I popoli nordici                            Il Triskele

I Celti vivevano in un modo completamente diverso da quello attuale e possedevano un differente concetto di cosa fosse il sapere.

La nostra concezione aristotelica della realtà pone l'accento sul "come" avvengono i fenomeni mentre un celta, dinanzi a un qualsiasi fenomeno naturale, non si sarebbe chiesto "come è avvenuto", bensì "perché". La filosofia aristotelica divide tutto in categorie e sillogismi, un ordine artificiale di pensiero che ben si adattava alla mentalità pratica dei romani che lo trasferirono negli ordinamenti civili e militari. Per il celta invece, le strutture portanti del pensiero erano di tutt'altro genere.

La loro posizione non era quella della scienza greca e romana di conquista della natura e dominio delle sue leggi. Per la filosofia celtica era ben più importante capire perché accadessero le cose, penetrare "il mistero del destino umano" per comprenderlo e abbandonarsi con entusiasmo all'inarrestabile flusso del Wyrd, il fato celtico. Nella civiltà celtica gli uomini non combattevano la natura, ma vi erano completamente immersi e se ne riconoscevano parte essi stessi.

Da questa disposizione di spirito discende tutto uno stile di vita, (un'etica, una filosofia, una religione, un'arte, una storia) profondamente diverso da quello Greco Romano. Proprio da queste diverse radici prende avvio il mistero del genio artistico dei Celti; un'arte indifferente alla bellezza classica, alla geometria esatta, alla riproduzione veristica della realtà, un'arte volta invece alla ricerca della libertà e dell'emozione.

Il celta viveva in comunione permanente con gli astri del cielo, con il vento, con gli alberi e i fiori, con gli uccelli che cinguettano e il cervo che bramisce. Un tale uomo non avrebbe mai capito il disprezzo per il mondo della natura che mostra talvolta la nostra civiltà. Inoltre, sempre ad accentuare questa differenza di concezione del mondo della cultura classica, la civiltà celtica, considerata gruppo indoeuropeo parente stretto di latini achei e dori, si distingue da essi per il suo arcaismo.

Non si può dire, come hanno fatto alcuni detrattori, che quella celtica sia una civiltà cui manchi la nozione di stato; al contrario, come quella dei Germani, forte del suo individualismo e della sua libertà, è una civiltà che si sviluppa su una via antitetica al concetto di stato autocrate e centralizzatore. Molte delle sue usanze caratteristiche, come la conservazione e l'ostentazione delle teste dei nemici uccisi, il patto di sangue, la struttura sociale basata sul clan famigliare, invece, collegano la società celtica alle epoche più antiche, di esperienze comuni a tutti i popoli indoeuropei prima della differenziazione.

 Le abitazioni La maggior parte delle fondamenta di case celtiche, ritrovate nell'Europa centrale, sono parzialmente incassate nel terreno per profondità che vanno da mezzo metro a più di un metro. In esse, alcuni gradini in pietra conducevano all'interno, ove sui lati si allungava una specie di profonda panca che di notte diveniva un letto. Al centro della casa, in una fossa o in una piccola alcova laterale, era ricavato il focolare che non restava mai spento, essendo al contempo fonte di calore e di luce in quelle abitazioni ove le uniche aperture erano la porta e il foro centrale del tetto da cui usciva il fumo.

Solitamente a pianta rettangolare (Europa Orientale), talvolta ovale o circolare (Gallia occidentale e isole Britanniche), le tipiche capanne celtiche presentavano due pali portanti verticali, eretti lungo l'asse principale della casa a 4-6 metri l'uno dall'altro. Questi dovevano sostenere il trave di colmo principale, su cui veniva costruita tutta la struttura del tetto. Inizialmente leabitazioni dei Celti furono realizzate con le pareti in cannicciato e fango; nell'ultimo periodo di La Tène divennero invece abituali le pareti in pietra a secco o a palizzata di tronchi, uniti da chiodi o da graffe in ferro, e poi imbiancate a calce.

Nelle zone paludose dell'Irlanda le fattorie rotonde venivano erette su isole artificiali o palafitte dette crannogs (dall'irlandese crann = albero) mentre nelle praterie irlandesi sorgevano un po' ovunque dei caratteristici fortini circolari, con spesse mura in pietra a secco, chiamati raths.

In una fattoria sperimentale a Little Butser sono state ricostruite alcune abitazioni e magazzini dell'età del Ferro di La Tène, rispettando fedelmente i dati archeologici ottenuti dai vari scavi eseguiti in Gran Bretagna.

La capanna principale è costruita su una pianta circolare, con il pavimento parzialmente interrato. Si tratta di una costruzione del diametro di 13 metri e alta 8 al centro, formata da tronchi d'albero scortecciati, lunghi sino a 10 metri, poggiati su un basso muro in pietra. La copertura del tetto è in paglia, le pareti in travi o in cannicciato, con le fessure ricoperte di fango secco.

  Gli insediamenti  Presso le nazioni celtiche, la maggioranza della popolazione viveva in villaggi, o cascine isolate, che erano dislocati al centro dell'area da essi coltivata, circondati da vaste foreste e distribuiti con scarsa densità su di un territorio molto vasto.

Caio Giulio Cesare, nel De Bello Gallico, ci ha lasciato una ricca descrizione di "vici" e "oppida" formati da agglomerati di semplici abitazioni, la cui struttura a pianta circolare o rettangolare, era fondamentalmente sempre la stessa.

I vici erano villaggi non cinti da mura, composti da case isolate, fabbricate con pietra saldata con argilla, e con tetti in paglia o assi.

L'oppidum (plurale oppida) era una piazzaforte, per metà fortezza e per metà villaggio, ed era adibito a rifugio temporaneo per la popolazione dei dintorni nei periodi di crisi, e a residenza permanente per quel nucleo di guerrieri e di artigiani che formavano il seguito del Principe. In pratica, l'oppidum era una sorta di recinto fortificato, posto sulla sommità di ripide colline o in altri luoghi forti di facile difesa, come la confluenza di due fiumi, promontori su scogliera, limitare di altipiani, ecc. Ogni popolo celtico possedeva, di fatto, diversi di questi oppida.

Da Cesare sappiamo che la sola nazione degli Elvezi si estendeva su 400 vici e una dozzina di oppida. In Francia ne sono stati trovati dagli archeologi già più di 200, ma molti altri attendono ancora di essere scavati.

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