Dalla cacciata dei Tarquini alle guerre puniche

Guerra contro gli Etruschi

disegno di Davide Mastrobuono

Nel 509 a.C., con la cacciata di Tarquinio il Superbo, i Romani dichiararono decaduta la Monarchia e proclamarono la Repubblica, a capo della quale erano eletti due cittadini detti Consoli. Essi restavano i carica solo un anno e governavano insieme al Senato, cioè un'assemblea di uomini anziani e sapienti appartenenti all'aristocrazia agraria. Tarquinio il Superbo cacciato via dai Romani, per riprendersi il trono chiese aiuto al re degli etruschi Porsenna. I Romani, però, non si scoraggiarono di fronte al potente nemico, il quale non riuscì ad entrare nella città, soprattutto per merito di due valorosi soldati : Orazio Coclite e Muzio Scevola. Porsenna, quindi, levò l'assedio e fece la pace con Roma, ma, come si usava a quei tempi, chiese in ostaggio delle fanciulle. Tra queste vi era Clelia, che, non volendo rimanere tra i nemici, convinse le sue compagne a tentare la fuga con lei. I Romani, però, per rispettare i patti riconsegnarono le fanciulle a Porsenna. Questo episodio avrebbe indotto Porsenna ad abbandonare l'amicizia con Tarquinio il Superbo ed a fare la pace definitivamente con i Romani.

Patrizi e Plebei

In quel tempo la popolazione di Roma si divideva in due grandi classi: i patrizi e i plebei. I patrizi erano i discendenti degli antichi fondatori di Roma, quasi tutti molto ricchi. Possedevano terre ed essi soli potevano occupare alte cariche pubbliche, cioè diventare senatori e consoli. I plebei, invece, erano poveri. Non possedevano terre, ma dovevano lavorare quelle dei patrizi. Inoltre non potevano accedere ad alcuna carica pubblica. Se poi erano costretti a far debiti e non potevano pagarli, diventavano schiavi dei patrizi. Era anche vietato il matrimonio tra patrizi e plebei. Nel 494 a.C. si ebbe una prima ribellione dei plebei, quando questi, di ritorno da una campagna militare, si rifiutarono di entrare in città e si ritirarono sul Monte Sacro. I patrizi capirono ben presto che senza i plebei la vita era loro impossibile, perché non vi era più chi coltivasse la terra e chi potesse fermare il nemico in caso di guerra. Quindi vennero a patti con i plebei, concedendo loro la possibilità di eleggere dei loro rappresentanti, per la difesa dei loro diritti, che vennero chiamati tribuni della plebe. La leggenda narra che il senatore Menenio Agrippa si recò presso di loro e con un apologo (una favola istruttiva) li convinse a ritornare in città.

A quel tempo non esistevano ancora leggi scritte, e i patrizi potevano amministrare la giustizia a loro esclusivo vantaggio. La plebe perciò lottò per ottenere che le leggi venissero rese pubbliche, in modo che i patrizi non potessero più interpretare le regole non scritte. Nel 450 a.C. venne costituita una commissione formata da dieci patrizi (decemvirato) che formulò le leggi, le incise su dodici tavole, che vennero esposte dove tutti potessero leggerle.

disegno di Gabriele Vinci

Nel 445 a.C. il tribuno della plebe Caio Canuleio ottenne l'abolizione del divieto di matrimonio tra patrizi e plebei e nel 367 a.C., ad opera dei tribuni Licinio e Sesto, fu concesso ai plebei l'accesso alla carica di console.

Guerra contro i Latini

Alla guerra contro gli Etruschi ne successe un'altra contro le popolazioni del Lazio, che mal sopportavano la supremazia di Roma. Nel 499 a.C. l'esercito romano sconfisse la lega latina presso il lago Regillo e poi Romani e Latini insieme affrontarono i popoli che abitavano sull'Appennino laziale : Sabini, Equi e Volsci, che minacciavano continuamente la pianure con le loro scorrerie.

Veio e i Galli

Vicino Roma sorgeva la città etrusca di Veio, che le contendeva la supremazia sulla regione del Tevere. Nel corso di una guerra che, secondo la tradizione durò dal 406 al 396 a.C. , i Romani guidati da Furio Camillo, riuscirono a sconfiggerla e a conquistarla. Veio non potè ricevere nessun aiuto dagli Etruschi che, proprio in quegli anni, venivano invasi dai Celti, chiamati Galli dai Romani. Questo era un popolo che abitava la parte settentrionale dell'Italia e proveniva dall'Europa centrale. I Galli, vinti gli Etruschi, continuarono la loro marcia verso sud e, nel 390 a.C., guidati da Brenno arrivarono a Roma, riuscendo ad occuparla tutta, tranne il colle Capitolino, sul quale i Romani organizzarono la resistenza. I Galli saccheggiata la città e ricevuta una grossa somma da parte dei Romani, ritornarono nelle terre di provenienza.

disegno di Manuela Petriccioni


Guerra contro i Sanniti

Negli anni seguenti Roma rafforzò il suo esercito e, nel 343 a.C., fu in grado di riprendere la sua espansione. In quell'anno la città di Capua, appartenente alla Magna Grecia, chiese il suo aiuto contro i Sanniti, una popolazione molto bellicosa che abitava l'appennino abruzzese e campano e minacciava da lì le città della costa. I Romani batterono i Sanniti, estendendo il loro dominio sulla Campania, ma contro di essi dovettero combattere altre due guerre. Nel 321 a.C. i Romani subirono una grave sconfitta a Caudio, in una gola stetta e boscosa, dove i Sanniti riuscirono ad attirarli in un agguato. Ma nel 295 a.C. i Romani riuscirono a riportare una vittoria decisiva a Sentino (Sassoferrato), dove batterono oltre ai Sanniti, anche Umbri, Etruschi e Galli Senoni, loro alleati. Nel 290 a.C. le guerre contro i Sanniti si conclusero con la completa vittoria di Roma.

Guerra contro Pirro

Il dominio romano si estendeva ormai su tutta l'Italia centrale e su gran parte dell'Italia meridionale. Ma qui sorgeva Taranto, una delle più importanti città della Magna Grecia, dotata di una potente flotta che controllava lo stretto di Messina e impediva alle navi romane di passare dal Tirreno allo Ionio. Quando nel 282 a.C. i Tarantini attaccarono alcune navi romane nello Ionio, la guerra diventò inevitabile. Taranto, sapendo di essere inferiore per terra, chiese aiuto a Pirro, re dell'Epiro (uno stato della Grecia), che venne in suo soccorso con un esercito di mercenari e qualche decina di elefanti. I Romani non avevano mai visto gli elefanti e ne furono atterriti. Furono sconfitti a Eraclea (Lucania) e ad Ascoli Satriano (Puglia), ma poi vinsero a Malevento nel 275 a.C. (da allora la città cambiò nome in Beneventum) e Pirro fu costretto a ritornare in Grecia. Più tardi anche Taranto dovette cedere le armi. Oramai il dominio di Roma si estendeva nell'intera Italia meridionale.

disegno di Sara Yehia

 


A cura degli alunni della scuola elementare "Gianni Rodari" di via F. Santi I-00155 Roma, coadiuvati dagli insegnanti Maria Grazia Pesce e Piero Cusinato