UN INCONTRO VOLUTO DAL DESTINO
parte 7

 

Era chiaro che Akira non lo desiderava.

Era stato uno stupido a pensarlo. Doveva aspettarsi una cosa del genere da un uomo affascinante ed esperto come lui. Certo, aveva avuto pietà di lui, ma la pietà non oltrepassava certi limiti. Sei stato uno stupido, Hiroaki, pensò fra sé il giovane.

Corse nel bagno e chiuse la porta. Sapeva che era sul punto di scoppiare a piangere e doveva frenare le lacrime ad ogni costo, così riempì il lavandino di acqua fredda e se la gettò con forza sul volto accaldato.

Qualsiasi reazione fisica avesse Akira nei suoi confronti, si trattava solo di una questione biologica. La reazione di un uomo sano ad un altro disponibile. Il cuore, però, non c’entrava.

No, il cuore di Akira non era alla portata di Hiroaki e non c’era da stupirsene, pensò, osservandosi allo specchio: non era davvero un uomo irresistibile o eccezionalmente bello. Si odiava per questo; per non essere il tipo di uomo che avrebbe desiderato.

"Rassegnati", borbottò alla sua immagine riflessa. "Non sei abbastanza carino per lui…"

"Non sei abbastanza carino?" Akira era apparso sulla porta del bagno. "Come puoi dire questo?" gli chiese.

"Cos’altro posso pensare se tutti scappano via da me? Tu, Shinichi…"

"Shinichi?", chiese Akira, cercando di conoscere quella verità che Hiroaki non gli aveva mai raccontato.

"Sei settimane prima del giorno fissato per il matrimonio, Shinichi scappò con un altro uomo. Un uomo meraviglioso, sofisticato e esperto. E dopo, quando gli chiesi perché lo avesse fatto, lui mi disse: ‘Beh, cosa ti aspettavi? Non sei esattamente Tom Cruise…’ "

"Bastardo!", esclamò Akira con una tale ostilità che Hiroaki ne rimase sbalordito. "Ma devi sapere quanto si sbagliava. Su te. Su tutto."

"Non su tutto", gli disse Hiroaki, con tenerezza. "Non sono cieco, Akira. So di non essere nulla di speciale."

"Per me sì", disse l’uomo, tranquillamente.

"Non mentirmi, Akira! E non prendermi in giro. So che siamo amici." Nel pronunciare la parola ‘amici’ Hiroaki scrollò le spalle. "So anche che non vuoi farmi soffrire, ma non mi aiuterai facendomi questi complimenti. Davvero."

Akira lo guardò e scosse la testa. "Non ho mai pensato che tu fossi così suscettibile per quello che riguarda il tuo aspetto."

"Come puoi capirmi? Tu sei sempre stato bellissimo,"

"Non ti ha mai detto nessuno che non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace?"

"Stupendo!" Hiroaki perse il controllo dei propri nervi e trascinò Akira per un braccio davanti allo specchio. "Guarda e dimmi cosa vedi."

Certo non vedeva Tom Cruise, pensò Hiroaki. Nella luce soffusa del bagno, accanto ai lineamenti perfetti di Akira, i limiti del suo aspetto erano evidenti.

"Cosa vedi?", chiese di nuovo, pieno di rabbia.

Il volto di Akira si addolcì e vi comparve una luce che Hiroaki non aveva mai visto prima. "Sincerità, comprensione, gentilezza, coraggio", gli sussurrò.

Ad Hiroaki venne un groppo in gola.

"Vedo un cuore generoso", continuò Akira con dolcezza, "e molta forza di volontà. Tutte cose che, mi sembra, mi dicesti una volta che erano molto importanti."

Lo stava convincendo con le sue stesse parole. Hiroaki se ne rese conto e la sua rabbia, a poco a poco, svanì, lasciando posto solo all’amore, un amore che cresceva con testardaggine e rassegnazione a ogni parola che lui diceva.

"Tu non sei giudice della tua bellezza, Ricky. Io lo sono e per me tu sei, scusa se cito una donna, Elena (un nome a caso, eh eh) la donna bellissima che scatenò la guerra di Troia." Gli toccò il viso.

Hiroaki si sottrasse a quella carezza e tutto il suo corpo fu scosso da un brivido.

"Questo non è il viso che ha fatto salpare mille navi." Gli disse Hiroaki.

Akira gli si avvicinò. "Ma una sola si. Non ti basta?" con le mani posate sulle spalle di Hiroaki, lo attirò a se. Con la schiena appoggiata al petto di Akira, Hiroaki si abbandonò per un attimo ma poi, avvertendo la virilità dell’uomo aumentare, trattenne il respiro.

"Tu mi desideri!" esclamò, stupito.

"Desiderarti? Io muoio dalla voglia di te. Ma…"

"Ma non mi farai tuo." Hiroaki aveva letto nel suo sguardo che lui non aveva cambiato idea.

"Tu sai perché."

Perché con l’amore aveva chiuso e lui non era il tipo adatto per la relazione di una notte sola.

"Dio mi salvi dagli uomini d’onore", borbottò Hiroaki.

"Perché?"

"Perché", replicò Hiroaki, "secondo quei tuoi bei principi io non ho nessuna importanza, né hanno importanza le mie necessità."

"Tu non hai bisogno di nulla, Ricky. Non ne hai mai avuto."

"Che stai dicendo?"

"E poi hai il coraggio di protestare contro i miei principi. Guardami un attimo. Sei più inflessibile di quanto io mi sognerei di essere. E la regola numero uno nel libro di Hiroaki Koshino è: non chiedere mai aiuto. Non chiedere mai niente a nessuno. Non metterti in una posizione di dipendenza da qualcosa o qualcuno."

Hiroaki capì che lui diceva sul serio. Era quella l’impressione che dava esteriormente?

"Devi essere indipendente e autosufficiente ventiquattro ore al giorno", gli disse Akira. "Tu non hai bisogno di niente perché non permetti a nessuno di avvicinarti."

Hiroaki pensò che aveva ragione. Non a proposito della sua anima, naturalmente, ma del suo modo di agire.

Akira lo guardò e per un attimo davanti ai suoi occhi passò tutto il corso della sua vita. Poteva correre il rischio di chiedere aiuto, di ammettere una necessità, solo per una volta?

Hiroaki deglutì e si voltò a guardare l’uomo che pensava che non avesse bisogno di lui. Prese coraggio e, balbettando, disse le parole più difficili che avesse mai pronunciato.

"Ho bisogno di amore" sussurrò. "Proprio come te." Detto questo, gli gettò le braccia al collo.

"Ricky…" il nome incominciò come un gemito sulle labbra di Akira e terminò in un bacio appassionato che quasi tolse il respiro a Hiroaki.

"Io ho bisogno di te, Akira. Ho bisogno di te, ho bisogno di te."

"E io di te. Dio, quanto ho bisogno di te!"

Akira prese in braccio Hiroaki e lo portò, attraverso l’ingresso, nella sua camera da letto.

Avvolto dalle lenzuola blu, Hiroaki guardò Akira spogliarsi con impazienza, ma con eleganza. Non si era mai sentito tanto fragile e indifeso come quando lui gli si avvicinò con il suo corpo d’atleta.

Akira era così attento alle sue emozioni che si accorse subito della paura che Hiroaki cercava inutilmente di nascondere.

"Sei sicuro di volerlo?"

"Sicurissimo." Hiroaki allargò le braccia e strinse Akira a sé.

Sdraiati sul letto, si esplorarono l’un l’altro con mani ansiose. Akira lo baciò e lo accarezzò, facendogli raggiungere un piacere così intenso che Hiroaki riuscì solo a passargli le dita fra i capelli, gemendo.

Qunado riacquistò la voce, Hiroaki mise da parte ogni timore e supplicò Akira di prenderlo.

"Amami, Akira. Ora, ti prego. Amami."

Lui gli si avvicinò e lo fece rabbrividire. Hiroaki si sentì di nuovo così rigido e teso che fu difficile per Akira penetrare in lui. Il fantasma dei fallimenti passati lo tormentava, di nuovo.

Ma la voce di Akira lo calmò e le sue mani allontanarono ogni timore. Akira entrò in lui con tanta dolcezza che Hiroaki non soffrì affatto, ma provò una calda sensazione di appagamento.

Akira giaceva sopra di lui, mormorando il suo nome. Hiroaki lo guardò e quell’immagine di passione si impresse nella sua mente. Quanto lo amava!

Ad un tratto il giovane notò quale sforzo Akira stesse facendo per trattenersi e ne capì il motivo. Lui, però, non voleva ottenere il proprio piacere a scapito di Akira, così lo strinse a sé e prese a muoversi ritmicamente contro di lui.

"Mi stai facendo impazzire", gli mormorò Akira.

"Bene. È quello che voglio. Voglio farti impazzire."

Invece fu lui a perdere il controllo, travolto dall’ondata di piacere causata dal movimento regolare dei loro corpi.

"Sei così morbido, Ricky! Così caldo, cos’ dolce!" gli baciò la gola. "Adoro sentirti sotto di me. Così."

"E io amo…" Hiroaki si interruppe prima di dire la parola fatidica e poi continuò: "… amo sentirti dentro di me. Oh, Akira…!"

Tutto quello che desiderava era che Akira si perdesse dentro di lui e, dai suoi movimenti più bruschi, capì che stava accadendo.

"Mio dolce Ricky. Ah, amore…"

Quelle parole gli fecero oltrepassare la fatidica soglia del piacere, trascinandolo in un vortice di meraviglioso e paradisiaco godimento.

"Si", gemette. "Sì, sì, Akira…"

L’uomo aspettò che il suo respiro diventasse più regolare, e poi si avviò rapidamente al proprio appagamento.

Più rilassato e sereno, ormai non desiderava che una cosa sola: farlo godere. Era così concentrato su di lui che non aveva capito cosa stava succedendo al proprio corpo.

Infine Akira esplose dentro di lui.

"Stringimi", gemette Hiroaki. Gettò la testa all’indietro e assaporò quel momento in tutta la sua bellezza.

"Sempre", gli promise lui. "Sempre." Poi insieme provarono una gioia che Hiroaki non credeva potesse esistere.

Quella notte lo ripagò di anni di solitudine. Quando erano svegli facevano l’amore e quando Hiroaki si addormentava Akira lo teneva stretto a sé.

Il giovane non era sicuro che anche lui dormisse, perché, ogni volta che si svegliava, lo trovava già desto che lo guardava con occhi scuri di passione o lo accarezzava come fosse un tesoro raro e prezioso.

Non credeva possibile che Akira avesse bisogno di lui in continuazione, ma era così. Gradualmente, Hiroaki si rese conto che Akira non faceva l’amore da molto tempo, eppure trovava ugualmente sorprendente che la sua eccitazione crescesse con il passare delle ore.

L’ultima volta che fecero l’amore, appena prima dell’alba, godettero con particolare intensità. Quando Hiroaki si svegliò, notò che il braccio di Akira era intrappolato sotto di lui in una posizione piuttosto scomoda; allora scivolò via, liberandolo, ma il braccio gli si avvinghiò attorno come una morsa d’acciaio.

"Non lasciarmi", sussurrò Akira.

Che stupido! Non lo avrebbe mai lasciato.

Improvvisamente, però, Hiroaki ricordò che doveva veramente andarsene e che nel giro di poche ore sarebbe stato su un aeroplano, lontano migliaia di chilometri da lui. Quella consapevolezza lo fece soffrire come non gli era mai capitato e hiroaki si strinse al corpo di lui con un gemito di dolore.

La risposta di Akira fu quella di attirarlo sotto di sé e penetrare in lui con fare possessivo, un atteggiamento che Akira era riuscito a nascondere per tutta la notte e che ora non era più in grado di controllare.

Hiroaki era troppo eccitato e troppo innamorato per essere intimidito da quell’atteggiamento. Voleva che Akira lo prendesse e lo lasciasse più andare.

Arcuò la schiena per assecondare l’invasione del suo corpo e gemette a lungo, rapito dall’estasi.

Tornare alla realtà, dopo quello sconvolgimento dei sensi, fu come tornare dalla soglia dell’eternità. Hiroaki sapeva di avere raggiunto i limiti estremi della propria capacità di godere ma, mentre stringeva il corpo agitato e scosso da brividi di Akira fra le braccia sudate, non potè fare a meno di preoccuparsi per lui. Era rimasto soddisfatto?

Si addormentò con quel dubbio e si svegliò con le stesse perplessità. E se Akira avesse avuto bisogno di più di quanto poteva dargli?

Hiroaki si sedette sul letto e si avvolse nell’asciugamano. Era ormai mattina e lui era solo.

Il suo primo pensiero fu che Akira se ne fosse andato. Tutte le preoccupazioni della notte precedente, preoccupazioni che per alcune ore aveva accantonato, tornarono prepotentemente in lui.

Con lo sguardo cercò Akira nella stanza e alla fine lo vide. Era seduto, completamente vestito, sul davanzale della finestra. Con le braccia stringeva le ginocchia e il suo bel volto aveva un aspetto sconvolto.

In ogni lineamento del suo viso, Hiroaki lesse la parola pentimento.

"Ti sei pentito, vero?", disse Hiroaki bruscamente. Ecco cosa aveva ottenuto immischiandosi nei principi di Akira: una tardiva crisi di coscienza. "Vorrsti non aver… Vorresti che noi non avessimo…"

"Non avrei mai dovuto fare l’amore con te, Ricky." Akira aveva un aspetto distrutto. "E’ stato un errore."

Un errore? "Non per me", protestò Hiroaki. "E a me non dispiace."

"Aspetta che il dolore faccia effetto."

"Tu nn potresti mai farmi soffrire, Akira", sussurrò "Ne sono sicuro."

"Accidenti, Ricky. Io ti ho già fatto del male, ma tu ancora non lo senti."

"Ti sbagli." A Hiroaki sembrava che una lama lo stesse tagliando, lasciandolo sanguinante. "Non puoi farmi del male amandomi. Puoi farmi male solo rifiutandomi."

Akira imprecò e si allontanò dalla finestra. "Sei tu a dover prendere l’aereo."

Quella risposta volutamente evasiva fece infuriare Hiroaki. "E sei tu che mi stai cacciando via!"

Hiroaki si coprì con il lenzuolo, perché, ora che Akira era completamente vestito, distaccato e pentito, la nudità lo metteva in imbarazzo.

"Dovrei essere fucilato per averti toccato e Dio sa che non ho scusanti. Sapevo dannatamente bene quanto eri vulnerabile."

"Tu sapevi quanto avevo bisogno di te." Lo corresse Hiroaki, con la voce che tremava.

"Non di me, dolcezza. Di tutti, ma non di me." Akira batté il pugno sulla cassettiera. "Tu hai bisogno di un uomo senza cicatrici. Un uomo che possa prometterti di amarti e starti vicino per il resto della tua vita…"

"No!" Hiroaki comprese che, se lui avesse capito che era ciò che lui desiderava, avrebbe sicuramente perso anche la sua amicizia. "Non voglio nessun impegno." Akira continuava a guardarlo con scetticismo. "Non farò lo stesso errore due volte. A Shinichi strappai una promessa e me ne pentirò per tutta la vita. Non lo farò mai più."

"Però…"

"No, Akira. Io non voglio niente da te. Nessuna promessa, nessuna garanzia."

"Ah, Ricky, tu non vuoi ammetterlo, ma hai più che mai bisogno di garanzie."sospirò "E non c’è nulla di male in questo, almeno per te." Akira si sedette sul bordo del letto e prese fra le mani il suo volto. "Tu sei un uomo meraviglioso e meriti di avere tutto quello che desideri, tutto quello di cui hai bisogno. Sicurezza, stabilità; tutte cose che io non potrei mai darti." La voce di Akira divenne un sussurro. "Dimmi la verità. Non vuoi che io dica che starò con te per sempre? Che ti amerò finché vivremo?"

Bastarono quelle parole per far inebriare Hiroaki di felicità; dovette chiudere gli occhi per non far notare ad Akira quanto desiderasse realmente tutto quello a cui lui aveva appena accennato. Era naturale che voleva che Akira stesse con lui per sempre e Akira lo sapeva.

Dio, come era imbarazzante sapere che Akira conosceva le sue necessità meglio di quanto le conoscesse lui stesso. Ora anche lui riusciva a capire il proprio animo e trasalì nell’ accorgersi di aver sbagliato tutto. Desiderava Akira con tutto il cuore, ma dentro di sé sapeva che lui aveva chiuso con l’amore e con tutto quello che poteva farlo soffrire.

Hiroaki sapeva bene che ora Akira stava soffrendo e la disperazione lo spinse a mentirgli: "Io non ho bisogno di chiarimenti. Sono indipendente, lo hai dimenticato?"

"L’ho sempre pensato", disse Akira. "Ma ho sempre pensato anche che tu fossi sincero."

"Vai al diavolo", esclamò Hiroaki, con il volto infuocato. Come osava tormentarlo con la storia della sua debolezza per lui? Lui che era sempre stato così scrupolosamente sincero, così logico, così cauto con i sentimenti! Ora tutte le sue regole stavano crollando a causa di quell’uomo, a causa del suo amore per lui.

Akira vide la sua espressione triste e divenne più dolce. "Oh, Ricky, vorrei essere il tipo di amante che tu desideri!"

Gli accarezzò il viso e quel tocco fu per Hiroaki la goccia che fece traboccare il vaso. "Tu sei quello che io ho sempre desiderato", sussurrò, sfiorando con le labbra la mano di Akira "Ti amo."

"Mio Dio! Non dire questo."

"Mi dispiace. Forse è solo l’euforia della ‘mattina dopo’. Forse, in questa situazione, tutti direbbero la stessa cosa. Dimentica quello che ho detto." Hiroaki cercò di sembrare naturale e a suo agio, così da far passare inosservata quella sua piccola confessione, ma l’espressione di Akira non gli lasciava illusioni. "Posso almeno ringraziarti?"

"Non è necessario." Akira era a disagio, quasi in imbarazzo, ma, guardandolo mentre si copriva con il lenzuolo, sorrise timidamente. "Credo di dover essere io a ringraziare te. Grazie."

Hiroaki arrossì e, non sapendo dove guardare si mise a fissare l’orologio sulla cassettiera.

"Mio Dio, Akira, sono le nove passate! Il mio aereo…"

"Decolla alle undici e mezza. Lo so." Akira sospirò. "Sarà meglio che tu vada. Se ti sbrighi farai appena in tempo. Potremo sistemare tutta la questione quando tornerai a casa."

Hiroaki esitava, ma alla fine chiese: "Potresti accompagnarmi all’aeroporto?"

Akira scosse la testa.

Naturalmente, Akira Sendoh non si sarebbe avvicinato a un aeroporto. "Mi dispiace, Ricky, ma già sono in ritardo di due ore e se non arrivo in studio entro un quarto d’ora, mi manderanno a prendere."

Hiroaki notò che non sembrava particolarmente dispiaciuto. Anzi, era quasi sollevato.

Così erano tornati al punto di partenza. Erano di nuovo come quella sera passata nel suo soggiorno pitturato di fresco; con Akira che evitava i suoi inviti con la scusa degli orari di lavoro e lui che andava via, solo, per motivi di lavoro.

Non era cambiato nulla, perché Hiroaki ancora non sapeva se l’avrebbe rivisto.

Fine settimo capitolo.

08

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