Giulia Sissa 
Il piacere e il male

                                                              Sesso, droga e filosofia


Ho scritto questo libro per dar voce a una perplessità: cosa mette in gioco la "riduzione dei rischi" nell'approccio contemporaneo alle tossicomanie? Prendendo qualche distanza rispetto a un pensiero dell'urgenza, ho proceduto ad alcune considerazioni che a molti suoneranno inattuali.
    Stiamo oggi assistendo a una banalizzazione evidente della dipendenza. Vivere con le droghe significa imparare a non spaventarsi di fronte a una pratica sempre più familiare. Gli oppiacei, la cocaina e altre estasi tascabili non sono più investiti del fascino fatale dei frutti proibiti e divengono giocattoli per una ricreazione tranquilla, perfettamente compatibile con la vita quotidiana. Negli Stati Uniti, si parla molto del fascino aggiunto, della complicità estetica di cui l'eroina ormai gode nel mondo della moda e del cinema. Si gioca allusivamente, ma ammiccando senza esitazione, sulla bellezza languida della magrezza e della trascuratezza nel vestire che si associano allo stile tossico. Film come Pulp Fiction e Trainspotting mostrano, se non il lusso, almeno la calma e la voluttà chimiche come se si ritrovasse la libertà letteraria del secolo XIX. Heroin chic, lo chic dell'eroina, è il titolo che sulla copertina del "New York Magazine" annuncia una recensione di Trainspotting, e nessuno è sembrato scandalizzarsi. In Francia, è soprattutto la riflessione sociologica che invita a sdrammatizzare le droghe e ad accettare l'idea di un tempo da passare in compagnia dell'abitudine. L'assuefazione sarebbe un modo come un altro di vivere alla giornata, per coloro che scelgono di farlo, e andrebbe accettata come tale innanzitutto da coloro che fanno le leggi e gestiscono la salute, nonché, più generalmente, dall'opinione pubblica.