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Kodomo no Omocha:
Escape from reality
by Enry

Cap.6: Tempesta

Sana si svegliò per prima.

Appena la sua mente riaffiorò dal limbo del sonno profondo, un inconscio campanello d'allarme la mise in guardia: "Questa non è casa tua", e le ci vollero un paio di secondi per ricordarsi della fuga che aveva compiuto. Le tornarono in mente l'immagine di sua madre e quella di Rei… erano sicuramente entrambi preoccupati…

Aprì le palpebre quando queste divennero meno pesanti. La camera era ancora in penombra, perché le saracinesche erano abbassate, ma si scorgeva qualche lama di luce tagliarle ed entrare nella camera. Una di esse batteva direttamente sul volto di Akito, ancora addormentato di fianco a lei: gli accarezzava una guancia e illuminava le palpebre ancora chiuse, facendo brillare i fili d'oro dei suoi capelli un po' scompigliati.

Sana si appoggiò su un gomito per guardarlo meglio; con l'indice leggerissimo sottolineò la linea delle sue labbra, poi lo accarezzò delicatamente, e gli posò un bacio sulla guancia, vicinissimo alla bocca. Si distese di nuovo accanto a lui, cingendolo con un braccio e rilassandosi; chiuse gli occhi, ma senza dormire, aspettando il suo risveglio.

Lo sentì muoversi dopo pochi minuti, e riaprì gli occhi, incontrando direttamente i suoi, il che la lasciò senza fiato per un attimo. Si era voltato verso di lei mentre ancora teneva gli occhi chiusi.

-Pensavo dormissi - mormorò Akito con la voce ancora un po' arrochita dal sonno.

-No, mi sono svegliata poco fa - ripose lei, aggiungendo poi a bruciapelo - Sei bellissimo.

Akito sembrò rimanere impassibile di fronte ad un complimento del genere; poi però le posò una mano sulla guancia e la baciò sulla bocca, con una passione che ancora Sana non gli conosceva.

- Ti amo, Sana - dichiarò riemergendo dal bacio, quando ancora le loro labbra si sfioravano - Ti amo. Ti amo. Ti amo - ripeté poi, come a sottolineare quel sentimento che provava per lei… solo per lei…

Sana lo abbracciò forte, sentì il suo corpo contro il suo e questo contatto le tolse il respiro. Affondò le dita tra i suoi capelli biondi e lo baciò vicino all'orecchio. In un tempo che le sembrava lontanissimo aveva creduto di essere innamorata di Rei… si era addormentata accanto a lui come ora era successo con Akito…

Solo in quel momento si rendeva conto della differenza incommensurabile tra quell'infatuazione e l'amore che provava per il suo migliore amico, per il suo Akito. Non c'era paragone. Solo lui poteva riempirle il cuore di tanti sentimenti contrastanti da farle temere che di lì a poco sarebbe scoppiato.

Desiderava solo lui.

Voleva solo lui.

Vedeva solo lui.

Amava solo lui.

Lo strinse ancora di più, quasi affondando le unghie nella sua schiena.

- Non te ne andare, Akito - sussurrò col cuore che le doleva dall'emozione - Non te ne andare mai. Ti prego. Ti prego…

Akito tornò a guardarla negli occhi - Mai - le promise - mai nella vita.

Sana gli prese il viso tra le mani e lo baciò sulle labbra, riconoscente. Poi cercò di riscuotersi, e si asciugò una piccola lacrima, non sapeva se di gioia o di dolore, che le era rotolata giù per una guancia - Dobbiamo alzarci - disse - dobbiamo sistemare…

Akito l'abbracciò di nuovo, appoggiando la testa al cuscino - Dopo, dopo. Abbiamo tutto il tempo.

-Scansafatiche! E poi non lo sai che a stare troppo a letto viene il mal di testa?

-A te, non a me. Iperattiva.

-Che…? Io non sono affatto iperattiva! Sei tu che sei un fannullone! - si liberò dalla sua stretta, non senza una punta di dispiacere celata dalla solita allegria. Si alzò dal letto e afferrò Akito per il collo, trascinandoselo dietro.

-Sana! Maledizione! - imprecò lui - Se tu vuoi faticare fai pure, ma non schiavizzare me!

-Schiavizzare! Sentitelo, lui, il gran lavoratore!

Fecero una veloce colazione con i biscotti al cioccolato e la confezione di the che avevano comprato il giorno prima nel piccolo ma fornito negozio della stazione; poi, placati un po' i morsi della fame, si diedero a riavviare la casa: Akito, da "uomo di casa" qual era, si adoperò per accendere sia il riscaldamento sia l'acqua corrente, che era stata bloccata per evitare che il freddo la gelasse nei tubi e facesse saltare il contatore. Questo lavoro gli portò via più di un'ora e mezza, perché non conoscendo la casa, non ne conosceva nemmeno la "struttura idrica".

Sana, intanto, studiò a fondo la camera da letto in cui avevano dormito la notte precedente, e si mise a svuotare le borse di entrambi riponendo i giacconi nell'armadio grande di noce, le maglie e le camicie in ordine nei cassetti, i pigiami e la biancheria nei ripiani più bassi, con l'accorgimento di infilare la sua più in fondo possibile, in modo che Akito non avrebbe potuto vederla: intimi sì, ma non troppo!

Mentre metteva in ordine la roba da vestire, non riusciva a smettere di sorridere. Quella situazione le sembrava allo stesso tempo assurda e deliziosamente familiare; dimenticandosi un attimo della fuga che avevano compiuto, tutto le appariva come uno stralcio della sua vita insieme ad Akito… poi cercava di riscuotersi: ma quale vita insieme ad Akito? Mica si erano sposati, ancora!

Eppure il sorriso non le scompariva dalle labbra sottili. Solo quando si ricordò della sua promessa di telefonare prima possibile a casa, quel sorriso venne oscurato; non aveva ancora fatto nemmeno un piccolo colpo di telefono.

In quel momento Akito comparve alla porta aperta - Ora abbiamo l'acqua corrente. Se vuoi puoi lavarti.

-Sì, credo proprio che mi farò una doccia - affermò Sana, contentissima. Poi tornò seria - Akito, c'è il telefono in questa casa?

-Sì. Vorresti telefonare a tua madre, vero?

Sana fece cenno di sì con la testa. Akito sospirò - Sarebbe meglio non usarlo, perché altrimenti potrebbero localizzarci.

-Ma come, scusa?

-Ma sì, sicuramente tua madre avrà fatto mettere sotto sorveglianza il suo telefono: basterebbe che lei mantenesse la conversazione per qualche minuto, perché la polizia individui il nostro telefono.

-Mmmmh… - fece Sana poco convinta - …secondo me vedi troppi telefilm americani, Akito…

-Ma è vero!

-Sì, sì, non voglio far crollare le tue convinzioni…

-Le mie convinzioni, eh? - fece lui afferrandola e cominciando a farle il solletico.

-No! Akito, basta! - esclamò lei ridendo fino alle lacrime e cercando di divincolarsi, inutilmente. Si ricordò di aver già pensato "È forte!" una volta, ma in una situazione molto diversa: allora, Akito la stava quasi strozzando.

-Ho ragione? - chiese lui - Dimmi che ho ragione e ti lascio andare.

-Smettila! - esclamò nuovamente Sana, continuando a ridere - Soffro terribilmente il solletico!!!

-Ho ragione?

-No! No e no! Piuttosto, muoio dal ridere!

Persero entrambi l'equilibrio e finirono sul letto, l'uno sopra l'altra.

Akito sussurrò: - Lo vedi, non cedi mai, neanche con me. È per questo che ti amo.

 

-Com'è possibile che non sappiate ancora nulla?! - sbottò Natsumi alzando la voce - Sono passati più di due giorni e ancora non sapete dirci niente!

-Si calmi, signorina - disse il commissario in tono piuttosto freddo - Urlare non serve a nulla.

Natsumi stava per rispondere male, ma suo padre le posò una mano sulla spalla, fermandola; la ragazza si chiuse in un silenzio rabbioso e si sedette su una sedia di fronte alla scrivania del commissario incrociando le braccia.

-In effetti è un po' strano - constatò il signor Hayama - Il volto di Sana è molto famoso. -Non so perché non sia stata riconosciuta, ma ci sono diverse possibilità - rispose il commissario rivolgendo il suo sguardo alla signora Kurata, che se ne stava ad ascoltare vicino ad una finestra dai vetri smerigliati - Per esempio - riprese il commissario - Sana potrebbe avere modificato il suo aspetto. Succede spesso che persone famose non vengano riconosciute perché, non so, si sono fatte crescere la barba…

-Non è il caso di Sana, mi sembra - disse Rei tamburellando nervosamente le dita della mano destra sulla scrivania.

-No… - rispose l'uomo lisciandosi pensosamente i baffi - … ma Sana potrebbe essersi tagliata i capelli.

-E un particolare così insignificante nessuno l'avrebbe riconosciuta?! - chiese Natsumi stizzita.

-Può essere. Sana è legata a una certa immagine. Se si cambia l'immagine, si cambia la persona. Ad ogni modo, non importa. Continueremo le ricerche, che spero ci conducano da qualche parte. Per ora, non possiamo fare molto, ci conviene rilassarci. Qualcuno gradisce un caffè?

 

- Allora, Akito, hai finito di spalare la neve? - chiese Sana dopo aver aperto la finestra ed essersi affacciata. Akito borbottò qualcosa e infilò di nuovo la pala nell'alta coltre di neve che ricopriva il piccolo piazzale di fronte alla casa. Sana ridacchiò e commentò - Stai facendo un buon lavoro, mio fido servetto. Continua ad impegnarti così, mi raccomando!

Akito le lanciò una palla di neve che l'avrebbe colpita in faccia, ma lei fu svelta a ripararsi dietro al vetro chiudendo la finestra. Una volta al sicuro, fece una linguaccia ad Akito e poi si allontanò per dare un'occhiata in casa.

Gran parte dei bagagli era stata sistemata, e le stanze erano piuttosto in ordine; il vecchietto che aveva abitato in quella casa forse era stato un po' matto, ma di sicuro aveva avuto gusto per la mobilia… lì erano tutti mobili che sapevano di antico, in legno massiccio, con i piedi in forma di zampe di leone. A Sana piacevano molto, le ricordava una casa in cui era ambientato un film americano che aveva visto tempo prima, ma non ricordava bene… unica nota negativa, c'era molta polvere accumulatasi sui mobili: era evidente che nessuno puliva da un po'. Allora, Sana fece una cosa che mai aveva fatto a casa sua: si mise a pulire molto scrupolosamente, togliendo i soprammobili (ne scoprì di bellissimi, addirittura delle statuette probabilmente europee che raffiguravano damine francesi del '700), passando uno straccio di morbida lana e liberando i ripiani dalla leggera coltre di grigiore; alla fine, il risultato che ne uscì fu perfetto, e Sana si guardò intorno soddisfatta, le mani sui fianchi.

In quel momento rientrò Akito, col naso rosso per il freddo, tanto che a Sana scappò un sorrisetto divertito, che tentò inutilmente di mascherare.

-Sì, sì, ridi, ridi…- borbottò lui - Però intanto io ho preso fre…- non riuscì a terminare la frase, perché scoppiò in un violento starnuto.

-Mio eroe - Sana gli si fece incontro ridacchiando - hai affrontato le insidie del gelo per me! Meriti un premio…- e gli diede un piccolo bacio sulle labbra.

Poi si diresse alla cucina - Vai a lavarti le mani, piccolo Aa-chan… è pronto da mangiare!

-Ohi ohi…- disse lui provocatoriamente - se cucini tu io comincio a preoccuparmi!

-Vuoi morire, piccolo Aa-chan?

 

Passarono quattro giorni, in cui la salute di Akito si incrinò gradualmente. Dapprima sembrò un banale raffreddore, sebbene piuttosto potente; ma poi gli venne anche la febbre, e in breve non poté più alzarsi dal letto.

-Come va? - gli chiese Sana sedendosi sulla sponda e guardandolo preoccupata.

-Mai stato meglio - rispose ironicamente lui, con una voce un po' nasale: voleva farle intendere che non stava poi così male, se riusciva ancora a scherzare. Ma non ci riusciva completamente.

-Ho deciso.

-Cosa hai deciso?

-Chiamo un taxi e vado giù in paese, a comprarti le medicine. Non puoi andare avanti così.

-Mi oppongo - fece lui appoggiandosi una mano sulla fronte nel tentativo di trovare un po' di refrigerio: sentiva la testa bollente e le mani congelate - Hai dato un'occhiata fuori dalla finestra? Si stanno addensando delle nubi che non promettono niente di buono.

-Non m'importa se ti opponi, tanto sono io che comando - affermò lei sorridendo, e dandogli un bacio sulla guancia. Poi si alzò e uscì dalla stanza.

 

-Quattro giorni! - sbraitò Rei come fuori di sé - Sono passati quattro giorni e non se ne sa niente! Come se si fossero volatilizzati!

-Rei - lo richiamò all'ordine la signora Kurata - urlare non serve di certo a riportare qui Sana.

-Lo so, lo so… - mormorò dolorosamente lui, la mano destra a sorreggere la testa troppo pesante -  Ma mi sento troppo colpevole per quello che è successo… vorrei parlarle, dirle che mi dispiace…

Dopo soli quattro giorni dalla fuga dei due ragazzini, i parenti dell'uno e dell'altro erano già in condizioni deplorevoli: nessuno era riuscito a dormire più di due o tre ore a notte, e il risultato era ben evidente nel colorito pallido sulle guance di ciascuno, nelle ombre scure attorno agli occhi e nell'espressione stanca sui volti. L'inaspettata fuga di Akito e Sana aveva colto tutti impreparati, e ognuno si dava la colpa per ciò che era successo. Passavano metà giornata alla centrale della polizia, dove arrivavano in continuazione segnalazioni poi appurate come false. Era davvero come se si fossero volatilizzati.

La signora Kurata si sedette stancamente sul divano e accese la televisione: era proprio l'ora in cui solitamente cominciava il programma Kodomo no Omocha. Invece sullo schermo si spansero le immagini di un documentario naturalistico sull'Africa, mentre passava un avviso in forma di scritte in sovrimpressione: "Ci scusiamo con i nostri telespettatori, ma il programma Kodomo no Omocha è stato temporaneamente sospeso per rispetto nei confronti della famiglia Kurata, e speriamo di poter riprendere al più presto accogliendo nuovamente tra noi la nostra cara protagonista. Torna presto, Sana-chan."

La signora Kurata non poteva certo sapere che in quel momento, in uno sperduto paesino di montagna, in una pasticceria da cui si sprigionava un intenso profumo di paste e di torte, seduta al balcone davanti al televisore, Sana stava leggendo proprio quella frase, con un'espressione malinconica sul volto: per timore di essere localizzata, non aveva telefonato ancora neanche una volta a casa. Eppure aveva promesso di farlo appena possibile. Che bugiarda che era…

-Come mai non c'è tuo fratello? - le chiese una voce, riscuotendola. Era la proprietaria della pasticceria.

-Ha un po' di febbre - rispose lei, finendo di bere la cioccolata calda che la signora le aveva offerto - Infatti ora devo correre a comprargli le medicine, e poi tornare su alla baita.

-Capisco - fece la donna, seguitando a guardarla in volto. Sana arrossì leggermente - C'è qualcosa che non va? - chiese.

-No, niente di che - fece lei continuando a scrutarla - Però… ecco… prima, mentre ti preparavo la cioccolata, in cucina c'era anche mia figlia; lei ha detto che, dando un'occhiata nel negozio, ti ha notato. Sai cosa ha aggiunto?

-Cosa? - chiese Sana cercando di trattenere il timore.

-Che assomigli a Sana, la sua "eroina".

Sana sentì che il cuore faceva un salto nel suo petto, e pregò perché le guance non le si arrossassero, ma era inutile perché già sentiva la faccia che andava a fuoco. Non riuscì a proferire parola. Se almeno ci fosse stato Akito!

-Ovviamente le ho detto che tu sei un ragazzo - continuò imperterrita la signora - ma lei ha insistito, ha detto che devo essere cieca per non vedere la vostra somiglianza. E in effetti…

-Ecco, adesso devo proprio andare… - Sana si affrettò a chiudere la conversazione, lo sguardo abbassato - non vorrei fare aspettare troppo Satoshi, che è malato… - afferrò la sua borsa e salutando con un veloce inchino e un balbettato ringraziamento, uscì, facendo tintinnare la graziosa campanella attaccata alla porta.

La proprietaria della pasticceria restò un momento pensierosa, poi cambiò canale premendo un tasto sul telecomando: c'era il telegiornale, e la voce dello speaker disse "Ancora nessuna traccia di Sana-chan, scappata di casa quattro giorni fa. Con lei c'è anche un altro ragazzino, Akito Hayama, suo compagno di scuola. Vi mostriamo la loro foto" sullo schermo comparve una fotografia in cui Sana cercava di rubare il gelato di mano ad Akito: era stata scattata l'estate prima. La signora pensò che in effetti il ragazzo… "Satoshi", assomigliava molto a quello della foto… ma l'aveva visto una volta, erano passati tre giorni, e lei aveva una memoria cortissima. Poteva sbagliarsi.

Ma una cosa era certa: "Jin" assomigliava in modo impressionante a Sana. Anzi, sembrava proprio lei, solo che coi capelli corti. Si segnò frettolosamente il numero della polizia da chiamare per segnalare i due bambini, ma quando alzò la cornetta non era per digitare quel numero.

Conosceva bene la domestica di casa Miura: prima lavorava presso il vecchio Yoji, ma poi aveva seguito la figlia di quest'ultimo nella casa del marito. Se c'era una che poteva darle informazioni a riguardo, quella era lei.

Cominciò a cadere la neve proprio quando Sana arrivò in vista della farmacia, stringendosi nel cappotto per ottenere un po' di riparo dal vento forte e pungente, che a tratti minacciava addirittura di gettarla a terra, complice l'insidioso ghiaccio sulla strada. Entrò nella farmacia, dove invece regnava un bel tempore, e comprò le medicine dopo essersi fatta consigliare a lungo su quali fossero le più indicate, poi fece per uscire, ma il farmacista la fermò un attimo dicendole - Ragazzino, faresti meglio a correre subito a casa: le previsioni dicono che si scatenerà una vera bufera di neve, e in effetti sembra che fuori stia già cominciando, vedi?

-Sì, farò attenzione, grazie - rispose lei con un sorriso un po' forzato sulle labbra. Aveva paura di non riuscire a raggiungere la baita. Uscì, e il freddo le tolse il respiro per un attimo; si maledisse per aver accettato l'invito della pasticcera a bere una cioccolata, perdendo così tempo prezioso. Ma ormai era fatta, e di certo non poteva rimanere in paese lasciando Akito da solo in quella baita lassù in montagna, con la febbre e l'influenza, e senza medicine!

Vide un taxi che andava in direzione della stazione, e le parve un miraggio: fece ampi cenni perché il conducente la notasse nonostante la fitta cortina di neve; lui la vide e si fermò sul ciglio della strada, tirando giù il finestrino appena quel che bastava per parlare.

-Senta - disse Sana - ho bisogno di andare…

-Mi spiace, ragazzo - la interruppe subito lui, scuotendo la testa - Mi spiace davvero, ma con questo tempo non posso arrischiarmi a portare nessuno da nessuna parte. Infatti sto riportando il taxi nel parcheggio della stazione.

-Ma io…

-Ti conviene rifugiarti in un locale fino a che il peggio non sarà passato, se casa tua non è vicina. Ciao.

Alzò il finestrino e ripartì, senza lasciare a Sana nemmeno la possibilità di ribattere.Per la prima volta in vita sua, Sana si sentì veramente, completamente, assolutamente sola. Dovunque si girasse, non c'era anima viva. Le porte erano sbarrate, le finestre sprangate per resistere alla furia del vento. Attorno a lei solo gelo e neve.

Le venne da piangere, ma ricacciò coraggiosamente indietro le lacrime, tirando su col naso; diede un'occhiata alla montagna davanti a lei: la baita era spaventosamente in alto, ma lei era decisa a portare le medicine ad Akito.

Akito stava male.

Il suo Akito.

Stringendo i denti e stringendosi nel cappotto, si avviò verso il fianco della montagna.

 

-Cosa?! Dove ha detto che si troverebbe mia figlia?!

La signora Kurata spalancò gli occhi, incredula.

-Può essere che sia una segnalazione falsa, sia chiaro - obiettò il

commissario lisciandosi i baffi - Però…

-Allora andiamo a vedere! - esclamò Natsumi - Noi vogliamo andare a vedere, vero, papà?

-Certamente - rispose il signor Hayama.

-Non è possibile, mi spiace.

-E perché? - fece un coro di quattro persone.

-Perché la signora che ci ha segnalato i due ragazzi, ci ha anche avvertiti che le condizioni meteorologiche da quelle parti sono peggio che pessime. D'altro canto, se qui piove a dirotto, in montagna…

-Non m'interessa se in montagna nevica o c'è la tempesta! - esclamò

Rei con rabbia - Dobbiamo andare a recuperare Sana!

-Lo faremo appena sarà possibile - rispose risolutamente il commissario, con un'espressione che non accettava repliche.

Capitolo 7

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Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
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