Angelo Scialpi

“Il patrimonio dell’anima”

 

copertina morciano.jpgDebbo confessare di aver provato, quando mi son messo a stendere questa prefazione, un imbarazzo quasi paralizzante, non per l'assenza ma per l'abbondanza di pensieri e di sentimenti che mi si affollavano nella mente. Ho improvvisamente avvertito un impetuoso fluire di idee che quasi stentavo ad ordinare e collegare, con la necessaria e lineare articolazione del ragionamento, nella consueta forma comunicativa. Mi pare di aver avvertito quella iniziale difficoltà che si incontra quando si cerca di rendere in scrittura o verbalmente i concetti che ci vengono suscitati dalla lettura del lavoro di un amico.

 

Angelo Scialpi, per me, è un caro amico che, nella frequentazione dei rapporti di collaborazione intensificatisi nell'ambito dell'attività editoriale de "La Controra", ho imparato sempre più a stimare e ad apprezzare per le sue non comuni qualità umane, morali ed intellettuali che costantemente egli sa mettere a servizio di una comunità che chiede di essere aiutata a crescere sul piano sociale e culturale. Vi assicuro, cari lettori, che solo un uomo come Angelo può provocare un ingorgo di emozioni quando ci si impegna nella vana ricerca di rappresentare la totalità di un pregnante sentimento di amicizia.

 

Il libro, dal suggestivo titolo IL PATRIMONIO DELL'ANIMA raccoglie una porzione di interventi giornalistici scritti negli ultimi anni per il quotidiano ionico "Il Corriere del Giorno" e di editoriali pubblicati sul periodico che Angelo dirige "La controra". Pur presentando una variegata articolazione di contenuti, tutti i pezzi sono intenzionalmente orientati verso un medesimo nucleo tematico: la realtà di Leporano, il paese che lo ospita da circa un ventennio, con la sua storia, con le sue tradizioni, con i suoi personaggi, con le sue bellezze naturali ed archeologiche, con i suoi problemi, con le sue contraddizioni. Non manca, tuttavia, qualche incursione su Pulsano, il paese che gli ha dato i natali e che con Leporano ha non poche affinità elettive, non solo per la sua strettissima vicinanza geografica, ma soprattutto per la molteplicità di relazioni familiari, parentali ed amicali che da tempi immemorabili sussistono tra le due comunità cittadine. In questo libro Angelo concentra le espressioni della propria sensibilità e tutta le tenerezza per La terra che l'ha ospitato e che lo ha visto emergere sul piano socio-culturale, che lo ha aiutato a vivere con la sua famiglia e che lo ha spronato a lottare contro le angherie dei pre-potenti per affermare i valori nei quali ha sempre creduto: la libertà, la verità, la giustizia sociale, la solidarietà, l'amore per il proprio ambiente e per il prossimo. Fin da quando si dedica all'attività giornalistica Angelo ha voluto mettere tutti i movimenti della sua mente e del suo cuore sulla penna per ribatterli, come i chiodi, nella testa dei suoi lettori. Allo stesso modo di Tolstoj, egli è convinto che la follia di uno scrittore consista "nel credere di poter cambiare con le parole la vita degli uomini". Il suo lavoro giornalistico, infatti, è sempre stato sorretto da questa fede, anche quando gli è sembrato che le sue parole fossero gettate al vento. Egli non si è mai avvilito, non si è mai fermato. Ha continuato a lavorare per il suo paese, credendo che il posto per migliorarlo è nel proprio cuore, nella propria testa, nelle proprie mani. Non si è mai fermato di fronte al muro dell’ indifferenza. Si è, però, indignato per l'ingratitudine di chi ha beneficiato dei suoi servizi.

 

Nonostante ciò Angelo continua a restare docile, disponibile e Indomabile nell'impegno per gli altri. Gli sembra quasi impossibile godere pienamente dell'ozio se non ha tante cose da fare. E' raro vedere all'opera uomini come lui, costantemente governati dalla voce interiore del dovere. Dotato di una natura molto sensibile e preoccupato dal timore di dispiacere, Angeio è sempre pronto a dire sì. La sua è la bocca "ove il bel sì suona" e dalla quale escono sempre espressioni sicure del proprio scopo e tendenti alla comunicazione  chiara, onesta ed intelligibile. Angelo non sa vedere il proprio bene nel male degli altri. La dolcezza del suo carattere lo rende adatto a tutte le attività che svolge. Anche quando il suo abituale buon umore è scosso da talune immancabili provocazioni o dopo la burrasca, lo rivedi calmo, paziente, tollerante, fermo nella sua inalterabile olimpica tranquillità.

 

La raccolta, che è pubblicata col contributo dell'Amministrazione comunale di Leporano, non svela misteri né suggerisce straordinari rimedi per risolvere, come un toccasana, i complessi problemi di una comunità. Essa, Semmai, acuisce il senso della normalità e, forse per questo, non finisce di stupire. Si suddivide in quattro sezioni, i cui titoli scandiscono i temi dominanti che affrontano: Leporano, Ia fede, Società e Politica,Il patrimonio dell'anima.

 

 L'ultima sezione, che estende il suo titolo a tutta la silloge, ricapitola il senso, più profondo della intenzionalità etica ed estetica dell'autore. Il motivo conduttore dei vari pezzi è modulato axiologicamente. I valori sono, per Angelo, come "la retina per gli occhi: non vengono visti ma fanno vedere tutto". Solo ispirandosi ad essi gli riesce di porsi al di sopra della fatua loquacità delle banali opinioni e di trasfondere nelle sue riflessioni le ragioni condivise e tramandate dalla tradizione. Solo in esse egli sa vedere ii senso civile di un destino comune. Per questo, forse, si è sempre mostrato indipendente, tenendosi fuori dal potere e dalla idiozia diffusa in cui ha sovente ravvisato "l'ermeneutica dei propri comodi" o l'espressione di un "pensiero debole degradato".

 

I temi che Angelo affronta nell'arco degli ultimi anni vengono resi in un discorso estremamente duttile ed agile, che si apre a ventaglio su una realtà complessa, variegata e, sovente, connotata da non pochi disagi e contraddizioni. In quella realtà egli scorge pochi eroi attivi. Per lo più sono presenti soggetti passivi che subiscono l’invadente protagonismo di pochi arrivisti che, con le loro arti demagogiche, riescono ed estorcere il consenso ai cittadini per governare la cosa pubblica con l'esclusivo interesse di curare i propri affari.

 

Il frequente richiamo al passato classico sovente si contrappone alla cattiva sorte dell'epoca moderna e contemporanea, in cui i leporanesi rischiano di dissipare quel "grande patrimonio dell'anima" che resta la più importante eredità trasmessa dai loro antichi progenitori. Angelo enuncia con chiarezza il proposito che lo ha spinto a rievocare le remote origini di Leporano: "Recuperare l’orgoglio del passato è il grande segreto che emerge da questa nostra storia". Una storia ricostruita in relazione ai reperti e alle notizie su Saturo, l'antico sito che i parteni considerano come l’origine di Taranto. Una storia raccontata da Angelo con grande pathos e con qualche accento lirico.

 

Se talvolta all'autore piace mostrarsi come "laudator temporis acti" non è per un morboso atteggiamento misoneistico, ma per la grande ammirazione per le splendide origini di Leporano. Sospinto da questo Sentimento, egli esorta i suoi conterranei a risorgere e a "recuperare l'orgoglio del passato". Un colpo d'occhio alla storia - egli dice - "è un Po/ come scoprire se stessi" e serve "a capire il presente" per meglio dirigersi verso il futuro.

 

Non ci sembrano immotivate le sue Preoccupazioni ed apprensioni  dal momento chele future generazioni rischiano di trovare un territorio irreversibilmente devastato a causa del fenomeno di una "crescita demografica sproporzionata" che ha provocato l'abusivismo edilizio sulla fascia costiera e il conseguente dissesto urbanistico. La selvaggia immigrazione di forestieri, che acquistano a prezzo di terreno agricolo i suoli su cui abusivamente costruiscono le loro ville al mare/ se non viene fermata tempestivamente dalle autorità competenti, rischia di trasformarsi in una beffarda espropriazione del territorio. Il rapporto squilibrato fra un centro storico abitato da gente semplice ed umile, e l' affollata zona costiera occupata in gran parte da forestieri, che hanno un alto tenore di vita dal momento che si possono permettere una villa al mare, è responsabile - secondo Angelo - della scarsa "integrazione civile tra uomo e ambiente".

 

Specialmente presentando alcuni personaggi (Pasquale Franchini), le tradizioni popolari (la festa di Sant’Emidio), le attività. di formazione (l'Oratorio) e tante altre piccole curiosità Angelo contribuisce a farci conoscere quel "patrimonio dell'anima" che egli vuole assolutamente preservare dal saccheggio dei postmoderni lanzichenecchi. Il suo pensiero, per questo, è sempre tallonato dall'idea di una resurrezione morale che provochi negli uomini del Sud un'imperiosa esigenza di rinnovamento e di riscatto.

 

Se in qualche punto si rivela una delicata intonazione lirica, da altri emerge un severo giudizio critico sulla società del presente. La critica di Angelo, però, non è mai cinicamente qualunquistica o denigratoria . Per lui la critica è importante se ci fa "dire tutto senza offendere nessuno", se ci aiuta a farci "ricercare verità possibili" e a scuotere gli animi dall'avvilente rassegnazione" Il suo stile è talvolta pervaso da intonazioni esortative e, quasi, predicatorie. Ma quello è un espediente retorico necessario a dare forza persuasiva al suo messaggio morale e pedagogico. In molti editoriali aleggia I'illusione di un sogno che, via via, diviene I'avventura di un'anima che si dà alla ricerca di tempi e di luoghi perduti" In quasi tutti i brani riportati Angelo si mostra impegnato a tenere viva in sé e negli altri la memoria dei luoghi che gli sono cari. "E'possibile - egli dice - perdere gli affetti... ma mai è possibile perdere e rinunciare al luogo dove si è vissuti e dove si è nati".

 

Pietro Lucehese

(Prefazione)

 

 

 

 

 

Intendo dedicare la mia attenzione al direttore Angelo Scialpi o meglio, ai suoi editoriali, lucide analisi eppur pregne di umanità, pregevoli tessere di un mosaico precostituito in una mente sottile, dalle idee  chiare, moralmente corazzata, sorretta da un percettibile amore verso il suo territorio e guidata sapientemente da una naturale vocazione al giornalismo.

 

Scialpi,  uomo premuroso, comprensivo, stacanovista, è l’emblema più  rappresentativo de "La controra", perché il pacato'tono verbale, - e all'occorrenza severo, l'equilibrato discorrere anche quando denuncia e accusa, l'apparente semplicità del linguaggio, il modo discreto di inserirsi  nelle vicende  complesse e sospette, mi ricordano ancora quel mio agire  furtivo da infante nella controra, per non recare disturbo a chi riposava.

 

La sensazione certa e più frequente che il lettore riceve è quella di conversare affabilmente con lui, come se lo avesse di fronte, perché l’animus con cui si esprime non è quello di chi ha una delega   a discutere dei problemi altrui, ma di chi ha subito una autentica immedesimazione, direi quasi organica.

 

E questa piacevole sensazione può cogliersi anche negli scritti di tutti i collaboratori, se è vero che in un rapporto di servizio basato sul volontariato, la selezione tra le parti (vertice e base) non può che essere reciproca e il risultato finale è una composizione di  “lingue” in vera sintonia.

 

Ho facilmente riconosciuto in lui re doti e la maturità del buon pater familias;  una famiglia, la sua, grande quanto l’insieme delle popolani  a cui   si rivolge il giornale, le quali si attendono concrete risposte, stimolanti proposizioni, lampi di saggezza, sostegno psicologico, azioni di sensibilizzazione  e di promozione civile.

 

Scialpi ha compreso bene quale il suo ruolo e svolge coerentemente, :con elevata professionalità, la funzione di direttore, coordinando armonicamente gli interventi scritti che gli pervengono, preoccupandosi che siano trattati sempre i vari campi di interesse (economia, politica, cronaca, religione, storia patria, attualità, ecc.), dando spazio a tutti (anche ai vernacolisti) per una lettura dell'ambiente la più veritiera possibile e per una più ampia sinergia delle forze esistenti.

 

Roberto Rebuzzi