La
rivoluzione di Nishiyama (2)
di Sergio Roedner e Giovanna Citrelli.
La notevole forza espressa da molte singole
tecniche di karate, sia offensive che difensive, non è la cosa misteriosa ed
esoterica che molti osservatori, come pure certi divulgatori dell’arte stessa,
vorrebbero farci credere. Al contrario, è il risultato inevitabile
dell’efficace applicazione ai movimenti del corpo di
certi principi scientifici ben conosciuti. Allo stesso modo, la conoscenza dei
principi psicologici, unita alla pratica costante, consente al karateka di
trovare delle aperture e di eseguire le tecniche giuste al momento giusto, per
quanto impercettibili siano i movimenti del suo avversario.
A livello avanzato, è perfino possibile ad
un esperto di karate percepire i movimenti
del suo avversario prima che questi si verifichino.
È necessario, per conoscere in profondità
le varie tecniche, avere una chiara comprensione dei principi fisici,
psicologici e di quelli combinati fisico-psicologici
che sottendono tutte le tecniche.
Naturalmente è difficile interpretare
complessi processi fisici o psicologici in termini di alcuni
principi semplici. Si esamineranno qui di seguito i più importanti.
PRINCIPI FISICI
Forza massima.
Qualsiasi movimento del corpo dipende
dall’espansione e dalla contrazione muscolare. Molti fattori entrano in gioco per
esercitare la massima forza attraverso il controllo di queste espansioni e
contrazioni, e sono qui elencati solo i più basilari.
a.
La forza è direttamente proporzionale alla grande espansione
e contrazione muscolare. Questo è ad esempio il principio della molla: “più la molla viene compressa, più grande è la forza che
esercita quando viene lasciata libera”. Molte parti del corpo umano operano
allo stesso modo.
b.
La potenza di impatto di una forza è inversamente
proporzionale al tempo richiesto per la sua applicazione. Questo significa che
nel karate non si richiede la forza muscolare usata per sollevare un oggetto
pesante, ma la forza che si manifesta in termini di espansione
e contrazione muscolare. In altre parole, la forza è accumulata sotto forma di
velocità e alla fine del movimento la velocità viene
convertita in forza di impatto. In linguaggio scientifico, la forza è uguale al
prodotto della massa per il quadrato della velocità.
Concentrazione della
forza.
Per eseguire qualsiasi genere di lavoro
fisico pesante, è necessaria la concentrazione della forza. Persino una grande quantità di forza otterrà scarsi effetti se viene
dispersa. Allo stesso modo una piccola quantità di forza, correttamente concentrata,
può essere assai potente.
Non c’è esagerazione nel dire che la
pratica delle tecniche di karate è la pratica della concentrazione della forza
al momento giusto e nel punto giusto. I principi seguenti sono fondamentali:
a.
A parità di altri fattori, più brevemente viene
applicata una forza, più efficace essa è. Questo elemento di concentrazione in
termini di tempo è molto importante nel karate, perché consente di passare
immediatamente alla tecnica successiva.
b.
Maggiore è il numero dei muscoli chiamati in causa per
eseguire un dato movimento, maggiore è la concentrazione della forza. La
forza che può essere esercitata dalle mani o dai piedi soltanto è relativamente
piccola; la potenza muscolare di tutto il corpo dovrebbe venir impiegata in
modo tale che questa forza venga concentrata nel punto
di impatto.
c.
La massima concentrazione di forza dipende da un’efficace utilizzazione della risultante di forze prodotte dall’azione
dei vari muscoli. Quando i muscoli sono correttamente
coordinati, la forza risultante è maggiore; quando essi agiscono in direzioni
opposte, essa è diminuita.
d.
La concentrazione della forza non dipende dall’impiego simultaneo di tutti
i muscoli del corpo, ma dal loro uso nell’ordine corretto. I muscoli della
regione addominale e pelvica sono potenti ma lenti, mentre quelli delle
estremità sono veloci ma deboli. Per concentrare la forza di entrambi
i gruppi muscolari, quelli dell’addome e dei fianchi devono essere messi in
funzione per primi, e questa forza deve essere trasferita al punto di impatto,
o nelle mani o nei piedi. Questo spiega l’espressione comune nel karate,
secondo cui bisogna muovere prima le anche e poi le mani o i piedi.
Utilizzo della forza
di reazione.
Si riferisce al noto principio della fisica
secondo cui a ogni azione corrisponde una reazione
uguale e contraria. Questo principio trova vasto impiego nel karate; per
esempio, quando si sferra un pugno con una mano, l’altra mano viene simultaneamente ritirata sul fianco, aggiungendo forza
di reazione alla mano che colpisce.
Correre e saltare è reso possibile dalla
pressione verso il basso esercitata dal piede opposto.
Questo è un fattore importante nel karate: quando per esempio, nel colpire di
pugno, la gamba posteriore preme fortemente contro il suolo, la forza di reazione
risultante passa attraverso il corpo ed il braccio fino alla mano che colpisce,
aggiungendo forza al pugno. In modo ancor più complesso, quando la mano
colpisce realmente il bersaglio, lo shock del colpo viene
trasmesso attraverso il corpo alle gambe e al suolo e quindi ritorna alla mano
che colpisce, aggiungendo altra forza al colpo.
Uso del controllo del
respiro.
È ben noto che l’espirazione aiuta a
contrarre i muscoli mentre l’inspirazione tende a rilassarli. Questo trova
direttamente applicazione nel karate, in cui il respiro viene
messo bruscamente durante l’esecuzione delle tecniche mentre l’inspirazione
avviene al termine del loro completamento.
PRINCIPI PSICOLOGICI
Dato che il karate comporta il contatto
diretto tra due o più esseri umani, i fattori psicologici giocano un ruolo
importante. In
molti casi la parte psicologicamente più forte vince perfino quando è
sovrastata fisicamente. Sebbene questo addestramento
psicologico si verifichi naturalmente – finché diventa una seconda natura – nel
corso dell’allenamento del karate, gli esempi che seguono, e che esprimono
antichi concetti tramandati dal passato, offrono valide prospettive di ricerca.
Mizu no kokoro (la mente come l’acqua).
Questo termine, come il seguente, era
enfatizzato negli insegnamenti degli antichi maestri di karate. Entrambi si riferiscono all’atteggiamento mentale richiesto quando si
fronteggia un vero avversario. Mizu no kokoro si riferisce alla
necessità di creare la calma nella mente, come la superficie di uno specchio
d’acqua piatto. Per approfondire ulteriormente il simbolismo, l’acqua calma
riflette con precisione l’immagine di tutti gli oggetti alla sua portata, e se
la mente è mantenuta in questo stato la percezione dei movimenti
dell’avversario, sia psicologici che fisici, e la propria reazione, sia
difensiva che offensiva, saranno appropriate e adeguate.
D’altra parte, se la superficie dell’acqua è agitata, le immagini che riflette
saranno distorte, o per analogia se la mente è preoccupata da pensieri di attacco o difesa, non percepirà le intenzioni
dell’avversario, creando così per lui un’occasione per attaccare.
Tsuki no kokoro (la mente come la luna).
Questo concetto si riferisce alla necessità
di essere costantemente consapevole della totalità dell’avversario e dei suoi
movimenti, proprio come la luce lunare splende con uguale intensità su ogni
cosa che sia nel suo raggio d’azione. Grazie al
coscienzioso sviluppo di questo atteggiamento, la
coscienza percepirà immediatamente qualsiasi apertura nelle difese dell’avversario.
Delle nuvole che intercettano la luce della luna
possono essere assimilate al nervosismo o a delle distrazioni che
interferiscono con la corretta percezione dei movimenti dell’avversario e
rendono impossibile il trovare un’apertura e l’applicare le tecniche
appropriate.
Unità di mente e volontà.
Per usare un’analogia moderna, se la mente
è paragonabile al microfono di un telefono, la volontà è come la corrente
elettrica. Per quanto sia sensibile il microfono, se
non c’è corrente elettrica, non avviene nessuna comunicazione. Allo stesso
modo, anche se voi percepite correttamente i movimenti del vostro avversario e
siete consapevoli di un’apertura, se manca la volontà di agire in base a questa conoscenza, non si produrrà nessuna tecnica
efficace. La mente può trovare un’apertura, ma la volontà dev’essere attivata
per eseguire la tecnica richiesta.
PRINCIPI COMBINATI FISICO-PSICOLOGICI.
Focalizzazione (kime).
In breve, “focalizzazione”
nel karate si riferisce alla concentrazione di tutta l’energia del corpo umano
in un istante su un bersaglio specifico. Questo comprende non solo la
concentrazione di forza fisica ma anche quel tipo di concentrazione mentale
descritto qui sopra. Non esiste una focalizzazione la
cui durata si possa protrarre per una qualsiasi
quantità di tempo misurabile. Dato che il successo nel karate dipende
interamente dall’efficace concentrazione della forza corporea, il kime è estremamente
importante, e senza di esso il karate diventerebbe null’altro che una specie di
danza. Per analizzare ulteriormente il principio del kime, prendete ad esempio la
tecnica del pugno. Nel gyakuzuki,
il pugno viene lanciato direttamente dal fianco e
contemporaneamente le anche vengono ruotate nella direzione del pugno in modo
da trasmettere la forza dei fianchi e del tronco alla superficie frontale del
pugno, aumentando la sua velocità e potenza. Naturalmente,
velocità e potenza devono essere accuratamente dosate: per esempio, si deve
evitare di sacrificare la velocità mettendo troppa forza nel braccio o nel
corpo. Anche il principio del controllo del
respiro spiegato in precedenza gioca un ruolo importante nella focalizzazione della forza: il respiro dovrebbe essere
emesso bruscamente nel momento dell’impatto. E naturalmente ci deve essere in
aggiunta un atteggiamento mentale che rifletta questa
concentrazione totale della forza del corpo. Mentre il pugno si avvicina al bersaglio la sua velocità aumenta fino al suo punto massimo,
e nel momento dell’impatto si contraggono tutti i muscoli del corpo. L’effetto di
ciò è che la velocità si trasforma in potenza e la forza di tutto il corpo è concentrata nel pugno per un istante. Questo, in
sintesi, è quello che significa la parola kime nel karate.
Non si dovrebbe dimenticare che questa esplosione massimale di energia è istantanea e che
nell’attimo seguente viene ritirata in preparazione del prossimo movimento,
vale a dire i muscoli si rilassano, si inspira e si assume una posizione
appropriata per la tecnica seguente. Una tecnica di karate che non è
focalizzata è inefficace ed è fatica sprecata.
La risposta (hen-o).
Questo concetto del karate si riferisce
alla corretta percezione dei movimenti dell’avversario e alla consapevole
adozione delle tecniche appropriate che si adattino ad essi.
Entrambe le parti di questo processo vengono eseguite
come un singolo atto istantaneo ed appaiono allo spettatore quasi come
un’azione riflessa. È questo carattere del karate che crea nel praticante la
fiducia in se stesso: egli sa che i suoi riflessi, diretti dalla mente, non
devono “pensare” che cosa fare.