La
rivoluzione di Nishiyama
di Sergio Roedner e Giovanna Citrelli.
Applicando con estremo rigore i principi della
biomeccanica al karate, negli ultimi quindici anni il Maestro Hidetaka
Nishiyama ha approfondito, fino a rivoluzionarle, le basi dello Shotokan JKA
quali esse erano state razionalizzate negli anni 60 e 70 da Nakayama. È stato
Nishiyama, nello sforzo di differenziare il “suo” karate da quello della Wuko,
ad aggiungervi, con scelta secondo me pletoricoa e non
del tutto felice, l’aggettivo “tradizionale”.
Crediamo di fare cosa gradita ai lettori di Samurai presentando una prima sintesi del pensiero del Maestro
Nishiyama, giovandoci, per la parte scientifica, della collaborazione del MºGiovanna Citrelli
5°Dan, Diplomata ISEF.
TECNICA PRINCIPALE.
Occorre partire dai kata per
trovare il significato reale della
tecnica. Quando si parla di tecnica nelle Arti Marziali bisogna distinguere tra: a) tecnica
principale o definitiva (nel karate
rappresentata da colpi
di pugno, gomito, percosse, etc.) e b) tecnica di supporto (es:
parate).
Le tecniche principali sono quelle mortali
in tutte le Arti Marziali. Se in
uno scontro il
praticante di Arti
Marziali non è in grado di produrre un tale tipo di tecnica, allora si espone notevolmente, poichè l'avversario diventa più aggressivo
una volta colpito, e lo scontro molto pericoloso, col rischio
di essere battuti. Perciò occorre sempre ricordare che la tecnica deve essere definitiva: allora essa
dà valore all'Arte Marziale. Se il
praticante è in grado di produrre
un tal tipo di
tecnica e quindi di distruggere l'avversario, ciò gli dà
un grande vantaggio psicologico
e quindi una maggior
fiducia in sè e di conseguenza stabilita' emotiva.
Questa dote permette
di valutare correttamente ciò che succede. Essa elimina i fattori negativi che possono
inserirsi nella psiche di una
persona. L'eliminazione di queste
incertezze produce anche
dei vantaggi a livello della
salute fisica della persona.
Il karate non usa armi, perciò è più
difficile trovare la tecnica definitiva.
Da un punto di vista tecnico
molti Maestri di karate hanno studiato e lavorato per trovare e definire la
tecnica definitiva. Per
raggiungerla occorre lavorare molto in profondità Il karate perciò necessita
di un alto livello tecnico.
ENERGIA TOTALE.
Dobbiamo usare l'energia totale del corpo
nelle nostre tecniche. Per produrre energia
abbiamo bisogno di:
·
forza esterna, che si esplica con
una spinta verso il suolo o pressione; insieme alla rotazione
delle anche essa è la forza di reazione
che dà luogo all'azione e quindi alla tecnica.
Senza questa forza esterna non
possiamo incrementare l'energia interna,
nè spostare il centro
di gravità. Ad
esempio, nel kumite sportivo
spesso si vedono delle tecniche che usano solo la parte superiore del corpo e
non, per esempio, la rotazione delle anche o la pressione dei piedi contro il
suolo. Quindi
si creano degli
sbilanciamenti del corpo con
conseguente cattivo controllo
della tecnica e quindi incidenti pericolosi.
·
Il secondo aspetto è rappresentato dalla mente.
Essa deve controllare
completamente l'esecuzione della
tecnica. Bisogna pensare a
proseguire oltre il
bersaglio con la
propria tecnica. Un
allenamento utile poi è quello di immaginare, prima di eseguire la
nostra tecnica, che essa arrivi al
bersaglio (avere cioè
un'immagine mentale corretta) e
poi eseguire materialmente la tecnica.
Per usare l'energia interna è importante la respirazione.
RESPIRAZIONE.
La
sensazione dev’essere quella
di premere con i
muscoli addominali verso
il basso.
Il percorso della
respirazione è circolare: parte
dalla parte posteriore della zona lombare, prosegue poi nella parte anteriore
dell'hara o
zona addominale; indi
si esercita una pressione verso
il basso (credo con una contrazione del muscolo trasverso dell'addome, con
un'azione simile a
quella del torchio addominale).
A questo punto occorre unire mente e corpo: esse
insieme devono essere in perfetto equilibrio. Se questo equilibrio manca
non c'è tecnica corretta. Ha grande importanza lo sguardo: occorre continuare a spingere mentalmente anche dopo aver
colpito.
Applicazione pratica:
esercizi a coppie.
1)
A spinge mentre B tiene il pugno e pensa
di usare tutta l'energia possibile del corpo. Tenere l'asse del corpo sempre perpendicolare al
suolo: così si ottiene sempre
la massima forza.
2) A
porta
gyakuzuki o kizamizuki; B oppone
una resistenza variabile. Questo
esercizio, dice il Maestro, è fondamentale per capire quali muscoli vengono
utilizzati (importanza perciò del lavoro isometrico).
POSIZIONE.
La
forza che noi
produciamo attraverso il
lavoro esaminato in precedenza (forza esterna ed energia mentale) e che
viene trasmessa
al bersaglio necessita
di una posizione solidissima, viceversa
ci sarebbe come una dispersione
di forza. La posizione che viene assunta
deve avere i
seguenti requisiti: arto
inferiore anteriore: molto piegato al ginocchio (90 gradi e anche meno
tra coscia e gamba). Arto inferiore
posteriore: dal ginocchio al
piede deve premere al suolo (sono le fondamenta della posizione stessa).
·
Kokutsudachi: torsione muscolare e pressione
soprattutto sulla gamba posteriore per creare la forza di
reazione.
Esercizio in coppia: A porta kizamizuki mentre B passa da kokutsudachi a zenkutsudachi effettuando gyakuzuki.
·
Zenkutsudachi:
contrazione dall'esterno all'interno;
caricamento elastico della muscolatura dei glutei.
Contrarre verso l'esterno
i glutei e poi
rilassare.
Esercizio: individualmente provare
poi a portare gyakuzuki.
Dato che il corpo
umano non può espandersi ma solo
contrarsi per aumentare
la forza posso
solo usare il lavoro isometrico.
Punto debole del lavoro isometrico
esterno-interno nella posizione precedentemente analizzata
è che il
passaggio dalla contrazione
isometrica esterno-interno alla tecnica è
un po' lento. Nelle
posizioni che usano
il secondo tipo di contrazione isometrica (dall'interno verso l'esterno)
come hangetsu, sanchin, nekoashi ecc.
la velocità di spostamento è maggiore. Nella
sequenza 1) contrazione isometrica 2) rilassamento 3)contrazione, lo
spostamento avviene nel
secondo momento.
Esercizio in coppia: A) apre la mano e B) al segnale esegue
una tecnica,facendo sempre precedere l'azione di
contrazione isometrica. Lo stesso
accade per maegeri. Questo principio va
esteso a tutte le tecniche di
karate. Ancora su
gyakuzuki: non portare troppo il
peso sulla gamba anteriore alla fine della tecnica.
Esercizio a coppie: A)
apre la mano e B) parte al segnale (prima
però prova la
posizione d'arrivo). Nel
momento del contatto bisogna essere "duri". Con kizamizuki: non bisogna
tornare indietro col braccio: partire
col gomito chiuso; frustare col gomito
e col polso; contrazione isometrica della posizione.
VIBRAZIONE.
Il movimento di vibrazione delle anche può
aumentare la forza della tecnica.
Questo movimento deve
essere trasmesso alla tecnica di
braccio; dopo aver colpito bisogna continuare
a premere contro il
suolo. Occorre trasmettere il movimento
dal suolo attraverso le diverse
articolazioni (ginocchio-anca-spalla-gomito-mano). Per incrementare la
velocità della tecnica
bisogna incrementare la velocità dell'hikite. Il
Maestro ha consigliato
di provare al makiwara:
egli afferma che il rumore che
l'attrezzo produce è decisamente diverso se si usa o
meno l'hikite veloce. Immaginiamo
il corpo del karateka
in posizione di gyakuzuki diviso da una piano
immaginario che divide una parte destra (che esegue il pugno) da
una parte sinistra (che esegue hikite). Chiamiamo per comodità di
spiegazione F1 la forza di base che è rappresentata dall'hikite. F2 è la forza di contatto ed è rappresentata dal
pugno che va a bersaglio.
Se
voglio aumentare F2 devo
aumentare F1. In più c'è una terza forza
addizionale che chiameremo
F3, che è rappresentata dall'azione di frusta dell'avambraccio.
RIASSUMENDO: F1 =
Forza base (hikite) + F2 = Forza contatto
(gyakuzuki) + F3
= azione di
frusta che interessa l'avambraccio e il pugno.
DUE LIVELLI DI LAVORO.
Il Maestro
distingue nell'allenamento del karate
due livelli di lavoro:
1)
Dinamica corretta del movimento (esterno)
2)
Uso corretto della
contrazione-decontrazione.
Con il
primo sfrutto il 70 % del mio potenziale, se voglio però arrivare al 100 % devo lavorare
sul rimanente 30 % che è rappresentato dal secondo aspetto.
Fino a primo dan si lavora soprattutto sull'aspetto esterno; poi però si deve cominciare a studiare
ed allenare coscientemente il secondo aspetto: in gara un
kata fatto solo al primo modo non può essere valutato più che discreto.
Vediamo come
sviluppare il secondo livello nella
posizione di zenkutsudachi durante il gyakuzuki. Es:
pressione sulla gamba anteriore- reazione della gamba posteriore.
Per vedere se l'allievo "preme", farsi schiacciare il piede
col tallone della gamba posteriore
tenendo il gyakuzuki avanti.
Esercizio individuale: -
mettersi nella tecnica finale
e pensare ad essa, poi rilassare e prima di
tirare pensare all'immagine mentale. A) Prima posizione finale corretta con tensione
massimale B) Poi movimento lento C)
Poi forte pensando solo al corpo. Provare le tecniche da varie posizioni e da differenti
momenti di espansione del braccio.
Esercizio: eseguire gyakuzuki da differenti momenti di espansione
della tecnica; continuare a mantenere la tensione anche dopo
aver colpito e nella fase di ritorno della tecnica (kiai lungo).
ANTICIPO MENTALE O IRIMI.
Dobbiamo sentire la
tecnica dell'avversario prima ancora di
vederla (importanza dell'anticipo mentale o irimi). Il diagramma è
sempre il seguente: sensazione-reazione-azione. L'allenamento
deve portare a diminuire il tempo tra sensazione e
reazione e fra reazione e azione.
I problemi riguardano
per esempio le tensioni all'interno
del corpo che possono rallentare
la tecnica. Il Maestro ha fatto
l'esempio di un tubo ostruito parzialmente
dal quale passa
dell'acqua. Essa fuoriesce lentamente
all'inizio ma col
passare del tempo l'acqua pulisce il tubo e finalmente può uscire con un
getto potente. Così è con l'allenamento: all'inizio il corpo si muove lentamente se
non è allenato ma col
passare del tempo e con
l'allenamento costante la tecnica esce potente e con naturalezza.
1 (continua)
Il Maestro aggiunge
dei dettagli importanti
a quanto detto
precedentemente.
Occorre trovare la propria posizione da cui portare
la tecnica rispettando
i principi biomeccanici
precedenti. 1)
Zenkutsudachi: Š la
posizione pi— forte contro un attacco frontale.
1.: pressione piede posteriore.
2.: fra gamba anteriore e bacino
un
angolo di 90 gradi.
3.: la larghezza Š quella delle anche.
- Chi ha
la caviglia rigida deve allargare di pi—. - Contrazione massima dei
glutei e retroversione
del bacino ("dentro la coda"),
contrazione
della muscolatura posteriore
della coscia. -
A questo punto
il
Maestro parla della
Forza addizionale che deriva dalla "torsione
muscolare"
(intrarotazione/extrarotazione
dei muscoli degli
arti
inferiori e del
bacino). Egli distingue fra posizioni
che sfruttano
la forza che agisce dall'esterno verso
l'interno e posizioni
che
sfruttano la forza
che agisce dall'interno
verso l'esterno. -
Dall'interno verso l'esterno sono: kibadachi,
kokutsudachi,
zenkutsudachi.
- Dall'esterno verso l'interno sono: sanchindachi,
nekoashidachi,
hangetsudachi.
Dobbiamo perci• sfruttare questa forza addizionale nel
produrre la
Forza di reazione (Forza data dalla contrazione/decontrazione + forza
data dalla torsione
muscolare est/int o int/est). -
Kibadachi: -
pressione dei piedi al suolo -contrazione muscoli
posteriori delle
cosce -coccige all'interno (retroversione) -muscoli del
dorso e del
cingolo pelvico contratti.
Esercizio:
sfruttando queste forze eseguire empiuchi insieme allo
spostamento.
TECNICHE CON
VIBRAZIONE
1) Movimento: non Š sufficiente
una sola vibrazione ma diverse. 2)
Questo shock viene trasmesso agli organi
interni e pu• essere duplice
(es: Bassai-dai: tetsui-uchi). 3)
La vibrazione spesso segue la
rotazione dei fianchi.
4) Azione muscolatura e respirazione: c'Š una
ontrazione
isometrica dei muscoli
del bacino (addominali e lombo-
sacrali) seguita da una espirazione prolungata. La vibrazione deve
prolungare la tecnica.
Premere sempre contro il terreno.
Esempio:
in kibadachi effettuare
chokuzuki usando la vibrazione.
5) E' pi—
difficile unire la vibrazione per produrre forza nelle
posizioni con
tensione verso l'interno (es.sanchin-dachi) Es: in kibadachi colpire
con teisho il
pugno dell'avversario (gi…
esteso) usando la
vibrazione. L'energia del polso Š addizionale. 6) Ci sono tecniche
che, usando
questo principio fisico,
possono essere usate
come
attacchi pur avendo le caratteristiche tecniche delle
parate. Esse
infatti possono procurare dei danni all'avversario. -
Nel caso di
distanze
ravvicinate Š importante usare le
tecniche verso il centro
con movimento circolare (coprire, proteggere il centro come con una
rete, parare e poi colpire con la vibrazione). Es: a coppie:
uno
muove e difende
con movimenti circolari
(tipo Nijiushiho)
dall'attacco dell'avversario.
TECNICHE DI
DIFESA
PREMESSA. Occorre premettere che molte tecniche di difesa contenute
nei kata servivano
per parare attacchi portati col bastone lungo
(bo). Ci• ha generato delle
incomprensioni o errate interpretazioni
del significato delle
tecniche contenute nei kata.
Es: age-uke
avanzando Š una parata su bo con una proiezione successiva,
dopo aver
impugnato il bastone dell'avversario. Le parate sono fatte avanzando
perchŠ si va a parare l'attacco di bastone e si afferra vicino
alla
presa. A livello
mentale anche per le tecniche di difesa vale il
principio: SENSAZIONE
- REAZIONE - AZIONE. Qui Š pi—
importanteil
primo momento. Non ho il tempo
di vedere la tecnica perci• devo
intuire: NON DEVO
ANDARE INDIETRO e dopo
la parata devo
andare
avanti. - Se
l'avversario Š armato dopo la parata bisogna afferrare.
- A livello
mentale chi ha
difeso si trova in uno stato di
kyo
(debolezza mentale) alla fine della parata perci• Š necessario
dopo
la parata afferrare e colpire. - Cos succede per l'attaccante che
si trova in kyo alla fine dell'attacco. - L'azione deve essere breve
e "secca",
ovvero colpire con shock. -
Bisogna studiare la reazione
del corpo. -
Passare da uina reazione consapevole all'automatismo.
- II. modo
per parare: deviare l'attacco anche se
occorre usare il
corpo e non pensare troppo alle braccia.
G.C.R.