“La tematica della ricerca”: Personale di Dora Flavianna

Ass. culturale “Lino Agnini” – San Giorgio J.  03-03-2006

 

La tematica della ricerca, il tema conduttore del viaggio artistico di Dora Flavianna, è da analizzare nella ricerca personale di una espressione che coglie la dimensione ideale della storia del proprio divenire nel panorama storico del pensiero contemporaneo. Qualsiasi studio non è mai  avulso dalla realtà, dal vivere quotidiano, dal divenire della parola e della estetica.

 

 Il tempo che viviamo è sempre la sezione aurea del tempo in generale e il tempo della ricerca è la sezione aurea del tempo della nostra vita. In quella sezione aurea temporale si svolge e si sviluppa l’essenza della esistenza di ogni persona. Importante è saperla cogliere!

 

Nella storia dell’arte, l’immagine pittorica è stata sempre di tipo naturale ed ha rispettato la realtà, come l’occhio umano richiede: principio sancito con il Rinascimento. Il XX secolo ha strabiliato tutti per la sua dimensione del bene e del male, ma anche per gli stravolgimenti, mai successi prima, che hanno investito quasi tutti i campi del sapere e della ricerca.

 

Con l’Impressionismo, e con le correnti successive,  si ha il rinnegamento di questo principio, producendo la eliminazione del chiaroscuro e della fedeltà cromatica, rendendo autonomo il colore e liberandolo alla ispirazione personale e dal punto di osservazione individuale, divenendo parola esso stesso. L’ultimo baluardo, quella della prospettiva, fu superato con Picasso.

 

Voi pensate che il pensiero sia una espressione individuale; che l’agire dell’uomo si dissolva subito dopo che si è realizzato?! Invece no, molto spesso la sintesi del pensiero dei tempi si ritrova nell’agire e nella ispirazione della singola persona e sopraggiunge per godere della possibilità di creare un confronto, di rivedersi, di ripensarsi, di comprendere la realtà che ci passa davanti e che non riusciamo a cogliere per diffusa perdita della consuetudine.

 

La demolizione dei vecchi principi e modelli ai quali facevo riferimento, risponde ad una tipica inversione di rotta di tendenza del pensiero. Non possiamo considerare nessuna azione umana senza collegarla al modo di essere della persona stessa, e questo accade nel singolo come nella comunità, nel tempo personale come nel tempo oggettivo.

 

Il richiamo ai surrealisti è immediato.  Essi non si aspettavano alcun soccorso né dalla religione, né dalla società; la loro protesta si identificava nella rivolta superiore della coscienza individuale, per cui rifiutavano tutte le regole nel nome dell’ideale dell’ordine e della bellezza. L’arte diviene un mezzo per riconquistare la libertà perduta e deve donare all’uomo la possibilità di camminare nelle regioni scure della coscienza e di prendere possesso di se stesso. L’esplorazione della vita inconscia fornisce le sole basi di apprezzamento valido dei mobili che fanno agire l’essere umano.

 

Rappresentanti in questa dimensione sono Picasso, Apollinaire, Lautreamont, Freud. Di Freud si è seguito il suggerimento secondo il quale è possibile notare delle associazioni spontanee che si formano nei sogni. Una sorta di “automatismo psichico  per il quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente che in ogni altra maniera, il funzionamento reale del pensiero,...” L’espressione pittorica è nota con il termine di Cubismo, caratterizzato dalla tendenza a considerare un dipinto o una scultura come fatti plastici, indipendenti dall’imitazione diretta delle forme della natura.

 

Io mi sono posto il problema, non certamente facile, di comprendere la nostra artista Dora Flavianna che ha voluto essere presente per comunicarci un suo moto interiore, la sua ispirazione, la sua rivelazione artistica. Qualche dubbio mi è sorto, per la verità, non fosse altro per la sua forte personalità, per la sua accentuata sensibilità, per il suo ruolo storico di mamma e per la complessità del suo pensiero.

 

Nel presentarmi un suo dipinto riusciva ad esprimere  forte entusiasmo, ma anche passione e riusciva anche a giustificare il titolo che aveva dato. Colori bellissimi, naturali, stesi sulla tela per dire e per non dire. Uno li osserva e viene attratto dalla loro espressione sottesa, poi sorride e prova un senso di gioia interiore che viene subito freddato da una espressione disarmante: “… è bello, però è un disastro! Disastro!”

 

Fra una parola e l’altra trovi il tempo per riflettere e per cercare di capire, allora sei costretto a creare un quadrato linguistico, alla Apollinaire, e tracciare i quattro angoli con quattro parole: colore, libertà, autorevolezza e dispiacere, persino tristezza.

 

Il colore per la sua forte valenza espressiva, in moto continuo che crea un divenire nelle forme e nelle figure; la libertà perché è presente in ogni suo oggetto di creazione e si ritrova sparsa ovunque, un po’ meno nelle sue prime opere; l’autorevolezza di una persona che ricerca da sempre il suo forte ruolo nella famiglia e poi nella società ed infine il dispiacere, quasi tristezza, che è precisa dimensione di una condizione oggettiva che urta quella costruita soggettualmente con fatica, rinuncia e forte senso di volontà.

 

Volti coperti, trasformati, che sostengono la bellezza delle forme femminili, quasi a voler disgiungere il mondo fisico da quello spirituale. Ecco allora un velo, oppure una rosa che assumono le vere sembianze di un viso, pensato bello per l’accostamento al velo copritore o alla rosa sempre incantevole.

 

Se sia una espressione di timore non saprei, ma il dubbio mi sorge proprio quando quelle belle espressioni naturali vengono sbarrate, in maniera quasi regolare, da linee orizzontali e verticali, come se fossero dei piani linguistici sintagmatici e paradigmatici, quasi a voler ricostruire un velo altro. Su quei piani si determina la sequenza di: velo/rosa – sbarramento – viso (corpo) – beltà interiore (beltà esteriore). Si rinnova il concetto di libertà e di autorevolezza.

 

Scopri di aver trovato la chiave di volta, a cui si arriva razionalmente, che è  nascosta nei cubi, nei quadrati, nei coni, nei rettangoli, nella geometria che è una scienza esatta. Questo modo di fare arte lo chiamano cubismo.

 

Che cosa è il cubismo?!

Henri Matisse (davanti a un paesaggio, l’Estaque, esposto da Georges Braque al Salon d’Automne del 1908)  parlò di «piccoli cubi». Paul Cézanne che, pur non rinunciò mai da parte sua ad applicare le regole della prospettiva tradizionale, aveva parlato della possibilità di «traiter la nature par le cylindre, le cône et la sphère», cioè di vedere le forme naturali sotto l’aspetto di solidi geometrici.

 

I princìpi fondamentali del cubismo si riconoscono nella  rinuncia alla rappresentazione diretta degli oggetti; gli stessi devono essere ricreati, dopo essere stati scomposti negli elementi costitutivi, mediante un’operazione per cui la pittura, appropriandosi dei metodi della scienza, diviene strumento conoscitivo e si rivolge direttamente all’intelletto, senza passare attraverso impressioni essenzialmente fisiche.

 

Il connubio con la poesia è immediato, ma anche con la psicanalisi che si ritrovano nel quadrato linguistico, nello strutturalismo linguistico, per definire la realtà interiore. Il cubismo, come abbiamo visto, è un piano semantico attorno al quale ruotano i moti dell’animo, a volte anche in contrapposizione. Nel nostro caso abbiamo individuato il colore, la  libertà, l’autorevolezza e il dispiacere che diviene tristezza

 

Dora Flavianna, pittrice in questa linea, cerca di rappresentare simultaneamente sulla tela diversi aspetti del medesimo oggetto, ovvero ciò che conosce dell’oggetto stesso, e tende a raggiungere un risultato artistico mediante una disposizione e un ordine soggettivi, con l’unica funzione di costituire un «fatto plastico», indipendentemente da qualsiasi intenzione imitativa.

 

Anziché descrivere in modo fedele il mondo circostante, Flavianna lo smonta in piani e forme geometriche elementari e sintetizza in un’unica composizione punti di vista diversi, che nella realtà non potrebbero essere adottati simultaneamente.

 

In questo credo sia custodito il segreto della sua ispirazione artistica e il messaggio suo interiore. In questo modo è possibile sviluppare una analisi alternativa della realtà, analizzata da diversi punti di vista. In questo senso Flavianna riesce bene a rappresentare l’illusione di un oggetto o di una persona nello spazio pur utilizzando la tela bidimensionale.

 

E’ possibile, alla fine, definire la visione del soggetto in cui  si può notare non soltanto la faccia reale, ma anche quella che un particolare punto di vista ci nasconde. L’immagine riesce a proiettare attorno a sé la sua intera esistenza dispiegando i propri piani e le proprie superfici e incorporando anche l’atmosfera che lo circonda. L’atmosfera è un altro mondo, mi suggerisce mio figlio, e quel mondo si insinua ad incastro tra i piani spigolosi che definiscono una realtà di pensiero, un proponimento, un personale punto di vista.

 

I colori sono colori naturali, vigorosi, monocromi, così che le immagini vengono spezzettate e poi ricostruire, definite e poi ripensate, quasi a mo di diverse angolature e di diversi punti di vista, in cui si adegua e si sviluppa quella personale convinzione che attiene la consapevolezza dell’artista in riferimento all’oggetto o alla persona che dipinge.

 

I colori formano una bellezza assoluta perché vivi, forti, significativi, ma creano un panorama disastroso, senza un perché, mi suggerisce l’autrice, ma il perché c’è e si nasconde nella realtà, a volte triste e amara che si svolge attorno a noi e dentro le nostre persone. Osservare un dipinto di Dora significa cogliere il bello e il triste della vita. Provate a focalizzare certe immagini subliminali  televisive di orrore iracheno, o cossovaro, o di una calamità qualsiasi. Sapete quale è la differenza? Quella è amarezza di vita, quella di Dora è gioia della vita che supera il male.

 

Se non fosse intrisa di codici e di norme avrei difficoltà a comprendere la sua etica di vita, ma siccome lo è, deduco che la mamma e poi la donna diviene sempre guida silenziosa e spirituale nella ricerca della ragione, del buon senso e della giustizia. E noi ci siamo imbattuti,   grazie a Dora Flavianna, nella possibilità di ritrovarci, di considerare una espressione artistica in grado di farci riflettere un pochino di più sulle cose vere della vita, lontani dall’effimero, dagli spettacoli obsoleti, dalle ripetizioni assordanti di eventi che nulla hanno a che vedere con il progresso della vita, con il divenire della civiltà che possiede e mantiene indelebile l’impronta delle persone; persone perbene, persone che vivono nella ricerca per il beneficio personale e della comunità.

 

 

 

 

 


Dora Flavianna ha studiato alle Marcelline di Lecce dalle quale ha ricevuto l’impronta di uno stile di vita  fondato sui valori autentici e sul rispetto della persona.  E’ mamma di due figlie, Flavia e Anna, che rappresentano la sua ispirazione, ma anche il grande motivo della vita segnata dal  rigore e dalla giustizia  ispiratrici. Ha sempre avvertito il richiamo dell’arte che l’ha invitata  a fissare sulla tela momenti di forte ispirazione  artistica e particolari moti dell’animo. Alla ricerca di uno stile che rappresenti  la  sua  espressione artistica migliore, Flavianna è ben consapevole che l’arte è un divenire continuo, ma ha valore soltanto quando riesce a muovere significati e valori umani.

 

Hanno scritto di lei:, Elvira Nasti D’Onghia, Patrizia Resta, Angelo Scialpi,  Franco Trani

 

Hanno parlato di lei: Il  Corriere del Giorno di Taranto, La Gazzetta del Mezzogiorno, Pubblinews, Satyria,

 

Personali: 

- Palazzo Ducale - Martina Franca – 10 Agosto 2005

- Associazione Socio-culturale “Lino Agnini” - San Giorgio J.  3-12 Marzo 2006

- Collettiva d’Arte Moderna a Londra – Aprile 2006

- Collettiva d’Arte Moderna a Londra – Giugno 2006

- Collettiva  Castello Arquato (VI) – 2 Luglio 2006

- Personale presso lo Sheraton di Roma – Luglio 2006

- Opere presenti nella Galleria “Transvsionismo” di Stefano Sichel - Castello Arquato (VI)

- Opere presenti nella galleria “Atena” di Catania

- Opere presenti in Collezioni pubbliche e private

 

 

Una pittura dell’eccesso

 

Il  tratto deciso e la pennellata forte esprimono una volitività che è tutta nel cuore.

 

Aspetto predominante di una pittura di ricerca nella quale Flavianna manifesta una indeterminatezza esistenziale evidente nell’asenza dei volti, spesso cancellati, e nella preferenza accordata all’astratto.

 

Un caos ordinato sembra essere l’oggetto preferito della sua pittura che rincorre un anelito di vita mai raggiunto, sempre sofferto, difficile.

 

Nonostante ciò è l’armonia e l’equilibrio ciò che in definitiva risalta.

 

Una pittura in bilico, quasi scrittura dell’eccesso, introspettiva e perciò stupefacente.

 

Patrizia Resta

(Presidente Corso di Laurea in Beni Culturali - Univ. di FG)

 

 

L’arte come lo yoghurt

 

I principi attivi di una artista sono: le superfici, i colori, il talento.

 

L’artista Dora Flavianna la paragono ad uno yoghurt: le superfici “tele” sono più grandi e maggiore è il suo principio attivo; i colori, più questi sono esplosivi, maggiore è la sua carica; il talento, inserito in un terreno di cultura, quale è il mio studio di scultore,  ne rafforza il gusto.

 

In sostanza, la sua pittura fa bene alla vista, al corpo e all’anima; la sua vitalità è un lattofermento sempre in continuo rigenerarsi.

 

Franco Trani

Scultore

 

 

Un solare cubismo

 

Il percorso artistico di Dora Flavianna, pittrice sensibile e raffinata, è tormentato da una appassionata ricerca.

 

Iniziando da una personale visione della limitante realtà, espressa dalle sbarre presenti nella prima produzione, l’occhio attento dell’artista osserva la bellezza e il suo disfacimento (...le rose sfolgoranti, poi sgocciolanti), per risolvere l’intimo travaglio (...il “rivo strozzato”, la materia come mezzo di espressione) in una esplosione di colori, fino alla frantumazione delle immagini in un solare cubismo.

 

In quest’ultima produzione, l’alto livello della tecnica viene evidenziato particolarmente dalle sapienti sfumature dei toni caldi e brillanti, che producono, in chi osserva, una assoluta serenità.

 

         Elvira Nesta D’Onghia