Lo stile di Lasker.

Lasker fu il primo giocatore di grande talento che potè godere di una teorizzazione esauriente della logica scacchistica, di un bagaglio pratico delle aperture esteso e di una teoria dei finali matura. Questo grazie anche al grande lavoro svolto dal suo predecessore, Steinitz ed alla sua Scuola Posizionale, di cui anche Lasker era un seguace.
Il nuovo Campione poteva giocare con eguale bravura posizioni chiuse od aperte, violente complicazioni tattiche o finali estremamente tecnici. In altre parole il suo stile era proprio l'assenza di uno stile definito, o ancora in altro modo possiamo dire che Lasker fu il primo giocatore dallo "stile universale". Lasker poteva così adattarsi camaleonticamente ad ogni avversario e giocare in modo da metterlo in difficoltà: ad un raffinato giocatore posizionale imponeva il gioco combinativo, mentre ad un aggressivo giocatore d'attacco poteva opporre posizioni a lui poco congeniali o portarlo in uno "scialbo" finale. A questa sua poliedrica capacità di gioco Lasker aggiunse un elemento completamente nuovo della strategia scacchistica: la lotta psicologica. Lasker considerava la partita a Scacchi come lo scontro tra due individui pensanti, ognuno con le loro forze e debolezze, le loro fissazioni e le loro idiosincrasie e pensò di sfruttare ad arte tutto ciò. La sua preparazione prevedeva lo studio psicologico dell'avversario e spesso Lasker giocò volontariamente mosse ed aperture dubbie o finanche scorrette, col solo scopo di portare l'avversario su posizioni "scomode" o di metterlo di fronte ai suoi "fantasmi". Questo spiega le sue incredibili (e numerose) vittorie originate da posizioni assolutamente svantaggiose.
Lasker possedeva anche una visione combinativa fuori dal comune, riconosciuta nella sua eccezionalità anche dai sui successori: Capablanca ed Alekhine. Interessante è quello che scrisse di lui Rudolf Spielmann, uno dei più forti giocatori d'attacco di tutti i tempi: «I suoi occhi, i suoi pensieri, sono dappertutto. Parlo per esperienza, poichè frequentemente ho tentato di analizzare insieme a lui. Il risultato era scoraggiante per me, non facevo in tempo a scoprire una buona idea od una buona combinazione che Lasker la scartava, visto che già da parecchio tempo l'aveva scartata nella sua mente!». Assodata la sua grande abilità tattica potrà quindi sembrare strana la frequenza con cui adotttò linee di gioco chiuso o tendenti a "squallidi" finali, ma il fatto è che egli aveva un profondo rispetto per tutti i suoi avversari e spesso attribuiva loro capacità che essi non avevano così, per non "correre rischi", adottava piani di gioco estremamente sicuri e si affidava quindi alla sua impareggiabile tecnica.
Nella Partita Spagnola ad esempio adottò con predilezione la scialba variante di cambio (1.e4 e5 2.Cf3 Cc3 3.Ab5 a6 4.Axc6 bxc6) che sembra incanalare il gioco verso una patta incolore, ma proprio con questa linea di gioco battè più volte Steinitz, Tarrasch e tutti i più forti giocatori del suo periodo. Con questa variante vinse anche una partita a Capablanca che è tra le più citate nei libri del medio gioco. E' significativo che uno dei più grandi fuori classe di tutti i tempi, Bobby Fischer, riprese negli anni '70 proprio questa variante, ottenendo una serie di vittorie fulminanti contro i più forti giocatori della sua epoca.
Per tornare un attimo a Steinitz, il confronto con lo stile di gioco di Lasker è illuminante. Anche Steinitz era dotato di un eccellente capacità d'analisi; la sua ricerca di posizioni chiuse serviva ad evitare lo scambio dei pezzi per paura che non restassero forze sufficienti ad attaccare violentemente (si considerino le sue vittorie caratterizzate da brillanti sacrifici, come ad esempio le due famosissime partite, riportate in tanti libri, contro Cigorin e von Bardeleben), ma è chiara la sua fissazione in certi schemi di gioco. Non a caso subì delle sconfitte dovute alla testardaggine con cui giocò linee difensive paradossali; un giocatore meno forte di lui avrebbe perso molto più frequentemente di lui giocando le sue "dubbie" aperture. Lasker invece non aveva tendenze fuorvianti, anzi non fu certo l'apertura il suo forte, nel senso che giocò sempre più spesso, col passare degli anni, schemi d'apertura collaudati, rimandando nel medio gioco la ricerca del modo di rompere l'equilibrio a suo favore. Lasker fu anche un grande finalista, senz'altro uno dei più abili di tutti i tempi, e quest'ulteriore abilità fece di lui un fuoriclasse completo ed innovativo, non a caso rimase Campione del mondo per 27 anni! In nessun'altra disciplina qualcuno è mai riuscito a fare tanto.
Dopo la perdita del Titolo Lasker si ritirò dagli scacchi per diversi anni ma quando, alla veneranda età di 67 anni, ritornò nell'agone scacchistico rischiamato dall'antica passione, era ancora un giocatore fortissimo e lo dimostrò nel torneo di Mosca del 1935, dove travolse Capablanca con un attacco spettacolare e malmenò quasi tutti i fortissimi maestri della nascente Scuola Sovietica. Indicativa la sua partita contro Levenfish dove il "grande vecchio" sacrificò a sorpresa la Donna per due pezzi e due pedoni e riuscì a vincere posizionalmente, come per magia, una partita che tutti (incluso il suo esterefatto avversario) ritenevano persa. Questo era Lasker.