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STORIA DI ROMA



LA REPUBBLICA

La congiura di Catilina
(65-63 a.C.)


Catilina: la prima congiura - Cicerone unico console -
La proposta di legge agraria di Servilio Rullo
- La seconda congiura di Catilina -
Tentativo di uccidere Cicerone - Allontanamento di Catilina -
Il caso degli ambasciatori Allòbrogi
- La fine di Catilina




Catilina: la prima congiura

Lucio Sergio Catilina vantava origini nobili. Nel 68 a.C. era stato pretore, nel 67 governatore in Africa. Alla fine del mandato era stato indagato per abuso di potere, in conseguenza di ciò, quando nel 66 pose la sua candidatura a console per il 65, era stato escluso perché sotto processo.

E' proprio al 65 che risale il primo tentativo di congiura. Alcuni storici sostengono che dietro a tale congiura vi fossero anche Crasso e Cesare (il futuro conquistatore della Gallia). Di certo si sa che il primo gennaio del 65 a.C. i cospiratori (per lo più giovani patrizi romani oberati dai debiti e per cui la congiura avrebbe significato l'estinzione di ogni onere) avrebbero dovuto uccidere i consoli e i senatori più influenti, dittatore sarebbe stato nominato Crasso e suo magister equitum (comandante della cavalleria) Cesare. Le fonti su questo episodio sono incerte, la stessa funzione di Catilina non è chiara, tuttavia altri due tentativi sembrano fossero andati a vuoto per motivi tecnici, i senatori lasciarono cadere la cosa per il timore di accusare personaggi troppo in vista quali Crasso e Cesare.


Cicerone unico console

Nel 63 a.C. Catilina fu assolto e potè riproporre la sua candidatura a console per il partito democratico. Questa volta il sostegno di Crasso e di Cesare fu evidente (gli pagarono la campagna ellettorale), ma ugualmente Catilina fu sconfitto dal suo rivale di partito, il poco brillante Caio Antonio. Come altro console fu invece eletto Cicerone.

Cicerone proveniva dagli equites e si era candidato per il partito degli ottimati. La sua figura sovrastava in tutto il debole Caio Antonio, cosicché il consolato apparve da subito in mano a un solo uomo (Cicerone comprò il suo collega cedendogli il governo della Macedonia, per cui potè da subito agire indisturbato come unico attore sulla scena politica).


La proposta di legge agraria di Servilio Rullo

Questa situazione costituì un grave colpo per le aspirazioni democratiche e si decise di correre ai ripari: nello stesso anno il tribuno Publio Servilio Rullo propose una legge agraria che preveva la vendita dei terreni pubblici per finanziare l'acquisto di terre da vendere a basso costo ai ceti più poveri. Tale legge era evidentemente irrealizzabile (poiché privava l'erario di ogni riscossione sui terreni del demanio pubblico), tuttavia le ragioni della legge erano altre.

La legge prevedeva infatti la costituzione di un decemvirato di controllo e di attuazione della legge i cui membri dovevano restare in carica per 5 anni, decemvirato che avrebbe avuto poteri straordinari in caso di necessità, compreso quello di comandare truppe. L'intenzione era di far entrare nel decemvirato Crasso e Cesare, i quali avrebbero goduto di enormi possibilità d'azione.

Gli ottimati non poterono che accorgersi di tali intenzioni, essi volevano evitare ad ogni costo una dittattura democratica, che fosse stata di Crasso, Cesare o Catilina. Cicerone, facendo uso della sua abilità oratoria, si scagliò contro la legge e fece in modo che fosse ritirata.


La seconda congiura di Catilina

Ma Catilina non si arrendeva, egli propose nuovamente la sua candidatura a console per il 62. Questa volta, come ordine del giorno della campagna elettorale propose l'annullamento dei debiti, cosicché riuscì a crearsi un vasto seguito di sostenitori, dalla plebe, ai reduci di Mario, sino ai senatori indebitati più influenti.

Tuttavia, a fronte della campagna ufficiale, Catilina tesseva le fila della congiura sotterranea. Da nord a sud i cospiratori cercavano di reclutare truppe anche tra gli schiavi, Crasso e Cesare si erano probabilmente defilati, mentre le elezioni si svolesero in un clima di guerra (si dice che Cicerone, circondato dalla sua guardia armata, indossasse una corazza sotto la toga).

Tuttavia, anche questa volta Catilina non fu eletto, vennero eletti consoli Licinio Murena e Giunio Silano. La cospirazione decise di passare alle vie di fatto: i piani erano di far sollevare l'Etruria a nord e Capua e la Puglia a sud, occupando Preneste. Infine, l'attacco doveva portare i rivoltosi alla conquista di Roma.

Cicerone venne a conoscenza della congiura per mezzo della delazione di un'amante di uno dei congiurati. Pur non potendo arrestare nessuno (non aveva alcuna prova ufficiale) mise in allarme Preneste e le guarnigioni nelle zone a rischio. La congiura fu rimandata, tuttavia i rivoltosi dell'Etruria a capo di Caio Manlio non fecero in tempo a venirne a conoscenza e attaccarono la città senza ottenere alcun risultato (la fortezza era già stata allertata).


Tentativo di uccidere Cicerone

A questo punto Catilina cambiò piano: il 7 novembre i cospiratori si riunirono per organizzare l'uccisione di Cicerone. Il piano consisteva nel mandare due cospiratori a casa di Cicerone in veste di visitatori del mattino, essi avrebbero ucciso il console. Nello stesso momento Catilina avrebbe raggiunto l'Etruria e le truppe di Manlio per marciare su Roma, dove i cospiratori, nel frattempo, si sarebbro occupati dell'uccisione dei senatori ostili. Il potere sarebbe quindi passato nelle mani di Catilina.

Cicerone venne però a sapere della riunione sempre da Fulvia, la stessa donna che lo aveva avvertito della precedente cospirazione. Cicerone circondò la casa con le sue guardie e interruppe le visite, in questo modo il piano dei cospiratori fallì nuovamente.


Allontanamento di Catilina

L'8 novembre del 62 a.C. Cicerone convocò i senatori in seduta straordinaria nel tempio di Giove sul Palatino. Furono adottate imponenti misure di sicurezza, Cicerone intendeva convincere, con la sua capacità oratoria, i senatori ad allontanare Catilina da Roma: egli non aveva nessuna prova della congiura, ugualmente i senatori ascoltarono le parole di Cicerone (egli pronunciò la celebre frase: "Fino a quando, dunque, Catilina, abuserai della nostra pazienza?") e decisero di prestare ascolto al console. Catilina fu allontanato da Roma tra la contestazione generale dei senatori, il cospiratore si rifugiò in Etruria da Manlio.


Il caso degli ambasciatori Allòbrogi

I cospiratori rimasti a Roma non si mossero invece con la dovuta intelligenza. Giunta a Roma un'ambasciata di Galli della tribù degli Allòbrogi, tentarono di portarli dalla parte della rivolta con la promessa dell'annullamento dei loro debiti. Il capo dei Galli, Sanga, prese tempo e invece di pensare unirsi alla cospirazione decise di riferire tutto a Cicerone.

A Cicerone si presentava così l'occasione per incastrare i cospiratori con prove finalmente documentate. Ordinò a Sanga di fingere di accettare la proposta dei rivoltosi, in modo da farli trovare in flagranza di reato (alcuni senatori della cospirazione furono così azzardati da firmare una lettera che provava tale incontro). Il piano ebbe successo. I senatori, dopo un processo alquanto veloce, furono condannati alla pena capitale.


La fine di Catilina

Catilina intanto preparava le sue truppe in Etruria assieme a Manlio. Cicerone aveva improntato un esercito per contrastarlo alla guida del quale fu posto il console Caio Antonio. Catilina in un primo momento rifuggì lo scontro diretto perché impegnato ad organizzare le sue legioni. Accade però che dopo il fallimento della cospirazione romana molti dei suoi uomini disertarono. Con gli uomini rimasti Catilina tentò di passare l'Appennino per dirigersi in Gallia, ma Antonio lo intercettò e lo accerchiò presso Pistoia. Catilina si gettò su Antonio con eroismo, ma trovò la morte e il suo esercito fu sconfitto.

A Roma la repressione delle residue sacche di cospiratori da parte degli ottimati fu decisa e puntuale. Gli stessi Cesare e Crasso, implicati nelle prime fasi della congiura e poi prudentemente ritiratisi quando il movimento si stava radicalizzando e cedendo all'anarchia, si eclissarono dalla vita politica romana per un certo periodo di tempo: Cesare divenne governatore della Spagna ulteriore (61 a.C.), lo stesso Crasso, per lasciarlo andare, pagò un'ingente somma di denaro per suo conto reclamata dai debitori.

 



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