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Scar Tissue

Sex, drugs & dreams in Kanagawa

 

Di solito le sigarette non escono mai bene da un pacchetto morbido quando quest'ultimo è pieno. E' una regola ineludibile quasi quanto la forza di gravità; quindi va da sé che vedere Tetsuo aprire un pacchetto nuovo di Lucky Strike e, con un unico gesto, farne scivolare fuori la prima sigaretta, fa un certo effetto. E' stupido, è una piccolezza, ma la posizione predominante di Tetsuo all'interno della compagnia è determinata anche da questo. Dalla sua tecnica di fumo.

Per Mitsui non è stato diverso. Ha conosciuto Tetsuo e gli altri poco dopo aver smesso di usare le stampelle. Può vantarsi di avere avuto il primo impatto con Tetsuo quando quest'ultimo si stava producendo in due delle sue specialità: picchiare e fumare, nell'ordine.

Mitsui si era appena deciso ad uscire con Norio, che conosceva un paio di tipi della gang di Tetsuo. Mitsui per la verità non aveva molta voglia di muoversi. Era ancora depresso per via dell'infortunio e lo sconforto che provava ormai gli stava marcendo dentro, mutando in apatia. Non aveva più voglia di niente e la prospettiva di uscire con un gruppo di teppistelli quel giorno non lo esaltava per niente. Forse il se stesso di una volta, con la sua arroganza e la sua vitalità, si sarebbe comportato diversamente. Ora, invece, gli pareva che tutto ciò fosse solo una seccatura. Quando però arrivarono al centro commerciale dove si erano dati appuntamento, Mitsui si trovò davanti a qualcosa che lo costrinse a ricredersi.

Lo show di Tetsuo, appunto. All'entrata del parcheggio.

Stava pestando a sangue - gli altri stavano a guardare - un tizio che, Mitsui l'avrebbe scoperto solo dopo, era stato colpevole di averlo preso a male parole. Naturalmente erano stati Tetsuo e gli altri a cominciare a provocarlo, ma intanto un pretesto si era creato e, fulmineo, Tetsuo aveva quasi sfondato la mandibola al malcapitato. Mitsui vide le battute finali, quando la vittima di turno era già intontita abbastanza da perdere quasi i sensi; ma soprattutto saltava all'occhio l'espressione di Tetsuo, la sua serenità quasi, il mestiere con cui colpiva forte e preciso. Accasciatosi a terra, inerte, il suo opponente, Tetsuo con calma tirò fuori della tasca dei jeans un pacchetto di Lucky Strike, levò la stagnola da un angolo e con un movimento sciolto e deciso del polso ne fece uscire la prima sigaretta. Una boccata e un commento lapidario:

"Che signorina."

Il ragazzo a terra mugolò qualcosa - probabilmente non aveva sentito nulla - e Tetsuo senza scomporsi gli rifilò un calcio nello stomaco.

"E che cazzo. Non sai proprio tacere. Andiamo via da questo schifo, prima che arrivi la vigilanza."

Mitsui e i suoi amici si aggregarono al gruppo, e il resto della giornata sfumò nel nome del cazzeggio, con l'aggravante che nessuno aveva dei soldi nemmeno per prendere da bere o roba del genere. Mitsui non parlò molto, si limitò ad ascoltare, osservare e pensare. Si rese conto di stare spegnendosi a poco a poco e questo cominciava a non piacergli per niente. Il suo ginocchio gli impediva di giocare a basket, e allora? Andava bene per tutto il resto. 'Fanculo anche il basket, a questo punto. Poteva vivere lo stesso, non ne aveva bisogno.

"Ehi, non parli mai, tu?"

Era Ryu che gli si era piantato davanti con aria di sfida. Evidentemente si era stancato anche lui di cazzeggiare, e Mitsui sentì qualcosa scattare dentro di sé.

"Fatti i cazzi tuoi. Parlo quando mi pare."

Ryu si guardò intorno ridacchiando, disse:

"Avete visto? Abbiamo qui con noi un fighetto che fa il riservato" si rivolse a Mitsui "ehi, vedi di volare basso. Chi ti credi di essere? Nessuno ti ha mai visto prima."

Mitsui d'istinto inquadrò la situazione. Sapeva che Ryu aveva l'appoggio di tutti, alle sue spalle. Lui era in netto svantaggio, quindi non poteva permettersi di sbagliare.

"Vedi questo" sibilò, e fece conoscere le sue nocche al naso di Ryu, che cominciò a sanguinare mentre lui barcollava stordito. Non se l'aspettava, e in quella manciata di secondi che gli servirono per realizzare quanto era successo, Mitsui l'aveva già colpito allo stomaco e di nuovo al viso. Tre colpi in tutto, e Ryu ondeggiò facendo un gesto di resa. Forse in altre occasioni sarebbe stato Mitsui a soccombere ma stavolta - la volta in cui contava - era stato il più abile. Questione di tempismo; a suo modo, aveva conservato una certa visione di gioco. Ringhiò:

"Ascolta bene: io mi faccio i cazzi miei e tu ti fai i cazzi tuoi. Avanti così e possiamo pure diventare amici."

Ryu sentiva il sangue rimbombargli nelle orecchie e colargli copioso dal naso, mentre lentamente la figura di Mitsui si ridefiniva nei suoi occhi appannati. Incontrò il suo sguardo pieno di rabbia, si guardò intorno e capì che gli altri avevano ormai accettato Mitsui. Era stata una vera prova di forza. Guardò Tetsuo: impassibile, estraeva un'altra sigaretta da un pacchetto ormai notevolmente dimagrito.

Tornò a guardare Mitsui, ricomponendosi quanto basta.

"Va bene", gli disse. Mitsui sentiva attorno a sé l'approvazione del resto della compagnia e prima che, più tardi, quest'ultima si sciogliesse, Tetsuo gli disse:

"Complimenti, ragazzino" con qualcosa di simile a un sorriso che appena gli affiorava sul volto ispido.

 

Mitsui non sa perché tutta questa storia gli sia venuta in mente proprio adesso, forse perché lui Tetsuo e gli altri sono ricapitati nello stesso centro commerciale. E' passato più di un anno, da quella volta. Bivaccano sulle panchine così graziosamente sistemate intorno all'aiuola che sta al centro del salone principale. Forse gli è venuto in mente perché anche questa è una giornata di noia. L'apice probabilmente sarà andare al supermercato e trafugare qualcosa da bere, ma è quasi avvilente nella sua banalità.

"Ehi, guarda quelle."

Un gruppo di tre liceali in impeccabile divisa alla marinara sosta davanti a una vetrina. Tutte e tre hanno un filo di trucco, i calzini che coprono i piedi e i capelli freschi di parrucchiere. Si assomigliano in maniera sconcertante."Tre fighe messe in fila. Magnifico" sogghigna Ryu e le ragazze paiono avvertire gli sguardi rapaci che gravitano su di loro, così si voltano appena, ridacchiando e bisbigliando, poi tornano subito a concentrarsi sulla vetrina.

Ryu dà di gomito a Mitsui, che annuisce. Un po' costruite, forse, ma sicuramente la prima della fila riempie bene la sua camicetta da Sailor Moon in borghese.

"ehilà, belle!"

"Ci venite a fare un giro con noi? Dai che abbiamo una bella cosa da farvi vedere" sono tra le frasi con cui, in ordine sparso, il gruppo di ragazzi apostrofa le tre liceali, che fingono di scandalizzarsi, ridono ancora e se ne vanno senza scomporsi, seguite da fischi ed apprezzamenti pesanti.

"Sono troie" dice piano e tranquillo Tetsuo "se non paghi non te la danno."

"Eh?" dice Mitsui "come fai a dirlo?"

Tetsuo ridacchia e crea una certa suspense accendendosi un'altra sigaretta prima di rispondere.

"Lo vedi dal tipo. Ne ho già conosciute. Carine truccatine e con quella bella divisa da scuola di lusso. E guarda le scarpe firmate. O sono ricche, o fanno qualche servizietto al pervertito di turno con la mania delle liceali. Si fanno pagare fior di quattrini magari nemmeno per farsi trombare, ma per farsi guardare e basta, o al più annusare le mutandine. Così si possono comprare quello che vedono in vetrina. No, neanche la lingua ti danno se non hai questi" dice, e sfrega l'indice e il pollice. Mitsui considera:

"Sarà, ma quelle erano delle gran bocce."

"Non c'è dubbio" ammette Tetsuo senza il minimo rimpianto nella voce. Per forza, pensano Ryu e Mitsui quasi in coro. Forse è perché è più grande, ma se la compagnia riesce a rimorchiare qualche donna nella maggior parte dei casi è merito di Tetsuo. Forse è per la moto. Forse è per il contrasto tra la faccia truce e un corpo che obiettivamente è spettacolare. Forse è la voce arrochita dal fumo. Forse è perché incute timore e allora il male minore è essere consenzienti. Mitsui ipotizza che sia per questi motivi che Tetsuo batte chiodo più di tutti. Probabilmente è in grado di risvegliare qualche desiderio recondito dell'animo femminile, qualcosa che non si racconta alle amiche.
No, di sicuro è la moto.
Anche lo stesso Mitsui ha un discreto successo, ma lo gestisce peggio, non riesce ad essere sciolto, ad incanalare l'estrema tensione che lo pervade sempre. E' come se fossero rabbia e rancore a muoverlo e questo si riflette in ogni sua azione. E' successo anche quando ha portato, sul sedile posteriore di macchine prestate all'occorrenza, qualche tipa rimasta soggiogata dal suo bel viso nascosto dai capelli ormai lunghi, dalla sua espressione obliqua e trova. Nella concitazione di quei momenti, Mitsui ha spesso finito col perdere di vista il bello della faccenda e col trattare a pesci in faccia le ragazze anche se erano carine e chiedevano di rivederlo. Sempre più spesso le persone finiscono con l'irritarlo, è più forte di lui.
Nonostante i commenti di Tetsuo, però, il resto della compagnia decide di andare in cerca delle tre liceali d'assalto, che non possono essere lontane.
"Siete proprio dei bambocci" ride Tetsuo, ma poi li segue, curioso di vedere come andrà a finire, e perché in fondo vuole scoprire fino a dove arriva l'artificiosità di quelle tizie. Se davvero sono così scafate da non aver paura di niente.

Il centro commerciale è grande e la caccia alle tre ragazze si sta rivelando infruttuosa. Probabilmente sono state più furbe e hanno tagliato la corda da un pezzo. La compagnia comincia a diventare irrequieta, la gente si scansa quando Mitsui e i suoi passano, sono minacciosi, sono dei brutti ceffi e le madri mettono in guardia i propri bambini.

"Ehi, guarda quel vecchio lì in fondo quant'è grosso. E' cicciobombo cannoniere."

Ancora prima di vedere a Mitsui si gela il sangue in un presentimento improvviso. Dall'altra parte del corridoio affollato cammina pacioso nientemeno che Anzai con la moglie, e una coppia sui trent'anni con un neonato in carrozzina. A Mitsui pare di ricordare che il coach avesse una figlia, che si rivela essere una bella donna, con lo stesso portamento fiero della madre, mentre il marito è forse un po' troppo ragioniere. In un infinitesimo di secondo - non si può tardare ad agire - dentro a Mitsui si svolge una vera guerra. Non può nemmeno più sentire nominare il basket ma al contempo ciò che ha provato alla vista del suo ex allenatore è stata profonda, lacerante vergogna, dovuta alla consapevolezza di aver gettato via tutte le sue promesse e tutto ciò in cui credeva. E' un sentimento talmente doloroso che non può che essere immediatamente spinto a forza nel dimenticatoio. Si tratta di autoconservazione. Mitsui dice:

"Non perdetevi dietro alle cazzate. Le tipe ce le siamo perse, ormai. Io direi ognuno a casa sua."

"Sei moscio oggi, Mitsui."

"Ripetilo, dai. Ti faccio cagare i denti e sputare i coglioni, quant'è vero che mi chiamo Hisashi Mitsui."

Mitsui riesce a imporsi - intanto Anzai è già lontano, e naturalmente non l'ha riconosciuto - e la compagnia si disgrega. Mitsui si fa dare un passaggio e dopo poco è a casa.

Lascia scomposte le scarpe sulla soglia e va dritto in cucina. Ha una fame terribile. Disgraziatamente c'è sua madre.

"Hisashi! Ti sembra l'ora di tornare?"

Mitsui non risponde e apre il frigo.

"Oggi ha chiamato la scuola. Sono tre giorni che salti le lezioni, hanno detto."

Sashimi? Ottimo.

"Rispondi, Hisashi! Pensi di poter continuare in questo modo? Io non ci sto ad avere per figlio un mezzo delinquente che tratta questa casa come se fosse un albergo."

Mitsui guarda la madre masticando lentamente. C'è quasi commiserazione nei suoi occhi ma non nella sua voce quando le dice:

"Non cagare il cazzo, ma'."

La madre perde il controllo, lo afferra per le spalle con una stretta rabbiosa e convulsa nonostante suo figlio sia una ventina di centimetri più alto di lei.

"NON TI PERMETTERE DI PARLARE COSI' A TUA MADRE!" gli urla scotendolo e lui si divincola senza fatica, senza dire nulla, e va a finire il suo sashimi davanti alla tv in sala. Si sintonizza sul programma più decerebrato che riesca a trovare, un gioco a premi. Non fa in tempo a calarsi nell'atmosfera adeguata a spegnere il cervello che sua madre gli piomba alle spalle, evidentemente insoddisfatta della conclusione del loro dialogo. Si vede benissimo che lei sta facendo uno sforzo immane per non arrabbiarsi né piangere per la frustrazione.

"No, seriamente. Pensi di andare avanti così? Sai che se non metti la testa a posto saremo costretti a cacciarti da casa."

Ciò che ottiene è uno sguardo tra l'interrogativo e il sarcastico. La madre continua:

"Fa' pure quella faccia, ma poi vedrai quant'è facile guadagnarsi da vivere."

E' un discorso odioso per entrambe le parti; Mitsui decide di non mutare politica e resta in silenzio, spegne la tv, lascia il piatto sul tavolo e sparisce in camera sua, con sua madre dietro definitivamente esasperata che blatera qualcosa di simile a quando torna tuo padre dal lavoro saranno guai.

Bene, Mitsui Hisashi. Andata anche oggi.

Fa caldo, in camera di Mitsui. Si mette in mutande e si getta a letto, a fissare il soffitto. Merda, merda, merda. Gli mancava solo di incontrare Anzai. Non ci pensa direttamente ma ne ricava lo stesso un disagio di fondo, che non lo abbandona del tutto nemmeno quando si lascia andare ad un sonno sudaticcio, soffocato nell'afa.

Si sveglia dopo le undici, al sentire un suono familiare. La moto di Tetsuo è in fondo alla via e si sta dirigendo verso casa sua. Tempismo perfetto, vecchio.

Mitsui si affaccia al balcone:

"ehi."

"Ehi. Vieni a fare un giro? Gli altri sono al Kamikaze."

"Nah, non mi va proprio di girare per locali."

Tetsuo sogghigna. Lo immaginava.

"Beh, ci prendiamo da bere al minimarket e poi andiamo dove vogliamo. Offro io" dice battendosi sulla tasca posteriore dei pantaloni. Mitsui approva e in attimo è già rivestito e pronto a varcare la soglia di casa.

Da uno spiraglio della porta vede suo padre ancora in sala che fa zapping. Con ogni probabilità sua madre è già a letto. Mitsui e suo padre, per un motivo o per l'altro, non si parlano forse da una settimana. Fatte queste considerazioni, Mitsui esce e sul retro trova Tetsuo che lo aspetta. Si va verso il centro? Si va verso il centro, ovvio.

 

E' una piccola sfida, più ci si addentra in città più si alza la densità di sbirri per le strade, ma Tetsuo riesce a sfruttare anche il più impraticabile dei passaggi e a beffare la polizia. Parcheggiano davanti a uno di quei supermercati aperti 24 ore su 24 e che vendono di tutto. Con una banconota di grosso taglio Tetsuo paga le birre e la bottiglia di vodka che hanno preso - sono soldi apparsi dal nulla visto che fino a qualche ora prima non aveva il becco di un quattrino. Fuori del negozio c'è un distributore di sigarette e Tetsuo passa a Mitsui la busta con le lattine e la bottiglia.

"Reggi qui."

Naturalmente, come vuole la legge, il distributore è spento dalle undici di sera alle cinque del mattino - è una norma che in pochi si spiegano, tantomeno Tetsuo, per il quale comunque non rappresenta un problema. Con un paio di colpi ben assestati estorce al distributore tre pacchetti di Lucky Strike e, accidentalmente, uno di sigarette nazionali. Poco male, dice, si possono sfruttare lo stesso.

"Bene" sentenzia Tetsuo "adesso si può andare in piazza."

Si siedono ai bordi di una fontana a inaugurare la vodka. Per la piazza passano in maggioranza coppiette, diverse delle quali evidentemente clandestine, e i buttadentro fanno un gran casino per invitare la gente ad entrare nei locali. In uno di questi è in corso un revival anni '80, e i Depeche Mode si fanno sentire fino alla strada cantando Just can't get enough.

"Tetsuo" si decide a chiedere Mitsui "da dove diavolo saltano fuori tutti quei soldi?"

"Ho fatto un bancomat."

Mitsui ride.

"TU un bancomat? Non prendermi per il culo."

Anche Tetsuo ride forte. Non ha fatto esattamente un bancomat; si è limitato ad estorcere il denaro a uno che il bancomat l'aveva appena fatto.

"Un tizio alto un metro e mezzo. Non ho dovuto alzare un dito che mi ha subito cacciato fuori tutti i soldi."

"Cazzo, ma non ci sono le telecamere, sui bancomat?"

"Non sono così scemo" replica Tetsuo "l'ho fatto un po' più in là." Mitsui approva, e dopo la vodka si apre una lattina di birra, che finisce senza nemmeno accorgersene. La sera estiva è torrida e nonostante sia vestito leggero la pelle gli luccica di sudore. Anche Tetsuo si scola una lattina e rutta rumorosamente, quasi in sincronia con l'amico.

"Porci" dice una donna seduta dall'altra parte della fontana.

"Taci vaccona" la deride Mitsui. Quella dovrebbe avere più o meno l'età di sua madre ed è lì a civettare con un uomo. Se fosse sua madre davvero, non glielo perdonerebbe.

Tetsuo fa un altro rutto e poi apostrofa uno che sta passando:

"ehi tu. Che ore sono?"

L'uomo guarda con diffidenza lui e Mitsui, che dice:

"Oh, sei sordo?"

"E' mezzanotte e venti."

Allontanatosi rapidamente il tipo dell'orologio, Tetsuo annuncia:

"Mezzanotte e venti… siamo puntuali come pochi."

"Puntuali per cosa?" chiede Mitsui. Non capisce dove Tetsuo voglia andare a parare.

"Mitsui" ghigna Tetsuo "oggi mi sa che ti serve proprio una botta di vita." Su queste parole, Mitsui capisce, anche perché la botta di vita è in arrivo. La tettona e le altre due amichette. Stupito, si volta a guardare Tetsuo, che ha un sorriso sardonico stampato in faccia e gli occhi incollati alle grazie delle tre minorenni in carriera. Salutano:

"Cia-ao, ragazzi."

"Ciao, belle" risponde Tetsuo senza alzarsi e accendendosi una sigaretta.

La tettona guarda Mitsui e poi Tetsuo, gli dice:

"Allora è proprio lui il tuo amico" guarda ridendo le altre "ve l'avevo detto che veniva uno carino." Mitsui sogghigna.

"Ma sedetevi un po'" dice Tetsuo "dopo decidiamo con calma dove andare." La tettona si incolla a Mitsui e gli porge la mano.

"Ciao, io sono Sachiko, e loro sono le mie amiche Fukiko e Kimiko."

"Sachiko, Fukiko e Kimiko?" ribatte Mitsui ironico, come se stesse dicendo "Qui, Quo e Qua". Tremendo, ma gradevole. Sachiko, come le altre, ovviamente non è più in divisa. Ha una maglietta sintetica molto aderente e scollata che rende impossibile a Mitsui distogliere lo sguardo da quella che ha alte probabilità di essere una quarta misura. Tetsuo offre da bere e si appropria di Kimiko, mentre anche Fukiko si concentra su Mitsui, gli chiede:

"E tu, come ti chiami?"

"Hisashi."

"Oh, Hisashi! E' un bel nome!"

"Fate il liceo, vero?"

"Certo", ride Sachiko bevendo birra, il che è già un discreto inizio "siamo del Kainan."

"aaah, del Kainan" annuisce Mitsui "capisco. E com'è che venite fino a qui per divertirvi?"

"Perché si sa che qui ci sono i ragazzi più carini di tutta Kanagawa" ridacchia Fukiko baciandolo su una guancia, e prima che si ritragga Mitsui coglie l'occasione per catturare la sua bocca e, giocoforza, infilarci per bene la lingua. Naturalmente è ciò che Fukiko aspettava e la sua risposta è immediata, finché Mitsui non interrompe per tornare a rivolgersi a Sachiko.

"Kainan, dunque."

"Mh-mh. Tu cosa fai?"

"Sono… sono in seconda allo Shohoku."

"Oh! Abbiamo la stessa età!"

"Shohoku? Avete un club di basket, no?"

"Com'è che ti interessi di basket?" chiede Mitsui recuperando la vodka e notando che le presentazioni di Tetsuo e Kimiko sono già in fase avanzata. Sachiko beve prima di rispondergli:

"Non è che mi interessi, ma è inevitabile visto che la nostra è la squadra migliore di Kanagawa. Pensavo lo sapessi."

Oh, certo che lo so.

"Ho la faccia di uno che gioca a basket?" Sachiko lo guarda e dice ridendo: no, certo che no. Le luci variopinte delle insegne si riflettono sui suoi capelli decolorati, creando strani effetti che per un attimo incantano Mitsui, leggermente annebbiato dall'alcol. Dice:

"Ci hai visto giusto… uh… Sachiko?"

"Certo, Sachiko."

Finalmente Mitsui bacia anche lei e la mano che le tiene sulla vita sale ad affondarle nel seno. Se di giorno questa piazza è tranquillamente praticabile, la notte diventa un posto abbastanza equivoco e nessuno fa caso al quintetto appollaiato sul bordo della fontana e all'entità delle effusioni che vengono scambiate. Quando Fukiko si riappropria di Mitsui - e Sachiko, per ripicca, gli fa un vistoso succhiotto sul collo - lui ringrazia mentalmente Tetsuo. Un'idea geniale. Deve aver trovato le tre del Kainan fuori dal centro commerciale, il pomeriggio. Di solito non è Tetsuo ad organizzare le uscite del gruppo e roba simile, lui si limita a adattarsi alle situazioni, e in genere lo fa bene. Ma oggi dimostra che, volendo, sa essere un regista sopraffino.

Mitsui ringrazia anche l'alcol che, se da una parte scioglie e libera le azioni, dall'altra addormenta le reazioni. Ma sa che questo durerà ancora per poco, se rimane preda delle due ragazze, una che gli strofina addosso le sue considerevoli rotondità, l'altra che gli accarezza pericolosamente l'interno della coscia. Proprio mentre sta per arrivare al punto critico, viene interrotto da Tetsuo, che si è alzato in piedi con Kimiko attaccata al suo braccio.

"ehi. Noi andiamo un attimo a farci un giro. E' l'una meno dieci" (naturalmente Kimiko ha l'orologio, come le sue amiche) "alle due ci ribecchiamo qui."

"Bene. Ci vediamo."

"A dopo, vecchio" dice Tetsuo sogghignando e facendogli l'occhiolino.

 

Anche Mitsui ha qualche spicciolo in tasca e, visto che la borsa delle bibite è rimasta sulla moto di Tetsuo - ripartita per chissà dove - offre alle sue nuove amiche qualcosa da bere in un piccolo bar alla portata del suo portafogli. Loro ridono molto. A Mitsui pare di sentire, nel loro riso, una nota di scherno. Sono ragazze benestanti, di una scuola privata. Sono carine e non hanno altro desiderio che essere più carine e magari anche più ricche. Probabilmente hanno visto la serata con lui e Tetsuo come qualcosa di bizzarro, un diversivo un po' esotico. Devono averne, di pelo sullo stomaco. Quasi di sicuro vedono i due teppisti come personaggi da film, un misto tra le interpretazioni giovanili di John Travolta tipo Danny Zuko in Grease e i suoi ruoli recenti da killer tossicomane o criminale in corpo di poliziotto. Con una spolveratina, toh, di Peter Fonda e James Dean - per carità. Se si ferma a pensarci quasi le odia, Mitsui. Ma non lo fa. Cataloga questi pensieri come infondata paranoia alcolica e comunque ha dalle ragazze la conferma dell'intuizione di Tetsuo. Raccontano ridendo di signori di mezza età e delle loro strane richieste - stavolta lo scherno c'è di sicuro ed è palese - e Fukiko mostra orgogliosa il suo telefonino:

"Me l'ha regalato uno sui quarant'anni, un impiegato delle poste. Aveva già i soldi dentro. E' l'ultimo Nokia. Pensa che a quel tizio è bastato solo portarmi a fare una passeggiata un paio di volte. Fine. Non so cosa facesse dopo a casa sua, ma non mi ha mai toccata. Una può anche fare queste uscite e rimanere vergine, volendo, basta scegliere quelli giusti." Ride, "Che resti tra noi, Hisashi, non mi va che si sappia."

"Ma quelle sono 'relazioni di sostegno economico' " puntualizza Sachiko "è diverso da stasera. Stasera siamo qui perché ci piace."

"Si vede, ragazze. Si vede che vi piace" ironizza Mitsui schiacciato tra Fukiko e Sachiko, tutti e tre dallo stesso lato del tavolino. Il barista non li degna di uno sguardo anche se il locale non è molto affollato. La gente che viene qui viene per i night club, non per i semplici bar. Ma per Mitsui va più che bene. La birra intanto induce un altro dei suoi svariati effetti collaterali su di lui, che si alza per andare al cesso. Quando riapre, sollevato, la porta del cubicolo, si trova davanti Fukiko appoggiata al lavandino che fuma una sigaretta al mentolo, e Sachiko sorridente. Il bagno è praticabile anche stipandocisi in tre e ormai l'effetto anestetico dell'ultima birra si è dissolto. Mitsui non capisce chiaramente se è lui ad avventarsi sulle ragazze o le ragazze ad avventarsi su di lui, l'unica cosa certa è che ognuno di loro ha la sua parte.

 

"Strano, però" commenta Sachiko lavandosi le mani "non sembri un giocatore di basket ma avresti il fisico adatto."

Gli sorride da sopra la spalla.

"Fidati, so quello che dico."

"Non mi passa nemmeno per l'anticamera del cervello di giocare al fottuto basket. Se c'è uno sport insulso, è quello" sbotta Mitsui appoggiato allo stipite della porta del cesso.

"Ehi, ehi, non ti scaldare. Era solo un commento" ride Sachiko "è stato bello."

Diligente, tira fuori dalla borsa un notes di Hello Kitty e, con la matita per le labbra - Diosanto, pensa Mitsui - scrive il proprio numero di cellulare.

"Chiamami pure quando vuoi, Hisashi-chan", ammicca. Anche Mitsui si risciacqua un po', bacia ancora le ragazze e poi scopre che sono quasi le due; si avviano verso la fontana dove trovano già Tetsuo e Kimiko. Bizzarramente, delle tre Kimiko è quella forse con l'aspetto più esile e raffinato. E' un momento in cui viene fuori la passione di Tetsuo per i forti contrasti, capita ogni tanto, se c'è l'occasione, che si accompagni con certe ragazze che pare si rompano solo a guardarle. Ovvio che nella maggior parte dei casi è solo apparenza, e probabilmente lo è anche in questo, ma dall'espressione di Kimiko Mitsui capisce che Tetsuo deve avere spazzato via almeno un paio delle sue fantasie cinematografiche.

"Bene, noi è meglio se andiamo a prendere un taxi" dice Fukiko, e Tetsuo ribatte sarcastico:

"Occhio, che in giro c'è un sacco di brutta gente."

Sachiko, Fukiko e Kimiko ridono in coro, e con loro Mitsui e Tetsuo. Quelle ragazze hanno appena dimostrato di saper trattare, con la brutta gente. Di nuovo Mitsui prova avversione nei loro confronti, quelle tre, che se ne vanno come sono venute, in perfetto ordine, lo irritano. Riescono a prostituirsi e rimanere perbene. Se fosse capace di compromessi simili, Mitsui pensa che la sua vita sarebbe andata liscia come l'olio, ma non è così. No, forse non sarebbe andata bene lo stesso, sospetta che ci sia la fregatura sotto l'immagine patinata di Sachiko e l'allegra compagnia. Quando si sono allontanate, Mitsui dice:

"Mi sono rotto di stare qui. C'è ancora da bere?"

Tetsuo gli allunga il sacchetto. C'è il fondo della bottiglia di vodka, e due lattine di birra.

"Non è tanto" considera Mitsui "ma possiamo farlo bastare, no?"

"Possiamo anche prenderne ancora."

Aumentano il carico con un litro di sakè, e si allontanano dal centro, che ormai ha perso le sue attrattive. Sfrecciano per le strade semivuote, davanti ai negozi chiusi, imboccano la strada del lungomare. Qualche macchina viene loro incontro in senso contrario, e sono solo sporadici lampi di luce. Su questa strada i lampioni sono molto distanti tra loro e per certi tratti non ci sono per niente. Soffocato dal rumore della moto, c'è il suono delle onde del mare.

"Andiamo a bere in spiaggia", aveva detto Tetsuo prima di partire, e ora scendono con la moto lungo una rampa di cemento, parcheggiano e si siedono sulla sabbia. Tetsuo si accende una sigaretta e la fiamma illumina il suo viso di una luce giallastra. Assaggiano il sakè. Va giù che è un piacere. Mitsui dice:

"Mi hai fatto una bella sorpresa."

"Dici le tipe? Beh, a questo servono gli amici, no?"

Si raccontano le rispettive performance, e Mitsui conclude:

"Credevo fossero in fondo in fondo delle fighe di legno, invece si sono impegnate." Tetsuo spegne il mozzicone nella sabbia.

"Mitsui, con un po' del tuo impegno le femmine non ti mancherebbero mai. Cazzo, tocca a me venirti a dire queste cose."

Passano ancora un po' di tempo in silenzio, attaccati al sakè. E' Mitsui a parlare:

"Quando sono tornato a casa, oggi" dice, strascicando un po' le parole "per poco non picchiavo mia madre. Anzi, non mi spiego come ho fatto a non farlo."

"Rompeva i coglioni?"

"Altroché. Voglio dire, che fastidio le do. Se si facesse i cazzacci suoi sarebbe meglio."

"Le madri non si fanno mai i cazzi loro" dice Tetsuo, iniziando una sigaretta nuova e stendendosi con le braccia incrociate dietro alla testa.

"Tetsuo?"

"Mh?"

"Niente."

Mitsui stava per chiedergli: Tetsuo, tu ce l'hai una madre? Stupido, certo che sì. Tutti ce l'hanno. Viva, morta o volontaria in Congo, da qualche parte sarà. Ma Mitsui formulando questo pensiero si rende conto che, dopo più di un anno che sono amici, lui non sa quasi niente della vita di Tetsuo. Sa più o meno dove abita, ma non sa nemmeno se viva coi suoi, con venti fratelli o se sia solo al mondo. D'altra parte, Mitsui stesso odia questo tipo di domande. Si sfiora la cicatrice sul mento, ricorda di essersela fatta durante una banale rissa, ma non può fare a meno di pensare allo sfregio vistoso che ha invece Tetsuo sulla schiena, all'altezza delle reni. Capita spesso, in questi giorni torridi, che lui stia a torso nudo, e la cicatrice - troppo larga e irregolare per essere il segno di un intervento - risalta bianca sulla pelle abbronzata.

Mitsui beve ancora e si distende supino anche lui. Ci sono troppe luci in città, c'è una cappa di umidità troppo densa perché si vedano le stelle e il cielo è tutto di un nero spento. La brace della Lucky Strike invece brilla a ogni boccata e gli occhi stessi di Tetsuo, ridotti a due fessure, sembrano scintillare di una luce inquisitiva quando dice:

"Cosa avevi a che fare con quel vecchio grassone che abbiamo incrociato al centro commerciale?"

"CHE?"

"Mi sbaglierò , ma mi pareva che tu lo conoscessi."

"Ti sbagli, infatti. Mai visto prima."

"Okay", conclude tranquillo Tetsuo. Mitsui impreca tra sé e sé. Oggi sembra sia in atto una congiura per farlo pensare al basket, e pensare al basket non è bello. Prima Anzai. Poi le tizie del Kainan, che chiaramente si sono sbattute tutta la squadra, anche le riserve, pensa acido Mitsui. Ciliegina sulla torta, Tetsuo che ha subodorato qualcosa. Ovvio che è un bestione ottuso solo quando gli fa comodo. Ora si sta frugando in tasca. Ne estrae un pezzo di stagnola arrotolata, e scartandolo dice:

"Mi è rimasto un pezzettino del fumo dell'altra sera. Così sfrutto le sigarette sfigate." Con mano abile prepara una canna pienotta e invitante, appena la accende il suo odore denso avvolge lui e Mitsui. Mitsui fa una boccata e basta, non ama fumare nemmeno le sigarette, e prosegue ad ubriacarsi. Sono le tre e loro non lo sanno, cominciano davvero ad essere un po' storditi. Tetsuo spegne la canna a metà, e Mitsui se ne stupisce. Se possibile, Tetsuo regge il fumo anche meglio dell'alcol, ma stavolta dice, strofinandosi la faccia col palmo della mano:

"Basta. Cazzo, mi sta prendendo male. Mitsui, la prossima volta che andiamo via io e te, meno paranoie, eh? Sei contagioso."

"Balle. Non mi raccontare che sei uno che si fa influenzare."

"E' vero" , ammette Tetsuo. E' rara se non unica da parte sua una simile affermazione. Dopotutto è come se ammettesse che lui ha delle paranoie sue. Mitsui se ne rende conto e si volta stranito a guardare Tetsuo, che però nel frattempo si è messo a sedere, aprendosi una lattina di birra. Fissa il mare, che è di un nero più intenso rispetto al cielo. Gli pare petrolio. Dice:

"Dovevamo prendere da mangiare. Ho l'acquolina in bocca."

"Fame chimica?"

"Anche. Non ho per niente voglia però di tornare a quel cazzo di minimarket. Quindi mi tengo la fame."

Rutta. Torna a guardare il mare, e dice, quasi con noncuranza:

"Sai, stamattina mi è arrivato un avviso della polizia. Hanno denunciato il furto di una moto e mi devo presentare in commissariato domani perché sono tra gli indagati. Se mi conoscessero " sogghigna "saprebbero che quella merda enduro nemmeno la guardo, ma vaglielo a spiegare. Mi frega il fatto dei precedenti, ovvio."

"Cazzo" commenta Mitsui "bella grana." Non sa bene cosa dire.

"Beh" dice Tetsuo, sempre con lo sguardo fisso all'orizzonte "non è che io abbia qualcosa da perdere." E' tempo di un'altra Lucky Strike per lui e l'accende con un gesto un po' stanco. Passa la lattina a Mitsui.

"Toh, vuoi finirla? Mi ha stancato." Mitsui accetta e, se i pensieri si compongono a fatica nella sua testa, le sensazioni sono a tutto tondo, quasi tangibili. Gli sta nascendo dentro un senso di pena indescrivibile. Non avere niente da perdere per lui ha sempre significato non doversi preoccupare di nulla, ma stanotte ne coglie il senso più negativo. Lo ha sentito nelle parole atone di Tetsuo, ora nel suo cervello "niente da perdere" significa davvero non possedere niente, nemmeno da guadagnare. Percepisce, in confuso, un legame tra questi pensieri e il disagio che era cresciuto in lui il pomeriggio vedendo Anzai. Prova a cambiare discorso.

"Secondo te gli altri dove sono?"

"Boh. Chissà che ore sono. Dipende se hanno trovato da fare in discoteca, che non si può sapere" considera Tetsuo aspirando l'ultima boccata fino quasi a scottarsi col filtro. Non si era reso conto di avere già fumato tutta la sigaretta. Tossicchia, e ride stentamente:

"Questa roba mi ucciderà", dice, e si ridistende supino, chiudendo gli occhi. Forse si addormenta. Anche Mitsui fa lo stesso, dopo aver bevuto un altro sorso di sakè, che lo prende allo stomaco. E' saturo, ormai. Gli si chiude la gola in un sussulto di disgusto. A questo punto è troppo stranito anche per dormire, e con gli occhi socchiusi fissa il cielo fumoso, color lavagna sporca. Comincia a fare un po' freddo, e un'unica stella si intravede, debole, nell'oscurità. Mitsui stringe le palpebre per vedere meglio. Non si sbaglia, c'è una luce: ma non è che un aereo.

 

Il rumore della moto di Tetsuo ormai è lontano e Mitsui esita prima di entrare in casa propria, investita dalla luce argentea dell'alba. Smaltita più o meno la sbornia, gli pare comunque di camminare sulla luna. E' sveglio da quasi ventiquattro ore, se si esclude il pisolino dopo cena - la mattina precedente si era alzato presto fingendo di andare a scuola, e ora rientrando l'orologio elettronico appeso al grattacielo delle assicurazioni segnava a intermittenza

5:08
e
21° C

Questo è forse il momento più freddo della giornata, e Mitsui rabbrividisce. Si muove quasi fosse in trance, tutto sembra distante eppure al contempo molto nitido, come nei sogni. Le sue orecchie sono invase dal silenzio surreale del mattino, le macchine che lui e Tetsuo hanno incontrato sulla strada del ritorno si possono contare sulle dita di una mano. Mentre percorrevano le strade deserte e larghe, ancora alcuni lampioni erano accesi, disperdendo la propria luce in un alone lattiginoso.

Mitsui schiocca la lingua. E' secca e lui ha i denti serrati. Deve sbrigarsi a rientrare o rischia di incrociare suo padre che va al lavoro. Negli ultimi tempi esce sempre prima e rientra sempre dopo. E' uno dei motivi per cui tira una brutta aria in casa. O forse, passa più tempo al lavoro proprio perché c'è brutta aria.

Mitsui apre piano la porta e fortunatamente non c'è ancora nessuno in giro. Dopo essere passato in bagno, si chiude in camera sua, che è esattamente come l'aveva lasciata. Ha appena la forza e la voglia di spogliarsi prima di crollare sul letto sfatto. Non sa cosa darebbe, per riuscire a vomitare.

********

E' finita!

Questa era la mia prima ff su Slam Dunk, mi rendo conto che scegliere il passato di Mitsui come tema non è il massimo dell'originalità, ma pazienza, spero che piaccia… In realtà doveva essere incentrata maggiormente su Tetsuo, ma alla fine è uscita più che altro dal punto di vista di Mitsui. Sono rimasta indecisa fino alla fine se tenere o meno il fatto che le tre ragazze facessero enjo kosai… poi mi sono convinta che così era più funzionale alla storia (spero).  Siate buoni con me!  Mi rendo conto che tra l’altro può risultare abbastanza cupa e deprimente…. Ma è frutto di un periodo un po’ strano.

Bye ^_^

Elisa

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