Antonio Morciano
“La
casa sul fiume Lenne”
Per i
tipi dell’Editore Schena è stato pubblicato un libro di Antonio Morciano: “La
casa sul fiume Lenne”. Il romanzo recupera il senso forte della storia locale e
l’agire per esperienza di coloro che ci hanno preceduto, alle prese soltanto
con l’apparire e il voler essere.
Il
riferimento principale è il classico personaggio diverso del paese: Baldin.
Baldin è un personaggio che, a modo suo, ha caratterizzato, perfino
identificato, la comunità di appartenenza Palagiano), riuscendo quasi a
caratterizzarla e a conferirle una chiave di lettura speculare, al punto da
arrivare a guardarsi in faccia e riconoscersi e per identificarsi.
Se
non fosse realmente esistito, diremmo che potrebbe essere l’anima nobile e
duratura della gente, delle nostre comunità che, vestita a festa, sembra essere
lontana da qualsiasi contaminazione e sempre alle prese con il divenire e il
progresso, almeno quello desiderato e visibile, ma non sempre compreso.
Se
guardiamo le comunità degli altri paesi viciniori e della intera provincia,
tutte hanno avuto un rappresentante simile a Baldin, presente in ogni momento
popolare, reagente in molte circostanze che, a suo modo di vedere, non gli
permettevano di continuare la propria esistenza e il proprio modo di essere
come lui preferiva. Chi non ricorda quel personaggio, sempre alle prese con le
proprie battaglie umane e sociali per far accettare i propri comportamenti e le
proprie idee, il modo di vestire e le uscite tipiche nei momenti pubblici meno
opportuni. Era il capobanda, il capo processione, il capo mercato; colui che si
ribellava sempre a tutto il nuovo, ma poi finiva con l’accettarlo, come fanno
tutti.
Antonio
Morciano ha dato vita all’anima del nostro passato; un passato fragile e non
ancora fortificato che ha trovato facile presa nelle difficoltà di alcuni che,
in un momento di progresso, sembravano andare contro corrente e per questo
motivo di ilarità e di disprezzo, di esaltazione e di oblio. Baldin ci
ripropone i molti problemi del vivere civile, ieri come oggi. Attualmente
esiste una giurisprudenza precisa a favore dei diversi, ma il bello che diverso
si può diventare quando noi crediamo di essere i detentori della verità e,
senza accorgercene, ritroviamo in quelle persone come Baldin, i nostri difetti,
le nostre vacuità, le nostre frivolezze.
La
semplicità, scrive Morciano, è dentro di noi e parte dalla natura per poi
tradursi in bisogno di amore e quindi in nuova identificazione. Ecco, la
identificazione è tutta esposta nelle azioni della gente, nel vivere in piazza,
nel rifugiarsi nel capanno presso il fiume Lenne, a Venti, ma anche in piazza
in occasione del comizio del sindaco, caduto subito nel nulla e nella non
deliberazione a favore. Nel nulla cade anche il nostro protagonista, ma è
pronto a ritornare quando le ruspe rompono la cornice del passato, e quando si
corre per ottenere quelle quote di terreno che il cambio di casacca riesce ad
attribuire e che hanno cambiato il volto economico del territorio; soprattutto
l’agire per esclusione dal posto di lavoro che, forse, avrebbe potuto cambiare
davvero la vita a Baldin, ma noi avremmo perso l’opportunità di conoscerci
meglio.
Gli
anni 30 e 40 sono descritti in maniera molto particolare e interessante. Molto
spesso, è questo un particolare, anche i nostri emigrati erano costretti a
rientrare in patria e, complice una informazione fragile, ostentavano una nuova
vita colma di agi, ma serviva, e serve, a molto poco quanto non ottenuto con il
lavoro e l’onestà.
Accattivante
l’uso dei nomi locali, espressi in dialetto, o meglio dei soprannomi che
caratterizzavano meglio le persone del passato, ma soltanto per cliccare
immediatamente sulle loro fotografie stile internet popolare fai da te e perché
il soprannome identificava i vizi e le virtù delle persone, mentre per Baldin,
ed altri suoi simili, il nome di battesimo era “il pazzo”.
Morciano
introduce e sviluppa il tema della squilibrio e ci fa comprendere come esso sia
il surrogato di quanto abbiamo vicino e del modo di intendere e vedere le cose;
potremmo azzardare a dire che il pazzo è l’espressione globale della civiltà in
divenire degli anni 30, 40 e anche 50, fino al momento in cui la mente
collettiva ha compreso il cambiamento, come a dire che i geni sono lenti, molto
più lenti del progresso al cambiamento e quindi ad accettare gli effetti dello
scorrere del tempo e dello sviluppo.
La
figura di Baldin viene fuori lentamente e con forza maggiore, dopo ogni pagina,
fino a diventare il protagonista, quasi l’eroe (la buca sull’asfalto della
circonvallazione e la rottura della fontana) di una percorso, arduo e
difficile, che riguarda il divenire della nostra comunità e la costruzione
della civiltà dell’anima. Baldin è
sempre pronto a indicarci i difetti dai quali potremmo dedurre qualche
occasione utile di sviluppo se solo vedessimo certe reazioni come possibili
nostri errori.
E’
opportuno leggere questo libro di Morciano! Sono certo che ogni lettore troverà
in esso parte di se stesso, ma soprattutto capirà meglio la sua origine e dove
è diretto, per non parlare della conoscenza dell’agire umano.