“I luoghi
della memoria” di Franco Clary
Una lacrima sulla eternità - Circolo Agnini –
17.03.2007
Un motivo che ha subito colpito la mia
immaginazione, osservando le opere di Franco Clary, è stata la espressività dei
colori tesi a realizzare paesaggi inesistenti nella realtà, ma vivi nella
fantasia di ognuno. La sensazione che mi ha avvolto è stata quella assoluta
ricerca della serenità, quasi per fuggire la paura e il timore, unita alla
sensazione di un viaggio verso terre lontane in cui regna la pace, ma
soprattutto il bene prezioso del pensiero.
Quel paesaggio surreale sembra essere animato, nel
passato come nel presente, da una sola figura: la figura di donna, con la sua
grandezza e con la sua eternità; con la sua bellezza e la sua complessità; con
la sua immortale fonte d’amore che difficilmente l’uomo riesce a comprendere e ritenere
come origine per pervenire alla
idealità.
Si rimane, quasi sempre, immersi nel peccato
capitale per tutta la vita se non si ha il coraggio e la forza di raggiungere
la idealità!
L’uomo
sembra non essere contemplato nel mondo surreale di Clary, o forse lo è
abbastanza per sentirsi responsabile di tante incomprensioni, di tante inettitudine che possano contemplare la definizione
dell’essere uomo, come quella dei tanti guasti della spiritualità propria e
collettiva.
Nelle opere del passato dominavano i palloncini
che vagano nel vento, nell’aria, nella astrattezza, anche se fossero intenti a
scrutare l’ambiente, a leggere, a svolgere dei compiti, magari a dormire o a
giocare con gli aquiloni della sempiterna fanciullezza.
Alda Merini dice che: “Toccato il vertice della
sua rovina l’uomo si lascia quietamente denudare delle sue foglie e cresce il
manichino… che si ripassa la natura già morta…”
Un viaggio interiore dell’anima attraverso i
luoghi della memoria che Clary compie, va compiendo, da molto tempo e che
continua a produrre sensazioni di ricerca e di riflessione che rimangono,
permangono, vere e continue nel loro divenire senza soluzione attraverso i
tempi; tempi che Clary scopre essere depositari non della evoluzione, ma della
trasformazione. La trasformazione appare essere per Clary la preoccupazione
maggiore, ma quando si accorge che a nulla servono gli esempi e i pensieri, le
difficoltà e le sofferenze, allora si chiede come mai è possibile continuare a
dormire senza sognare, a vivere senza pensare, a muoversi senza camminare.
Molto spesso avvertiamo la sensazione, se non facciamo dell’energia una forza
interiore, che il passato è sempre in agguato a riprenderti e renderti vittima
di un mondo che non c’è.
Il viaggio pittorico nei luoghi della memoria di
Clary è soprattutto un viaggio dell’anima, dell’essere, del voler essere e lo
fa da artista autentico, sensibile all’ascolto di qualsiasi parola, ispirato da
qualsiasi sguardo; ecco, lo sguardo è per il nostro artista la espressione in
cui poter ritrovare le proprie emozioni, ma anche le proprie idealità per
assurgere ad una vita che valga la pena di vivere. L’artista si chiede come
permettere all’uomo di sognare il proprio tempo e vivere la propria perfezione;
forse si chiede maggiormente come permettere all’uomo stesso di riconoscersi e
di vivere la opportunità della vita in termini di unica occasione per
migliorare il mondo.
Osservare le opere di Clary significa disporsi
alla meditazione per andare in cerca di parte del proprio io, della propria identità; significa
mettersi in gioco, se volete in viaggio.
Un viaggio, quello di Clary, che …..
ci conduce nel variegato mondo umano, in cui ci sono persone che
passano il tempo e persone che vivono il tempo.
Passare il tempo significa essere guidati dalle
abitudini e ricercare il relativo miglioramento della propria condizione di
vivere, fino a confondersi con le abitudini stesse riconducendo il tutto allo
stato di routine. Vivere il tempo può
significare acquisire la consapevolezza della dimensione reale dell’esistenza
ed avere la forza, quasi coraggio, di urlare la verità e denunciare la
furbizie.
Si sente spesso dire: “Non ricordo più che giorno è oggi!.. non
ricordo nemmeno l’età che ho?!” Credo che non bisogna preoccuparsi più di tanto; bisogna,
invece, preoccuparsi di passare il tempo seguendo i rintocchi dell’orologio
della piazza.
Che senso ha guardare il calendario per attendere di compiere le
stesse comuni cose?.. guardare
l’orologio per mettersi a tavola o a letto?! La dimensione vita rimane la
frazione minima del tempo e rimane affascinante perché ti accompagna con
l’aurora, la mattina, la controra, il vespro, la sera, la notte, che si spera
sia altrettanto serena e luminosa come i pochi momenti illuminati e illuminanti
della giornata.
E c’è così la stagione che prepara l’età adulta, breve o lunga che
sia, l’importante è che conduca all’età adulta: il tempo della consapevolezza e
dell’agire collegato al miglioramento della propria condizione umana.
Franco Clary ci aiuta con l’arte a sviluppare la consapevolezza di
parte del nostro ego; ci aiuta a rispondere alle esigenze inalienabili del
mondo spirituale per permetterci di fruire il fascino della creatività, della
parola illustrata, del messaggio dell’anima.
Franco ci offre questa meravigliosa opportunità proponendoci le
sue proiezioni interiori, vivificate dal soffio della sua sensibilità dolce,
gentile, garbata e pregna di riferimento storico e umano: “I luoghi della
memoria”, appunto, della sua e della nostra memoria che si ritrova
nell’impressione delle cose attraverso l’immagine, con il fissaggio della sua
interpretazione, con lo scandire momenti razionali in grado di essere definiti
per rinnovare la memoria oggettiva.
Ecco allora l’espressione gentile e
forte delle sue creazioni che nascono dal colore che si stende e si contornia
per conferire oggettualità al suo pensiero; un pensiero ermetico che mi
ha ricordato un famoso verso di un poeta: “Una lacrima sulla eternità”.
Questo suo viaggio parte con
l’aquilone, un simbolo del sogno dei bambini che Franco lo ricostruisce per gli
adulti perché occorre tornare a visitare le campagne e i luoghi del passato,
spinti dal vento che serve a tenere gonfi anche i palloncini degli uomini che
sostituiscono le loro teste. Colori tenui, gentili, ma decisi del bianco, del
celeste, dell’azzurro che si fondono tra di loro e incrociano il rosso: spesso
motivo di dolore e di dispiacere. I colori di Franco sono i suoi pensieri: i
domini entro i quali egli riesce a collocare le sue creazioni che scaturiscono
sempre da un piano logico paradigmatico. Non ci può essere pittore se non c’è
pensiero e non ci può essere pensiero se non c’è la parola. Ma Clary vive
appieno la sua vita, anche quando costringe il suo pittore a dormire su un
letto volante, o meglio spinto e sostenuto dal vento, proprio come gli
aquiloni, i palloncini, le tende della camera, i pensieri. Il vento sembra
essere il motore principale del cammino di Franco; al vento il nostro artista
affida tutte le sue preoccupazioni e le sue speranze; il vento rappresenta
l’eternità e nella eternità rimane scolpito quel volto di donna che per Franco
diventa mito, ma anche l’origine di tutto; il tutto che può significare glorificazione,
ma anche affossamento. Il suo messaggio
artistico mette a fuoco il tema della condizione della donna, ma, attraverso
lei, la condizione dell’uomo in genere, sia quando si vuole considerare gli
affetti che quando si vuole riflettere sull’effimero e sulla caduta della
dignità che trascina la donna, e tutto il resto, nella precarietà della vita
terrena e materiale che nulla ha a che vedere con la evoluzione del genere
umano.
Qualcuno potrebbe pensare che,
vista dall’ottica moderna, l’arte di Clary possa sembrare più un sogno che una
espressione della verità. Il problema è che i sogni esprimono il progetto della
vita e la speranza del divenire, la realtà esprime l’annullamento dell’essere e
la sua alienazione se non si trova la forza di alzare la testa e camminare,
guardando in alto e in avanti. Sembra quasi poter affermare che il sogno
rappresenta la continuità della notte che illumina il giorno, come il volto di
donna rappresenta la continuità della vita che esprime e prepara la gioia
stessa dell’ammirare e del respirare. Qualcuno ha definito la pittura di Franco
come “luogo mentale”, luogo in cui ci si arriva e dove non ti trovi mai per
caso in quanto il viaggio della memoria è sempre il viaggio introspettivo che
ognuno deve compiere andando avanti nella vita per poter ricercare la propria
autonomia, la propria libertà, la propria idealità dopo essere passati per il
peccato capitale. Sembra quasi che Clary voglia suggerire il percorso altro, e
cioè quello della santità che trova la sua realizzazione nella piena
considerazione dell’altro e nel pieno rispetto della persona propria.
Che cosa ci trasmette Clary? Osservando i suoi dipinti e considerando i titoli
che lui stesso ha dato, sembra potersi dire che ci trasmette “il tempo della giovinezza; il sogno che invade la stanza della casa fuori il paese dalla quale
ci cerca di guardare oltre la finestra,
passando lo sguardo per un geranio rosso;
ma i pensieri portano alla tristezza
se non vengono espressi e confrontati. A chi esprimerli e con chi confrontarli?
E’ l’enigma di Clary se è vero che tutto vola verso l’isola dell’infanzia, trasformata in vento, per poi tornare nello studio del pittore, dopo aver travolto tutto e fatto volare i
palloncini che nel frattempo si sono staccati dal corpo maschile.
Sembra quasi una fiaba il percorso
artistico di Clary; una fiaba che non ha lieto fine, ma che responsabilizza
ognuno a cercarlo, così, quasi alla maniera esoterica, perché l’artista sa bene
che quella è la sola via per ricercare la virtù e annegare i vizi.
Tanto surrealismo, ma qui stiamo
riferendoci ad un surrealismo vagheggiato, sperato, agognato e possibile
soltanto nella soluzione temporale della considerazione degli uomini; uomini di
coraggio e di sicura tenuta valoriale; uomini in cui soltanto se domineranno il
rispetto, il decoro, la dignità e la consapevolezza della immagine pura di
donna, si potrà configurare un sorriso e la opportunità di avvicinare la mano a
quel viso sul quale permane quella lacrima: lacrima dell’eternità.
Franco Clary è un artista che vive
da uomo, un pittore che dipinge l’uomo proprio come dovrebbe essere attraverso
la figura di donna. Un tempo era il suo segreto, in quanto era convinto della
possibilità che l’uomo ha di raggiungere la felicità attraverso l’uso corretto della
ragione. Oggi la ragione rappresenta la vita, il tempo, il rapporto tra uomo e
donna, la possibilità di andare a ricostruire il genoma della spiritualità: il
solo in grado di clonare esseri capaci di sostenere il mondo, di farci
continuare a sognare, di farci godere il calore dell’amore in un divenire dove
solo la sapienza in senso lato ci potrà conferire la sicurezza del domani che è
il vero presente.
Un messaggio credo vada colto questa sera. Platone lo aveva
compreso già allora, quando affermava che i messaggi martellanti del potere
occulto piegano l’individuo agli imperativi del sistema. Non è necessario che
egli segua alla lettera le direttive; è sufficiente che si abitui ai valori del
potere, assuefacendosi ad essi e considerandoli normali e dall’altro trovi una
giustificazione ideologica al suo agire conforme agli imperativi del capitale.
La cultura di massa ha trasformato la sessualità in spettacolo, brutalmente
strappata al dominio del privato e del riservato, dell’intimo, per renderla
pubblica, deprivandola sia pur di ogni pur labile trepidazione sentimentale. La
vendita del corpo a migliaia di persone è ammirata dalle masse e sostenuta dal
capitale; e l’eros smarrisce ogni carica creativa divenendo un banale innocuo
oggetto di consumo.