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STORIA DI ROMA



LA REPUBBLICA

Riforma militare, guerre contro i Cimbri e i Teutoni
(105 - 101 a.C.)



La riforma militare di Caio Mario - I Cimbri e i Teutoni -
Aquae Sextie: massacro dei Teutoni
- Campi Raudii: stessa sorte per i Cimbri




Riforma militare di Caio Mario

Come già detto, Caio Mario aveva raccolto il suo esercito per la spedizione in Africa affidandosi all'arruolamento volontario. Questa era il primo atto di una più vasta riforma militare che il console riuscì a portare a compimento attorno al 104 a.C.

Fino ad allora, l'esercito romano era stato una sorta di guardia cittadina: i soldati erano reclutati in base a un censo minimo fra la vasta popolazione contandina e terminata la campagna ritornavano alle loro occupazioni pre-belliche. Gli schieramenti sul campo di battaglia risentivano di questa organizzazione, l'esercito era solitamente schierato su tre linee: gli astati (fanteria popolare dotata di asta), i principi e i triari. Ovviamente, fra le tre file, i meno addestrati erano i contadini astati, che costituivano il grosso dell'esercito.

L'esercito di Mario era invece reclutato su base volontaria e non attingeva solo ai cittadini romani al limite di censo, ma anche alle popolazioni italiche alleate e ai proletari nullatenenti. I soldati erano così maggiormente vincolati alla loro paga e alla spartizione dell'eventuale bottino di guerra, il loro addestramento era più severo e più uniforme, indipendentemente dalla classe di provenienza.
Dalla divisione in astati, principi e triari, si passò allo schieramento fondato sulla coorte. Una coorte era formata da 600 uomini, suddivisa in 3 manipoli da 200 uomini, a loro volta formate da due centurie da 100. Una legione era formata da 10 coorti (6.000 uomini). Inoltre furono istituiti corpi scelti e altamente specilizzati, utilizzando le capacità delle popolazioni locali (ad esempio, gli arcieri delle Baleari).

Fu migliorato anche l'equipaggiamento. La fanteria fu dotata di pilum (un giavellotto leggero), in sostituzione dell'asta, e di gladio (spada corta a doppio taglio e da punta) e di un pugnale. La difesa era affidata ad uno scudo rettangolare ricurvo, mentre dopo le guerre con i Cimbri e i Teutoni si cominciò a fare uso delle spalliere in metallo.

I legionari vennero chiamati anche "muli di Mario", poiché portavano sulle spalle uno zaino in cui si trovava una sorta di dotazione di sopravvivenza (trovata rivoluzionaria ai tempi) e poiché erano spesso sottoposti a marce di addestramento e a lavori campali (nel gergo odierno si direbbero lavori da "genieri"). In questo modo le truppe erano costantemente occupate e preparate alla battaglia evitando così la possibilità di pericolosi rilassamenti fisici e mentali.

La riforma, oltre che a rafforzare la macchina da guerra romana, sortì un effetto particolare forse non del tutto previsto da Mario: con la specializzazione dell'esercito e la promessa del bottino di guerra, gli eserciti si vennero a legare sempre di più alla figura del proprio comandante, che poteva disporre così di un gruppo di uomini armati fedeli e allettati dalle promesse di bottino e di gloria, aspetto che di fatto indebolirà sempre di più il potere civile in favore di quello militare (la storia imperiale è infatti storia di generali diventati talmente potenti da cancellare il potere della classe senatoriale).


I Cimbri e i Teutoni

Le potenzialità del nuovo esercito di Mario furono messe subito alla prova da una serie di guerre contro i Cimbri e i Teutoni. Erano, questi due popoli, due tribù germaniche provenienti dal nord che fin dal 113 a.C. si erano affacciate ai confini alpini.
Erano popolazioni barbariche nomadi, la loro lunga carovana comprendeva donne e bambini, e gli uomini erano conosciuti per il furore e per il disprezzo della morte che mostravano in battaglia.

Per primi i Cimbri, nel 113, avevano sconfitto un esercito romano comandato da Gneo Papirio Carbone che, sottovalutandoli, li aveva attirati in un'imboscata. Nonostante la vittoria i Cimbri non penetrarono in Italia ma oltrepassarono il corso del Reno fino all'alto corso del Rodano, dirigendosi ad ovest. Contemporaneamente erano apparsi i Teutoni. Nel 109 a.C. questi sconfissero il console Marco Giunio Silano, inviato ai confini, fino in Gallia, per attaccarli.

Nemmeno i Teutoni mostrarono l'intenzione di invadere l'Italia, fino al 105 a.C., quando fu inviato per respingerli un esercito romano al comando di due generali in disaccordo fra loro (Gneo Mallio Massimo, popolare, e Quinto Servilio Cepione, nobile). Cepione, essendo proconsole, era tecnicamente un sottoposto di Massimo, e non voleva eseguire gli ordini di colui che non riteneva al suo stesso livello nobiliare. Conseguenza di ciò fu la rovinosa sconfitta di Arusio (Orange), dove i due eserciti romani furono sconfitti uno dopo l'altro.

Pur avendo vinto, i barbari non invasero comunque l'Italia, preferendo saccheggiare la terra degli Averniati (svizzeri). In seguito i Cimbri si diressero verso la Spagna del nord, dove incontrarono la forte opposizione dei Celtiberi, mentre i Teutoni si stabilirono nella Gallia settentrionale.


Aquae Sextiae: massacro dei Teutoni

La sconfitta di Arusio dette nuova forza al fronte democratico interno: Massimo e Cepione furono condannati, mentre Mario, reduce dal trionfo su Giugurta, fu rieletto di nuovo console e immediatamente mandato sul Rodano (104 a.C.).

Nel 102 a.C. i due popoli barbarici si riunirono nuovamente con l'intenzione, questa volta molto seria, di invadere l'Italia. I Cimbri, contrastati dai Celtiberi, si erano uniti in Gallia con i Teutoni, assieme avevano attaccato i Belgi, ma erano stati ricacciati. Il piano era il seguente: i Teutoni avrebbero invaso l'Italia da occidente (attraverso la costa ligure), mentre i Cimbri da oriente.

Mario, che si trovava a Roma, fu prontamente richiamato verso il confine occidentale, mentre Quinto Lutazio Catulo si diresse col suo esercito ad oriente, per contrastare i Cimbri.

Il primo scontro lo ebbe Mario contro i Teutoni. Attestatosi con il suo esercito di 30.000 uomini in un campo fortificato presso l'Isère, in una posizione strategica dalla quale poteva controllare i valichi sia alpini che costieri, Mario subì per tre giorni l'assalto teutonico, senza però cedere alla tentazione di attaccare il nemico di gran lunga superiore numericamente (la tribù barbara contava oltre 100.000 uomini). I Teutoni decisero così di aggirare la fortificazione romana e per altri sei giorni le guarnigioni assistettero all'esodo della tribù che lanciavano contro di loro ingurie ed urla feroci.

Appena terminato l'esodo, Mario lasciò il campo e cominciò ad inseguire i Teutoni utilizzando alcune scorciatoie che gli permisero di superare i barbari all'altezza di Aquae Sextiae (Aix-en-Provence, a nord di Marsiglia), dove si accampò di nuovo. L'avanguardia teutonica, costituita dalla tribù degli Ambroni, non aspettandosi il grosso dell'esercito nemico che aveva appena lasciato alle spalle e credendo di trovarsi di fronte a guarnigioni di importanza secondaria, attaccò.

L'esercito di Mario sbaragliò gli Ambroni e sterminò due giorni dopo quel che restava dei Teutoni. Circa 100.000 guerrieri nemici caddero in battaglia, mentre le loro donne, uccisi prima i loro figli, si suicidarono in massa. La prima invasione venne così respinta.

A favore dei romani avevano giocato, oltre alle abilità militari del nuovo esercito, l'effetto sorpresa e le qualità strategiche superiori del proprio comandante, che aveva scelto la posizione di battaglia più elevata, cosicchè i Teutoni si trovarono ricacciati a valle e definitivamente sterminati da un ulteriore contingente nemico di 3.000 uomini che Mario si era premunito di mandargli alle spalle.


Campi Raudii : stessa sorte per i Cimbri

Nel 102 a.C. anche i Cimbri erano penetrati da oriente nella Gallia Cisalpina. Il console Catulo non era riuscito a contrastarne l'avanzata sul fiume Adige e aveva preferito ritirarsi ed aspettare il suo collega Mario. I Cimbri, in sostanza, occupavano indisturbati la pianura padana a nord del Po, mentre a sud, sfruttando il confine naturale tracciato dal corso del fiume, si era attestato Catulo in attesa.

Per tutto l'inverno del 102-101 a.C. le posizioni non si erano mosse. Mario fece in tempo a tornare a Roma per essere rieletto ancora una volta console e poi si diresse verso l'accampamento di Catulo per ricongiungere i due eserciti.

La battaglia decisiva si ebbe nel 101 a.C. ai Campi Raudii (per alcuni verso Vercelli, per altri verso Ferrara). Sfruttando ampiamente la cavalleria, Mario diresse personalmente l'attacco che vide la sconfitta dei Cimbri. Oltre 65.000 barbari morirono, i sopravvissuti furono fatti prigionieri, oltre a ciò si aggiunse l'ulteriore tragedia del suicidio in massa delle donne e dei loro figli, analoga a quella dei Teutoni. Anche i Cimbri erano stati annientati, le frontiere a nord erano ormai sicure.

 

 

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