E poi in treno per la meta centrale del viaggio. La note scende mentre il treno attraversa un deserto pietroso così completamente privo di tutto da risultare affascinante. Il silenzio esterno contrasta con il chiasso delle carrozze affollate di cinesi in viaggio, un silenzio che irrompe nello scompartimento quando il treno si ferma per uno dei mille e incomprensibili motivi, vengono in mente Marco Polo e i suoi zii diretti verso Oriente, i Mongoli che piombano sulle città della Kashgaria giungendo da questo nulla petroso.
Ritorno piacevolmente alla realtà chiacchierando con tre simpatiche ragazzine cinesi, le quali (era ora) parlano un ottimo American English. La più grande e loquace, avrà 12 o 13 anni, è figlia di un professore universitario di matematica e mi parla del suo sogno di girare il mondo, lei intende Europa e America, e magari di fare un’esperienza di studio e lavoro all’estero per qualche anno. Poi guarda un po’ imbarazzata i miei compagni di viaggio sonnecchianti e mi chiede sinceramente stupita come mai noi italiani, quindi sicuramente ricchi secondo gli standards cinesi, viaggiamo in gruppo. Per lei Occidente significa infatti ricchezza e ricchezza è anche il lusso di poter viaggiare da soli.