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Hegel (un uomo serioso...)

Georg Wilhelm Friedrich
HEGEL

(1770-1831)





Hegel
nasce a Stoccarda da famiglia agiata. I primi studi a Tubinga lo vedono interessato alla teologia, conosce Holderlin e Schelling con i quali condivide la passione per le vicende della Rivoluzione francese, in un ambiente prettamente romantico. Successivamente, constatato il fallimento della rivoluzione ormai sfociata nel Terrore, cambia atteggiamento politico orientandosi verso un più deciso conservatorismo.

Nel 1801 ottiene a Jena l'abilitazione all'insegnamento universitario, l'anno successivo diviene direttore di un Ginnasio di Norimberga, nel 1813, come provveditore agli studi, si impegna in una vasta opera di riforma scolastica.

Nel 1818 viene nominato professore universitario a Berlino occupando la cattedra di Filosofia, qui otterrà un successo e un consenso sempre più crescente fino alla morte.

Opere principali

Scritti giovanili di teologia del 1907: Religione popolare e Cristianesimo, La vita di Gesù, La positività della religione cristiana, Lo spirito del Cristianesimo.

Differenza fra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling (1801); Fenomenologia dello Spirito (1807); Scienza della logica (1812-1816); Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio (1821); Lezioni sulla storia della Filosofia (1832); Filosofia della religione (1832).


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Sommario

Preambolo

1. "Ciò che è razionale è reale, cio che è reale è razionale":
tutto ha una ragione, nulla è casuale

2. 'Il vero è l'intero': lo spirito di sistema

3. I tre momenti della dialettica hegeliana

4. Lo Stato è oggettivazione dell'Assoluto

5. La filosofia della storia

6. Il pensiero politico hegeliano:
la civiltà tedesca come culmine della dialettica dello Spirito

7. La religione, l'arte, la filosofia: il periodo della "coscienza infelice"


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Preambolo

Hegel porta alla sua massima espressione l'idealismo tedesco: ciò che vi è di veramente infinito e compiuto nel mondo è lo Spirito Assoluto, il pensiero liberato dalle gabbie kantiane della cosa in sé. Dunque, se "il vero è l'intero", se il vero è l'Assoluto, ogni determinazione parziale (cose, uomini, opinioni) non costituiscono realtà alla pari della realtà autentica dell'Assoluto: le determinazioni esistono, ma contegono meno realtà che la realtà del Tutto.

"[...] l'esistenza è, in parte, apparazione, e solo in parte realtà". L'Assoluto, l'intero, è la sola cosa ad essere autenticamente reale, ogni altro aspetto è parte della realtà stessa, e, pur avendo in sé l'aspetto di realtà, lo è meno che l'Assoluto, di cui fa parte come il singolo organo di un più vasto organismo.

Lo Spirito Assoluto non è solo spirito inteso come prodotto della res cogitans, tutto è infatti contenuto nel pensiero, per cui si viene a creare una identificazione tra oggetto e soggetto (la possibilità che esista un mondo indipendentemente dal pensiero dell'uomo è ammessa, ma tale distinzione non ha più ragione d'essere, vista l'affermazione idealistica per cui ogni realtà conoscibile è già contenuta nel pensiero stesso).


1. "Ciò che è razionale è reale, ciò che è reale è razionale"

La realtà, qui intesa come Tutto e non come l'insieme dei singoli aspetti della percezione, è profondamente intrisa di razionalità. Ogni fatto che si manifesta del mondo risponde a una legge razionale, l'Assoluto si manifesta razionalmente in tutti gli aspetti della realtà, inconsapevolmente nella natura, più consapevolmente negli uomini. Questo è ciò che risponde all'affermazione "ciò che è razionale è reale". Ma Hegel afferma anche che "ciò che è reale e razionale", per cui si afferma che ogni cosa non ha un senso arbitrario, ma risponde necessariamente alla struttura profondamente logica del mondo.

Tutto ha quindi una sua logica, ogni cosa buona e ogni cosa cattiva, il giusto e l'ingiusto, ciò che sembra assurdo e, ovviamente, ciò che non lo è. La razionalità permea ogni cosa necessariamente, ogni cosa, anche quando sembra secondaria, ha in realtà la sua ragione nel "gioco" del Tutto (dell'Assoluto). Ogni cosa è quindi giustificata e trova giustificazione, vi è sempre una giustificazione per ogni evento, nulla è casuale.

Hegel nota poi che le analisi dell'uomo attorno al mondo possono fare solo da testimoni alla realtà, per cui la realtà si crea da sé, e quando l'uomo arriva a riconoscerla, non può che descriverla senza modificarla, in quanto la realtà si è già formata. La realtà quindi si edifica da sé, rispondendo alle proprie leggi razionali, l'uomo ne è solo testimone.


2.'Il vero è l'intero'

L'intera realtà è un grande organismo, il mondo è un'immensa gamma di manifestazioni dell'Assoluto, ogni aspetto del reale (quello empirico legato ai fenomeni, quello spirituale legato al pensiero e all'anima) sono parte di un intero le cui singole parti possono essere comprese e definite solo se sono messe in rapporto con il tutto. Similmente a un organismo, quindi, ogni parte trova il suo significato solo in relazione con gli altri organi, per cui sappiamo, ad esempio, che il fegato serve a filtrare le sostanze nutritive proprio perché esiste uno stomaco che le assimila, e a sua volta una bocca che le ingerisce.

Gli aspetti particolari, per Hegel, non costituiscono verità: "il vero è l'intero", egli afferma, per cui ogni aspetto parziale della realtà è solamente la manifestazione del tutto, e solo il tutto, l'intero, l'Assoluto, è l'autentica verità; della realtà comunemente percepita dagli uomini Hegel afferma che è disciplina (determinazione, modo di manifestarsi) dell'essere Assoluto, e non essenza in sé.

Dunque per Hegel l'Assoluto, l'intierezza del Tutto, è l'essere puro, mentre le singole parti finite e determinate, sono suoi modi di manifestarsi. In Hegel vi è molto forte lo spirito di sistema, ovvero il suo pensiero afferma che ogni cosa apparentemente irrazionale lo è finché non si comprende quale funzione ha all'interno del tutto, ogni cosa riceve il proprio significato solo in relazione alle altre.


3. I tre momenti della dialettica hegeliana

La dialettica hegeliana spiega in che modo l'Assoluto si oggettivizza, si manifesta nel reale, in che modo le cose mutano da uno stato all'altro, trovano un loro sviluppo. Le determinazioni finite del mondo appaiono pur sempre in divenire, mutano e avanzano, e occorre spiegare a quale legge esse obbediscono.

I momenti della dialettica (dottrina dello sviluppo) hegeliana sono tre:

1. La tesi. La tesi è lo stato di partenza della dialettica, la semplice cosa in sé, per ciò che è. In questo stato le cose sono quelle che sono, si trovano in sé, il loro significato è quello palese ed evidente (tale stato è associato da Hegel all'astratto, l'intellettuale, ovvero la percezione di un problema in sé);

2. L'antitesi. L'antitesi è la necessaria negazione della cosa di partenza, per cui un'altra determinazione si oppone alla prima come parte diversa e contrapposta. La seconda fase è quella che costituisce la transizione: perché qualcosa muti è necessaria una negazione della cosa stessa, un cambiamento di essenza, un proiettarsi fuori di sé (questo stato è ricondotto da Hegel al dialettico, al negativo-razionale, ovvero la controtesi che nega la tesi);

3. La sintesi. La sintesi è l'ultima parte del processo dialettico a tre stadi, è il momento in cui la tesi e l'antitesi si fondono in una nuova entità, la quale racchiude aspetti della prima e della seconda. La sintesi è il momento in cui l'oggetto del mutamento supera la negazione e riacquista un nuovo significato in cui si trovano sintetizzati sia elementi della cosa originaria sia elementi della cosa negata (questa fase e ricondotta da Hegel allo speculativo, positivo-razionale, ovvero alla visione d'insieme che scaturisce dalla fusioni delle tesi contrapposte per arricchimento).

Un esempio di dialettica hegeliana applicata alla storia della filosofia può essere l'opposizione divenire (tesi)-essere (antitesi), la quale trova la sua sintesi nel pluralismo di Empedocle, Democrito e Anassagora.

Da notare che per Hegel la sintesi diventa la tesi iniziale di un nuovo processo dialettico che porta alla formulazione di una nuova sintesi. Tale processo appare quindi continuo e perpetuo, ogni processo è legato all'altro e porta in sé le parti (per arricchimento dei contenuti) degli altri processi dialettici.
Tale dialettica è quindi la legge che permette alle singole parti dello spirito Assoluto di avvicinarsi sempre più alla completezza del Tutto, in un continuo processo di perfezionamento che tende sempre all'Assoluto e al miglioramento. La dialettica hegeliana porta ad un progressivo perfezionamento delle situazioni di partenza, per cui l'intero sviluppo dello Spirito Assoluto comporta un costante miglioramento della consapevolezza di sé, e mai un regresso. Ogni cosa, quindi, si appoggia sull'arricchimento di quelle precedenti.

Infinte, cosa importante, Hegel afferma che l'Assoluto non è immobile (come lo era per Parmenide), ma si esprime naturalmente nel mutamento e nel divenire: mentre i filosofi precedenti avevano affermato l'opposizione tra essere e nulla, Hegel afferma che essere e nulla non hanno alcun significato, perché la sola cosa che esiste è il mutamento, ossia il divenire stesso. Hegel quindi associa l'essere alla tesi, il nulla all'antitesi e il significato ultimo della loro contrapposizione alla sintesi, in cui essere e nulla sono uniti a formare l'unica verità: l'Assoluto (dentro il quale è accolto il divenire).

"E' una grande idea l'esser passato dall'essere al divenire, anche se si tratta soltanto di una prima unità, ancora astratta, di determinazioni opposte [...] Ecco perché questa filosofia non è tramontata; il suo principio è essenziale, e lo si trova all'inizio della mia Logica, imeddiatamente dopo l'essere e il nulla. E' stata una grande conquista quella d'aver riconosciuto che l'essere e il non essere sono astrazioni senza verità, e che il principio verò è soltanto il divenire [...]" (F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia). (Analogie con Eraclito).

Per dirla come Hegel, ogni cosa "si afferma, si nega, si supera", la dialettica rappresenta la "vita dell'Assoluto".


4. Lo Stato è oggettivazione dell'Assoluto

Affermando che la parte ha in sé meno verità dell'intero, Hegel non può che nutrire profonda ammirazione per le istituzioni civili, in particolar modo per lo Stato, visto come interprete dell'Assoluto molto più di quanto possa esserne inteprete il singolo individuo.

Lo Stato è la sintesi di due momenti, secondo il meccanismo della dialettica hegeliana: esso ha in sé gli elementi della famiglia e della società civile, opportunamente sintetizzati. La famiglia è il nucleo minimo della società (la tesi), in essa lo Spirito Assoluto si manifesta nel sentimento d'amore che la unisce. La famiglia ha nella società civile la sua antitesi, ovvero ha la sua negazione nella dispersione delle molte famiglie prese singolarmente, lo Stato, ovvero la sintesi di questi due aspetti, è in grado allora di fornire quell'eticità, quei principi morali, quelle leggi necessarie ad unire i nuclei familiari in un organismo più grande e complesso, più compiuto.

Ecco come lo Spirito Assoluto trova una maggiore compiutezza nello Stato, per Hegel oggetto quasi divino, in quanto "sostanza etica consapevole di sé", "ingresso di Dio nel mondo". Hegel ci vuole dire che nello Spirito che ispirano le leggi e le istituizioni di uno Stato vi è maggiore comprensione del Tutto, maggiore consapevolezza dell'intero, maggiore compiutezza delle parti rispetto allo Spirito che ispira le azioni dei singoli individui. In questo modo lo Stato si presenta come una vera e propria oggettivazione dello Spirito Assoluto, oggettivazione che si rispecchia nelle leggi e nei principi ai quali i cittadini devono consapevolmente assoggettarsi, in quanto espressioni di una "quantità" di Spirito Assoluto maggiore e più compiuta. Lo Stato, infine, in conseguenza di quanto detto, possiede una maggiore "quantità e qualità" di razionale rispetto all'individuo, in quanto ne costituisce una suprema sintesi ("il vero è l'intero").


5. La filosofia della storia

Se applichiamo la dialettica hegeliana alla storia, ecco che ogni evento storico non appare più slegato e privo di ordine, come lo sono i fatti presi ciascuno isolato dall'altro, ma nella storia viene a manifestarsi e rendersi evidente un cammino della ragione, un piano degli eventi, per cui ogni fatto acquista significato in relazione a ciò che è stato e ciò che sarà.

Si viene quindi a configurare una vera e propria filosofia della storia, uno studio razionale dell'evoluzione dello Spirito Assoluto così come si manifesta nelle azioni degli uomini. Hegel afferma che tale cammino dello Spirito è in realtà il cammino di Dio stesso, e la storia si viene a configurare allora come un racconto delle manifestazioni di Dio, come appiano in evoluzione, in divenire (Hegel afferma che ciò che la religione chiama ancora primitivamente provvidenza, è in realtà lo Spirito Assoluto che coincide con Dio).

La tesi che ogni fatto storico, sia esso positivo o negativo, ha pur sempre una ragione entro il disegno complessivo dello Spirito viene definita giustificazionismo storico. Il sistema storico hegeliano avrà una considerevole influenza su tutto il pensiero seguente, influenzò senz'altro Marx e Feuerbach, dette origine a due movimenti distinti quali la destra e la sinistra hegeliana, e continua ad estendere la sua influenza ancora oggi su tutta la storiografia: la sua logica di sistema è infatti centrale nella comprensione complessiva degli eventi, pur con i distinguo imposti dalla contemporaneità.

Seguendo la visione hegeliana, la storia è in evoluzione costante, l'uomo, nell'avvicendarsi delle vicende storiche, si evolve verso una sempre maggiore consapevolezza di essere egli stesso lo strumento dell'Assoluto, ovvero del manifestarsi divino nella realtà. L'Assoluto, lo Spirito, Dio, sono, in sostanza, la realizzazione di una razionalità immanente che trova il suo manifestarsi ultimo nell'uomo e nella sua presa di coscienza di essere un strumento dello Spirito stesso.


6. Il pensiero politico hegeliano

Con queste premesse Hegel non poteva non dare una sua intepretazione complessiva delle vicende politiche del tempo e qui si delinea l'Hegel più conservatore e in certo qual modo "reazionario" se paragonato ai concetti politici del mondo contemporaneo.

Il fatto che tutto sia obbligato in una logica giustificazionista, che ogni fatto abbia in sé un valore, anche il più negativo, porta Hegel a giustificare se necessario l'uso non solo della forza, ma anche della tirannia. La dittatura non è che uno stadio dello Spirito Assoluto, un modo di manifestarsi che lo Spirito sceglie per raggiungere i suoi fini. I singoli uomini non possono quindi opporvisi, poiché è lo Spirito che decide (si potrebbe opporre, oggi come oggi, che anche i grandi movimenti che incarnano lo spirito di libertà individuale siano essi stessi manifestazioni dello Spirito Assoluto).

Altro aspetto della visione politica hegeliana è l'assoluto assoggettamento degli uomini alle leggi e alla volontà dello Stato, come già visto una sorta di divinità, nel suo incarnare con più forza la compiutezza dello Spirito.

Altri due aspetti importanti che caratterizzano la visione politica di Hegel sono l'esistenza degli "eroi cosmici" e la scelta della civiltà tedesca come culmine della dialettica dello Spirito.

L'esistenza di "eroi cosmici", di singoli uomini che incarnano nel loro spirito e nelle loro azioni l'essenza dello Spirito del proprio tempo, è una conseguenza naturale del sistema hegeliano: Hegel afferma che in uomini come Alessandro Magno, come Cesare e come Napoleone, si sia incarnato a livelli più alti che negli altri individui lo Spirito della Storia. Tali condottieri sono al di sopra di ogni morale, e possono commettere in nome dello Spirito che li incarna i più feroci eccidi. Tuttavia tali condottieri hanno quasi sempre una fine tragica, a dimostrazione del fatto che lo Spirito si serve di loro per raggiungere i propri scopi, e quando lo ritiene più opportuno, li abbandona per incarnarsi in un altro condottiero o in un altra istituzione.

Infine, Hegel analizza le qualità dei popoli della storia alla luce della sua dialettica: come prima fase, la tesi, Hegel considera la civiltà orientale, come antitesi di questa la cultura mediterranea, dalla Grecia all'Impero Romano, fino al Rinascimento, infine, come sintesi suprema di questa grande dialettica storica, le popolazioni del nord Europa, in special modo quelle germaniche (e lo Stato prussiano in particolar modo). Nella civiltà tedesca, secondo Hegel, vi è sintetizzata la grandezza originaria delle prime civiltà orientali e tutta l'evoluzione dello spirito razionale contenuta nella storia della civiltà meridionale europea.


7. L'arte, la religione, la filosofia: il periodo della "coscienza infelice"

Ulteriore applicazione della dialettica hegeliana è riferita al significato dell'arte, della religione della filosofia, nella loro evoluzione storico-culturale. Hegel afferma che tra le tre discipline non vi è diversità di contenuti (tutte riflettono sull'Assoluto), le diversità sono essenzialmente formali, ovvero nei diversi modi in cui queste tre discipline riflettono sull'Assoluto e lo interpretano.

L'arte è per Hegel la prima fase del processo dialettico, la tesi di partenza. L'arte primitiva è la fase in cui l'Assoluto, non potendo essere espresso altrimenti, trova espressione nelle immagini simboliche. Successivamente lo Spirito Assoluto si manifesta nella religione, ovvero l'uomo ragiunge la consapevolezza dell'esistenza dell'Assoluto, ma lo pone ancora fuori di sé (Dio infatti è un "ente" diverso dall'uomo, altro). Con la filosofia (in particolar modo quella hegeliana), l'uomo raggiunge finalmente la piena coscienza che egli è parte stessa di Dio e dell'Assoluto, ovvero pone l'Assoluto entro se stesso.

Importante è la distinzione tra "periodo religioso" e periodo "filosofico dell'uomo". Come detto, durante il periodo religioso, l'uomo poneva l'Assoluto fuori da sé: Dio, l'Assoluto, era infatti posto aldilà dell'uomo stesso, esisteva come entità a sé. Con l'avvento della fase filosofica l'uomo raggiunge la consapevolezza che l'Assoluto non è "altro da sé", ma egli stesso è parte integrante di esso. Il periodo religioso sarà quindi chiamato da Hegel l'epoca della "coscienza infelice" dell'umanità, quando ancora l'uomo cercava l'Assoluto, e operava una scissione dolorosa tra quella di Dio e la sua propria: in realtà la coscienza dell'uomo stesso è parte integrante di Dio, ovvero dell'Assoluto.



 

Scheda di Synt - Ultimo aggiornamento Giugno 2004

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