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MEZZI STORICI E MUSEO DEI TRASPORTI DI ROMA

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Questa pagina è stata realizzata grazie al contributo di Flavio Del Curatolo, Giovanni e Luca Kaiblinger, Christian Mazza, Marco Minù, Enrico Mittiga, Giuseppe De Grisantis, Leandro Tavolare, Stefano Paolini e Fabrizio Tellini, che hanno messo a disposizione notizie e materiale fotografico, per gran parte ancora inediti.

   

   Non tutti sanno che la più antica motrice tranviaria d'Europa ancora in ordine di marcia si trova a Trieste. E' la vettura 2 della linea Trieste-Opicina, entrata in servi- zio nel 1902 ed ancora in piena efficienza. Non è certamente il rotabile più antico, anche perché ci sono numerosi treni storici di più antica origine, come il convoglio storico della ferrovia Mandas-Arbatax, in Sardegna, composto di loco a vapore e carrozze del 1894, e i più antichi rotabili ferroviari ancora esistenti sono tre carrozze del treno di Pio IX, costruite nel 1858 e conservate presso il Museo di Ro-ma (Palazzo Braschi).

   Il centenario della motrice 2 fu ricordato anche a Roma. In un articolo pubblicato sul quotidiano Metro (dove cura una pagina quotidiana), l'ufficio stampa dell'ATAC esaltava (SIC) il perfetto stato di conservazione di questo rotabile e la necessità di salvaguardare la storia dei trasporti pubblici, anche salvando i rotabili del passato sopravissuti alle demolizioni. Questo articolo, però, usciva nello stesso periodo in cui l'ATAC - sorda ad ogni appello in senso contrario - decideva il destino del più an- tico rotabile del proprio parco ancora esistente, la smerigliatrice del binario S.1, che cento anni li avrebbe compiuti l'anno successivo.

   La S.1 (1) (S sta per smerigliatrice), era un rotabile di servizio per la pulizia e (in seguito), la smerigliatura del binario, ricavato nella seconda metà degli anni '20 dalla motrice 1307 ATAG (ex 307 della Società Romana Tramways Omnibus), entra ta in servizio nel 1903. Oltre ad essere la più antica vettura del parco rotabile di Roma, quindi, la S.1 era anche l'ultima testimonianza esistente della gloriosa SRTO, la prima grande azienda romana dei trasporti pubblici (liquidata nel 1929).

   La S.1 fu ottenuta applicando alla stessa un truck costruito in epoca precedente per la pulizia del binario, utilizzando un apparecchiatura nota come "brevetto Falco ni" (in origine un telaietto a due ruote gommate che monta un serbatoio dal quale, a mezzo di una pompa a mano, un liquido è spruzzato nel solco di una rotaia; una spazzola o qualcosa di simile pulisce il solco, guidata da una coppia di ruote folli). Lo apparecchio Falconi fu in seguito montato sul telaio di un rimorchio imprecisato, do tato poi di una cassa a terrazzini laterali, e quindi (verso il 1927), montato al posto del truck originario della motrice 307. Analoga operazione fu effettuata realizzando dapprima un carro netta binario numerato 2, e quindi adattando allo stesso modo la motrice ex SRTO 308 (che divenne quindi la S.3).

   Le due motrici furono in seguito trasformate in smerigliatrici: il truck di origine con l'apparecchio Falconi è sostituito da un truck di concezione più moderna, e di trave abbassata al centro che sostiene le due mole rettilinee, agenti in modo simile agli attuali freni a pattini.

   Rimasta unico esemplare dopo la demolizione della S.3 (avvenuta nel 1978), questa motrice avrebbe quindi meritato un trattamento ben diverso da quello che l'ATAC le ha riservato.

 

La smerigliatrice del binario S.1, ricavata dalla motrice 307 SRTO, accantonata al deposi- to di Collatina nel 2001, e tutto quanto ne rimane oggi, dopo lo scempio operato dal co- mune di Maiori.

 
   
  (Foto: Marco Minù - dal sito www.graf.tv)  
   
  (Foto: Enrico Mittiga - dal sito www.graf.tv)  

   La smerigliatrice S.1 è stata infatti "venduta" al comune di Maiori (in provincia di Salerno), per una non meglio precisata destinazione a chiosco (o qualcosa del ge- nere), non si sa se mantenendo la sua conformazione di rotabile storico o trasfor- mandola in chissà cosa (sarebbe interessante sapere per quanto l'ATAC ha vendu- to in modo così ignobile la propria storia), ma in seguito non se ne fece più nulla, probabilmente perché la vettura si rivelò inadatta allo scopo, è il poco o nulla che ne è rimasto (vedi la foto sopra), è stato in seguito recuperato da alcuni privati cit- tadini.

 

Vista laterale della S.1 al deposito di Collatina, per ironia della sorte accantonata accanto ad un altro rotabile di particolare valore storico, la MRS 2265 di cui si parla a seguire.

 
   
  (Foto: Marco Minù - dal sito www.graf.tv)  

   Assieme alla S.1 (grossomodo nello stesso periodo), l'ATAC ha mandato alla demo lizione un altro rotabile di particolare interesse storico, la MRS 2265, di cui si è già accennato parlando delle trasformazioni della mobilità collettiva nel decennio che va dal 1925 al 1935. La 2265 nacque nel 1935 come motrice tranviaria urbana a due piani 2P.1 (due piani, 1), probabilmente a seguito dell'entusiasmo per le con- temporanee sperimentazioni che si stavano conducendo di autobus a due piani e due piani e mezzo. La 2P.1 era una vettura singolare per tanti aspetti: anzitutto era una vettura a due piani con ambiente interno unico, e i sedili della fila superiore let- teralmente "appollaiati" alle pareti interne, sedili che potevano essere raggiunti a mezzo di curiose scalette verticali. Il secondo piano della vettura, inoltre, era dotato di una vetratura continua, interrotta da 6 finestrini, e il lucernario scendeva gradualmente sulle piattaforme (secondo un uso dei primi del secolo all'epoca già abbandonato).

   La 2P.1 fece servizio come tale per breve tempo, non si sa esattamente quanto, sulla sola linea 7 barrato, e risultava accantonata all'entrata dell'Italia in guerra (10 giugno 1940).

 

La motrice MRS 2P.1 nel suo aspetto originario del 1935, e dopo la seconda ricostruzione del 1973.

 
   
  (Archivio Storico ATAC)  
   
  (Archivio Storico ATAC)  

   Forse per sopperire alle carenze di rotabili di allora la 2P.1 fu ricostruita come nor male vettura a piano unico nel 1942, dotandola di un imperiale di tipo normalizzato e mantenendo le differenze nella cassa (minore numero di finestrini, ad esempio), ma per motivi non noti fu nuovamente accantonata alla fine della guerra, e tale ri mase fino al 1973, quando per l'apertura della linea 19 e la prevista attivazione del la linea 30 fu sottoposta ad una nuova ricostruzione, che di fatto mantenne le diffe- renze originarie della cassa.

   La 2265 fece servizio almeno fino al 1993 (anno in cui l'autore delle presenti note la vide in servizio, sul 30 barrato, per l'ultima volta), e seguì in quel periodo il desti- no di gran parte del parco MRS, il cui graduale accantonamento era iniziato nel 1990. Rimasta in deposito almeno fino al 1999, fu in seguito trasferita al deposito di Collatina, accantonata assieme alle MRS, alle PCC e a vario materiale di servizio (lo comotori, carri merci, etc). Come per la S.1 (e per altri casi che si evidenzieranno), anche nel caso di questa vettura l'ATAC è rimasta sorda a qualsiasi appello, e la vet tura è scomparsa da Collatina nella seconda metà del 2002.

 

Il relitto della 2265 abbandonato all'aperto al deposito di Collatina. Come si nota la vettura era ancora in buone condizioni, e avrebbe potuto essere recuperata senza particolari diffi- coltà.

 
   
  (Foto: Marco Minù - dal sito www.graf.tv)  

   Contro questa insensibilità verso la storia del trasporto pubblico, caratteristica di molte aziende del TPL italiane e degli Enti Locali proprietari di mezzi e impianti,  si contrappone l'impegno personale e la tenacia degli appassionati, singoli e associa- ti, che in perenne lotta con difficoltà burocratiche e insensibilità storica sono riusciti fino ad ad oggi a portare in salvo rotabili e impianti di vario tipo, spesso conservan do il materiale recuperato in sistemazioni di fortuna, aree perlopiù messe a disposi- zione da altri appassionati ma prive per vari motivi di convenienti sistemi di ricove- ro dalle intemperie.

   Se negli ultimi anni qualcosa è cambiato anche in seno alle aziende (come dimo- stra il Museo Romano di Porta San Paolo), e il numero dei rotabili ufficialmente pre- servati dalla demolizione è aumentato, c'è ancora molto da fare. I mezzi e i mate- riali già portati in salvo abbisognano di lavori di restauro e di un area dove essere monumentati, ma ci sono ancora numerosi rotabili da recuperare, e quindi occorro- no mezzi economici per l'acquisto e il trasporto, e un area dove poterli conservare in attesa di una più degna sistemazione.

 

Il fondatore e Presidente dell'Associazione AMIT, Giuseppe De Grisantis, ripreso nel 1976 a bordo della storica vettura S.1.

 
   
  (dal libro Tram e Filobus a Roma - su autorizzazione dell'interessato)  

   Per dare un esempio dei problemi, diamo qui di seguito l'elenco del materiale mo- bile attualmente conservato dall'AMIT, Associazione per il Museo Italiano dei Tras- porti, materiale che per problemi di varia natura è oggi conservato in luoghi diver si, sistemazioni che sono tutte di fortuna:

MATERIALE FERROVIARIO
TIPO E NUMERO DI ESERCIZIO ANNO DI COSTRUZIONE COSTRUTTORI PROVENIENZA
Elettromotrice 457 1915 Breda/GFGE
FERROVIA ROMA-FIUGGI
ALATRI-FROSINONE
 
ex COTRAL
ex ACOTRAL
ex STEFER
ex SFV
Rimorchiata 053 1925 C&T
Elettromotrice 472 1949 OCB/TIBB
Rimorchiata Pilota 111 1949 OCB/TIBB
Carro merci a sponde basse 0142 1913 OMR
Carro Merci a sponde basse 0196 1921 OCB
Carro merci a sponde alte con garitta 0329 1921 OCB
MATERIALE TRANVIARIO
Motrice MRS 302 1935 C&T/TIBB Ex Tranvie dei Castelli Romani (STEFER)
Motrice MRS 323 1937 Stanga/TIBB
Motrice Articolata Urbinati 402 1941 Stanga/TIBB
Motrice ex ACEGAT (Trieste) 447 1938 Stanga/TIBB
Rimorchio 119 1928 OFM
Motrice PCC 8015 1957 OM/CGE Tranvie Urbane ATAC
AUTOBUS URBANI
Fiat 418AL 4578 1980 Fiat Cameri Parco Autobus ATAC
AUTOBUS EXTRAURBANI
Fiat 306/2 108 1959 Viberti Parco Autobus ex STEFER ex ACOTRAL
Fiat 306/3 2870 1972 Cansa
MATERIALE DI SERVIZIO
Autotorre Fiat 642 per la manutenzione della linea aerea 1953 Emanuel ATAC
Carrello Trasporto Veicoli Ferroviari 1963 OMSSA Ferrovie dello Stato
Sigle: BREDA - Società Italiana Ernesto Breda per Costruzioni Meccaniche (MI), C&T - Carmina- ti e Toselli (MI), CGE - Compagnia Generale di Elettricità (MI), GFGE - Galileo Ferraris su licenza General Electric Co. (MI), OCB - Officine di Casaralta (BO), OFM - Officine Ferroviarie Meridiona li (NA), OM - Officine Meccaniche ( già Miani, Silvestri & C., A. Grondona, Comi & C.) (MI), OMR - Officine Meccaniche di Roma (già Tabanelli), OMSSA - Officine Meccaniche Siciliane SPA (PA), Stanga - Officine Meccaniche della Stanga (PA) - TIBB (Tecnomasio Italiano Brown Boweri) - Viberti - Officine Viberti (TO)

Le foto dei rotabili della Roma-Fiuggi sono di Marco Minù (dal sito www.graf.tv) - La foto dell'au- totorre Fiat: GRAF (autore non indicato) - dal sito www.graf.tv)

   Qui a seguire, invece, riportiamo il comunicato ufficiale che la stessa AMIT ha dif- fuso in occasione del ventennale dell'Associazione, che è coinciso con l'inaugurazio- ne del restauro dell'articolata Urbinati 402 (nel 2005), comunicato che da un idea dei problemi che si affrontano in questa attività:

 

   Sono passati venti anni da quando tre amici appassionati di trasporti pubblici, Giuseppe De Grisantis, Antonio Salerno e Mark Taccini, costituirono l'Associazione per il Museo Italiano dei Trasporti (A.M.I.T.), al fine di dedicare le proprie energie e risorse al salvataggio, recupero e conservazione di materiale mobile e fisso autofiloferrotranviario, per mantenere una memoria storica reale del passato di questo settore vi vita economica e sociale italiana cosi pieno di primati e affermazioni.

 

   Con grandi sacrifici personali sono stati via via acquisiti in questi anni una ventina di veicoli (tranviari, ferroviari, autobus e di servizio), oltre a varie parti di impianto fisso (armamento, linea aerea, paline di fermata, etc), e sono in corso altre pratiche per ulteriori acquisizioni di materiale in radiazione presso varie aziende italiane di trasporto pubblico.

 

   Purtroppo non è ancora stato possibile reperire una sede definitiva dove allestire l'auspicato Museo che nei programmi sociali dovrà essere in prima fase statico e successivamente "vivente", cioè dinamico, col movimento dei veicoli effettuato su brevi tratte attrezzate.

 

   Tale patrimonio è attualmente ospitato in vari siti, messi a disposizione da singoli privati che si sono dimos trati sensibili all'attività dell'Associazione, e ai quali va il nostro profondo ringraziamento per l'aiuto che ci dimos trano.

 

   Nell'attesa di una sede definitiva, per la quale c'è in prospettiva una discreta operazione con buoni auspici di riuscita, si è cercato di rendere fruibili alcuni pezzi del la raccolta, e fra questi l'elettromotrice tranviaria articolata 402, affidata alle cure della "Sport Evolution" di Colonna, la quale, dopo un accurato restauro, verrà uti- lizzata come ambiente polivalente per le attività del cir colo sportivo e non solo.

   
 

I due autobus provenienti dalla STEFER ed oggi conservati dall'AMIT: Fiat 306/2 con carrozzeria Viberti del 1959 (vettura 109), e 306/3 con carrozzeria Cansa del 1972 (vettura 2870).

 
   
  (Foto: Leandro Tavolare da http://fotoatac.fotopic.net)  
   
  (Foto: Enrico Mittiga - dal sito www.graf.tv)  
   
 

   Ma l'azione dell'AMIT è stata rivolta in questi anni anche al sostegno dell'attività di conservazione di materia le storico a cura di enti e organismi vari preposti al trasporto pubblico, stimolando la costituzione di raccolte aziendali che cominciano, meglio tardi che mai, a prendere corpo anche in Italia.

 

   Oltre a ciò l'AMIT ha sempre collaborato con le altre omologhe associazioni italiane per favorire le singole attività nonché quelle possibili in comune.

 

   In particolare, in questi ultimi anni si è reso più stretto il legame con gli altri sodalizi romani, il Gruppo Romano Amici della Ferrovia (GRAF), fondato nel lontano 1958, nonché il recente Filotram Club (costituito nel 2003): con essi e con altri singoli appassionati, si è addivenuto a costituire il 1 aprile 2005 l'Associazione Culturale Italiana per il Museo Europeo dei Trasporti (ACIMET), al fine di operare sinergicamente alla realizzazione di un polo espositivo-museale permanente nell'area romana.

 

   Tanti sogni, tanti progetti, tanta buona volontà di portare Roma, il Lazio, l'Italia nell'Europa anche in questo settore di attività culturali, che all'estero è ben radicata da più di mezzo secolo.

 

   Tutto viene svolto con il volontariato dei singoli soci e di alcuni simpatizzanti e sostenitori, ma abbiamo bisogno di altre risorse umane perché questa attività abbisogna di cervelli, braccia e ... logicamente soldi, visto che finora tutto è stato fatto col contributo dei singoli.

   

La vettura 9735 ATAC (ex 735 STEFER), Fiat 410.100 St.4/2 carrozzato Cansa, in abban- dono al deposito di Collatina; la stessa vettura, affiancata alla 9736, ripresa presso un de- molitore di Vetralla nel 1996 (si notano un Fiat 370 Socimi, a sinistra, e un Fiat 418), e un gruppo di Fiat 421AL ripresi a Subiaco sempre nel 1996. Tutto questo materiale è stato pur- troppo demolito.

   
(Foto: Leandro Tavolare da http://fotoatac.fotopic.net)
   
(Foto: Archivio Kaiblinger)
   
(Foto: Archivio Kaiblinger)
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   Come si vede tutto è affidato alla buona volontà e ai sacrifici di pochi appassiona- ti, persone che non sono (come certa propaganda volutamente interessata sostie- ne), una sorta di feticisti che amano il contatto diretto con l'oggetto della propria passione, bensì uomini e donne di buona volontà che credono nel valore del traspor to pubblico, nel suo ruolo insostituibile nella società moderna, e che vogliono unica- mente valorizzare il fondamentale apporto dato al progresso che ha rappresenta- to negli anni in cui non esisteva la motorizzazione individuale, e la comunicazione era ancora ridotta a ben poca cosa.

   Volontariato, tenacia e autotassazione hanno consentito il salvataggio di due mez zi storici romani particolarmente importanti, la motrice tranviaria a due assi 907 e il filobus Lancia Esatau 4587, due mezzi che sono a tutt'oggi gli ultimi rappresentan ti del grande parco delle due assi romane e della rete filoviaria capitolina che fu la più estesa d'Europa, entrambi scampati alla demolizione per un puro caso e recupe rati parecchi anni dopo la radiazione. I due rotabili sono oggi proprietà del GRAF (Gruppo Romano Amici della Ferrovia), che nel proprio sito ha riassunto il loro salva taggio come segue:

 

   L'elettromotrice tramviaria 907 nel 1963 venne tolta dal servizio viaggiatori e trasformata per il trasporto di attrezzature e personale del Servizio Impianti Fissi - Sezione Vie e Lavori, dell'ATAC assieme a poche altre vetture a due assi. Nel 1968 le altre due assi ad otto finestrini cosi' trasformate vennero radiate e demolite sicche' la 907, scampata dalla demolizione, rimase accantonata nel Deposito di Porta Maggiore utilizzata piu' che altro come ripostiglio e ricovero per il personale. Rapidamente inizio' il suo degrado, con l'asportazione di molti componenti utilizzabili sulle altre vetture del parco, ma la sua presenza venne rilevata nel 1969 da alcuni soci del GRAF.

 

   Vennero iniziate delle trattative con ATAC per la cessione della vettura: tali trattative durarono ben quattro anni, dal 1975 al 1979, finche' il GRAF giunse all'acquisto a prezzo di rottame. Martedi' 10 giugno 1979 la vettura venne prelevata dall'interno delle officine centrali dall'ATAC di via Prenestina e trasportata in un terreno all'estrema periferia nord di Roma.

   
 

Due immagini della motrice a due assi 907 a restauro terminato,all'interno delle Officine Cen- trali ATAC e durante il collaudo lungo la via Prenestina.

 
   
  (Foto: Marco Minù - dal sito www.graf.tv)  
   
  (Foto: Marco Minù - dal sito www.graf.tv)  
   
 

   Da allora pero' non e' stato possibile creare una copertura adeguata a proteggere il veicolo dalle intemperie, mentre gli unici lavori svolti volontariamente dai soci del GRAF hanno riguardato lo smontaggio di alcune apparecchiature elettriche ed il reperimanto di altre mancanti. Dopo anni di tentativi di sensibilizzazione per il ripristino della vettura storica, i lavori riprendono nel 1997 con la firma da parte di ATAC e GRAF di un contratto di comodato riguardante la 907, il locomotore L11 ed il carro merci tramviario P20, tutti rotabili tramviari storici ex ATAC di proprieta' GRAF.

 

   Sulla base di tale convenzione il carro P20 ed il locomotore L11 sono stati reinseriti in ambito ATAC, mentre per la 907 dopo il trasporto in ambito ATAC, sono stati completati i lavori di ricostruzione di motori di trazione e del compressore, tenuti nelle Officine ATAC di via Prenestina

 

   Dopo un fermo di tre anni a partire dalla fine dell 2001 si e' iniziato a ricostruire la cassa sempre nelle Officine ATAC

IMMAGINI DELLA 907 AL RECUPERO DEL 1979

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IMMAGINI E RESOCONTO DELL'INAUGURAZIONE DELLA 907

   La motrice 907, terminato il restauro, ha passato tutti i collaudi previsti per il suo ritorno alla circolazione su quanto rimane della rete tranviaria romana, ed è torna- ta disponibile per eventi, riprese cinematografiche, viaggi rievocativi, etc. L'evento è stato salutato, tra le altre iniziative, con una brochure curata da Pasqualino D'Ad- derio.

  Rotabili ex ATAC acquistati dal GRAF: due locomotori, tra cui il L11, il carro merci P20.  
   
  (Foto: Marco Minù - dal sito www.graf.tv)  
   
  (Foto: Marco Minù - dal sito www.graf.tv)  
 

   Il filobus a due assi 4587 (di costruzione Lancia/Casaro/MATER su telaio Lancia Esatau P del 1957) è, in assoluto, l'ultima vettura filoviaria romana rimasta in Italia. Tale vettura fa parte del gruppo di veicoli filoviari ordinato dall'ATAC all'inizio degli anni Cinquanta, in sostituzione dell'ormai vetusto materiale a due assi di costruzione anteguerra. In particolare, la serie 4501-4597 [solo numeri dispari] utilizzava parte dell'equipaggiamento di alcune vetture di costruzione FIAT demolende (compressore, ecc.), montando però una meccanica ed un equipaggiamento elettrico del tutto nuovo (avviatore tipo MRA a comando elettromagnetico).

 

   Le vetture del gruppo 45 furono tra quelle che assicurarono gli ultimi servizi filoviari a Roma sulla linea 47 lungo la Via Trionfale, fino alla chiusura avvenuta il 2 luglio 1972. Sebbene di linea moderna e certamente di disegno automobilistico, le vetture del gruppo 45 costituirono una decisa novità per il parco filoviario romano, un tempo fra le maggiori d'Europa.

 

   Pur nel rimpianto per la perdita di tutte le tre assi (fra le altre, le serie di costruzione Alfa Romeo, o le 64, di costruzione FIAT, che rappresentarono il classico filobus romano), si ritiene che la vettura 4587 rappresenti comunque una testimonianza importante dell'evoluzione della tecnologia filoviaria in Italia e, come tale, degna di essere conservata. Le sue condizioni estetiche e meccaniche sono appena discrete e, in attesa del prossimo ritorno del filobus sulle strade di Roma, ne è previsto il trasferimento in ambito ATAC per il necessario ricondizionamento funzionale.

 

Il filobus 4587 ripreso alla Bufalotta tra il rimorchio ex STEFER 118 e l'autotorre Fiat 642 ex ATAC. Nella seconda immagine l'ultima vettura filoviaria romana esistente trasferita in ambi- to ATAC (Collatina).

 
   
  (Foto GRAF (autore non indicato) - dal sito www.graf.tv)  
   
  (Foto: Marco Minù - dal sito www.graf.tv)  

ALTRE IMMAGINI DEL FILOBUS 4587

   Non mancano iniziative di privati non associati, e vale la pena qui di raccontare il salvataggio della motrice PCC ex ATAC 8019, che è stata acquistata di propria ini- ziativa "dal titolare di un'industria di grafica e di stampa, appassionato di auto, moto, mezzi ed altro materiale d'epoca, che ha così voluto compiere un "salto di qualità, entrando nel mondo del trasporto su rotaia. La 8019 è stata sistemata nelle adiacenze del suo ufficio, ma al contrario della Urbinati 402 salvata dall'AMIT e oggi monumentata a Colonna (RM), non se ne prevede il movimento per brevi tratti. Dopo l'armamento di un breve tronco di binario (già realizzato per "adagiarla" nella sua attuale sistemazione), si procederà alla riverniciatura nel "vecchio" verde bicolore nazionale: sono inoltre previsti l'accensione delle luci inter ne ed esterne ed il movimento delle porte, e sarà realizzata una tettoia con un bre- ve tratto di linea aerea."

 

La PCC 8019 nella sua nuova collocazione nei pressi di Roma. Con la riverniciatura nel vecchio bi-verde nazionale e l'impianto di un breve tratto di linea aerea, oltre che con la riattivazione delle luci esterne ed interne e del movimento delle porte, sarà realizzato, come giustamente sostiene il GRAF nel suo sito, un vero e proprio diorama in scala 1:1.

 
   
  (Foto: Enrico Mittiga - dal sito www.graf.tv)  

ALTRE IMMAGINI DEL RECUPERO DELLA PCC 8019

   Il progetto certamente più ambizioso è comunque quello della “Ferrovia Museo delle Colline Romane e Monti Prenestini”. La Provincia di Roma, di concerto con l’Agenzia Turistica dei Castelli Romani, gli amministratori di alcuni Comuni interessati, i rappresentanti sindacali di varie categorie ed i responsabili di Istiruti di Credito e di Comunità Montane della Provincia medesima, ha sottoscritto in data 18 settembre 2001 il “Patto Territoriale delle Colline Romane”, strumento volto alla promozione del turismo al fine di costituire un incentivo allo sviluppo economico, sociale ed ambientale del territorio: in questo ambito (citiamo sempre dal sito del GRAF)...

 

la Soc. “Sport Evolution srl”, con la collaborazione del GRAF, Gruppo Romano Amici della Ferrovia, l’AMIT (Associazione per il Museo Italiano dei Trasporti) e la Soc. “Nettunia Sud srl”, ha presentato questa stimolante proposta che prevede il recupero del tratto della ferrovia Roma–San Cesareo (facente parte della cessata Roma–Fiuggi) tra Pantano Borghese e San Cesareo, tratto nel quale è tuttora esistente il corpo stradale ed il binario, al fine di realizzare una ferovia dedicata alla circolazione di materiale storico a scartamento ridotto e con trazione a vapore o termica. Inoltre si propone il recupero dei fabbricati delle stazioni di Laghetto, di Colonna e di San Cesareo, nei quali saranno ospitate le collezioni statiche (biblioteca, archivio storico, ecc.).

 

Il locomotore 2 della ex Ferrovia Roma-Fiuggi oggi conservato presso l'Evolution Sporting Club di Colonna (Roma). Uno dei rotabili di cui è prevista l'esposizione nell'ambito della Ferrovia Museo oggi in fase di avanzata progettazione, assieme ad altri rotabili della ex Ro- ma-Fiuggi (seconda foto), come le due rimorchiate 053 e 111, anch'esse conservate presso la stessa struttura.

 
   
  (Foto: Enrico Mittiga - dal sito www.graf.tv)  
   
  (Foto: Fabrizio Tellini - dal sito www.railonweb.com)  
 

   Il progetto si articola su due fasi funzionali successive: una prima, da realizzarsi in tempi relativamente brevi, prevede il recupero degli edifici e la sistemazione dell’area espositiva dei rotabili nella stazione di Colonna. La seconda fase, funzionale, prevede il recupero del tratto di linea ferroviaria fra le stazioni di Pantano Borghese e di San Cesareo e l’avvio dell’esercizio turistico-rievocativo con materiale storico. Tale seconda fase potrà essere avviata in tempi forzatamente più lunghi. A regime, il complesso museale dovrebbe essere costituito da diverse strutture diffuse lungo l’asse ferroviario da Pantano Borghese a San Cesareo.

 

   Il terminale di Pantano Borghese costituirà la porta di ingresso per i visitatori provenienti da Roma con la futura metropolitana C. I visitatori stessi prenderanno posto sul convoglio storico e percorreranno i primi quattro chilometri della ferrovia museo, fino alla stazione di Laghetto dove sarà ospitata la prima delle strutture ricettive: si prevede, infatti, di ospitare nel fabbricato viaggiatori un centro di esposizione di prodotti tipici del territorio (es. degustazione di vini).

 

   Sarà, inoltre, possibile visitare le vicine cave di basalto da cui in passato venivano cavati i “sampietrini” con i quali tante strade di Roma sono state pavimentate. Le miniere di cui era proprietario Antonino Clementi, promotore e progettista della vecchia linea ferroviaria, cui era interessato anche per il trasporto del minerale.

 

   Successivamente, il convoglio raggiungerà la stazione di Colonna, che ospiterà un’esposizione di rotabili storici, scelti fra quelli di proprietà della Soc. “Sport Evolution srl”, della Soc. “Nettunia Sud srl”, dell’AMIT e del GRAF. Tale esposizione costituirà il nucleo più importante del museo ferroviario: saranno presenti locomotive a vapore provenienti dalle Ferrovie Calabro-Lucane (fra le altre, la n. 358 del 1928) e dalle Ferrovie Complementari della Sardegna (fra le altre, la n. 4 del 1888, la n. 36 del 1936 e la n. 200 del 1909), automotrici diesel (fra cui la MLC 88 del 1937 dalle Ferrovie Calabro-Lucane, e la ALn 204 del 1935 dalle Ferrovie Meridionali Sarde), carrozze (fra tutte la carrozza ex Ferrovia Monteponi–Portovesne del 1874) e carri. Saranno, inoltre, presenti anche rotabili provenienti dal parco della ferrovia Roma-Fiuggi e dalle Tranvie dei Castelli Romani

 

   Il fabbricato viaggiatori ospiterà una raccolta di oggettistica ferroviaria ed una mostra modellistica. Saranno previsti spazi per l’organizzazione di esposizioni a carattere temporaneo e un punto di ristoro, quest’ultimo nella inconsueta e suggestiva cornice della carrozza ristorante ex CIWL n. 4242 (costruz. Astrad Arad 1943) che sarà collocata all’interno dell’area della stazione assieme alla carrozza letto ex CIWL n. 3901 (costruz. Ateliers Metallurgiques Nivelles 1939). Infine, la ferrovia raggiungerà la stazione di San Cesareo, dove sarà resa visitabile la sottostazione elettrica di alimentazione che ospita ancora le apparecchiature, e che accoglierà anche una biblioteca ed una raccolta di materiale iconografico e cinematografico di argomento ferroviario

 

   La trazione dei convogli storici sarà affidata sia a locomotive a vapore, scelte fra quelle in esposizione, sia ad automotrici diesel. Il materiale rotabile in grado di marciare sarà messo in servizio in base ad un turno che potrà essere stabilito in modo da assicurare la regolare affluenza dei visitatori nelle diverse stagioni. La stazione di Colonna ospiterà, fra l’altro, le strutture per il ricovero dei veicoli ferroviari

 

L'elettrotreno articolato 817 della ferrovia ex Roma-Fiuggi, utilizzato poi lungo la tratta Roma-Pantano, ripreso nel deposito di Centocelle in attesa di trasferimento al museo di Biella AFBD.

 
   
  (Foto: Marco Minù - dal sito www.graf.tv)  

   Seppure tra mille difficoltà, principalmente di ordine finanziario, quest'attività di recupero dei rotabili storici prosegue ancora oggi (l'AMIT sta trattando per l'acqui- sizione dell'elettrotreno articolato 801 della ex Ferrovia Roma-Fiuggi), ma per por- tare in salvo un mezzo storico non basta solo pagare al suo attuale proprietario il prezzo che ne chiede: si deve provvederne il carico e il trasporto (il cui costo è tut- t'altro che indifferente), e naturalmente disporre di un area dove collocarlo alme- no provvisoriamente (meglio ancora se coperta...). Un esempio è il Fiat 410 3431, unico esemplare romano del gruppo degli AU1511 del 1967 (ne sono conservati altri due a Trieste, di cui uno funzionante, e uno a Napoli), per il quale il suo attuale proprietario chiede 1000 euro "cosi come sta". Una cifra di questo genere, a picco- le quote individuali tra tanti appassionati, si può anche racimolare, ma il problema è poi il trasporto: si deve naturalmente imbracarlo con una gru di particolare poten za, trasportalo su un carro adatto, reimbracarlo per sistemarlo nella sua nuova col- locazione, ed anche a superare il problema del trasporto rimane quello di dove tras portarlo, e si dovrebbe poi sostenere il costo non indifferente del restauro, specie se l'intenzione è quella di farlo tornare a muoversi.

   I problemi sono ancora maggiori se si riuscisse a portare in salvo l'unico esempla- re di autobus Alfa Romeo romano ancora esistente, la vettura 1025 del gruppo dei 910 del 1957, ad oggi abbandonata nei pressi di San Cesareo. La vettura si trova in quel terreno da oltre 30 anni (questo gruppo fu radiato entro il 1973), e come le foto a seguire dimostrano la vegetazione, e gli alberi, vi sono cresciuti attorno piuttosto rigogliosi. Anche questo autobus è stato utilizzato a lungo come magazzi- no ma attualmente si trova in stato di completo abbandono, il suo vecchio proprie- tario è passato a miglior vita e per trattare un eventuale acquisizione si dovrebbe rintracciare i suoi eredi.

 

Un immagine ufficiale di un Alfa Romeo 910, vettura 1041: a seguire tre immagini della 1025, unica vettura del gruppo tuttora esistente, ripresa nel 2004.

 
   
  (Archivio Storico ATAC)  
   
  (Foto: Flavio Del Curatolo)  
   
  (Foto: Flavio Del Curatolo)  
   
  (Foto: Flavio Del Curatolo)  

   Non mancano le vetture storiche che, esaurita per vetustà la propria funzione ori- ginale, sono oggi utilizzate per scopi certamente più nobili della classica destinazio- ne a magazzino, pollaio o fienile riservata a tanti mezzi poi del tutto scomparsi o de finitivamente abbandonati. In ambito ATAC sono state preservate dalla demolizio- ne 3 vetture del parco MRS e un articolata Stanga: le prime sono state ricostruite come vetture "storica" (restauro alle condizioni il più possibile originali), "studio" (attrezzata per convegni e riunioni con impianti audio-video), e "ristorante" (dota- ta di tavolini interni, piccola cucina, toilette e guardaroba), la Stanga è anch'essa di ventata tram ristorante, e a dispetto di chi a suo tempo ha buttato li pessime previ sioni (tra l'altro sottolineando che la Stanga era più utile in servizio viaggiatori), le due vetture ristoro lavorano moltissimo, ed è spesso necessario prenotarle anche due mesi prima per poterne disporre in un giorno specifico.

   Chi scrive, per averle utilizzate entrambe, conferma che una festa a bordo di un tram in movimento ha un fascino tutto particolare, anche per chi non è un appas- sionato della materia.

 

Tre delle quattro vetture storiche ufficialmente preservate nel parco ATAC: da sinistra la MRS 2047, restaurata nelle condizioni originali, e i due tram ristorante, MRS 2148 e Stanga 7021.

 
   
  (Foto: Enrico Mittiga - dal sito www.graf.tv)  

   Tra queste utilizzazioni... particolari vale la pena di citare un vecchio 410 della pri ma serie del 1960, acquistato da un dipendente ATAC che lo ha collocato nel giardi- no della propria casa, trasformandolo in veranda. Non se ne dispone di un immagine poiché il suo proprietario non le autorizza, comunque l'autobus è stato sottoposto a un integrale restauro non funzionale (cioè non se ne prevede il ritorno alla circo- lazione), con ricostruzione degli interni all'attuale destinazione (tavolini, tendine, etc), e impianto a bassa tensione per le luci esterne ed interne. Trasformazione in un certo senso analoga per un Fiat 412 a due piani, oggi di proprietà di un associa- zione romana, che lo ha trasformato in ambiente polivalente. Dell'autobus rimangono di fatto il disegno della carrozzeria con tutti i particolari tipici (cartello di linea, porte, etc), ma è stato inglobato in una piattaforma di cemento e completa- mente ricondizionato ad una funzione del tutto diversa, che manterrà comunque vi va la memoria storica dell'unico autobus a due piani prodotto in serie in Italia.

   Dei 412 a due piani ex ATAC sopravvivono a tutt'oggi almeno tre esemplari, dei quali si spera un domani di poter recuperare la vettura di prima serie che da molti anni staziona in un terreno privato a nord di Roma, utilizzata come ripostiglio, che è quella conservata nelle migliori condizioni.

 

Diverso destino per i Fiat 412 a due piani, certamente tra i più popolari autobus romani: una seconda serie utilizzata come ambiente polivalente da un associazione culturale, un altra seconda serie ripresa presso un demolitore di Roma (vettura demolita nel 2005), una prima serie utilizzata come magazzino in un terreno privato in località Bufalotta (Ro ma). Un ulteriore due piani, utilizzato come ufficio, si trova presso un demolitore di viale Palmiro Togliatti.

 
   
  (Foto: Flavio Del Curatolo)  
   
  (Foto: Flavio Del Curatolo)  
   
  (Foto: Flavio Del Curatolo)  

   Il lettore non appassionato della materia, quello che sta leggendo questa pagina per curiosità, dopo tante considerazioni probabilmente ora si starà ponendo una do manda: un museo storico dei trasporti pubblici - di Roma e di qualsiasi altra città - avrebbe un senso? Servirebbe davvero a qualcosa un istituzione del genere?

   Se per museo dei trasporti pubblici si intende una sterile esposizione delle poche vetture storiche ancor oggi esistenti, come al parco museo di Porta San Paolo, la risposta è sicuramente no. Esposte una accanto all'altra senza un progetto più ampio, che ricostruisca le vicende storiche in cui hanno operato, oltre che il significativo progresso economico e sociale che hanno rappresentato (come si progetta di fare con la "Ferrovia Museo" di cui si è appena parlato), sarebbero soltanto dei "pezzi di ferro" con un valore unicamente affettivo per gli appassionati della materia, i nostalgici che le hanno utilizzate e i più giovani che le guardano col disincanto di chi coltiva una passione culturale. Una simile istituzione - ed è il motivo dell'ostilità - potrebbe e dovrebbe servire a diffondere la cultura e il valore sociale della mobilità collettiva, da troppi anni subordinata all'egoistico interesse della motorizzazione individuale e relegata al misero rango di servizio per chi non può permettersi l'uso dell'automobile per ragioni di età o di reddito (o per difetti alla vista che non consentono la guida, com'è il caso di chi scrive).

   Prima ancora: rispolverando la storia nel suo complesso intreccio di finalità so ciali ed interessi materiali, di legittime ambizioni ad uscire dai limiti del proprio tempo e di riscoperta delle operazioni politico-economiche non del tutto pulite che si nascondono dietro a vicende storiche peraltro di tutto rispetto, anche l'ultimo degli utenti che oggi affollano i mezzi pubblici comprenderebbe senza troppi problemi che la storia di questo servizio fondamentale è un continuo inseguirsi - e ripetersi - di errori spesso grossolani, il più delle volte commessi prima per calcolo opportunistico che per la legittima possibilità umana di errare. Potrebbe obiettare ad un più superbo "ingegnere" che se ogni giorno affronta mille difficoltà nel recarsi a scuola o sul lavoro è per colpa di chi preferisce ripetere gli sbagli piuttosto che correggerli.

   Cosa direbbe il giovanissimo studente che ogni mattina è costretto a gettarsi nel pigia-pigia del tram 8 (quello che doveva effettuare 17 fermate in 18 minuti, buffoni che non sono altro), se qualcuno gli raccontasse che nel 1990 era stato (in parte), compiuto un errore simile col tram 225? In entrambi i casi si sono arretrati i capilinea degli autobus, una linea tranviaria protetta solo a parole è andata ad aumentare il tempo e la scomodità del viaggio, ed in entrambi i casi (dopo anni nel caso del 225, in pochi mesi con la linea 8), si è dovuto rimettere mano alla rete su gomma per l'insufficienza di una sola linea, chiamata a raccogliere l'eredità di varie autolinee preesistenti alla tranvia. Il tutto, nel 1990 e nel 1998, sprecando denaro pubblico in opere connesse che non saranno mai utilizzate come il capolinea (oggi smantellato), di P.le Flaminio, o anche l'impianto degli scambi di Torre Argentina e i semafori cosiddetti intelligenti di viale Trastevere), che non hanno mai funzionato.

 

Autobus ex SARO (Società Autolinee Roma Ovest), successivamente passati alla STEFER e quindi all'ACOTRAL, in attesa di demolizione nei pressi del deposito autobus di Capannelle nel 1981. Sono due Fiat 306/3 con carrozzeria De Simon. Una di queste vetture (del tipo di quella a sinistra di questa immagine), era ancora in circolazione tra Roma e Fiumicino nel 1983, ancora nell'originaria livrea bianca a striature celesti.

 
   
  (Archivio Kaiblinger)  

   Forti solo di un potere conferito in virtù della garanzia di certi interessi (siano essi economici, elettorali, e via dicendo), i politicanti delle aziende romane si guardano bene dal voltare le spalle per guardare al passato di cui sono eredi. Dovrebbero poi ammettere che gran parte di quello che si fa oggigiorno non è altro che il recupero, con adattamenti alla diversa epoca storica, di cose già fate e non sempre sbagliate, e quindi tutti capirebbero senza troppa difficoltà che nella moderna azione di tanti "ingegneri", di centinaia di burocrati, di Presidenti e Consiglieri di Amministrazione (tutto personale che costa caro alle nostre tasche di contribuenti), non c'è alcuna di quelle idee innovative o rivolzionarie di cui si vantano, e per le quali assicurano ai propri referenti politici cospicui consensi economici ed elettorali. Molte persone non più giovani potrebbero addirittura farsi forti di esperienze passate e vissute nel dialogo tra sordi che oppone chi gestisce il servizio e chi lo usa

   Le linee express esistevano già nel 1948 (e più di qualcuno ricorderà le linee celeri, contraddistinte da una lettera in luogo dell'usuale numero, come la L barrata che oggi è il 170, o la H poi diventata 49), i due piani scoperti erano diffusissimi negli Stati Uniti ed anche a Roma apparvero per la prima volta negli anni '30, e così anche le vetture articolate, siano state motrice+rimorchio accoppiati o serpentoni come quelli che vediamo oggi scorazzare per le strade della città. Ogni innovazione ha comportato vantaggi e svantaggi, e del resto nel raccontare la storia delle tranvie dei Castelli non si è mancato di mettere in luce i numerosi problemi che si incontrarono nelle varie epoche storiche, dalla difficoltà di inserire a forza i binari ovunque ce ne fosse bisogno ai numerosi problemi economici, dagli interessi più o meno puliti degli azionisti e dei politici fino ad un declino che se non era stato ufficialmente previsto fin dall'inizio apparve come un destino inevitabile quando la fragilità di quel sistema venne allo scoperto già nella seconda metà degli anni '20.

   La storia è una guerra contro il tempo, ma prima ancora contro l'indolenza del l'uomo di oggi, che troppo spesso per ignoranza - ma nel caso di specie più per malizia - distrugge quanto è rimasto del passato per nascondere il mero e gretto interesse del presente, e ciò vale anche per chi si presenta come uno storico della materia e poi si perde in una sterile e pomposa dietrologia che dipinge come sbagliate, e sempre,  le chiusure dei servizi su ferro e la diffusione dei mezzi su gomma. C'è del vero in tanti di questi discorsi, ma non è continuando a discutere sul fatto che la rete tranviaria romana è stata smantellata o che certe ferrovie non esistono più che si può guardare all'ambizioso obiettivo di una nuova e più rispondente cultura del mezzo pubblico da parte della gente. In fondo se le tranvie dei Castelli fossero state rimodernate, ben poco di quell'aspetto ro- mantico ed antiquato che tanto ci piace guardare nelle foto ne sopravvivrebbe oggi. Una moderna ferrovia per Fiuggi e Alatri certo non vedrebbe dei convogli ferroviari correre lungo le strade e tagliare a metà l'abitato di piccoli paesi, interferendo spesso pericolosamente col tessuto urbano come avveniva, ad  esempio, a Cave, dove i convogli delle Vicinali sfioravano i vecchietti seduti sulle panchine pubbliche.

 

Al capolinea di piazza Venezia, tra i Fiat 418 e le Inbus: ultimi tempi di servizio per i Fiat 410st.4/8 OMFPAU1511, molti dei quali (come la 3616 qui ripresa), ancora in verde Roma '71. A seguire una sola immagine (per ora), dell'unica vettura romana di questo gruppo ancora esistente, la 3431, che fu invece ricolorata nel regolamentare arancione imposto negli anni '70.

 
   
  (Foto: Vinicio Mittarelli - coll. Leandro Tavolare da http://fotoatac.fotopic.net)  
   
  (Foto: Flavio Del Curatolo)  

   Qui si tratta di liberare dalla prigione di un oblio forzato non tanto delle vicende storiche in parte risapute, quanto certuni aspetti più o meno positivi legati alle singole vicende, e ciò per ricostruire ex novo un rapporto tra utenti e mezzo pubblico logorato da decenni di disinteresse e di malfunzionamento.  

   E' un obiettivo che diventa di giorno in giorno sempre più ambizioso, e ciò per la sconcertante e vergognosa politica del dialogo dell'ATAC, che non è più quella di Cesare Vaciago e dell'ottimo periodico "Amico Metrebus". Dalle colonne del quotidiano gratuito Metro - e solo perché gratuito è tanto letto - ben lungi dal favorire un dialogo con gli utenti, altro non si fa che acuirne il livore verso il disservizio, istigandoli a sfogarsi contro un personale impotente, che non ha alcun potere decisionale, e che dell'azione improvvida ed impopolare dei capoccioni di via Prenestina è solo un esecutore. Autisti ed ispettori non saranno dei santi (il buono e il cattivo in fondo esiste in ogni comunità umana e/o lavorativa), ed è anche vero che una parte si comporta in modo anche peggiore di quello che viene descritto nei reclami, ma l'addossamento sistematico delle colpe a chi altra responsabilità non ha, se non rispettare tempi e itinerari decisi in alto loco, denota una volontà politica ben precisa, spesso sostenuta da chi scrive in precedente attività pubblicistica in materia

   Il trasporto pubblico non deve funzionare al 100%, qualcosa deve sempre e comunque non andare per il verso giusto. Se tutto andasse bene, in fondo, come potrebbe certo politicantume chiedere voti con la promessa che le cose miglioreranno? E allora ecco il susseguirsi di provvedimenti monchi, di linee is- tituite o modificate con tempi di percorrenza palesemente insufficienti o con itinerari inutilmente contorti o poco praticabili, di linee tranviarie che accresco- no solo l'antipatia per questa modalità di trasporto piuttosto che favorirne una nuova simpatia che consenta di ricostruire le rotaie laddove servirebbero davvero; ecco, prima ancora, le vergognose proposte di certa politica che guarda solo ai poteri forti (preferenza che è trasversale agli schieramenti...), e tende a favorire solo l'interesse egoistico di chi ogni giorno invade le strade della città con la propria automobile, con tutte le conseguenze economiche, sociali e sani- tarie che vengono rilanciate di tanto in tanto da qualche voce isolata

   E una voce isolata è anche questa, dileggiata e derisa dalle aziende di trasporto e da certuni (cosiddetti), appassionati a queste ultime legate anima e corpo. Atteggiamento, sia chiaro, che per il sottoscritto è motivo di orgoglio. Essere snobbato dai pennivendoli di Metro, o da qualche sbarbatello che si è improvvi- sato appassionato da un giorno all'altro e che pretende di dettar legge per pochi o tanti €€€ spesi per affittare una vettura tranviaria (comportamento peraltro lodevole...), non vuol necessariamente dire che la ragione stia soltanto dalla parte di chi gestisce un vero e proprio potere politico. C'è anche chi ci crede davvero nel valore sociale e nelle potenzialità del trasporto pubblico, e per fortuna almeno in questo campo il reato d'opinione ancora non esiste. Niente e nessuno, quindi, può impedire all'autore di fare ricerche storiche in archivi e biblioteche che non siano quelle aziendali (e per fortuna il materiale migliore è conservato altrove...), e di raccontare la storia del trasporto pubblico nei suoi aspetti più genuini. Per mantenere una memoria storica, per contentare l'appassionato in cerca di notizie, ma anche per rivendicare i meriti delle nostre aziende che hanno inventato il tram articolato o fatto circolare spettacolari autobus anche a due piani e mezzo e in molti casi unici al mondo.

 
 

L'autore di questo sito, in compagnia di altri soci del GRAF: si smontano da una PCC ATAC prossima alla demolizione alcuni componenti (porte, sedili, rivestimenti interni, sgocciolatoi), che serviranno per il restauro delle vetture acquisite dal GRAF e dall'AMIT.

 
   
  (Foto: Paolo De Paolis)  
   
  (Foto: Paolo De Paolis)  
 

   E del resto, come ebbe a scrivere nel 1987 l'allora Assessore romano al Traffico e all'ufficio speciale Metropolitana, Massimo Palombi...

 
 

"... Far conoscere queste realizzazioni notevoli, ricordare i contributi di Roma allo sviluppo dei trasporti pubblici, sono il compito del Museo dei Trasporti romani che è mia intenzione far nascere..."

 

a dimostrazione che l'idea di un Museo che andasse oltre la statica esposizione del materiale storico è vecchia quanto l'intenzione di realizzarlo. Ed è un intenzione che, ad avviso di chi scrive, tale rimarrà. Se qualcosa si farà sarà soltanto iniziativa di privati, che dovranno scontrarsi con numerosi ostacoli: burocrazia, fondi, ostilità politica. Fortuna vuole che il progresso ha rivoluzionato il mondo con questo tipo di comunicazione, che arriva ovunque nel mondo, e che consente a chiunque di superare l'ostacolo degli interessi particolari. Scrivere su internet non richiede editori, stampatori, finanziatori, ma solo una buona dose di buona volontà e qualche euro per assicurarsi un dominio, se non si ricorre addirittura a uno spazio gratuito. E se tutto manca, si possono anche superare eventuali cavilli di carattere legale ricorrendo ad un server di Paesi dove le particolari leggi locali in materia consentono di diffondere ben altro che una voce controcorrente come questa.

 

Un altro autobus ex ATAC, Fiat410.100 st.4/6 CaNSA, vettura 3035 del 1962, quando ancora era utilizzata come fienile in provincia di Rieti. La vettura è stata in seguito acquis- tata da un gruppo di appassionati piemontesi, e nelle due immagini a seguire lo stato attuale della vettura, il cui restauro è ancora in corso.

 
   
  (Foto Flavio Del Curatolo)  
   
  (Foto: Christian Mazza)  
   
  (Foto: Christian Mazza)  

   Ipotesi estreme, certo, ma chi tra i lettori abbia ben compreso lo spirito vero di questo sito (e  ne abbia recepito il messaggio nascosto tra le righe di un racconto esposto col distacco dell'analisi obiettiva della storia), avrà ben compreso che è anzitutto dalla storia che si possono trarre esempi e metodologie che siano oggi in grado di porre un freno ad una crisi del trasporto locale che pure ha origini e radici ben lontane nel tempo. Nel momento in cui della storia si ha paura, o peggio la si interpreta o falsa a seconda delle opportunità, sperare in un inversione di tendenza che restituisca a questo servizio il ruolo e le potenzialità di cui è capace è vana illusione.

   La realizzazione di un vero Museo storico dei Trasporti Pubblici di Roma, quindi, appare ad essere ottimisti impossibile. Gran parte del materiale storico ancora esistente sarà quasi certamente demolito, quel poco che si salverà prenderà la strada di altre città o di altri Paesi, ma una sola cosa è certa; nessuno potrà mai impedire di rievocare la storia a mezzo di iniziative come questa, perché la storia non si cancella con la fiamma ossidrica, o anche impedendo l'accesso de gli studiosi all'archivio storico ATAC di via Baccina, e chi oggi ha in mano un potere derivato dal denaro, da una tessera di partito o dal lecchinaggio, finirà presto o tardi col culo per terra, come sempre è stato (anche qui la storia insegna...), per chi sfrutta per proprio tornaconto un potere economico e/o politico.

 

Autobus provenienti dalla SRFN (Società Romana Ferrovie Nord): nell'ordine un Fiat 410.100 st.4 OMFPAU1511, lo storico Fiat410 st.3 con carrozzeria Menarini MONOCAR 1091/1 che fu unica a Roma, un Fiat 314/A F.B.P. AU207. A seguire una fila di Lancia 718.241 OMFPAU1411 e il Fiat410.100 st.4/6 CaNSA 3134, rimasto in abbandono nella zona di Tor Marancia fino al 1994. Tutto questo materiale è stato purtroppo demolito.

 
   
  (Archivio Kaiblinger)  
   
  (Archivio Kaiblinger)  
   
     
   
  (Archivio Kaiblinger)  
   
  (Foto: Marco Minù)  
(1) Notizie tratte dal sito "TramRoma" dell'ing. Vittorio Formigari

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