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Prologo:
l'orizzonte originario della filosofia greca




Sono qui esposti i termini e i temi originari della filosofia greca, una forma di sapere che intende fin dalle sue origini pervenire ad una conoscenza del mondo autentica e definitiva.

Filosofia ('philo-sophìa'): letteralmente "aver cura della conoscenza". Il termine conoscenza deriva da sophos, sapiente, che richiama l'aggettivo saphes ("chiaro", "manifesto", "evidente", "vero"). Philo è un prefisso che indica lo "stare dalla parte di", "aver cura di", "seguire la strada della [conoscenza]", ecc.

La Filosofia è l'alveo originario in cui il sapere trova come unico referente l'intelletto e le sue leggi, è grazie a questa idea nuova delle possibilità intellettive che l'uomo riesce per la prima volta a distinguere un sentiero che non lo conduce verso il mito ma verso una conoscenza che si fonda sulle esclusive capacità speculative.

Mito ('mythos'): "parola", "sentenza", "annuncio", come senso primordiale ed antico, nel senso moderno, "leggenda", "favola", "mito". Il mito è la verità religiosa e mistica imposta all'uomo dagli dei.

Dunque per i greci il mythos "non intende essere una rivelazione fantastica, bensì la rivelazione del senso essenziale del mondo." "Per la prima volta nella storia dell'uomo, i primi pensatori greci escono dall'esistenza guidata dal mito e la guardano in faccia. Nel loro sguardo c'è qualcosa di assolutamente nuovo. Appare cioè l'idea di un sapere che sia innegabile; e sia innegabile non perché le società e gli individui abbiano fede in esso, o vivano senza dubitare di esso, ma perché esso stesso è capace di respingere ogni suo avversario. L'idea di un sapere che non può essere negato né da uomini, né da dei, né da mutamenti dei tempi e dei costumi. Un sapere assoluto, definitivo, incontrovertibile, necessario, indubitabile." (E. Severino, La filosofia antica).

Dunque la filosofia greca nasce come esigenza di una verità salda ed autentica, non mediata da istituzioni umane quali la religione o i diversi usi e costumi dei popoli, una verità che spieghi in modo certo e incontrovertibile il senso stesso del mondo, una verità che nella sua forza sia superiore anche all'opinione degli dei. Dunque l'uomo si allontana dal mito, ovvero dal senso mistico e religioso della verità imperscrutabile imposta dagli dei, per ricercare quella verità che non trova altra giustificazione che se stessa, nel suo imporsi evidente e indiscutibile.

Verità ('alétheia'): la parola greca alétheia, che può essere tradotta come verità, significa letteralmente e originariamente "non essere nascosto" ("a-" come privativo di "Lèthe", "nascondimento", ovvero, "ciò che non è nascosto", "che è esposto alla luce"). La verità, oggetto della conoscenza filosofica, è quindi ciò che si manifesta, che non rimane oscuro, ma si manifesta in modo che non possa essere privata dell'evidenza e si imponga per il suo semplice manifestarsi.

Molta parte del sapere contemporaneo critica la possibilità che la verità possa infine imporsi, poiché esiste pur sempre la possibilità di dubitare su ogni successivo livello di conoscenza, in un processo infinito che, secondo alcune correnti di pensiero, impedisce di fatto di teorizzare una qualsiasi verità definitiva. Tuttavia la verità è ciò che si manifesta pur sempre quando si riesce a penetrare qualcosa che prima rimaneva nascosto ed oscuro, ed ecco quindi il significato riproporsi nei termini di "disvelamento", toglimento degli ostacoli che impediscono la comprensione di un certo aspetto della realtà.

'Epistéme': il termine è abitualmente tradotto come scienza, ma nel suo significato originario significa "stare al di sopra", dalle radici epì ("su") e stéme ("stare"). Oggi il significato di "epistemologia" è quello di riflessione critica sulla scienza moderna, ma per i primi pensatori greci l'episteme costituiva quella forma di conoscenza che si rende definitiva e incontrovertibile, quella conoscenza che fornisce la spiegazione definitiva di ogni aspetto del reale.

Benché anche questo concetto, che ricalca le forme dell'immutabile, sia criticato dalla filosofia contemporanea (la quale ha come suo paradigma il ritenere il mutamento l'aspetto più autentico della realtà), sembra che ogni forma di pensiero filosofico non possa discostarsi dall'intenzione di fondarsi come conoscenza autentica del principio a cui tutte le cose devono in qualche modo sottostare.

'Chaos' e 'Kosmos': Il chaos, nel senso originario del termine greco, è l'immensità non misurabile e illimitata dello spazio originario (e quindi mescolanza e disordine), entro il quale si genera il kosmos, ovvero l'insieme delle cose ordinate che escono dallo stato di chaos. La filosofia si presenta, alle origini, come tentativo di capire quale sia il principio che dal chaos porta all'ordine del kosmos, quel principio che permette di ordinare in una forma comprensibile il puro indefinito del chaos.

Il senso greco del Tutto: Il Tutto, secondo il significato greco originario, è quella regione che contiene ogni cosa esistente. "Eppure queste cose e ogni altra - altri mondi e altri dèi - si trovano insieme in un'unica regione, costituita appunto dalla totalità delle cose: essa contiene il presente, il passato, il futuro, le cose visibili e quelle invisibili, corporee e incorporee, il mondo umano e quello divino, le cose reali e quelle possibili, i sogni, le fantasie, le illusioni e la veglia, il contatto con la realtà, le delusioni; ogni vicenda di mondi e universi, ogni nostra speranza." (E. Severino, La filosofia antica).
Verità e Tutto sono quindi inscindibili per il pensiero greco originario: perché la verità si possa imporre in modo incontrovertibile nella sua evidenza, essa si deve rivolgere non a una sola parte del Tutto, ma al Tutto stesso. Se la verità non fosse relativa alla totalità delle cose, lascierebbe al di fuori dell'altro, ed è questo altro che impedirebbe alla verità di essere priva da qualsiasi dubbio.

Il divenire: il divenire è il mutamento delle cose, ovvero il loro passare da uno stato all'altro. Nel suo significato più ampio si riferisce al continuo generarsi e degradarsi delle cose. Secondo Emanuele Severino, il divenire così come è inteso dai greci nel suo senso più radicale, è la credenza che un ente (una cosa dotata di esistenza) provenga dal nulla (nasca) e ritorni nel nulla (muoia). Si veda anche la scheda di Eraclito.

E' contro questa minaccia che la filosofia intende porsi come sapere che allontana il terrore dell'annullamento che incombe su ogni cosa: l'intera storia della filosofia, secondo quanto sostiene Friedrich Nietzsche, è la vicenda del tentativo umano di fondare un sapere che permetta all'uomo di allontanare da sé il nulla, il quale rappresenta il terrore originario dal quale scaturisce l'atteggiamento filosofico.
Aristotele scriveva che la filosofia nasce dalla meraviglia attorno alle manifestazioni del mondo, ma il termine greco che viene tradotto con meraviglia (thauma) è facilmente accostabile al significato di "sbigottimento", "stupore attonito". E' per lenire questo "stupore attonito" di fronte all'imprevisto che minaccia l'esistenza degli uomini che la conoscenza filosofica intende fondarsi come previsione della struttura del mondo.

'Physis': La physis, in latino "natura", è quella parte del mondo che si manifesta come diveniente. La parte del mondo che accoglie gli spettacoli del mutamento è quella dimensione in cui le cose nascono e muiono, e pertanto hanno alle spalle, secondo una visione metafisica, qualcosa di immutabile che le sostiene e le rende possibili di mutare (se non l'avessero cadrebbero nel nulla).

Tuttavia, Aristotele indica come "fisici" i primi filosofi presocratici (vedi Milesi e Pluralisti), anche se è da approfondire il vero significato che era attribuito da questi primi pensatori alla parola "physis". Per essi la physis richiamava la totalità, poiché il principio fisico che muoveva tutte le cose sensibili non era qualcosa che stesse al di là del sensibile, ma qualcosa che stava all'interno del sensibile stesso.

'Arché': Arché significa propriamente "principio", "origine". Viene chiamato arché ciò che vi è di identico nelle cose diverse (si veda anche il capitolo sui Milesi). Di fronte al mutare delle cose sensibili (il divenire, ovvero il cambiare, il generarsi e il distruggersi, la molteplicità e la diversità delle cose), l'arché è ciò che accomuna le cose diverse, e insieme ne è la forza stessa che le produce.

'Stoichéion': Similmente all'arché, lo stoichéion è l'elemento materiale di cui tutte le cose sono costituite: mentre l'arché si riferisce ad una uguaglianza "di concetto", lo stoichéion si riferisce all'uguaglianza materiale e fisica. La differenziazione degli elementi, quindi, è possibile perché lo stoichéion assume forme diverse.

 


Scheda di Synt - Ultimo aggiornamento 19-12-2004
(fonte: La filosofia antica, Emanuele Severino)

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