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La condizione umana nella poetica di Charles M. Schulz

I Peanuts di Charles Monroe Schulz (Saint Paul, 1922 - Santa Rosa, 2000), pubblicati dal 1950 al 2000, anno della morte dell'autore, rappresentano uno dei fumetti più famosi e apprezzati di tutti i tempi, tanto dal grande pubblico che dal mondo culturale.

Continuando una tradizione che si perpetua sin dagli albori del fumetto, i Peanuts hanno per protagonisti dei bambini, che tuttavia si discostano dal consueto filone delle "piccole pesti". Pur conservando tutte le caratteristiche dello svago a strisce, nato sui quotidiani statunitensi a fine Ottocento (comicità, brevità, un linguaggio chiaro e semplice), i Peanuts di Schulz introdussero nel fumetto una nota di riflessione filosofica ed esistenziale.

In corso d'opera, i Peanuts sono stati studiati e definiti variamente, in particolare come bambini-metafora del mondo contemporaneo.

A conclusione avvenuta del ciclo artistico di Schulz, essendo ormai disponibile la visione d'insieme della sua opera completa, è finalmente possibile tracciare definitivamente le linee principali della sua poetica, tentando di farlo restando in quella linea «tra l'assoluto inconoscibile e il conoscibile assoluto, in cui c'è posto per una conoscenza vera dell'arte, per una scienza e per una filosofia»[1].

Immagine 2Il fumetto a strisce, o strip, è basato sulla reiterazione di piccoli moduli costanti nel tempo. Nei Peanuts, questa ripetitività non solo investe l'ambientazione, i personaggi e il loro carattere, ma si manifesta anche nel susseguirsi all'infinito di variazioni su temi e situazioni costanti: le "lotte per la sicurezza" tra Linus e Snoopy, ossia per il possesso della famosa coperta; Charlie Brown e l'aquilone; la corte serrata eppur vana di Lucy al pianista Schroeder; il calcio piazzato da Lucy che puntualmente leva via il pallone facendo stramazzare Charlie Brown. Immagine 3

Umberto Eco ha paragonato l'arte di Schulz al genere artistico della variazione musicale, ascoltando la quale ci si trova sempre dinanzi allo stesso tema, ma ci si stupisce per la sua fertilità[2].

Immagine 4Altro carattere peculiare dei Peanuts è l'estrema sintesi grafica, riscontrabile in due elementi: la parsimonia di segni e un'inquadratura che rende visibile meno di quanto è percepibile. Molti dei personaggi fissi della serie, infatti, così come molti elementi  dell'ambientazione, vengono solo suggeriti da Schulz, e lasciati fuori campo[3]; mentre ciò che è in chiaro nell'inquadratura è reso attraverso pochi  e minimi segni, sufficienti però a rendere una vasta gamma di espressioni, posture e scenografie.

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Schulz opera, più che una metafora, un'astrazione che si evince, oltre che nel disegno minimalista, nella coabitazione di prospettive incompatibili in una stessa inquadratura, nonché della contaminazione tra elementi del testo e del disegno («La scrittura, schiodata dalla comunicazione, ritorna materia»[4]).

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L'astrazione dalla realtà si estende anche alla dimensione testuale, attraverso le improbabili conoscenze specialistiche, il vocabolario adulto, il distacco ironico critico assolutamente non pertinente alla sfera infantile.

Immagine 15Le inquadrature disegnate da Schulz sono sempre al livello dei bambini, sempre ortogonali rispetto a loro e agli oggetti che li circondano: mai di sbieco, o dall'alto, come se visti da un adulto, mai nemmeno a favorire un punto di vista particolare di uno dei protagonisti.

Immagine 16E' un fumetto corale, senza un personaggio principale, e l'inquadratura ad altezza di bambini offre al lettore la possibilità di essere l'ennesimo personaggio dei Peanuts che partecipa alla scena insieme con gli altri.

Perché la scelta di dipingere proprio un microcosmo infantile? I bambini, "nuovi del mondo", fungono nei Peanuts da meccanismo di straniamento, di scarto percettivo rispetto all'automatismo degli atti abituali: «Per risuscitare la nostra percezione della vita, per rendere sensibili le cose, per fare della pietra una pietra, esiste ciò che noi chiamiamo arte. Per ottenere questo risultato, l'arte si serve di due procedimenti: lo straniamento delle cose e la complicazione della forma.»[5]

E Schulz ha straniato le cose riflettendole attraverso un microcosmo infantile e ha complicato la forma semplificandola all'estremo, attraverso astrazione e sintesi.

Non a caso Marshall McLuhan classificò il fumetto tra i media cosiddetti freddi, a bassa definizione, come telefono e televisione, che implicano un alto grado di completamento da parte del pubblico a causa della limitata quantità di informazioni che forniscono[6].

Intrinseco allo straniamento è dunque il fine cognitivo, e questo mondo infantile proposto da Schulz, proprio in quanto parziale, assume la funzione di luogo di pertinenza[7], di pratica, attraverso la reiterazione rituale delle situazioni-tipo, di esperienza comune, garante insieme epistemico e semiotico. Perché «la conoscenza non può essere una riproduzione del reale: la conoscenza è uno schema del reale, uno schema pertinente. La parzialità non è un difetto della conoscenza: le conoscenze sono schemi della realtà, schemi pertinenti e quanto interessa è giustamente in questa parzialità».[8]

Victor Sklovsky, il formalista russo che studiò affondo il processo artistico dello straniamento, si concentrò quasi esclusivamente su Lev Tolstoj, che poi è uno degli artisti più amati e citati da Schulz nelle sue strisce.

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E' possibile che Schulz si sia ispirato al grande scrittore russo per la tecnica letteraria dello straniamento, ma è ancora più probabile che uno dei principali motivi dell'ammirazione di Schulz per Tolstoj riguardasse la sua concezione impegnata dell'arte come lotta, come azione morale[9]. D'altronde, si tratta di una concezione non estranea alla filosofia di matrice statunitense, basti pensare a L'arte come esperienza[10] di John Dewey, in cui il filosofo americano volle collegare strettamente l'esperienza estetica a quella ordinaria: l'azione diviene bella nella misura in cui viene in essa riposto impegno, lotta, dedizione per la sua piena estrinsecazione.

Schulz ha espresso il suo engagement attraverso un'infinita attenzione, curiosità, rispetto e amore per ogni tipo di diversità, esternato nel fumetto con l'atteggiamento donchisciottiano dei suoi protagonisti, che interagiscono indifferentemente con umani, cani, uccelli, insetti, alberi, palloni, scuole e coperte. Questo è un aspetto della poetica di Schulz che va considerato con attenzione, in quanto piuttosto unico nel suo genere: nessuno dei suoi personaggi non-umani subisce mai una trasformazione antropomorfa. Nemmeno Snoopy, che pure da un certo punto in poi comincia a camminare spesso su due zampe e a volare con la fantasia sulla sua cuccia-Sopwith Camel. Ma resta sempre un cane, con un padrone, con la sua cuccia, la sua ciotola e la sua passione gioiosa per l'ora di cena. E soprattutto non parla, come tutti i veri cani.

Immagine 18L'anti-antropomorfismo di Schulz è una faccia nel suo amore, curiosità e rispetto profondo per le diversità.

Secondo Dewey, solo nella comunità acquista valore e completezza[11] il frutto dell'individualità umana. Schulz, nelle sue strisce ha spesso dimostrato di essere convinto che le differenti individualità costituiscano la ricchezza della comunità. Egli non privilegia mai il punto di vista di alcun personaggio. Nemmeno gli elementi formali della striscia sono rigidamente suddivisi in base a una scala definita di valori, anzi, Schulz spesso li rende intercambiabili, traducendo elementi del testo in parti della scena se non addirittura in personaggi, come accade riguardo alle note musicali, che spesso interagiscono attivamente con i personaggi.

Immagine 19E' attraverso i dialoghi che i Peanuts espletano un'azione vera e propria, uno Speech Act, secondo la filosofia del linguaggio di J.L. Austin e J.R. Searle, fondata sull'idea di base che «parlare è agire»[12]. Con i loro commenti alle vicende e alle situazioni, i Peanuts si palesano, agiscono gli uni sugli altri prima ancora che comunicare, anzi di norma non comunicano affatto, seguendo ognuno una propria linea di pensiero, una propria ossessione, un proprio schema mentale.

Ma proprio in questo deserto comunicativo, specchio di una società contemporanea ipnotizzata dai mezzi di comunicazione di massa, Schulz fa accadere dei piccoli miracoli: come la perfetta visibilità dei giochi attoriali di Snoopy, che ogni giorno immagina di essere un qualche eroe o personaggio specialissimo o animale nobilissimo. Le imitazioni-trasformazioni di Snoopy sono comprese e accettate da tutti, date per scontate come i tanti fatti della vita, rientrano nei dati esperienziali della credenza peirceiana comunitaria[13], che instaura un'abitudine, una regola d'azione, e che si fissa in una comunità se basata su un'esperienza tangibile, collegata ad effetti sensibili.

E l'esperienza sensibile, nel caso dei Peanuts è data proprio dalla reiterazione, dalla convivenza continua, perpetuata nel tempo. La ripetizione regolare di eventi, eleva gli stessi al rango di rituali di una comunità, che creano uno strato omogeneo e riconoscibile su cui si possono impiantare delle variazioni, che proprio grazie al terreno comune e chiaramente intellegibile da cui si dipartono, hanno una forte valenza cognitiva ed eventualmente artistica.

L'eminente studio che ha messo a nudo questo meccanismo è il saggio di Vladimir Propp Le radici storiche dei racconti di fate[14], che ha colto le connessioni esistenti tra riti, miti e successive elaborazioni di questi in arte, possibili solo a partire da una presa di distanza culturale rispetto ai primi, attraverso una sorta di razionalizzazione del sacro, di trasformazione del soggetto religioso, o esoterico in profano e artistico. Infatti, nell'analisi di Propp, il rito ed il mito ad esso legato, sono legati alla realtà socio-economica in cui nascono, mentre il racconto-fiaba non è prodotto dalla realtà sociale in cui esiste, ma in quella rappresentata.

E' interessante notare quanti punti in comune abbiano il folktale e il fumetto: la brevità, l'economia espressiva, l'etica binaria delle contrapposizioni (buono/cattivo; bello/brutto; genio/stupido), la comicità, la commistione di quotidiano e straordinario. Il fumetto, inoltre, per le sue caratteristiche grafiche, è forse l'unico mezzo attraverso cui la grammatica e la sintassi del linguaggio narrativo orale possono trovare una vita e un sistema di conservazione per quelle componenti teatrali, extralinguistiche, ritmiche e gestuali che la scrittura da sola fatica a rievocare.

Immagine 20Immagine 21L'ambito relazionale è il tema principale intorno a cui si snodano tutte le avventure dei Peanuts. Ma ciò che più di tutto interessa a Schulz è la registrazione della reazione visiva, posturale, del singolo all'ambiente esterno. Questa reazione costituisce anche il nodo centrale della comicità dei Peanuts che quasi mai chiudono la striscia (o la tavola) con una battuta finale, ma piuttosto con la comicissima reazione facciale, fisica, muta, del destinatario dell'improbabile comunicazione fornita dal ballon, e che Schulz fissa, ferma per sempre nella vignetta finale di ogni strip.

Infatti la comicità dei Peanuts si basa sull'astrazione (l'estremizzazione formale e testuale di eventi reali); sulla reazione facciale-posturale a fatti e parole altrui; sulla reiterazione (linguistica; di situazioni-tipo; di tratti caratteriali dei personaggi).

C'è nei Peanuts una disposizione comica baudelairiana[15] ad essere se stessi e un altro, ma anche a scoprire attraverso una comicità che Bergson definì «di carattere»[16], gli automatismi involontari e le rigidità della vita sociale. Anzi, l'effetto cognitivo che ne deriva, fa sì che la comicità dei Peanuts debba essere definita umorismo, se detta in senso pirandelliano[17], per la sua azione in profondità che mette in contatto con l'autenticità.

Nei Peanuts è possibile ritrovare delle tipologie comiche archetipe, che appartengono all'invenzione comica occidentale nata dal modello della commedia nuova greca di Plauto e Terenzio, e il cui schema dei personaggi tipici è stato tracciato da Northorp Frye[18]: Charlie Brown è certamente l'agroikos (rustico), il credulone; Lucy funge spesso da ottimo alazon (impostore), con funzione di ostacolo; Snoopy, che è per eccellenza colui che accresce la festosità, è senza dubbio il bomolochoi (buffone) dei Peanuts.

Da quanto osservato, si delinea infine una poetica di Schulz che mette in luce il rapporto tra individuo e comunità, che elogia individualismi e diversità, e che pone l'accento sulla reazione del singolo all'ambiente esterno.

Immagine 22La focalizzazione sul singolo individuo appartiene alla cultura statunitense sin dall'epoca dei pionieri, e da allora si è evoluta non poco, passando dal mito della frontiera, della ricerca dell'avventura e della conquista, a quello della casa-base, dell'individualismo-proprietà, perfettamente interpretato dal gioco del baseball.

Il microcosmo dei Peanuts di Schulz, quindi, non si pone come metafora del mondo adulto contemporaneo: l'anti-antropomorfismo di Schulz, con la sua etica di rispetto per il diverso da sé, è anche la misura di un'astrazione in cui niente e nessuno è metafora di qualcosa o qualcun altro. In una poetica fortemente incentrata sulla relazione del sé con l'ambiente non c'è spazio per lo "stare per",  per "l'essere al posto di". L'astrazione straniante del microcosmo infantile getta nuova luce sul rapporto individuo-mondo in quanto schema pertinente del reale.

Per esprimere tutto questo, Schulz ha spesso fatto uso, nei suoi fumetti, del tema dei fiocchi di neve, tutti diversi l'uno dall'altro, eppure compatti: si tratta di una vera e propria poetica, che traspare nei Peanuts sia attraverso dichiarazioni letterali che nello snodarsi delle tematiche nel tempo, con il garbo e la gentilezza che contraddistinguono questo autore, che ha cambiato il mondo senza urlare.

«L'agile salto improvviso del poeta-filosofo che si solleva sulla pesantezza del mondo, dimostrando che la sua gravità contiene il segreto della leggerezza, mentre quella che molti credono essere la vitalità dei tempi, rumorosa, aggressiva, scalpitante e rombante, appartiene al regno della morte, come un cimitero d'automobili arruginite».[19]

L'evoluzione dello stile dei Peanuts:
dall'azione alla contemplazione.

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http://www3.unibo.it/parol/articles/abstract_schulz.htm

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