7

 

E' l'ultima notte che il club di basket dello Shohoku passa al ryokan prima di partire la mattina successiva. Dato che potranno dormire in treno, i ragazzi hanno deciso di festeggiare, e sono tutti nella camera di Akagi che è più grande. Dal nulla, sono spuntati birra e sakè. Akagi si altera:

"Chi ha portato qui questa roba? Non possiamo bere alcolici."

"Oh, andiamo, gorilla" lo canzona Mitsui con una lattina di birra in mano "non mi dire che non hai mai bevuto un goccetto."

"Beh, sì, qualche volta" si innervosisce Akagi "ma non mi sembra proprio il caso. Siamo in ritiro, non in vacanza." Ma le sue sono parole al vento, perché lo Shohoku Basket Club si è già gettato sui beveraggi recuperati - è facile scoprirlo - da Mitsui e Miyagi. Sebbene sia molto moderato, le cose cominciano a diventare difficili da capire anche per Akagi. Più che altro, il resto della squadra sembra ormai in un'altra dimensione, viaggia a un'altra velocità - osservare la gente ubriaca può essere divertente o irritante, e Akagi non riesce a ridere. Persino Ayako non è in condizioni diverse dai suoi compagni, e striscia verso Akagi, che è seduto con la schiena contro il muro.

"Ciao, senpai. Non ti diverti?"

"Mi sembra che tutti vi stiate divertendo anche da parte mia."

"Che sciocco. Dai, bevi anche tu" ridacchia Ayako levandogli di mano la lattina di birra e accostandogliela alla bocca. Akagi però la respinge, e dice:

"Ayako, sei ubriaca."

"Per forza" ribatte Ayako accigliata "almeno riesco ad essere un po' allegra. Almeno non mi deprimo come tutti gli altri giorni. Voglio baciarti, Takenori Akagi." Ayako parla vicinissima al viso di Akagi, anche se in realtà non percepisce bene le distanze, e senza pensarci lo bacia, quasi cadendogli addosso. Akagi è esterrefatto, ma non trova la forza di allontanarla. Forse non si è moderato poi così tanto. Ayako ha le labbra carnose e gli preme contro le sue rotondità impossibili da ignorare, e suo malgrado Akagi comincia ad eccitarsi. Nessuno sembra accorgersi delle effusioni che si stanno scambiando, e quando nella mente di Akagi si forma istintivamente il pensiero di uscirsene di soppiatto con Ayako e portarla nella stanza accanto e scoparla, altrettanto automaticamente gli si parano davanti le immagini di altri luoghi, altri momenti.

Spinge dolcemente indietro Ayako.

"Basta così, Ayako. Non posso."

"Come non puoi?"

"Se Miyagi se ne accorgesse quasi morirebbe" si giustifica Akagi. In realtà ha pensato solo in questo momento a Miyagi.

"Balle" ribatte Ayako "sai bene che lui per me è solo un amico. Ma è a te che voglio bene, Takenori." E' la prima volta che lo chiama per nome, e Akagi non riesce a reprimere una certa emozione. Ma scuote la testa e risponde:

"Non posso proprio, Ayako. Tu… mi piacevi, una volta. Ma non ho mai creduto di poterti avere… E ormai per me quel sentimento non va oltre l'amicizia. Mi dispiace, perché forse ti farà soffrire, ma davvero… non posso…"

"E' Yoko" dice Ayako "è sempre lei. Mi ruba sempre tutto." Ayako, complice l'alcol, ora piange copiosamente. Nelle sua parte cosciente, si rimprovera per star diventando così facile alle lacrime. Akagi le dice, con sincera tristezza che purtroppo ha ragione, che nonostante tutto con Yoko non è finita o meglio lui non vuole che finisca così, senza chiarimenti. Abbraccia Ayako, lasciando che si sfoghi fino a addormentarsi fra sue braccia.

Casa Shinobu vive un mattino veloce e concitato, con i preparativi per la partenza di Friedrich e Kozue, che i genitori di Yoko accompagneranno all'aeroporto. Sono venuti anche gli zii a salutare, visto che è domenica e sono tutti a casa. Yoko si diverte un mondo a vedere sua madre e sua zia pendere letteralmente dalle labbra di Friedrich, che le tiene a bada con cortese distacco. Lei ne approfitta per salutare Kozue.

"Verrà il giorno in cui mi racconterai bene tutto, Yoko-chan."

"Già. Scusa se sono stata un po' intrattabile in questi giorni."

"Figurati" dice Kozue abbracciando Yoko "mi raccomando, non fare nulla che io non farei. Guarda che ti tengo d'occhio, tra un paio di mesi forse Friedrich dovrà essere presente a Tokyo, quindi tornerò a trovarti. Adesso vado a riprendermi mio marito, prima che la mamma e la zia me lo consumino."

Arriva il momento dei saluti, e Yoko si inchina educatamente davanti a Kozue e Friedrich in procinto di salire sulla Subaru Legacy di suo padre.

"Vi auguro buon viaggio."

"Buona fortuna" le dice Friedrich sorridendo nella sua barbetta ispida. Yoko aspetta che la macchina giri l'angolo prima di rientrare, e quando apre la porta di camera sua trova, sul letto, un'unica rosa rosso scuro. Non ci sono biglietti, ma lei capisce che solo Friedrich poteva essere l'autore di una simile finezza come regalo di commiato.

Rigirandosi la rosa tra le dita, Yoko comincia a capire meglio quali motivi abbiano spinto sua sorella tra le braccia di quel tedesco con un anno in meno di suo padre e dallo sguardo tagliente. Gli è grata. Ora non le resta che provare a seguire i suoi consigli.

Akagi in treno non proferisce parola. Nemmeno gli altri, se è per quello - anzi, sono per lo più nel mondo dei sogni, ma la situazione del capitano dello Shohoku è diversa. E' stremato ma più sveglio che mai, e pensa naturalmente a Yoko. Si dice che ha fatto male a trattarla così, che, ammesso che le sue paranoie abbiano un fondamento, non ha fatto altro che spingerla di più verso Tetsuo. Ora c'è bisogno di una chiarimento, e Akagi spera più che mai che sia utile, perché ai suoi dubbi ha sacrificato Ayako. Non se lo perdonerà tanto facilmente; ma il pensiero di perdere Yoko lo strazia, non gli dà salvezza.

Yoko scende dal tram e comincia a camminare spedita. Si trova in un quartiere malfamato, che anche se non c'è nessuno in giro la inquieta. Anzi, forse è proprio perché è deserto che lei si sente a disagio. Non condomini, ma casermoni, spogli parallelepipedi di cemento si affacciano sulla strada. Tra loro si staglia una gru gigantesca che ha le sue radici in un cantiere fermo da anni.

Yoko arriva quasi in apnea alla palazzina dove vive Tetsuo. Nei suoi ricordi, quel posto non era così pericoloso. Forse è perché ci è venuta solo un paio di volte, e sempre con Tetsuo.

Il condominio è un aborto dell'edilizia degli anni '70, piastrellato di verde bile, stile cesso, ha sempre detto Tetsuo, e sul retro ha uno spiazzo brullo, costellato di macerie. Yoko entra dall'ingresso della scala B, illuminata appena da delle piccole finestre disposte in verticale. Deve arrivare fino al terzo piano; scontato precisare che dell'ascensore non rimane che una pallida ombra. Percorre uno a uno i gradini sudici, da un appartamento al primo piano si sente il pianto di un neonato. Dopo un'eternità arriva finalmente alla porta di Tetsuo. Non che si faccia grandi illusioni di trovarlo, ma non saprebbe dove altro cercare. Ha anche cambiato numero di cellulare. Bussa forte, ma nessuno arriva. Chiama Tetsuo per nome senza il coraggio di urlare, e ancora silenzio. In piedi davanti alla porta, ripensa a quello che c'è dietro: un appartamento non piccolissimo, ma spoglio. Anche relativamente pulito. Il fatto è che Tetsuo ci passa pochissimo tempo, per questo non c'è casino, non più di tanto. Ha un letto di ferro, con la rete scricchiolante. Yoko se ne ricorda bene, perché delle forse cinque ore che ha passato lì in totale, la maggior parte le ha trascorse scopando. Per un attimo, questo pensiero le fa nascere un certo calore nel ventre, ma prevale lo scoramento per non aver trovato Tetsuo. Imprecando per la frustrazione, esce dal palazzo e, nonostante i suoi timori, si mette a camminare fino ad oltrepassare la fermata del tram senza rendersene conto. Allora decide che vale la pena di continuare a piedi un altro po'.

Si rende conto di stare allungando la strada. Dopotutto, non è che abbia troppa voglia di tornare a casa. Magari potrebbe andare in centro e poi restare a cena da Kaede… Deve sbrigarsi, però. Cammina come un automa e le sembra che il rombo del motore alle sue spalle provenga da un sogno.

"Ciao, bambolina."

Yoko si volta di scatto. Una persona sola la chiama così.

Quella persona, ovviamente, è Tetsuo.

Ha accostato. E' sempre lui, fedele a se stesso, la luce della sera rende meno evidente la sutura sul sopracciglio.

"Tetsuo" è l'unica cosa che riesce a dire Yoko, improvvisamente muta.

"Sì, sono proprio io" sogghigna Tetsuo accendendosi una Lucky Strike "ne vuoi una?"

Yoko accetta e tossisce leggermente. Ha perso l'abitudine rispetto a quando stava con lui e poi non è mai stata una fumatrice vera a propria. Eppure quella sigaretta le pare una manna dal cielo. Scarica la tensione in quel semplice gesto. Dice:

"Sono venuta a cercarti a casa, oggi. Ero stata anche in ospedale un paio di settimane fa." Tetsuo appare sinceramente sorpreso.

"Sul serio?"

"Mh-mh" annuisce lei "Mito mi ha raccontato tutto."

"Mito… ah, sì."

Yoko esita un po' e poi dice:

"Come stai? Anche Mitsui è preoccupato per te."

"Ehi, ehi, frena. Vedi ancora Mitsui?"

"Sì, perché…" Yoko si morde la lingua. Non le sembra il caso di dire così bruscamente a Tetsuo di Akagi.

"…siamo nella stessa scuola, dopotutto." Tetsuo grugnisce. Non sembra molto soddisfatto della risposta. Però lascia perdere, e indica il retro del sellino:

"Vieni a fare un giro? Così ci parliamo meglio." Yoko acconsente, e, una volta in posizione, Tetsuo non può fare a meno di commentare:

"Mi mancavano le tue tette addosso alla mia schiena, bambolina." Yoko non dice niente, ma pensa che anche lei ha un po' di nostalgia della schiena di Tetsuo a pochi centimetri dai suoi occhi, della sua vita stretta a cui aggrapparsi e del vento che le arruffa i capelli. Sono velocissimi, è una dimensione straniante; in poco tempo si ritrovano sul lungomare della loro prima sera.

"Tetsu" dice Yoko "non mi hai più detto come stai" e mentre lo dice allunga la mano per toccargli la testa; Tetsuo si scosta nervosamente.

"Non ho niente."

"Non essere sciocco" lo rimbrotta Yoko, e lui con un sospiro china il capo. Yoko gli passa una mano sulla nuca, sente il gonfiore della cicatrice ancora fresca. Non se n'era accorta per via dei capelli lunghi. Arriva a toccargli il viso, il sopracciglio spaccato, le labbra rotte.

"Ti hanno conciato per benino" conclude. Si sente attraversare da una leggera emozione. E' sempre stata la parte attiva delle relazioni che ha avuto, ha sempre trovato più soddisfazione nel sedurre che nel farsi conquistare. Però ha un debole per il profumo di Tetsuo - un sentore di tabacco, benzina, salsedine, sgradevole descritto a parole ma irresistibile nei fatti. L'ha sentito prima in moto, lo sente ora che sono di nuovo vicini.

"Ti ho detto che non mi sono fatto niente" dice Tetsuo tentando di recuperare un po' della sua strafottenza, ma incontra lo sguardo stranamente confuso di Yoko. Non l'ha mai vista così, non gli ha mai dato l'impressione di essere insicura: eppure è ciò che sta succedendo. I ricordi, anzi, un ricordo, investe Yoko: era insieme a Tetsuo da nemmeno un mese, e un martedì aveva saltato scuola per stare con lui. Erano stati in centro, poi Yoko aveva avuto l'idea di andare a casa sua. Non ce l'aveva mai portato. Naturalmente i suoi genitori sarebbero stati al lavoro almeno fino a pomeriggio inoltrato e la proposta era sembrata sorridere a Tetsuo, che aveva caricato Yoko sulla moto; in un attimo erano arrivati a casa di lei. Naturalmente non avevano perso tempo, e in breve il letto di Yoko - che aveva ancora dei peluche in un angolo e un copriletto a fiori - si era trasformato in un grumo di biancheria impregnata di umori. Al termine di quel vero e proprio tour de force, il sole cominciava ad abbassarsi, e Yoko era in cucina a preparare il caffè. Tetsuo, come lei, si era rivestito, ed era seduto al tavolo finendo di sorseggiare una birra, lo sguardo fisso su un punto indefinito della stanza. Poggiata la lattina vuota, si era alzato, cominciando, da dietro, a baciare il collo di Yoko che stava armeggiando con la caffettiera. Lei sulle prime aveva ridacchiato, ma poi Tetsuo l'aveva presa per la vita e cominciato a toccarla in maniera inequivocabile. Yoko aveva protestato:

"Tetsuo, mia madre può essere qui da un momento all'altro, ed è meglio che non veda nemmeno la tua moto parcheggiata." Ma Tetsuo, senza dire nulla, le infilava le mani sotto ai vestiti, la premeva a sé in modo che percepisse la sua eccitazione.

"Tetsuo!…"

"Le cose o si fanno bene o non si fanno." Evidentemente fare l'amore in camera ai suoi occhi era stato più convenzionale che comodo, e allora aveva bloccato Yoko tra sé e il muro vicino al forno, soverchiandola totalmente. E Yoko sentiva la propria opposizione indebolirsi fin troppo velocemente, era pura facciata già quando lui le aveva sfilato rudemente le mutandine, che le erano restate arrotolate a una caviglia. Tetsuo aveva sollevato Yoko e l'aveva scopata così, in piedi, lei inchiodata al muro. La maglietta si sollevava e si arrotolava sulla schiena ad ogni spinta, e la sua pelle sudata aderiva alla piastrelle in modo quasi doloroso. Eppure lei, in quei pochi minuti di estrema tensione, a percepire il minimo rumore che potesse indicare l'arrivo di sua madre, si era sentita invadere dal piacere più intenso che avesse mai provato. Era forse la prima volta in cui lasciava che la sua volontà si annientasse sottomettendosi a quella di qualcun altro. Era stato, per qualche attimo, qualcosa che travalicava il godimento stesso, un vero, genuino trasporto emotivo nei confronti di quel ragazzo che la stava fottendo con rudezza, talmente irriguardoso da concludere venendole dentro. Ora, mentre è attraversata dal ricordo di quest'episodio, capisce che, in modo totalmente diverso, sta arrivando a provare qualcosa di simile per Takenori, un desiderio come di affidarsi a lui. Sospira.

"a che pensi?" le chiede Tetsuo.

"A quando sei venuto a casa mia e mi hai scopata in cucina cinque minuti prima che arrivasse mia madre. Mi avevi anche lasciato piena. Non hai idea delle paranoie che mi sono venute" dice acida Yoko.

"Questo cosa c'entra?" chiede Tetsuo contrariato.

"Dì la verità, Tetsu. Tu non te la sei mai messa via."

"Che cosa?"

"Il fatto che ti ho lasciato." Tetsuo stringe i denti. Basta con le pose, lei non ci crederà.

"No. E' vero, no. Non l'ho mia capito, cazzo, già che ci sei spiegamelo." Yoko sorride debolmente. Anche lei lo sta capendo solo in questo momento.

"Tu sei stato il primo a farmi perdere il controllo della situazione. Non riuscivo a dirti di no. Cominciavo a perdere il controllo anche di me stessa, e avevo paura."

"Devo crederti? Che cazzo di discorsi sono?"

"Fa' quello che vuoi" dice Yoko, atona - il senso di colpa la rode - "per essere finita, è finita, è una delle poche garanzie che posso darti. Io sto con Takenori Akagi, il capitano della squadra di basket dello Shohoku." Ecco, l'ho detto.

"Squadra di basket dello Shohoku?" Per Yoko è una novità vedere una rabbia così manifesta sul volto di Tetsuo, che stringe i pugni, furioso. Non sa come sfogarsi, in lui rimbomba il pensiero irrazionale che è il basket la causa dei suoi dispiaceri, il basket gli ha portato via il suo migliore amico e il basket ora gli impedisce di riprendersi ciò che ha continuato a considerare come suo.

"MERDA!" urla, e se ne va a grandi passi verso la moto. Yoko lo insegue.

"Tetsu! Dove vai?"

"E dove cazzo vuoi che vada?" dice lui. Yoko lo raggiunge trafelata e gli si aggrappa.

"Non è giusto che finisca così. Scusami, scusami Tetsu." Ha gli occhi lucidi, è dominata dal rimorso. Ha ferito Tetsuo profondamente, e se fosse stata appena più matura a quel tempo forse non lo avrebbe lasciato. Ma proprio l'attaccamento che scopre di avere ancora per Tetsuo le provoca altre dolorose pugnalate; stavolta è il senso di colpa nei confronti di Takenori che si fa sentire.

Abbraccia Tetsuo da dietro e lui sente la maglietta bagnarsi con le lacrime della ragazza.

"Ti prego Tetsuo, perdonami, non riuscivo a rendermi conto di quanto ti avessi fatto male."

"E' facile se lo dici adesso" dice Tetsuo ostentando indifferenza. In realtà, muore dalla voglia di baciarla e mettere anche lui da parte l'orgoglio pur di riaverla. Si gira piano piano, a guardarla negli occhi arrossati e gonfi.

"Se io ti perdono" dice soppesando ogni parola "tu che farai?"

Yoko si strofina il viso, con un gesto infantile.

"Io… io non lo so, non so cosa farei, non so più niente." Comincia a camminare verso il mare.

"Non so come spiegarti… io non avevo capito che ci volevamo bene. Certe cose si capiscono solo quando è andato tutto a puttane."

Yoko abbandona calze e scarpe sulla sabbia e, in piedi sul bagnasciuga, lascia che l'acqua della baia le lambisca dolcemente le caviglie. Tetsuo la guarda perplesso, non sa se avvicinarsi o aspettare che faccia qualcosa lei.

Yoko osserva le piccole onde che si increspano, è un giorno di bonaccia in cui l'umidità appiattisce tutto e rende impossibile ogni sforzo.

"Tu sai nuotare?"

"Cosa?"

"Tu sai nuotare, Tetsuo?"

Yoko sente Tetsuo che si avvicina velocemente e le intima:

"Non fare cazzate tipo buttarti in mare!"

L'espressione di Yoko è di assoluta meraviglia. Oggi è il giorno delle sorprese, anche quel Tetsuo che la afferra ansioso è una cosa inedita.

"Ma, Tetsu, non ci penso nemmeno. Avevo solo voglia di bagnarmi i piedi" dice Yoko ritrovando il suo sorriso più tipico, e Tetsuo:

"Certo che sei proprio stronza." Quasi non conclude la frase che scoppia a ridere insieme a lei.

"Cioè, immaginati la scena da fuori" dice lei soffocandosi di risate.

"Che coppia di coglioni, che roba" le fa eco Tetsuo, mettendole una mano sulla spalla. Esaurisce la risata, la attira a sé e si china a baciarla con tutta la dolcezza di cui è capace. Yoko soccombe, si abbandona a quelle sensazioni familiari. Alla fine del bacio, Tetsuo le dice, improvviso:

"Adesso vai via."

"…?!"

"Torna dal tuo uomo" dice lui guardando altrove "hai ragione, è finita. Mi hai lasciato. Non ho diritti su di te, anche se è vero che vorrei." E' evidente che vorrebbe dirle altro, ma non è bravo con le parole e si inceppa a questo punto. Però Yoko lo conosce abbastanza da capire, e le si inumidiscono di nuovo gli occhi.

"T-Tetsu…"

"Guarda che roba. E chi ti vuole, sei diventata una frignona. Oggi hai proprio le lacrime in tasca!" ride Tetsuo avviandosi verso la moto.

"Dai, salutiamoci in amicizia. Ti do un passaggio fino in città."

Yoko ora è sola. Si è fatta scaricare un centinaio di metri prima di casa sua, e ora Tetsuo è lontano. Le piange il cuore ad averlo abbandonato ora che ha capito quanto vale: ma capisce anche con chiarezza che non può sacrificargli i suoi sentimenti per Takenori. E' lui che, per la prima volta, le ha fatto venir meno la voglia di scappare; per la prima volta Yoko, nonostante la sua presenza costante, si sente ugualmente libera.

Si ferma davanti a casa di Kaede; non sa se ha voglia di entrare da lui o entrare in casa propria, e indugia davanti al cancello. Dalla finestra della sua camera, Rukawa la vede. Sta per scendere e andarle incontro, quando Yoko riprende il suo cammino verso casa.

In camera, la ragazza non accende la luce. Con le finestre aperte, si stende sul letto ad ascoltare il rumore, sempre meno invadente, del traffico fuori. E' ora di cena, ma i suoi devono ancora tornare. Andare e venire da Narita porta via una giornata intera.

La città si avvia al suo momento di quiete. Le sue luci per un po' si fermeranno mentre l'aria si farà via via più fresca. A Yoko questo relativo silenzio pare meraviglioso. Le ricorda la prima volta in cui ha fatto l'amore con Akagi. Alla cieca, cerca il telefono sul comodino, e la sua voce è un sussurro:

"Takenori."

 

 

FINEEEEEEEEEEEEEEEEEEE

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