UN INCONTRO VOLUTO DAL DESTINO

parte 10

Quando Hiroaki se ne andò, Akira dormiva.

Il giovane scrisse in fretta un bigliettino, poi uscì dalla sua vita.

Tornato in camera sua si fece controvoglia una doccia, si cambiò e controllò per l’ennesima volta il discorso che aveva preparato per la riunione dell’Associazione di storia nippo-americana, che sarebbe avvenuta nella sala dei banchetti di quello stesso albergo. Nonostante gli sforzi, però, non riusciva ad imparare a memoria le parole preparate. Gli sembrava quasi di essere un sonnambulo e di non capire bene quello che faceva.

Hiroaki si guardò allo specchio e strinse in nodo della cravatta.

Si chiese come potesse la sua pelle essere così luminosa quando la sua espressione era così cupa.

Chissà perché, si domandava Hiroaki, il suo corpo insisteva nel fargli rivivere le sensazioni provate nel fare l’amore con Akira. Probabilmente la sua pelle era ancora raggiante per la meravigliosa sensazione di piacere e appagamento che il rapporto sessuale con Akira gli aveva dato.

Aveva l’aspetto di un uomo amato e desiderato; cosa assurda, perché, ammesso che Akira lo desiderasse, certamente non lo amava.

Ecco perché aveva dovuto lasciargli quel triste biglietto.

Oh, certo, a letto Akira aveva interpretato magnificamente la sua parte, ma era ilminimo che ci si potesse aspettare da un bravo attore come lui.

L’aveva sedotto in un modo impeccabile non una, ma due volte, e nell’estasi del loro secondo rapporto aveva persino borbottato di amarlo, ma Hiroaki non ci aveva creduto. Non aveva sentito amore in quelle parole tese e tormentate. Al contrario, vi aveva sentito dolore, come se le avesse strappate con la sofferenza alla propria anima sanguinante.

Amarlo? No, non lo amava, ma lo desiderava nel suo letto.

Hiroaki si pettinò con rabbia i capelli, cercando di non ricordare il modo in cui Akira l’aveva guardato dopo il loro secondo focoso rapporto sessuale. Gli sembrava ancora di vedere lo strano sorriso apparso sul suo viso mentre diceva con tono leggermente ironico: "Solo amici, Ri …chy?"

Allora Hiroaki aveva capito cosa lui gli stesse facendo. Akira era ben deciso a vanificare il loro accordo e a dimostrare, senza ombra di dubbio, che lui non poteva tornare all’amicizia pura e semplice dopo aver assaporato i piaceri del suo letto.

Aveva vinto. Hiroaki aveva mancato a quello che si era ripromesso e l’aveva supplicato di amarlo, con una sfacciataggine che lo faceva arrossire al solo ricordo.

"Maledizione!", imprecò il giovane, infastidito dalla propria debolezza. Akira Sendoh poteva aver ragione di lui semplicemente guardandolo e facendo un cenno con la testa. Aveva sempre avuto quel potere su di lui e la situazione non sarebbe mai cambiata. Se solo l’avesse amato come Hiroaki lo amava!

Ma Akira non poteva amarlo, lo aveva chiaramente detto una dozzina di volte. Niente più impegni. Niente più dolore. Certo, ogni tanto sarebbe andato da lui e avrebbero fatto l’amore insieme, ma ci sarebbero state altre volte in cui Akira sarebbe stato lontano senza dare nessuna spiegazione, gettando Hiroaki nella confusione più nera.

Poteva vivere in quel modo? Poteva essere solo il suo amante sporadico? Il cuore gli diceva di si, ma la sua mente razionale la pensava esattamente in modo opposto.

Sul letto di Akira aveva dovuto accettare la realtà: quell’uomo lo aveva subito capito. Lui aveva bisogno di sicurezza e di impegno. Voleva una casa, una famiglia. Voleva … un uomo che gli giurasse amore eterno.

Per questo era scivolato via dal letto come un ladro, e la dolcezza che provava dentro di se aveva reso tristemente ironiche le parole scritte sul biglietto:

‘Caro Akira,

non posso più rivederti. Il giorno in cui partii da New York tu ammettesti di non poter essere il tipo di amante di cui io ho bisogno. Ora penso che tocchi a me ammettere di poter essere il tipo di amante di cui tu hai bisogno. Eppure lo vorrei… Dio, se lo vorrei! ‘

Prima di firmare aveva aggiunto, quasi fosse un ripensamento:

‘Ti prego, non odiarmi.’

Ma Hiroaki sapeva che non avrebbe potuto biasimarlo se lo avesse fatto.

Si dimostrò fin troppo gentile con il quarantenne presidente della sezione di Washington dell’ Associasione di storia nippo-americana.

Avrebbe fatto di tutto pur di togliersi dalla mente Akira, pensò, mentre si sforzava di mandar giù un boccone di pollo ed evitava volutamente di bere anche un solo sorso di vino bianco servito in tavola. Il vino avrebbe attutito il dolore, ma lui voleva sentire tutte le contrazini del suo cuore spezzato. Non voleva più ingannare se stesso.

Considerato il suo stato d’animo, il discorso gli riuscì fin troppo bene. Il pubblico si dimostrò caloroso ed entusiasta e Hiroaki si lasciò andare a qual momento di successo. Poi rispose alle domande con falsa cordialità e sorprendente prontezza. Avrebbe voluto prolungare quel momento felice il più possibile, perché sapeva bene che più tardi, rimasto solo, sarebbe stato assalito da una forte depressione.

Fu allora che vide Akira. O piuttosto vide una testa di capelli a punta in fondo alla sala e capì immediatamente che doveva essere lui.

Sentì un brivido che era allo stesso tempo di gioia e di dolore e non riuscì a impedire al proprio cuore di accelerare i battiti. Ma, d’altronde, la vista di Akira Sendoh in smoking avrebbe fatto palpitare il cuore di chiunque. Anche con quel sorriso ironico era sempre incredibilmente bello.

Hiroaki si rese improvvisamente conto di non aver sentito la domanda che gli aveva rivolto una distinta signora di mezza età. Desolato, chiese alla donna di ripetere la domanda; rispose piuttosto affrettatamente e lasciò il palco fra gli applausi del pubblico.

Immediatamente fu assediato da decine di persone che volevano farsi firmare le copie de ‘L’irlandese ribelle’. Lui sorrise e fece gli autografi, mentre si guardava discretamente intorno alla ricerca dell’uscita più vicina. Sperava di potersene andare senza incontrare Akira.

Non ci riuscì, proprio come il Titanic non era riuscito a raggiungere New York.

Mentre lui continuava a firmare cortesemente copie del suo libro ai vari rappresentanti dell’Associazione, Akira lo raggiunse da dietro e lo afferrò per la vita.

"Signor Sendoh! Che onore!", esclamò Ayako, la segretaria della sezione. "Lei conosce il signor Koshino?"

"Si", rispose Akira con la voce sensuale e artificiale che Hiroaki detestava. "Lo conosco molto bene."

Come lui probabilmente si aspettava, Hiroaki arrossì, mentre Ayako lo osservava con lo sguardo di chi pensa: ‘Beato te, mio caro!’

"Mi sorprende vederti qui, Akira", disse Hiroaki.

"Lo vedo."

"Non sapevo che tu fossi un membro dell’Associazione."

"Oh, invece lo sono. Uno dei più recenti. Mi sono iscritto stasera, perché ho pensato che è ora di conoscere meglio le mie origini."

La mia solita sfortuna, pensò il giovane. Non c’è obbligo di residenza per gli iscritti. O forse era stata fatta eccezione per Akira Sendoh, giapponese da entrambi i ceppi familiari e molto affascinante quando voleva esserlo.

"Siamo lusingati di avervi entrambi come membri", disse Ayako, ammaliata dal sorriso di Akira.

"Speriamo di avervi qui spesso. Non è giusto che sia la sezione di New York ad avere sempre questo onore."

"Si, signorina", promise solennemente Akira. "Mi scusi, le dispiace se parlo un attimo con Ricky?"

"Per niente." Ayako fece una strana espressione nel sentire chiamare il giovane con il diminutivo, perché per tutta la sera era stato chiamato sempre Hiroaki. "Anche se penso che avrà dei problemi ad averlo tutto per sé. È l’ospite d’onore, sa?"

"Lo so. Se qualcuno lo dovesse cercare, dica solo che è uscito un attimo, d’accordo?"

"Cosa?" Hiroaki cercò di divincolarsi discretamente dalla stretta di Akira, ma non ci riuscì.

Pensò di fare una specie di scenata, ma si sentiva troppo stanco. Stava pensando, inoltre, che forse gli doveva dare una spiegazione faccia a faccia ed Akira era troppo cocciuto per lasciarlo andar via senza che avesse risposto alle sue domande.

Hiroaki seguì l’uomo fuori della sala, nel corridoio, verso la scala antincendio. Quando furono soli, gli chiese: "cosa vuoi?"

"Tu cosa pensi?"

"Non scherzare, Akira."

"Parli di non scherzare dopo aver avuto il coraggio di lasciarmi così?" Akira gli porse il biglietto piegato e ripiegato tante volte che la carta era quasi consumata agli angoli. "Perché, Ricky?"

L’espressione intensa del volto di lui lo spaventò al punto di farlo riflettere un attimo prima di rispondere. "Io penso che tu lo sappia. Tu mi hai capito già da molto tempo, Akira. Fosti tu a dire che avevo bisogno di garanzie."

"Ma tu lo negasti, ricordi? Dicesti che non ti aspettavi e non volevi da me nessun impegno."

"Beh, mi sbagliavo, va bene? Stavo illudendo me stesso, perché ti desideravo moltissimo e volevo convincermi che potevamo avere una relazione passeggera senza che questa comportasse per me nessuna particolare emozione. Ma ora so che non è vero. Non posso essere il tuo amante occasionale e questo significa che non posso essere più nemmeno un tuo amico." Hiroaki si interruppe e guardò Akira negli occhi. "Non è quello che hai voluto dimostrare questo pomeriggio? Che dovevi solo toccarmi per farmi venire a letto con te, sempre e comunque? Beh, hai vinto. Non riesco a resisterti e tu lo sai. È per questo che non posso più rivederti. Mai più."

Hiroaki salì le scale e Akira lo seguì; continuò a salire nella speranza che Akira si arrendesse e lo lasciasse andare. Invece continuò a seguirlo e quando Hiroaki si mise a correre lo fece anche Akira.

Raggiunta la settima rampa, però, Hiroaki sentì un’esclamazione di dolore e ricordò che Akira, recentemente, si era di nuovo fatto male al ginocchio.

Il giovane non voleva causargli altro dolore, così si fermò sconfitto e si sedette su un gradino, appoggiando i gomiti sulle ginocchia. "Oh, diavolo, Akira, perché non mi lasci in pace?"

"Prima devi lasciarmi spiegare, altrimenti continuerò a seguirti, indipendentemente da quanto ci vorrà. La tua stanza è su questo piano, vero? Andiamo lì e parliamo."

"No!"

"Solo per parlare, Ricky." Era così serio che Hiroaki si sentì molto stupido.

"Va bene", sussurrò. "Però non toccarmi."

Dopo qualche esitazione, Hiroaki si avviò lungo il corridoio in direzione della propria stanza.

Akira si sedette su una comoda poltrona e tese il ginocchio malandato.

Hiroaki, invece, era troppo nervoso per sedersi e si mise a camminare avanti e indietro fra le due grandi finestre. Guardò il cielo e gli venne voglia di essere fuori di quella camera d’albergo , lontano anni luce e al sicuro!

Akira ebbe la delicatezza di ignorare il nervosismo di Hiroaki e per qualche minuto si massaggiò il ginocchio. Poi si tolse la giacca e si sciolse il cravattino. Si abbandonò sullo schienale della poltrona, con le mani dietro la nuca e gli occhi chiusi; solo i rapidi movimenti del torace tradivano la sua emozione.

Guardandolo, Hiroaki sentì crescere in sé il desiderio, perciò distolse lo sguardo da lui.

Improvvisamente, Akira parlò. "Cosa ci sta succedendo Ricky? Abbiamo tanto desiderio l’uno dell’altro che…"

"Il desiderio non basta", lo interruppe lui, con decisione. "Ci deve essere anche l’amore."

"Ma tu una volta hai detto di amarmi."

Hiroaki non osò guardarlo. "Mi sbagliavo. Questo lo capisci, no? Non sono certo il primo uomo che scambia l’attrazione sessuale per amore."

"No. Non sei il primo… né l’ultimo." La sua voce era dura come l’acciaio. "Ho sempre avuto molte persone intorno che mi volevano nel loro letto, ma nessuno che mi abbia mai amato. Non amavano il vero Akira, comunque."

"Ma Kenji s^", protestò Hiroaki. "Kenji deve averti amato."

"Stai scherzando? Kenji odiava il lato più oscuro di me e lo rifuggiva come la peste. Lui sposò l’eroe dell’università e tale dovevo rimanere per lui."

"Per sempre? Anche dopo l’incidente al ginocchio?"

"Specialmente allora. Kenji era dolce e fedele e aveva un cuore enorme, ma non era bravo ad affrontare i problemi. Non era forte come te, Ricky."

Forte… se era tanto forte perché dentro si sentiva tremare?

"La prima volta che ti ho visto", proseguì Akira, con voce molto più dolce, "mentre scaricavi il camion, rimasi colpito dalla forza che avevi. Oh, non intendo la forza fisica…!"

"Grazie al cielo", lo interruppe Hiroaki. "Già mi sentivo un sollevatore di pesi mancato."

"No. Intendo la forza di spirito. Uno spirito testardo, pionieristico. Salivi e scendevi da quel camion senza paura, senza nemmeno notare che eri tutto solo. Pensai che eri incredibile e non riuscii a toglierti gli occhi di dosso. Quando cadesti dal camion e quello scrittoio ti colpì…"

"Tu venisti a salvarmi", ricordò Hiroaki.

"Dovetti farlo; mi avevi affascinato troppo. Inoltre non puoi immaginare quanto eri sexy, nonostante i vestiti sgualciti. Dio! Avrei voluto farti mio già allora."

Hiroaki spalancò gli occhio, sbalordito.

"Hai sempre suscitato in me pensieri pericolosamente erotici. Allora come ora." Lo sguardo di Akira sfiorò intensamente la sua figura.

Hiroaki voltò il capo nervoso, "Eppure quel giorno avevo un aspetto davvero orribile", disse, ricordando i pantaloni vecchi, la maglietta sporca, il volto pallido.

"Oh, no! Avevi un aspetto molto vivo, vitale, sportivo. Mi hai fatto sentire come non mi sentivo da anni. Mi hai fatto sentire…"

"Come?"

"Come se fosse tutto possibile", sussurrò Akira. "Come se avessi potuto essere felice di nuovo."

"Tu puoi esserlo", disse Hiroaki. Senza pensare a quello che faceva, il giovane si avvicinò ad Akira. "Sono sicuro che puoi."

"Potrei esserlo, con te. Ma solo con te, perché non ho mai desiderato un uomo come desidero te. Io ti amo immensamente, Ricky."

"Hiroaki gli si inginocchiò davanti e, non riuscendo a parlare ad alta voce, sussurrò: "Tu cosa?"

"Io ti amo. Molto più di quanto abbia mai amato Kenji. Più di quanto pensavo di poter amare qualcuno. Perché credi che non sia riuscito a resistere al desiderio di fare l’amore con te, questo pomeriggio, nemmeno due ore dopo aver promesso che non l’avrei più fatto? Dio mio, Ricky! Sono quasi impazzito quando mi hai detto che volevi essermi solo amico."

"Ma tu eri d’accordo", protestò Hiroaki debolmente.

"Certo che ero d’accordo: non avevo altra scelta dopo aver visto quei tuoi occhi tristi. Mi sono sentito comunque un impostore nel fare l’amore con te pur sapendo di non poterti dare le garanzie che volevi. Capivo perché non mi volevi."

Hiroaki si irritò. "Eri tu a non volermi! Mi hai cacciato, ricordi?"

Akira scosse la testa. "Non sai cosa mi è successo la prima volta che abbiamo fatto l’amore?"

"No, dimmelo."

"Dovetti riconoscere con me stesso di amarti. Avevo cercato fino all’ultimo di convincermi del contrario, di pensare che eravamo…"

"Solo amici?"

"Già. Poi ti toccai e non riuscii più a fermarmi. Avevi sofferto tanto e volevo farti star bene; volevo amarti come avresti dovuto essere amato fin dal principio."

"Ma anche io provo per te la stessa cosa!", lo interruppe Hiroaki, senza nemmeno accorgersi di aver usato il tempo presente.

Nemmeno Akira sembrò notarlo, gli sollevò il volto con le mani e gli disse: "Quando ho fatto l’amore con te la prima volta ho provato un piacere sconosciuto. Quella notte è cambiato tutto il mio mondo. Sapevo di volerti tenere con me per sempre, per tutte le notti della mia vita e questo mi spaventava a morte."

"Oh, Akira, perché?" Hiroaki gli toccò il volto.

"Perché ho sempre perso tutto quello che ho amato e pensavo che, se ti avessi amato, avrei perso anche te ... che in qualche modo mi saresti stato tolto."

"Non essere sciocco." Hiroaki gli gettò le braccia al collo. "Non mi perderai mai."

"Lo prometti?" c’era tanto amore in quella domanda che Hiroaki si arrese completamente.

"Sì, lo prometto."

"Ti amo." Akira gli baciò i capelli. "Non lo immaginasti quando vedesti che per te infrangevano tutte le mie regole?"

Hiroaki sorrise. "Beh, oggi, quando ti ho visto sul alco, mi sono chiesto come mai tu ti fossi lasciato sottoporre a una simile tortura."

"Buon Dio, cosa non farei per amor tuo! Dovevo trovare una scusa per venire da te e dirti quello che provavo. Ma quando tu, oggi pomeriggio, mi hai fatto quel piccolo discorso sull’amicizia, io mi sono convinto di aver aspettato troppo e di averti perso per sempre."

"Non capivi che stavo mentendo?"

"Tu? Mentire? Non lo avrei mai creduto, Ricky. Sei troppo onesto."

"Non vuol dire. Non sei stato il solo, ultimamente, a infrangere le regole. Nemmeno cinque minuti fa ti ho detto un’altra bugia riguardo al fatto che quello che provavo per te era solo una forte attrazione sessuale."

L’espressione di Akira fece capire ad Hiroaki che lui gli aveva davvero creduto.

"Oh, che uomo sciocco e meraviglioso! Non capisci quanto ti amo?" lo baciò con passione, poi disse: "Ti amo con tutto il mio cuore."

Solo allora Akira gli credette e si chinò anche lui a baciarlo, stringendolo fra le braccia e sollevandolo.

"Dillo ancora", gli chiese, con gli occhi stupiti e quasi ipnotizzati.

"Ti amo. Ti amo." Hiroaki gli sorrise, felice. "allora vuoi fare l’amore con me o no?"

"Dio mio, certo." Akira lo spogliò velocemente, prese in braccio Hiroaki e lo portò sul letto.

"Akira! Aspetta un attimo! I tuoi vestiti…"

"Al diavolo i miei vestiti!" lui si sdraiò e lo baciò con ardore, mentre le sue mani già gli massaggiavano la pelle delicata.

Già molto eccitato, Hiroaki cercò di slacciare la cintura di seta che cingeva la vita di Akira, ma, per quanti sforzi facesse, non ci riuscì.

"Che succede, amore?"

Hiroaki imprecò sottovoce. "Questi ganci…"

Akira strappò in due parti la cintura di seta e la gettò a terra.

"Che ferocia!", mormorò Hiroaki, scherzando.

Akira si tolse in fretta pantaloni e slip, mentre Jiroaki combatteva un’accanita battaglia contro i bottoni della camicia.

"Non importa, basta", gli ordinò Akira, sistemandosi con tutto il corpo sopra di lui.

"Aspetta. Ce l’ho quasi fatta!"

La mano di Akira scivolò fra le gambe di Hiroaki e un bottoncino cadde dalle dita del giovane e scomparve fra le pieghe del copriletto.

"Mio Dio!" mormorò Hiroaki, quando una vampata di calore gli salì fino in gola, impedendogli quasi di respirare.

Il giovane aprì la camicia di Akira e arcuò il corpo contro quello di lui. Akira gli baciò i capelli e gli sussurrò che lo amava e che era pazzo di lui.

Come era diverso, stavolta, fra loro. Era un rapporto intenso e quasi primitivo, ma reso anche molto sereno dalla forza dell’amore.

I baci di Akira caddero come scintille sul corpo di Hiroaki quando lui lo sollevò e lo colmò del proprio amore. Lo guardò, lo toccò e gli mormorò parole tanto belle che lui si sentì tremare. Il suo amore gli aveva riempito il cuore. Completamente.

"Dimmi che mi desideri."

"Ti desidero. Ti voglio. Io…" Hiroaki dovette riprendere fiato. "Non ho mai desiderato nessun altro."

"Dio, quanto ti amo, Ricky!"

"Anche io ti amo, Akira."

Fu allora che il loro mondo incominciò a frantumarsi in fremiti di piacere. Akira irrigidì le braccia e lo tenne stretto a sé in un momento di estasi che durò a lungo, intrappolandoli entrambi nella sua rete meravigliosa.

Dopo, Akira rimase sdraiato tenendo Hiroaki stretto a sé e accarezzandolo con affetto, mentre gli baciava i capelli.

Finalmente, riacquistate le forze, il giovane sollevò la testa per guardare Akira.

"Non smetterai mai di stupirmi", gli disse. "Io pensavo che il ginocchio ti facesse vedere le stelle."

"L’amore spesso fa miracoli. Vieni vicino e te lo dimostrerò."

"Promesse, promesse." Hiroaki non riusciva a distogliere lo sguardo dal viso di Akira. C’era qualcosa di più della passione in quei suoi occhi blu: c’erano felicità, appagamento, sicurezza.

Hiroaki si accorse che aveva esattamente lo stesso aspetto di quando lo aveva visto la prima volta.

Allora risplendeva come un giovane dio: orgoglioso, pronto a tutto, con una vita di successo davanti a sé.

Ti ho restituito quell’aspetto, pensò Hiroaki, e quella improvvisa consapevolezza gli riscaldò immensamente il cuore.

"E pensare che avevo tanta paura di amarti", gli sussurrò Akira. "Che stupido sono stato a cercare di vivere senza di te! Senza questo."

Gli baciò il viso e i capelli con incredibile dolcezza.

"Ma non hai più paura?" una speranza irrazionale si stava insinuando nell’animo di Hiroaki.

"No, se tu mi ami. No, se rimarrai con me e avremo dei figli e se mi permetterai di prendermi cura di te per tutto il resto della mia vita."

Era una proposta?

"Vuoi dire che… mi stai forse chiedendo…?"

Akira fece scivolare le mai sui fianchi di Hiroaki, che era inginocchiato davanti a lui.

"Sono io che dovrei stare in ginocchio", gli ricordò con dolcezza. "ora cambiamo posizione."

"Niente affatto. Va bene anche così. Chiedimelo e basta."

Akira trattenne il respiro, poi, tutto d’un fiato, disse: "Vuoi sposarmi, Ricky?"

"Si, lo voglio, Akira." Lo baciò e Akira gli passò le dita tra i capelli, attirandolo verso di sé.

"Ti amerò per sempre." La voce di Akira era rauca e dolce come quella di chi ancora non si è svegliato completamente da un profondo sonno. "Te lo giuro."

"Amore", gli disse Hiroaki. "Questa è l’unica garanzia di cui avrò sempre bisogno. Per tutta la vita."

FINE

Ospiti