La Storia violata Il primo campo di sterminio dell’era moderna era piemontese e vi morirono migliaia di soldati delle Due Sicilie. All’entrata del lager italiano le parole: “Ognuno vale non in quanto è, ma in quanto produce”. Privi di luce e coperte, senza neanche un pagliericcio lottavano tra la vita e la morte in condizioni disumane; perfino i vetri e gli infissi venivano smontati per rieducare con il freddo i segregati. Pochissimi sopravvissero, le aspettative di vita in quelle condizioni non superavano i tre mesi e spesso i carcerati venivano uccisi anche solo per aver proferito ingiurie contro i Savoia. A Fenestrelle furono imprigionati la maggior parte dei soldati di Gaeta del 1861. Dopo sei mesi di eroica resistenza furono disarmati, derubati di tutto e vigliaccamente insultati dalle truppe piemontesi, morirono di stenti. Il 22 agosto del 1861 arriva il tentativo di rivolta, sventato per tempo dai piemontesi e che inasprì le pene tra cui portare al piede palle da 16 chili, ceppi e catene.

Quel sonetto ispirato dall’odio rivela il volto del Risorgimento Il GIORNALE.IT - Quando, dove e in quali forme la musa della nostra storia nazionale si decise a rivelare per la prima volta che nella mela del nostro Risorgimento era racchiuso il baco di quella vocazione alla violenza che continua ancora oggi a fomentare le imprese dei nostri terrorismi?

La provocazione l’Unità d’Italia? festeggiamo i nostri Padri libertini Il GIORNALE.IT Cavour è stato fra i pochi a non godere delle grazie che la sua cuginetta Virginia, detta Nicchia, ha profuso a regnanti, imperatori, ambasciatori, eroi delle patrie battaglie e finanzieri. I suoi «buoni uffici» con Napoleone III sono stati l’arma vincente per l'inizio della redenzione nazionale. «La vulva d’oro del nostro Risorgimento» la chiamava Urbano Rattazzi. L’Italia di oggi è nata lì. La ricorrenza sia oggi occasione per ragionare sugli ideali, sulle vicende, sui sacrifici ma anche sugli intrighi, violenze e inganni che hanno fatto questo Stato contro natura.

Senza Cavour e gli altri, oggi l' Italia sarebbe una confederazione di Stati CORRIERE DELLA SERA Nel 1858 gli accordi di Plombières, con i quali Cavour e Napoleone III si accordarono per la prossima guerra all'Austria, prevedevano la costituzione di quattro Stati: un regno dell'Alta Italia sotto i Savoia, un regno dell'Italia centrale senza Roma e il Lazio (che avrebbero dovuto formare uno Stato a sé), il regno delle Due Sicilie che sarebbe rimasto ai Borbone.

Macche' reazionari, adesso gli storici riabilitano i Borbone   CORRIERE DELLA SERA una schiera di studiosi italiani sta rivalutando la modernità dell'Italia meridionale preunitaria” - "la scuola giuridica napoletana si levò maestra in Europa di equità civile" - “Napoli espresse una cultura di prim'ordine nel Sei, Sette e Ottocento. Fu grande e bella, una città di livello europeo; lo fu molto meno quando divenne una delle tante città d'Italia.”

Il libro nero dei Savoia  CORRIERE DELLA SERA RISORGIMENTO I massacri al Sud nascosti dalla retorica - Un'operazione di "pulizia etnica" ante litteram,  con paesi rasi al suolo e fucilazioni di massa: tra cui patrioti, ragazzotti, donne incinte, bambini, vecchi. Risanata la piaga del banditismo, ci si dedicò al "risanamento" economico. E così mentre il Mezzogiorno, che con i Borbone aveva un reddito pari a sedici volte quello del regno di Sardegna, degradava nel sottosviluppo, scoppiavano i primi scandali: l'affare - ferrovie, la privatizzazione delle Regie Tabaccherie, il crack della Banca Romana. Era nata l'Italia, "una monarchia poco democratica, fondata sulla tangente". Il resto e' cronaca.

Quei borbonici rinchiusi e torturati a Fenestrelle CORRIERE DELLA SERA Perché non ci si occupa e quasi mai si nomina il caso di Fenestrelle? Per vincere la resistenza dei    prigionieri di guerra, quei meschinelli (i militari borbonici, ndr), appena ricoperti di cenci di tela e rifiniti di fame perché tenuti a mezza razione con cattivo pane e acqua e una sozza broda, furono fatti scortare nelle gelide casematte di Fenestrelle e di altri luoghi posti nei più aspri siti delle Alpi. E ciò perché fedeli al loro giuramento militare ed al legittimo Re!». Ben ottantamila soldati dell' ex esercito borbonico si rifiutarono di servire sotto la bandiera Italiana. Nessuna censura su Fenestrelle. È solo un' altra storia. Un' altra terribile storia.

Tra le mura di Fenestrelle il lager di Re Vittorio  Nella fortezza il ricordo dei prigionieri borbonici. Una pagina crudele fatta di fame, stenti, malattie e non si sa quanti morti. Dopo il 1861 deportati in Piemonte i soldati fedeli al Papa e a Francesco II. Una pagina cancellata delle vicende del Risorgimento. I campi di concentramento per i soldati «napolitani», rei di non avere voluto arruolarsi nell'esercito sabaudo e di essere rimasti fedeli a Francesco II e al Papa, sono un capitolo piuttosto imbarazzante e brutale. Ce n' è voluto di tempo affinché la memoria dei prigionieri di guerra del Regno delle Due Sicilie e degli Stati della Chiesa venisse riportata alla luce, se si avesse voluto… ci si sarebbe imbattuti nelle tracce del sangue e del calvario dei vinti del Risorgimento. E’ incerto il numero delle vittime dei lager di V. Emanuele II, si parla di migliaia di soldati prigionieri morti e non registrati e di quei fedeli «napolitani» si perse ogni ricordo.

La prigione che racconta le ombre del dopo Unità  LA REPUBBLICA.IT I campi di prigionia per meridionali sono un buon esempio di questa storia ignorata, segreta, nascosta. Era il 1860 e bisognava decidere il destino dei 97 mila soldati dell'esercito borbonico. Molti si danno alla macchia, protagonisti di una taciuta guerra civile che per anni imbarazza il nuovo Stato. Ai borbonici è riservata una «istruzione di moralità militare», se promossi possono arruolarsi nell'esercito nazionale. Altrimenti vengono portati al campo di Fenestrelle, «finché si correggano e diventino idonei al servizio». Ottobre del 1860, il valdese Georges Appia trova «i nostri prigionieri sparsi lungo le mura della fortezza a scaldarsi al sole; altri lungo la riva del torrente lavavano la loro unica camicia». Fenestrelle rigurgita di meridionali laceri, malnutriti, che rifiutano di giurare fedeltà a Vittorio Emanuele. Fenestrelle è il lager di casa, la Siberia italiana, lo spauracchio da agitare davanti ai riottosi, il luogo-simbolo della cattiva coscienza nazionale. La sfortunata rivolta del 22 agosto 1861. Lo scorso luglio 2008 hanno scoperto la lapide dedicata alle «migliaia di soldati dell'esercito delle Due Sicilie che si erano rifiutati di rinnegare il Re e l' antica patria».

Il Risorgimento? È zoppo, ora gli storici lo riscrivano  Il GIORNALE.IT   il Risorgimento non fu un movimento di massa voluto dal popolo, bensì l’attività intellettuale e politica di una minoranza, oltre che una campagna di conquista del Regno del Piemonte; ai cosiddetti plebisciti di annessione poté votare, per censo, meno del 2 per cento della popolazione; le banche meridionali vennero saccheggiate in favore del nuovo Stato unitario, Per combattere la ribellione delle popolazioni meridionali contro l’annessione forzata, il neo Regno d’Italia applicò una vera dittatura militare, impiegando l’esercito come contro un nemico esterno. Intere popolazioni meridionali vennero sottoposte a una spietata repressione militare, di cui si è persa traccia perché la documentazione relativa è stata scientemente distrutta, ma che provocò - secondo calcoli attendibili - almeno 100mila morti, con crudeltà feroci da entrambe le parti: soldati crocefissi alle porte delle chiese, popolane incinte stuprate e squartate... Il «brigantaggio» fu una rivolta di massa, sociale e politica. Intere regioni furono sottoposte a un regime di occupazione, ebbero villaggi incendiati, coltivazioni distrutte e lutti - decine di migliaia, non si sa quanti - dovuti ai «piemontesi». Ma nessun popolo - come nessun individuo - può davvero prendersi in giro, fingendo di avere avuto una storia diversa da quella che ha avuto.

Ribellioni e stragi nella lotta dopo l’unità d’Italia

9 Novembre 2009 - Gigi Di Fiore è l’Autore di questo bel saggio intitolato “I vinti del Risorgimento”, che racconta di migliaia di morti, di dispersi e di deportati dallo sbarco di Garibaldi a Marsala sino alla capitolazione del Regno delle Due Sicilie. Un breve lasso di tempo bastò per sfaldare un regno di secolari tradizioni, guidato da una dinastia, i Borbone, per ben 127 anni. E’ la realtà di una conquista militare, piemontese e garibaldina, osteggiata anche da buona parte della popolazione. Un libro sui drammi vissuti dalle popolazioni del Meridione all’indomani dell’occupazione sabauda delle terre del Sud, che racconta le angherie, le atrocità, le insolenze che le popolazioni meridionali subirono dai conquistatori del Nord. Dopo l’annessione del Regno delle Due Sicilie alla monarchia sabauda si sviluppò una vera e propria opposizione armata al  dominio rapace e razzistico dei piemontesi, che inviò contro i famigerati bersaglieri, responsabili di atrocità e soprusi anche contro le plebi rurali. In questo contesto vanno ricordati i soldati borbonici deportati in Piemonte, nel lager di Fenestrelle, rinchiusi in celle gelide ed esposte alle intemperie, dove morirono tutti per il rigido clima alpino, per maltrattamenti e denutrizione. Pagine orribili del risorgimento, che sono una denuncia contro la brutale e sanguinosa dominazione sabauda nel Meridione.

La prima «colonia» italiana: il Sud ribelle

 CORRIERE DELLA SERA  le vicende « censurate » dalla storiografia ufficiale riapre una ferita antica  - Le insurrezioni filoborboniche dei contadini dopo il 1860: una guerra civile sanguinosa - « I partigiani del Sud »

Quel romanzo criminale chiamato Risorgimento Il GIORNALE.IT È permesso insinuare che il Risorgimento fu nel suo insieme un’impresa non priva di aspetti non solo «illegali» ma violenti, terroristici e persino criminali in senso stretto?

La Guantanamo dei Piemontesi  LA STAMPA.IT 12/10/2009 - IL CASO Nel 1868 un piano del governo per deportare i briganti all'estero "Porteremo tutti i criminali meridionali in Patagonia o nel Borneo". Questa è l’unità d’Italia, i briganti furono i partigiani borbonici che combatterono l’invasore italiano dal 1860 ad oltre il 1880, un milione di morti.

Quando l'orgoglio dei terroni si trasforma in un bestseller Il GIORNALE.IT - 1 agosto 2010  - La tesi? Il meridione è arretrato perché è stato derubato dai conquistatori del Nord. Ha scalato per settimane le classifiche dei saggi più venduti, e da settimane è stabilmente al primo posto, senza segnali di flessione, anzi.

E parliamo di un autore - Pino Aprile - di lungo e onorato corso giornalistico, ma non famosissimo, né noto alle patrie tv. Per di più il suo libro ha un titolo - Terroni (Piemme) - che sembra poter allettare soltanto dei veteroleghisti, arcaici come l'espressione ancora usata con disprezzo per indicare gli italiani del Sud. Invece Terroni è la rivendicazione dell'orgoglio meridionale, oltre che un tentativo di spiegare - in modo appassionato e polemico - come l'Unità d'Italia abbia danneggiato il Sud e quanto sia costata ai suoi abitanti: ridotti, decennio dopo decennio, a italiani di seconda scelta, forza lavoro malsopportata al Nord, presunti pelandroni e certamente similmafiosi nelle loro terre. Buttato di traverso alle celebrazioni per i 150 anni dell'Unità, il libro di Aprile non ha il pregio del rigore storiografico, ma quello di una furia

iconoclasta nel raccontare fatti noti soltanto agli storici, fatti tenuti nascosti a tutti gli studenti che si sono seduti sui banchi delle scuole italiane dal 1861 a oggi. Dunque ignoranti anche dagli stessi meridionali: che adesso ­non soltanto loro - scoprono certe verità in Terroni e ne fanno una sorta di Bibbia delle rivendicazioni del Sud. Sostenuto com'è dai numerosi- piccoli ma combattivi- gruppi neoborbonici …., il volume di Aprile potrebbe diventare il testo sacro di una futura Lega Meridionale, contrapposta a quella di Bossi: specialmente se l'attuazione del federalismo fiscale provocherà i danni che al Sud tutti si aspettano. Da tutto ciò nasce il successo di un saggio violento quanto ben scritto, che sa portare un' idea dove vuole farla arrivare … Il successo di Aprile era prevedibile … Le mie tesi non sono dissimili da quelle di Aprile, anche se equilibrate dai necessari distinguo, e anche se non sono 'terrone' come lui. L'annessione del Sud fu una guerra di annessione e di conquista, spietata e brutale. Il Regno delle Due Sicilie non era il paradiso in terra, certo, ma neppure l'inferno. Il paternalismo borbonico permetteva pure ai più poveri di vivere decentemente anche nelle condizioni di arretratezza feudale con le quali venivano gestite le terre coltivabili. La vita culturale, almeno quella alta, era di tutto rispetto. Le industrie, in particolare quelle metalmeccaniche e tessili, erano all'altezza- e a volte superiori - a quelle del Nord. Soprattutto, le casse dello Stato e la circolazione monetaria erano più ricche che nel resto d'Italia messo insieme. Denaro, terre e industrie facevano gola ai Savoia, molto meno romantici di patrioti, il cui motto era: 'L'Italia è un carciofo da mangiare foglia a foglia.' Infatti l'ex Regno delle Due Sicilie venne depredato di tutto: l'oro delle sue banche venne per lo più reinvestito al Nord, le industrie smantellate e trasferite più vicino alle Alpi; le terre, anche quelle sottratte al clero, non furono date ai contadini ­ come aveva promesso Garibaldi - ma cedute a basso prezzo alla borghesia settentrionale o agli antichi feudatari divenuti improvvisamente filounitari. A rimetterci fu il popolo, che d'improvviso si vide sconvolta l'esistenza da invasori (i cosiddetti plebisciti furono una truffa di Stato) che imponevano regole e leggi tali da cancellare con un tratto di penna abitudini secolari: basti pensare alla leva obbligatoria imposta dal nuovo Stato. Fu così che nacque il fenomeno sprezzantemente definito 'brigantaggio'. Gli uomini che sono passati alla storia (per modo di dire, perché i testi di storia ne parlano pochissimo) come 'briganti', a volte erano veri banditi, ma oggi li chiameremmo partigiani. Fu una guerra civile, la lotta che si svolse fin dal 1860 fra 'i piemontesi' e decine di migliaia di contadini saliti sui monti e appoggiati da buona parte della popolazione. Il neonato Regno d'Italia, per stroncare la ribellione, dovette impiegare quasi metà dell'eser­cito e- dall'agosto del 1863- un provvedimento liberticida, la legge Pica, che metteva in stato d'assedio quasi tutto il Sud. Una legge che permetteva ai tribunali militari di fucilare chiun­que senza possibilità d'appello e che - per la prima volta nella nostra storia - premiava i presunti 'pentiti' con denaro e libertà facile. Solo così il fenomeno venne sconfitto, negli anni successivi. Nel frattempo, però, c'era stato un numero non calcolabile di morti (i documenti furono in gran parte distrutti). Fra i militari, di certo, ci furono più caduti che i 7/8.000 di tutte e tre le guerre d'indipendenza messe insieme. Fra i 'terroni' si possono calcolare almeno centomila vittime, fra morti in combattimento, in prigione, fucilati, per stenti e malattie. Le crudeltà, come in tutte le guerre civili, furono efferate: se alcuni briganti mutilavano i soldati e ne mangiavano il cuore, i soldati stupravano, saccheggiavano, esibivano le teste mozzate dei nemici. Incendiavano paesi interi, come Pontelandolfo e Casalduni, completamente rasi al suolo per vendicare l'uccisione di 40 bersaglieri. E Pino Aprile non usa mano leggera, per un paragone con i metodi usati dai nazisti nella Seconda guerra mondiale. Le conseguenze principali furono sostanzialmente tre, a 'pacificazione' avvenuta. Prima di tutto, la spaventosa miseria del Sud, che tra fine Ottocento e inizio Novecento costrinse milioni e milioni di meridionali a emigrare in Europa e nelle Americhe. Seconda conseguenza, una sorta di rassegnazione rancorosa da parte dei conquistati, sintetizzabile con la frase: 'Ci avete voluto? Adesso manteneteci.' Infine il brigantaggio - e il modo usato per combatterlo- rafforzarono a dismisura mafia, camorra e 'ndrangheta. Oggi possiamo dire che anche il meridione d'Italia ha finito - molto tardivamente - per trarre vantaggi dall'Unità. Ma non è possibile dire se, rimasto indipendente, avrebbe finito per somigliare più a uno staterello balcanico o nordafricano, o sarebbe diventato una terra felice, con tutte le sue genti al sole, con un'economia propria, il turismo e un ruolo rilevante nel Mediterraneo. Di certo, nascondere quel che avvenne non è servito a una crescita del Paese e della nostra coscienza nazionale: in quasi ogni famiglia del Sud si tramanda il ricordo di antichi lutti, di antichi soprusi subiti. E' per questo che il libro di Pino Aprile - che arriva come uno schiaffo in faccia a chiunque lo legga - ottiene tanto successo. E' come svegliarsi e scoprire che l'incubo appena sognato era una realtà.

IL SETTENTRIONE LADRONE CHE RUBA PURE I FRANTOI -  1/8/2010  IL TEMPO - In "TERRONI" di Pino Aprile l'affresco dei mali patiti dal Mezzogiorno storicamente arretrato perché derubato dai conquistatori del nord. Regola numero uno: non date retta ai libri profusi nelle scuole. Questa sera a cena chiedete a vostro figlio il suo sussidiario o se più grande il suo testo di storia, cercate nell'indice rinascimento italiano, prendete il blocco di pagine con mano ferma e strappatelo. Poi bruciatelo, usatelo per incartarci le uova o meglio lo mettete in una busta sigillata e lo mandate ad un qualunque cittadino che abita il settentrione d'Italia con una piccola lettera d'accompagnamento nella quale scriverete: «Riprendetevi questa cartaccia. D'ora in poi la nostra storia la riscriviamo noi». Una sola avvertenza: prima di fare tutto ciò entrate in una qualunque libreria e acquistate il libro di Pino Aprile, giornalista e scrittore, dal titolo «Terroni» (Edizioni Piemme, pag.308). Mi raccomando, iniziate la lettura comodi e lontani da un qualunque settentrionale, perché rischiate a pagina sette di prenderlo a schiaffi in pubblico. Pino Aprile, pur non essendo uno storico di fatto, racconta nel suo libro di come i piemontesi hanno conquistato il sud Italia. Insomma, non tiriamola troppo per le lunghe e andiamo al dunque: Aprile, nel suo «Terroni», racconta di una conquista feroce con lo scopo da parte dei Savoia di prendersi le ricchezze del regno Borbone. Ma questo non basta, perché sfogliando le pagine viene la pelle d'oca a scoprire che i nostri meravigliosi soldati dell'Italia unita passavano per le città del meridione e le bruciavano, saccheggiavano e fucilavano tutti i suoi abitanti perché briganti. Aprile racconta di donne legate agli alberi con le gambe divaricate per l'uso dei soldati, manco fossero latrine, di meridionali chiusi nelle loro case prima di darvi fuoco e del primo campo di concentramento in Europa fatto apposta per i meridionali. Una lettura che ha già conquistato il grande pubblico, da giorni «Terroni» è primo in classifica, e che se pur difetta di una verità storica assoluta, riaccende l'anima e la memoria dei meridionali. Ma la storia di quegli anni non è solo colma di storie di uomini sciolti nella calce, di eccidi di massa e teorie pseudo scientifiche che volevano dimostrare come i meridionali fossero meno intelligenti di quelli del nord, ma anche di una disfatta economica che ha cambiato il corso della storia. Quando il regno dei Borboni fu preso dai piemontesi era il terzo stato industrializzato d'Europa, certo non era un'avanzata democrazia, ma i meridionali stavano bene tanto che nessuno se ne andava da quelle terre. Poi, guarda caso, dopo l'unità d'Italia iniziò l'esodo verso il nord Europa e le Americhe. «Terroni» è un libro ricco di curiosità e di orribili misfatti, raccontati con quella ironia (tutta meridionale) che nella tragedia riesce a trovare un senso. Un libro che segnerà un cambiamento radicale e che darà il via ad un nuovo sentimento d'aggregazione dei popoli del sud, poi se i fucili li imbraccia il meridione la cosa diventa seria, non come le sparate populiste del nord, con il rischio di cadere in facili strumentalizzazioni. Resta il fatto che il "nord ladrone" ha rubato tutto quello che poteva, perfino trecento frantoi, per poi raccontarci la favola di Roma ladrona e del sud pieno di mafiosi e cattiva gente. Tanto che un noto esponente della Lega un giorno durante un'intervista mi disse: «Per risolvere la questione meridionale bisognerebbe arrestare 1000 persone a caso, che siano innocenti o colpevoli e mandarci l'esercito. Fidati solo così vi risolleverete». Arieccoci, il lupo perde il pelo ma non il vizio. E l'hanno chiamata Unità d'Italia. Claudio Lo Tufo  - 01/08/2010

L'Unità d'Italia vista da Sud: un'annessione senza dichiarazione di guerra? - di Giuseppe Chiellino  -  31 agosto 2010 Garibaldi? "Un ingenuo avventuriero pronto a correre dove c'è da menare la spada". Cavour? "Un figlio di papà col vizio del gioco d'azzardo, che sperpera parte del patrimonio paterno in fallimentari avventure imprenditoriali e viene messo a capo del governo del regno sabaudo dai banchieri inglesi che hanno finanziato le guerre d'indipendenza". La spedizione dei Mille e l'Unità d'Italia? "Un'invasione delle regioni meridionali senza dichiarazione di guerra". Con centinaia di migliaia di morti e milioni di emigranti nei decenni successivi. Un'annessione – è la tesi – sostenuta soprattutto da chi aveva coperto l'enorme debito accumulato dai Savoia per le guerre d'indipendenza. … Un "viaggio in Calabria dall'Unità d'Italia ad oggi" che seduce lo spettatore, giocando con il dialetto e con le immagini per raccontare "ciò che i libri di scuola non dicono sull'Unità". .. "La sconfitta più grande per noi meridionali causata dall'Unità – afferma Calabretta in un dialogo immaginario con Garibaldi – è stata la perdita della nostra identità culturale il senso di appartenenza che rende gli uomini orgogliosi della propria terra. Vi sono due modi per cancellare l'identità di un popolo: il primo è di distruggere la sua memoria storica, il secondo è di sradicarlo dalla propria terra. Noi meridionali li abbiamo subiti entrambi".

Arruolamento ELETTORI

Bibliografia

Un sogno

Primati del Regno

Saccheggio del SUD

Olocausto duosiciliano

Programma

NEWS

LA STORIA NEGATA

Chi siamo

Video

Articoli Stampa

Home page

Manifestazioni foto

Contattaci

Locandine