La mia recensione di
"Un viaggio chiamato amore"

«Questo viaggio chiamavamo amore/ Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose/ Che brillavano un momento al sole del mattino».
I dolci versi di Dino Campana per una bruciante storia d'amore, tanto estrema quanto il film che la narra.
Non è semplice raccontare una passione, soprattutto se si tratta di una passione devastante come quella che legò il poeta alla scrittrice Sibilla Aleramo tra il 1916 e il 1918.
Ma il regista Michele Placido è stato talmente colpito da questo amore, ricostruito dal carteggio che si inviarono (raccolto nel libro «Un viaggio chiamato amore»), che ha deciso di rischiare.
Il risultato? Un rincorrersi di momenti, di pulsioni - amore, odio, passione, 
rabbia -, un alternarsi e fondersi tra passato e presente che coinvolgono l'anima dello spettatore ma lo lasciano, inizialmente, un po' disorientato.
E se fosse proprio questo l'intento del film?
Vivere per 96 minuti la stessa instabilità che fece «sbandare» le vite di Sibilla e di Dino, lasciandosi andare alle proprie emozioni, abbandonando la razionalità, che prenderà il sopravvento alla seconda visione della pellicola.
Un «viaggio» negli anni della Grande Guerra, un viaggio attraverso il vortice che travolse due vite, un viaggio di sola andata. Non si può tornare indietro: ogni pagina del racconto è un'emozione nuova, una pulsione inattesa, uno sconvolgimento improvviso.
E così ci si ritrova a domandarsi se odiare o amare Campana, se provare pietà o solidarietà per l'Aleramo.
Due personaggi enigmatici, e allo stesso tempo terribilmente affascinanti, interpretati da due attori all'altezza della situazione: uno Stefano Accorsi «inedito», irrequieto, dolce, rabbioso, passionale, aggressivo, delicato, amante complice e marito geloso  - una Coppa Volpi meritata al 100% -. Una Laura Morante fragile, decisa, intimorita, tenace, afflitta, raggiante... l'esatto complementare di Campana.
Si può affermare con assoluta certezza che siamo di fronte a due attori con la «A» maiuscola, che non si sono tirati indietro nemmeno davanti a ruoli così intricati dal punto di vista sia recitativo che emotivo.
Grazie a loro possiamo penetrare nelle vite di Dino e Sibilla: la loro corrispondenza, il loro primo incontro, la passione incandescente, le confidenze dell'Aleramo agli amici e ai vecchi amanti, i ricordi della sua spezzata gioventù, la gelosia ossessiva di Campana, il rifiuto, l'odio, il perdono, l'abbandono... tanti frammenti che ricostruiscono un unico mosaico dove si può percepire una presenza costante, quella della poesia. Nonostante Dino ne reciti poche, il percorso per raggiungere l'ispirazione è così sentito che, all'uscita dal cinema, è quasi impossibile non provare una voglia irrefrenabile di leggerne altre, altri versi che ci facciano vibrare come quelli di Campana.
Finalmente il poeta di Marradi ha avuto la sua rivincita, così come Rina Faccio (vero nome dell'Aleramo): da sempre ignorati nelle lezioni di letteratura italiana, dove vengono privilegiati D'Annunzio, Pascoli, Ungaretti, Montale..., ora sono loro i veri protagonisti, e forse tanti ragazzi non guarderanno più alla poesia come un obbligo, ma come un piacere.
Oltre al piacere della poesia, però, durante la visione del film, possiamo anche godere di una musica trascinante, incalzante nei momenti più forti e nostalgica in altri, e di una luce velata, che rende ogni singolo fotogramma un piccolo quadro d'epoca. Come rimanere indifferenti a tutto questo?
Non ci sono vie di mezzo per questo film, estremo nel suo genere: o lo si ama o lo si «odia».
Da parte mia, sicuramente merita un applauso Michele Placido, che ha saputo mettere insieme tutti i pezzi per dar vita a quest'opera, e grande ammirazione va a tutto il resto della «troupe», dagli attori, allo scenografo, al costumista, al direttore della fotografia...
L'unico "rimprovero" da fare al regista è il suo essersi soffermato forse troppo a lungo sulla giovinezza di Sibilla, che ha rubato minuti preziosi alla storia Aleramo-Campana.
Per concludere, due battute del film che rappresentano l'essenza di quest'incredibile storia d'amore:
Sibilla: «Nessuno si ama come noi»
Dino: «E se ci facesse male tutto questo amore?»
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