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Filosofia del linguaggio


Paradigma dominante, Gottlob Frege
(a cura di Jonathan Fanesi)

 

Paradigma dominante

a) Il significato di un enunciato dichiarativo, si identifica con le sue condizioni di verità, quindi con la specificazione delle circostanze in cui esso è vero.

b) Il valore semantico di un’ espressione complessa dipende funzionalmente dai valori semantici dei suoi costituenti, si tratta della composizionalità del significato.

y) La psicologia è irrilevante per il significato.

Inoltre, molto frequentemente si pensava che per soddisfare le tesi a) e b) si dovesse attribuire ad ogni espressione linguistica più valori semantici, senso e denotazione in Frege, intensione ed estensione in Carnap, tale prospettiva sarà criticata da Russell e dai teorici del riferimento diretto; a) e y) sono state per la prima volta elaborate da Frege, a) pur trovandosi implicitamente contenuta negli studi di quest’ ultimo autore, solo nel “ Tractatus logico – philosophicus “ di Wittgenstein troverà una formulazione chiara ed esplicita.


Gottlob Frege

(1848 – 1925)

Fondatore della logica contemporanea ed autore di alcuni importantissimi scritti, tra i quali “ Funzione e concetto “, “ Senso e denotazione “ e “ Concetto e oggetto “, diede avvio ad una nuova filosofia definita filosofia del linguaggio, gettando le basi per il paradigma dominante ( atteggiamenti preposizionali [ “ x vuole sapere se p “ ], descrizioni definite [ “ il figlio di James “ ], composizionalità del significato, senso e denotazione ). La sua influenza sull’ intera filosofia del linguaggio del Novecento, è stata immensa, molti autori si rifaranno a lui in accezione continuativo ( Wittgenstein, Carnap ) – critica ( Kripke ).

Frege definisce “ nomi propri “ quelle espressioni linguistiche con le quali al giorno d’ oggi intendiamo in termini singolari, che si riferiscono ad un solo oggetto [ “ Hegel “, “ Bologna “ ]. Nei “ nomi propri “, individuiamo un “ senso “ ( Sinn ), la modalità oggettiva ( pensiero oggettivo ) con la quale l’ oggetto si dà a noi, una “ rappresentazione ”, un ente mentale e soggettivo che l’ espressione richiama alla mente, una “ denotazione “ ( Bedeutung ), l’ oggetto designato.

In “ Senso e significato “ ( 1882 ), Frege darà una spiegazione chiara della sua impostazione triadica, dicendo: “ Il significato [ “ Bedeutung lo si può tradurre sia con “ significato che con denotazione ] di un nome proprio è l’ oggetto stesso che con esso designiamo; la rappresentazione che ne abbiamo è soggettiva. In mezzo sta il senso, che naturalmente non è più soggettivo come la rappresentazione ma non è neppure l’ oggetto stesso. La similitudine seguente può forse servire a chiarire questa relazione. Supponiamo che uno osservi la Luna attraverso un cannocchiale. Io paragono la Luna stessa la significato: essa è l’ oggetto che osserviamo, mediato dall’ immagine reale proiettata dalla lente dell’ obiettivo all’ interno del cannocchiale e dall’ immagine che si forma sulla retina dell’ osservatore. La prima è paragonabile al senso, la seconda alla rappresentazione o all’ intuizione. Certamente l’ immagine del cannocchiale è unilaterale, poiché dipende dal luogo di osservazione, ma è obiettiva, in quanto può essere utilizzata da più osservatori. Sarebbe possibile in effetti organizzare le cose in modo tale che essa risultasse utilizzabile contemporaneamente da più osservatori. Ciascuno però continuerebbe ad avere la propria immagine retinica (… ) “.

Nel linguaggio naturale si presentano limiti strutturali, sorgono espressioni del tipo “ il più grande numero naturale primo “, che hanno un senso ma non una denotazione, in un linguaggio perfetto ciò non dovrebbe avvenire. La rifondazione della matematica sulla logica ( posizione speculativa definita “ logicismo “ ) è strettamente connessa con la formulazione di un linguaggio formalizzato artificiale e solo scritto, che Frege definirà “ Ideografia “ ( Begriffsshrift ), il cui fine principale è quello di mettere in evidenza il pensiero. L’ Ideografia è costituita da proposizioni che possono essere affermate o negate, inoltre non può esprimere le sue stesse leggi interne.

Sul fronte matematico, l’ autore criticherà tutte le impostazioni empiriste ( sono prive di fondamento ), psicologiste ( privano il numero di oggettività ) e formaliste ( cadono nell’ astrattismo); il numero – secondo Frege – è l’ estensione del concetto ( = oggetto di ragione ), due concetti hanno lo stesso numero quando hanno la stessa estensione.

Ritornando alla distinzione “ senso – denotazione “, anche gli enunciati dichiarativi la presentano, dove la denotazione è intesa come “ valore di verità “ ( il Vero se l’ enunciato è vero, il Falso se l’ enunciato è falso ). Nel suo argomentare Frege, farà uso del principio di composizionalità (seconda tesi del paradigma dominante); mediante tale principio si arriva alla conclusione che la denotazione non può coincidere con il pensiero oggettivo espresso ( senso ), in quanto: se partiamo dall’ enunciato “ La stella del mattino è un corpo illuminato dal Sole “ ( 1 ) e sostituiamo “ la stella del mattino “ con la “ stella della sera “[ entrambe l’ espressioni denotano il pianeta Venere ], otteniamo “ La stella della sera è un corpo illuminato dal Sole “ ( 2 ), che esprime un pensiero diverso.

Inoltre Frege, porta a sostegno di questa tesi, altre due argomentazioni di carattere induttivo – fondante: a) noi siamo interessati alla denotazione dei costituenti di un enunciato, quando e solo vogliamo sapere se l’ enunciato è vero o falso, b) il valore di verità di un enunciato complesso non cambia se sostituiamo i suoi costituenti con costituenti equidenotanti.

Si giunge però ad un particolare risultato, tutti gli enunciati veri e falsi, hanno la stessa denotazione, Frege cosciente del fatto, sostiene che noi non siamo mai solo interessati al valore di verità [ denotazione ] di un enunciato, ma alla sua connessione con un pensiero oggettivo [senso]: “ La conoscenza è nella connessione del pensiero con la sua denotazione, ossia con il suo valore di verità “.

Il principio di composizionalità – dirà Frege – ci permette di concepire il significato di un’ espressione complessa come funzione dei significati dei suoi costituenti; senza la non – scomponibilità in parti semplici di un enunciato non potremmo comprendere frasi mai sentite prima.

Il contenuto oggettivo di un enunciato sono le sue condizioni di verità ( tesi poco chiara ), questa breve proposizione sarà sostenuta esplicitamente da Wittgenstein nella sua prima grande opera.

Frege sviluppa una prospettiva realistica della verità, un enunciato è vero o falso, indipendentemente dal fatto che noi sappiamo come veramente stanno le cose, in quanto sussiste una differenza notevole tra l’ afferrare un pensiero e giudicarlo vero.

Il principio di composizionalità esprime dei limiti ben precisi all’ interno dei contesti indiretti [ Hegel credeva che l’ essere coincidesse con il nulla ], Frege utilizza una sorta di stipulazione ( in maniera criticabile ) dicendo che le parole hanno denotazioni diverse a seconda dei contesti. Questa prospettiva – già vista come fragile dallo stesso Frege – sarà dalla ricerca semantica successiva.

Un altro punto di arrivo fondamentale degli studi fregeani, è l’ introduzione all’ interno della proposizione – del binomio “ “ argomento – funzione “, vediamo il seguente esempio: Jonathan (argomento) lesse il libro ( funzione ). La funzione è parte insatura della proposizione, che si viene a completare solo in connessione con un argomento, quest’ ultimo da un lato permette la saturazione della funzione e dall’ altro è la parte variabile della frase stessa. “ x lesse il libro “, dove “ x “ lo possiamo sostituire con un nome proprio, quale “ Jonathan, Carlo, Vittorio “.

Un concetto è una funzione il cui valore è sempre un valore di verità, dove “ il decorso di valori di una funzione è l’ insieme dei suoi valori per i suoi argomenti “ [ nell’ espressione “ le vie di “, il decorso di valori è l’ insieme delle vie ]; i predicati [ ____ è un uomo ] sono espressioni denotanti funzioni i cui valori di verità sono concetti.

Nella proposizione “ Socrate è un uomo “, il soggetto [ Socrate ] denota un uomo, il predicato [ è un uomo ] denota un concetto che ha una estensione ( decorso di valori ): l’ analisi asimmetrica è l’ unica valida per costruire un nesso preposizionale, la riduzione del predicato “ uomo “ alla classe uomini non sarebbe stato accettabile nell’ ottica fregeana.

 

Jonathan Fanesi è studente di filosofia presso l’ università di Bologna, s’ interessa di teoretica, con particolare interesse verso le problematiche relative al linguaggio e alla logica.


 

 

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