più desiderate.

A chi buono non è stato, ogni premio sia negato (scusate la rima).

A me, cenere e carbone…perché non credo che qualcosa cambierà…non faremo in tempo…

 

Intervista a GUNTHER GRASS (premio Nobel per la letteratura, 2001)

(fonte: Corriere della Sera, 03/01/2003)

 

Signor Grass, che impressione le fa il presidente Bush?

Vedo quest’uomo come un pericolo, una minaccia per la pace mondiale. Mi ricorda uno di quei personaggi dei drammi storici di Shakespeare la cui unica ambizione è forse quella di presentarsi al padre, il vecchio re defunto, dicendo: ”guarda, ho portato a compimento la tua opera”. E’ determinato a portare al culmine la prima guerra del Golfo dichiarandone un’altra. Bush junior è animato da motivi privati, familiari; è spinto da pulsioni ereditarie. Anche gli interessi economici della famiglia Bush svolgono un ruolo: quella famiglia è inestricabilmente coinvolta negli affari petroliferi. In questa dichiarazione di guerra all’Iraq, dunque, gli interessi politici sono sottilmente

mescolati alle aspirazioni commerciali. Il terzo motivo è, naturalmente, lo status degli Stati Uniti in quanto unica superpotenza onnipotente della terra. La superpotenza che vuole controllare e dirigere il mondo, ma ne conosce così poco: non ne sa praticamente niente.

Questa alleanza di cui lei parla tra interessi economici e politici punta nella direzione di un vincolo stretto tra il neo-liberismo, tutto orientato a difendere il libero mercato, e la cosiddetta lotta al terrorismo?

Di sicuro. Immediatamente dopo quell’orrenda aggressione dell’11 settembre, ho sottolineato come l’origine di quell’assalto fosse radicata nella rabbia e nell’odio del cosiddetto Terzo mondo nei confronti del ricco Primo mondo. A meno che e finchè non verranno sradicate le ragioni di questa rabbia inveterata, e giustificata, continuerà il terrorismo. Tanto tempo fa, negli anni ’70, lo statista tedesco Willy Brandt segnalò ripetutamente alla nostra attenzione l’atroce ineguaglianza che deturpa la terra, quella profonda divisione tra abbienti e non-abbienti. Predisse che, se non fossimo riusciti ad istituire un equo nuovo ordine economico mondiale, la violenza sarebbe esplosa. Quella violenza, sotto forma di terrorismo, ci sta colpendo adesso. Ci sono, naturalmente, parecchie altre ragioni – culturali, regionali, storiche, ed altre ancora – ma quella principale, la devastante diseguaglianza, non dev’essere sottovalutata. Sogno un ordine mondiale in cui i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo siedano alla stessa tavola e condividano anche le risorse del mondo, la tecnologia ed il capitale nella maniera più equa. Finchè questo sogno non resterà che un sogno, la pace mondiale resterà impossibile da realizzare. Di chi è la colpa di questo sfacelo? Del Nord e dell’Ovest. Il nostro atteggiamento egocentrico, la corsa ad arricchirsi è, ovviamente, il prodotto della teoria e della pratica neoliberista, che si rifiuta di vedere oltre il proprio naso. Ne consegue che, se Bush ripetesse l’esperienza dell’Afghanistan da qualsiasi altra parte del mondo, sarebbe lo sponsor di un’altra generazione di terroristi.

Lei ha l’aria di bollare l’attuale natura del capitalismo come colpevole principale.

Naturalmente. Dopo la caduta del socialismo, il capitalismo è rimasto senza nemici; e, in questa situazione straordinaria, si è rivelato una forza avara, sopra ogni cosa suicida, ripiegata sull’autodistruzione; pensa di poterla scampare comunque e da ogni cosa. Ciò che adesso trapela dal mercato azionario non è altro che la distruzione del capitale, assieme alla distruzione dell’impiego, dei posti di lavoro e delle risorse umane. Quando una ditta dichiara di star per tagliare 200 posti, le sue azioni prendono valore: questa è follia. La forma attuale di capitalismo ciecamente mercantile ha riprodotto in gran quantità i propri nemici, i suoi propri Frankenstein. Questo sistema un bel giorno potrebbe crollare. Non abbiamo un’alternativa adesso e non sappiamo se nel prossimo futuro ne avremo una. Nella condizione di un vuoto immenso e deprimente, potremmo sperimentare una forma nuova di fascismo. Non credo nemmeno in nessuna utopia sfrenata, splendente di speranza. Ciò che posso dire, è che dobbiamo provare e riprovare a contrastare il presente stato delle cose; la pietra di Sisifo dev’essere fatta rotolare ancora e ancora.

                                                                                                     Subhoranjan Dasgupta

Outlook/Nobel Laureates

                                                                                                     Distribuito da: Tribune Media Services                                                                                                   

                                                                                                     Traduzione: Laura Toschi

 

 

Per quel che riguarda la situazione Israelo-Palestinese, invece, le parole del Vescovo israeliano a Tel Aviv (tra l’altro condivise da parte del popolo ebraico), trasmesse da più emittenti televisive (prima celebrando, poi intervistato):

 

Ai fedeli: la colpa di tante vittime è di Israele. Finchè non lasceremo i territori occupati della Palestina, continuerà il terrorismo.

Al giornalista: quando esistono una parte forte ed una debole, è quella forte a doversi muovere…e la parte forte è Israele.

 

 

“Piloti da caccia Usa pieni di amfetamine” (Corriere della Sera, 03/01/2003)

 

Washington – Durante le operazioni di combattimento l’aeronautica americana “consiglia” ai piloti che vanno in missione di assumere amfetamine, e questo potrebbe aver causato il tragico incidente in cui tre soldati canadesi sono stati uccisi in Afghanistan dal “fuoco amico” americano. E’ la tesi difensiva degli avvocati dei due ufficiali della US Air Force che la notte del 17 aprile 2002 sganciarono una bomba su un commando di militari canadesi impegnati in un’esercitazione vicino a Kandahar, uccidendone tre. Pensavano di essere sotto attacco. I piloti – dicono i loro legali – hanno sbagliato non perché inesperti, come concluso dall’inchiesta interna dell’aeronautica, ma perché le loro capacità di giudizio erano offuscate dalle cosiddette “go pill”. L’Usaf conferma l’uso volontario, non obbligatorio, di questi “medicinali anti-stress”, assicurando però che i loro effetti non sono assolutamente dannosi.

 

 

…e questo è…

persone diverse, opinioni diverse, fatti diversi. Ognuno con la propria storia e le proprie capacità intellettive…ognuno col suo dramma, il suo gioco ed il suo ninnolo…

Invito tutti a riflettere, perché nessuno è depositario della verità…un nostro giudizio è figlio di scelte e modi d’essere…perché decidiamo di fare e dire quello che più ci sentiamo…e siamo

propensi a seguire tutto o niente…a credere e diffidare, soprattutto di chi ci intima il silenzio…di chi si spaccia per inconfutabile…di chi cerca di non farci più pensare…

Non faremo in tempo a cambiare le cose, ma questo non dev’essere un alibi per non cominciare a cambiare noi stessi…”abres los ojos” dicono gli ispanici…

Riappropriamoci dei nostri sensi e sviluppiamo l’istinto, visto dove ci sta portando questa presunta “ragione”.

Buon anno a tutti, dunque, anche se sarà difficile.

Felice anno nuovo, anche se sarà impossibile.

Perché è nel paradosso che viviamo e, probabilmente, finiremo.

 

Nicola Pagliarulo.