SITO PERSONALE DI SPITA MAURIZIO

 

 

 

 

 

Leggete e, se volete, lasciate commenti, critiche…insulti…a:  spita.maurizio@libero.it

 

 

 

SPITA MAURIZIO

 

 

 

 

FRAMMENTI POSTUMI

 

 

 

OVVERO SUL  SENTIRE  “ TRAGICO”

 

 

 

 

QUADERNO 1

 

 

“Si rattristano invece per la fine del mondo coloro che hanno posto in esso ogni loro affetto, che non sperano nella vita futura della quale neppure vogliono supporre l’esistenza.”

San Gregorio Magno.

 

 

 

 

      1.

 

 

Una stanza, due stanze…Le stanze sono un mio “luogo”…Un diario intimo… Filosofia e fetecchie… L’essenziale e giusta mia dimensione…La mia vita ormai collima al mio scrivere sino al punto di rottura un attimo prima di perdersi nell’attimo del “Non ritorno”… Un interminabile “diario” che mi accompagna… Schegge di un illudente “Poema della Vita” mentre la vivo, e che eternamente vorrebbe il Ritorno, anche solo per respirare in apnea…

Eccolo il fiume che avanza!… Il compagno del Pape Satan Aleppe!… Thalassa thalassa!… Il mare è alla vista degli occhi…Così forse lo videro i Greci alla fine di un incubo durato dei mesi!…

 

Quella tenerezza, quella malinconica accoglienza dell’ intuito “Eterno Ritorno”…E’ ancora lui che congiunge il mio “Essere” al mio “Divenire”…La tristezza di perdersi nel pensiero di non intravedere nessun “celeste” futuro, ma solo lo scorrere della mia vita… Le scoregge che vibrano nei pantaloni, tra una pioggia a dirotto che mi rompe le palle, mentre bestemmio per arrivare al coperto… Entro in bar, combinazione!…Fuori si è scatenato un uragano…Mai visto niente di simile, mi dice il mio amico barista, mentre metta la saracinesca a metà…l’Universale Giudizio!…Vuoi la solita Ceres?…Naturalmente…Con una pinghella mi asciugo il dolore per non capire il perché di una vita passata a soffrire senza sapere…Uno scorrere estremo nel battito del mio povero cuore ricolmo del tempo che mi serve a pompare calore…

Questi attimi sempre gentilmente ritornano per non farmi dormire di notte, rigirato tra le coperte bagnate dai pensieri schifosi… Una notte spiaccicata sul muro come  i ragni che infestano i miei rimorsi sepolti dal tempo…Il Futuro inzuppato dal pianto di chi non vuole rassegnarsi a una “visione” condita di intenso dolore…

L’ Eterno scorre senza ritorno…Tutto fagocita come un globulo bianco verso il suo disperato batterio…Tutto si frantuma, finendo nel puzzo di quell’unico giorno escluso dall’Eterno Ritorno…

Proprio in questo non-ritornare dell’attimo egli acquista dignitosa importanza, alla faccia del mio esclusivo e sincero marcire!… Perché adesso quel respiro è veritiero… Quel battito d’ali di un povero insetto… Un povero ragno divorato dalla sua femmina!…

Non più menzognera ritorna quella vita ricolma  anche di merda…Forse per questo l’apprezzo nell’annusarne il puzzo stantio di quello che domanda di essere : RESPONSABILITA’ di lasciare il Mondo a soffrire… Ma che vorrà dire?…

La forza di quello che siamo non può risiedere nell’Eterno!… Me ne scrollo di dosso la polvere, mentre ricordo a me stesso che mai potrò l’ Eterno conoscere, se non in ciò che è fasullo trastullo di forfora…

Non c’è che la coscienza di quello che “credo” di essere finchè galleggiano stronzi all’interno di una cassa da morto in legno castagno… E magari d’inverno!…

Così io mi convinco che col cazzo sono quello che che penso di essere!…Qualcosa che io chiamo col nome di Corpo mi pensa , tra le emorroidi in fiamme e i mali di stomaco… Totali ed ebeti “assenze”, mentre beato mi guardo la ciccia allo specchio di un bar senza ulteriore rossore!…Tra le omissioni, le aggiunte e gli improvvisi silenzi… Le isteriche strilla dementi del mio incerto “continuare” il percorso…

 

Forse è proprio così che il tenero “Singolo”

Può alfine conseguire vittoria

                                               Su ciò che tutti chiamiamo

                                                                                         Col nome di SPECIE.

Fine dell’uragano…Ciao mauri…Alla prossima fine del mondo…

Le Cinque Terre sono un incantevole luogo, almeno per me…Non si tratta solo si spazio, ma anche di “anima”!… Un luogo dove bene non so quale sia l’inizio del mare e dove veramente cominci la terra, nel ricordo del suo “limite” secondo natura…Ove la pietra sia pietra davvero, invece che dimora spuntata da nuda roccia… Dove i porticcioli e le darsene osservino l’acqua marina spesso un po’ inquieta… E dove una strana “armonia” dilaghi tranquilla all’intorno, tra insenature naturali e piccoli promontori rocciosi che si aprono sul mare aperto… Sfumature di blu intenso e di verde accolgono l’azzurro del cielo, in un paesaggio vivente dipinto da un Dio impressionista…

In tutta questa bellezza, ove finalmente anche l’opera umana sembra collimare con quello che la natura ha operato nei secoli e secoli, sto degustando un “bianchino” con Teo, il solito amico, nell’attesa di andare a pranzare…

Siamo seduti in un bar posto a strapiombo sul mare mosso di un giorno molto ventoso… Il massimo dei massimi, per due esseri umani fuggenti dalle città “ingrigite da smog”, per rimanere fedeli ai soliti banali stereotipi di tutti gli eccetera di questo mondo stupendo a dimensione di “uomo”…

All’aperto di questa suggestiva scogliera cazzeggiamo tranquilli e ubriachi di mare e di vino…

Provate a dirmi cosa ci sia di più bello che passare una giornata in compagnia di un amico a guardare l’orizzonte marino, con lo stomaco piacevolmente vuoto nell’attesa di riempirsi ipocritamente del sacro rituale di pesto alla genovese!…

Improvvisamente Teo mi domanda a bruciapelo se davvero avrei intenzione di mettermi a scrivere…Qualcosa, qualsiasi cosa come evasivo, anche solo il mio ideale menù di questo magnifico giorno…

E’ pur vero che vorrei scrivere… Ma non saprei cosa chiedere a un povero foglio imbiancato… O forse vorrei chiedergli di parlare delle mie nudità e delle mie debolezze… Ma già so che mentirei spudorato… Forse potrei riuscirvi nascondendomi dietro le maschere degli attori della Tragedia… Giusto per ricercare nelle coscienze dei molti ciò che riposa in ogni individuale coscienza… Ascoltandone il primo spaesato vagito individuale… Una robetta da nulla, tutto sommato!…

Un po’ mi dispiace (anche il consenso sarebbe importante!) ma non riesco proprio a immaginarmi di scrivere “semplice”… Perché non è facile o semplice quello che fuoriesce dai miei dormiveglia a risveglio precoce… E non mi interessano le eiaculazioni dell’intimo (rispetto troppo l’intimità, rispetto troppo gli scantinati e i pertugi del mio interiore, ed anche quello degli altri!)… Come non mi interessa la “Storia”, ma quello che si nasconde dietro ogni storia, e che magari esiste da prima del tempo…Tutto ciò che collima con questa scogliera ricoperta di spuma alla birra, ancor prima di qualsiasi nascita fossile!… Di quando cioè i trilobiti erano esenti da qualsiasi “intimità”…

Teo mi guarda come stesse guardando un alieno venuto non da qualche stella lontana ma dal sottosuolo di questo azzurro pianeta…

Aggiungo che a scrivere storie non ci vuole poi molto… Anche le cartelle del “diagnosi e cura” sono utilmente zeppe di storie… Ma io vorrei risalire alle tante “non-storie” dei poveri esseri che mai sapranno  che i nostri impulsi hanno fatto le nostre coscienze…Di quando le giornate, ogni nuova giornata, era rubata alla morte… Un atto dovuto a chi ancora adesso ruba alla morte il suo sacrosanto diritto di sopravvivere!… E sono tanti…

La Tragedia Greca non è che il pretesto per raccontare tante “non-storie” che esistevano un tempo remoto e a cui noi non avremmo saputo dar “nome”…Perché le radici della nostra coscienza posano sopra particelle elementari che ,una volta poi sciolte, si riformeranno di nuovo felici alla vita, e immemori di essere state il fondamento di questo mondo in formazione…Un “atea” genesi senza nessuna letteraria speranza di futura finalità…

Una elefantiasi ricoperta di minimale esistenza…Si scontra in abbraccio col mio col mio innato romanticismo… E questa è una forte contraddizione!…Tutto questo mentre il moto ondoso è in aumento, il vento sempre più forte e pungente e gli spruzzi raggiungono le noccioline poste sopra un piattino in bilico sull’abisso di plastica bianca del tavolino… Bravo Mauri… Non ho capito un cazzo di quello che hai detto, ma intuisco che sia qualcosa di molto profondo… Almeno mi sembra… Comunque ,visto che è giunta l’ora, io andrei a farmi una frittura di pesce, anche perché qui all’aperto comincia a fare un po’ freddo, pur essendo il livello alcolico di tutto rispetto!…

Approvo entusiasta, come può esserlo un satiro arrapato davanti ad una ninfetta dei fiumi. Mentre i miei crampi di stomaco si fanno tranquilli al solo pensiero del riempimento imminente…

Così alziamo il culo leggermente ubriachi, e tutti gli esistenziali tormenti sono ipocritamente dimenticati… Sino alla prossima fame…

Verrà il giorno che tutti dovremo attaccarci disperatamente a ciò che più amiamo… Ai nostri affetti che ancora non sono sfumati nell’indifferenza del tempo… O a quelli ancora non manifestati del tutto, per scrupolo o delicatezze eccessive… Verrà il giorno che dovremo attaccarci anche ai nostri ricordi distorti, se necessario… Per sforzarci di credere che noi siamo migliori di ciò che sembriamo…Per lasciare attenuanti al genere umano…

E nell’attesa di questi inevitabili giorni che uno sconosciuto destino si diverte a procrastinare nel tempo, io mi ritrovo nostalgicamente a pensare che gli attimi veramente felici sono la punta riemersa di ogni (qualsiasi) singola storia…FRAMMENTI POSTUMI rigorosamente rinchiusi in una bottiglia di vetro

                                Gettata in mezzo

                                                           All’oceano…

 

 

2.

 

 

E’ un vero mistero ciò che perplesso denomino col nome di SIMBOLO…

Posso nel dubbio intenderlo come uno sbarazzarsi del “metafisico”, termine altisonante e impegnativo!…Istintivamente lo vedo mentre affermo che QUESTA E’ LA VERITA’… Il lato illuminato che sempre mi mostra la Luna… Una “Presenza” mentre concentro i miei cinque sensi lasciato alla mia estasiata contemplazione, senza magari capire nemmeno quello che vedo!…

 

Sono all’attracco di un porto privo delle “hegeliane” traversate del Concetto verso il suo sé… Questo si ritrova in “se stesso” senza mai essersi mosso da dove era…

I “gardalandiani” balocchi e le giostre non erano che nella virtuale e mia “logica” mente…

E’ la mia autocoscienza che prosegue nel simbolo il mio viaggio nell’al di fuori…  Una corsa in picchiata verso se stessi senza spostarsi di un micro-centimetro dall’abisso ove sono a riposo…

L’autocoscienza mi guarda dubbiosa allo specchio senza cambiare il paesaggio alle mie spalle, chiedendosi quale sia il segreto dello sguardo di “Monna Lisa”… Cioè se quel “Leonardesco” viso un po’ ambiguo in quello strano sorriso APPAIA veritiero, furbescamente frocio, oppure sia la testimonianza di un io diviso…

Intravedo quintali di Verità senza “evangelicamente” conoscere il VERO… come un Ponzio Pilato troppo cosciente del suo responsabile dubbio , trascinato colpevole verso il Peccato!…

Mentre l’amore mi sfugge da una sfatta botte ricolma di buchi… Ne osservo l’Oggetto interiore (almeno ciò che chiamo così) senza purificarmi… Dubitando in quel cazzeggio di “sapere di non sapere”…

Estraggo per un frammento la carente vista Intuitiva dal cassetto del mio confuso cervello… Per  accorgermi in quel breve tratto del mio quotidiano cammino che tutto risiede lontano… Come un MISTERO che riposa nella luce intravista in un cupo orizzonte…

Forse un faro nella notte

                                      Da me scambiato

                                                                Per una luminosa stella.

 

O come quell’albero che nella mia giovinezza spuntava da un’alba nebbiosa, al primo chiaro di sole… Quell’albero che qualche attimo prima credeva di essere l’unico vivente di questo pianeta, e che ora improvviso prendeva coscienza di fare parte di un tutto…Come qualcosa che lo circondava compenetrandolo, insieme al torrente di questa città che lo delimitava e sommergeva nei giorni di piena…

Curioso comunque…In pieno centro città lui nella nebbia intravedeva e percepiva suoni estranei che mai gli sarebbero appartenuti nella sua candida semplicità… Non era che il povero simbolo di se stesso!… Una torcia che nella sua luminescente illusione non poteva che immaginarsi un mondo a sua dimensione… Un LUOGO insomma, che permettesse al suo solitario respiro di essere eterno, non impestato dallo smog di esseri estranei che alle prime luci l’avrebbero lasciato marcire sepolto dall’aria viziata degli individuali interessi di ciascuno di loro…

Era ormai giunto il mercato dei signori del tempio…Quel mercato che anni fa tanto apprezzavo, mentre accenno un saluto con sguardo un po’ malinconico a quell’alberello, lasciandolo alla sinistra prima di scendere la scalinata che mi porta nel giornaliero marasma di ciò che noi umani chiamiamo umore pulsante la vita in un giorno di fiera… Ero ormai giunto al mio sabato del villaggio… Il mio eterno ritornare alle solite cose…

 

 

3.

Perchè l’ ETERNO RITORNO  è il mio negarmi a una ipotetica auto-distruzione…La leggo come una paura di morire… Come uno svalutare il singolo Evento che è già avvenuto… Un’ombra che ad ogni secondo cambia grandezza e giornalmente ritorna alla sua dimensione… Un battito d’ali o il lampo improvviso che si libera dalle inquiete catene del non-ritornare…

Non ricordando la morte che mostra i suoi denti cariati, sorrido all’aurora mentre lei assorbe il sereno di un chiaro mattutino…E molto prima che il tramonto volga nel nero di seppia io scampo alla scomparsa del suolo…

Senza posare i miei piedi a terra sono attratto dal Vuoto…

 

A che mi serve l’”Eterno Ritorno” all’alba delle mie origini, senza il ricordo del mio passato istigato dalla mia Storia!… O i miei atti esclusivi, i miei gesti che arricchiscano arcani la quotidiana esperienza del mio “esistere” scialbo!…

E’ comunque il Pensiero il vero tiranno del mio effettivo “vivere”… Questo benedetto/maledetto ritorno impulsivo all’ Uguale… Un disperante, frustrante, pensiero provvisto di una maschera che lo scampi dal riconoscersi!…

La finitudine si insinua tra le vene sottili e le pulsioni cardiache del mio quotidiano respiro…La speranza è quella di fare arrivare questo respiro lontano…

Assai nascosto ,in timoroso silenzio, non rimane che il rancore del “bisogno” patetico di immortalità…

Una fustigazione sino allo zampillo del sangue è la omeopatica ricetta alla morte condita da tanto soffrire… Ribalto la “Ricerca” di un pessimismo assai viscerale nel suo “contrario” ottimista… Alfine una MASCHERA… La fotocopia di un Diario in via di scrittura…

 

A quale buio profondo di finto sollazzo, a consolazione  del mio annichilito e futuro scontento!…

Un’insopportabile ribaltarsi di una “negazione di negazione” (intesa come alternativa al “morire”) rischiano di essere : la VITA ETERNA… il PARADISO… e la IMMORTALITA’ dell’ANIMA… insomma tutta la confortevole, un po’ ebete e un po’ ruffiana METAFISICA (nominata trattenendo il respiro!).

La “Verità”, cioè l’Aletheia ,o uscita dall’oblio, viene contemplata nella “dimenticanza” del vivere effettivo…

Dicendola quasi semplice : Mentre mordo la coda a un serpente

                                                                                         Scopro sorpreso

                                                                                                            Il mio esclusivo dolore!

 

E scendo la scalinata, finendo nel mezzo del marasma dell’eterno-ritorno, alias la fiera dell’est del solito viaggio nell’insolita frenesia che sempre ritorna due volte a settimana in Piazza Ghiaia…

Andavo a scuriosare al mercato nella mia tenera gioventù, come il “secondo” del capo-banda (mai stato primo in qualcosa in vita mia, che non sia una gara a chi scoreggia più forte)…Tu sei molto veloce e hai dello sfacciato coraggio, mi diceva il mio capo, sovrastandomi con la sua mole di almeno una testa, e dall’alto della sua intelligenza, che riconosco notevole… Però mauri, sei un po’ piccolo e manchi di forza, lui aggiungeva… Fammi vedere cosa sai fare contro il cattivo giocattolaio che non vuole regalarci il pallone mezzo sgonfiato!… E via che io andavo con le mie iniziatiche “prove di forza”, autentici riti di passaggio alla vita e alla morte, sempre più assurdi… Perché quello era il periodo che qualsiasi gioco facessi era preso tremendamente sul serio, quasi come le sfide dei ragazzetti di “Amici”!… Sino all’arrivo del primo ceffone esistenziale (o anche fisicamente concreto!) che metteva poi a posto le cose sino al prossimo esame “mortale”, facendomi ritornare piangente dalla mammina che mi toglieva di dosso le auree spoglie di Achille ,veloce guerriero!…

I tempi sono passati… Adesso al mercato alla boxe e alle spade è subentrato il kung-fu dal furor della Cina… Tutti incazzati con loro perché vendono TUTTO A META’ PREZZO, mandando tutti gli altri( a detta di questi altri) in rovina!… Almeno questo serpeggia tra le file del malumore nostrano, tra frutta di fine stagione e verdura avariata per il clima , che quest’anno è caruccia (come l’anno prima, e l’anno ancor prima…).

Sempre e comunque mi affascina questo vociare agli individuali silenzi delle solite cose… Ognuno, in mezzo al sonoro casino, rimane chiuso in se stesso a coltivare i suoi interessi nel suo orticello, cercando a volte di collimarli per un secondo, un solo secondo, con gli interessi di qualcun altro… Compratore e venditore solidarizzano in quell’accomunante frammento che è la compravendita del prodotto finito… Il plus-valore viene messo da parte per non creare problemi alle caste… Basta solo che le “masse”, bandendo per sempre la dittatura del proletariato, acquistino tre prodotti col prezzo di due, giusto perché sono scontati!…Anche se poi un solo prodotto sarebbe bastato al fabbisogno…La legge del consumo ha comunque la SUA PRECISA IMPORTANZA E FUNZIONE SOCIALE!…Farci sentire anche la merda, se occorre, col fine sapore del cioccolato fondente…

Tra schiamazzi e lievi spintarelle entro in un bar e mi bevo una birra a stomaco vuoto… Poi uscendo all’aperto tutti  mi appaiono più buoni e più belli di prima… Le ciarle di strada sono dolci canzoni… Le croste sui muri acquistano la brillantezza delle tele di qualche artista contemporaneo della Biennale… E tutti quelli a me intorno, con mio grande stupore, cominciano a filosofare sulle cifre e sulla meraviglia di esserci, per ripetere i soliti gesti di sempre…La vita continua e si evolve , esente da sconto… Ora il cielo è di un azzurro chiaro, e l’aria si mantiene sottile, penetrata da raggi solari che si espandono liberi di colpire i volti e le cose di tutto il circondario…

Mentre sto per abbandonare felice la mia babilonia con annesso il plus-valore e il capitale di quel caravanserraglio, mi sento chiamare per nome…

Che sia il mio dissentire ad ammonirmi per esser finito lì in mezzo per l’ennesima volta, e al solo scopo di sentirmi vivo in mezzo alla gente pur rimanendo solo col mio eterno cazzeggio, magari pensando alla Greca Tragedia?… Da dove deriva questa “attrazione e repulsione” se non dal fatto che impera nel mio interno una ferrea e limpida “contraddizione” che a volte mi vorrebbe disciolto nell’acido dell’”indifferenza”, prima di emergere pentita e disperata di aver ancor fatto vittime sacrificali, in primis il sottoscritto?…

E però sia benedetta questa irrispettosa contraddizione!… Perché altrimenti tutti quanti saremmo  rinchiusi nelle nostre singole convinzioni, o “idee eterne”, per sempre!…

Sembra uno scherzo paradossale, ma cambiare “idea” è spesso cosa più difficile di ogni altra… Perché spesso amiamo rinchiuderci nei fili spinati del nostro “esclusivo” pensiero… Ove un “soggetto unico” non risponde spesso al sentimento o ad un affetto, bensì ad una “credenza”… E per fortuna questa contraddizione ci catapulta fuori da questo un po’ tiranno Soggetto… Per frantumarlo all’aria aperta e poi ricomporlo dopo un salutare contatto con altri soggetti solidali ad una esperienza comune… Giusto per riconoscerci in mezzi ai semplici strilli di un mercato rionale provvisto di saldi di fine stagione!…

Chissà che cazzo sarebbe di tutti noi se guardando in uno specchio ci vedessimo sempre l’immagine del dottor Jekill, o quella di mister Hyde!… Se la nostra credenza fosse tenacemente avvinghiata solo a mamma “ragione”, oppure solo all’impulso di una erezione, senza mai la possibilità di cambiare qualcosa… Le nostre vite, la nostra sorta sarebbe alquanto noiosamente scontata dalla predestinazione dei tempi passati e futuri…Ma sto divagando…

Misantropia e ascolto dell’altro non possono comunque socializzare… Nel frattempo mi accorgo che è una mia amica a chiamarmi, e non il mio ego tiranno…Un nume, forse…

 

 

 

4.

Intendo il “kantiano” TU DEVI” come il sublime abbaglio durante la comparsa di un Nume?… E’ l’annuso della carne bruciata nella stigmatizzare una croce avvolta da fiamme che non vogliono spegnersi?…La mia “elevata” coscienza è prima promossa e poi declassata a “collettiva” coscienza, annerita dalla secolare sporcizia accumulatasi in passati millenni ricolmi di stupore, tormento e passione… E’questo spavento a frenarci negli istinti più viscerali?…

E’ quindi il TU DEVI il rancoroso reagire ad un interno “senso di colpa” tracimato da una coscienza ormai libera dalle catene del nostro ancestrale passato?… E’ il placebo di un evo lontano nel tempo della mia mente “ordinata”, e che in questo presente non potrebbe reggerne sguardo nemmeno per un minuto secondo?…

Il TU DEVI è contrario a quel mondo solo istintivo che mi attanaglia allo specchio mentre mi osservo schifato dopo una sbronza…E’ il mio sguardo appannato , e la scoperta di un ghigno abissale che vorrei ricoprire con un velo di porpora , un attimo prima del rilascio di una fetecchia al sapore di zolfo… Urge il mio “sentimento morale” a disperata difesa… L’attivazione di ogni micro-cosmica storia in quell’illuso “corpo” presunto e ricolmo di acqua e carbonio che tutti, con altisonante sentenza , definiamo il GENERE UMANO!…

 

Non è forse il “Tragico Sentire” ,così almeno lo chiamo, il deposito di una indicibile tristezza del cuore?… La frattaglia di un sentire affettivo, il bisogno di amore a salvazione di un appena commesso PECCATO?… La sua Immagine è il ricettacolo di una intenzione giustificante lo scarico contenuto dal pianto…Il più PASSATO ridonda di conclamata cattiveria, libera alfine e felice di correre incontro a ciò che ha il sapore del sangue nell’incipit della Tragedia, mentre il pacato FUTURO dai costumi gentili ricaccia tutto nella mia “cattiveria” profonda che vorrebbe ogni tanto uscire a scoperto per giocar con la vita degli altri…

Questo è forse l’inizio di una scientifica favola che chiamasi e leggesi “Psicoanalisi”?…Come posso pretendere di spiegarmi lo sconosciuto (alla coscienza) INCONSCIO ?… Lo trasformo in un “Simbolo”, ma lui è quello che è solo nell’immediato… Il lampo di un pensiero ancora in fasce come un neonato!…Questo Simbolo posso “interpretarlo” con raziocinio, ma così lo indebolisco e lo privo di forza… Lo proietto in una immagine rassicurante il pensiero  che ,armata di scopa e randello, le tolga la fuliggine dei secoli votati a barbarie… Un patetico sottofondo sapente di “Giudizio Morale” che giustifichi una improvvisa ed eccitata erezione!…

Tuttavia l’Inconscio rimane a sostegno del non-spiegato, giusto perché è tale nel nome… Un Nosferatu vampiro che dal mio didentro non vorrebbe più freni mentre si crogiola nel suo fango, pur a volte temendo i dottoroni pronti a conficcare consacrati paletti di legno appuntito nel cuore…

 

La parola INCONSCIO è a salvaguardia di quello che siamo noi tutti…

Una sentinella, reale o presunta a seconda dei casi, armata di nascosta vergogna che stenta ad uscire…

L’avanguardia del mio estraneo pensiero…

Giusto perché non mi “spiego” il Simbolo.

                                                                 Ma lo “intravedo” soltanto

                                                                                                          In un criptico pensiero.

 

Una volta ci uscivo spesso con questa mia amica… Aveva quasi quindici anni meno di me!… Era una bisbetica Ermione, amante di vivere come lo sono i giovani fieri e ottimisti del loro spensierato futuro…Urlava il suo orgasmo felice alla vita… Ma io non ero purtroppo  il figlio di Achille… Semmai anche allora assomigliavo a Tersite!… Per suo fortuna lei trovò “l’uomo della sua vita”… Quel Neottolemo di cui lei aveva estremo bisogno… Ma ora mi sta dicendo un po’ affranta che lui non è poi così tale… Intanto che dice, rientriamo nello stesso bar da dove ero uscito non molto prima e ordiniamo due caffè al tavolo… Il mio lo faccio corretto sambuca…

Niente è più come prima… Nemmeno il bar mi sembra quello di prima… Ora non è più il nascondiglio per scampare alla folla, ma sta diventando il luogo di un desiderio incipiente che si fa strada fra passati sensi di colpa mai dichiarati… Anche l’amore, penso un po’ cinico, si sta perdendo strada facendo, superato il percorso interessato dall’eros…Siamo davvero legati alle persone concrete, solo ad una “immagine” rappresentata che abbiamo voluto farci di loro?… L’”espediente” e la “privazione” prima collimano in tenera sintesi, per poi separarsi se non riprodotti e immaginati microsecondo su microsecondo che passi… Se tutto va bene , rimane un reciproco affetto vivente sui vecchi allori… Se invece va male può anche subentrare dell’odio, intanto rifletto con nostalgia… E rimango a guardarla… La trovo bella, ancora giunonica, anche se un po’ sciupata…Forse stanchezza degli anni e delle illusioni perdute nei sogni della quotidiana “normalità” raggiunta a caro prezzo…Ti ricordi quei tempi, lei sta cercando di dirmi…Tu non mi sembri tanto cambiato…Sempre pronto a svincolare… Come adesso che continui a guardar l’orologio… Lascia stare, sai che ce l’ho come vizio!… Appunto, vorrà pure dire qualcosa…Comincio a viaggiare con l’immaginazione… Magari per invitarla a casa mia, giunto al colmo del mio opportunismo un po’ stronzo… Immaginazione fa rima con erezione nei miei pensieri, mentre mi si gonfia la patta dei pantaloni… Forse all’origine del reciproco “conoscere” tutto sommato rimane un gonfiore… Un “romantico” impeto riposto in mezzo alle gambe!… Perché , terminata la sana “indigenza”, l’espediente si annichilisce per tornare nel nulla…

Solo un ritorno al SENTIMENTO ROMANTICO potrebbe salvarmi dalla mia ipocrita indifferenza di uomo indurito negli anni… Il mio guaio (o fortuna, a seconda dei punti vista) è che no so più innamorarmi, ma solo arraparmi!… E senza un movimento continuo od un moto perpetuo, senza il rinnovo di una emozione dalle sue ceneri, tutto alfine rischia l’appiattimento nel sazio…Cosciente di attendermi un solitario futuro, senza il ricambio del pannolone…

Nel frattempo un “tizio da bar” sta tenendo il solito comizio sui “clandestini” invasori…Perché i tanti tizi da bar che ho conosciuto purtroppo nei bar pensano che se in Nepal cade una goccia la colpa è degli “extra-comunitari” in Italia…Altro che scomodare assurde teorie della Scienza sul caos!…

Saluto l’amica dopo il caffè… Non me la sono sentita di fare con lei la figura dello stronzo sciacallo, profittatore di situazioni… O meglio, diciamo che mi è mancato il coraggio!… Magari le ho pure fatto una buona impressione… Se non altro migliore di quando mi lasciò secoli addietro dandomi dell’egoista insensibile che non vuol mettere casa e avere bambini…Chi ti curerà quando sarai vecchio, grande coglione?… Beh, non aveva poi tanto torto nel giudicarmi… E intanto continuo a girovagare in mezzo al marasma, quando il sole è ormai alto nel cielo, privandomi pure della mia ombra!…Il SIMBOLO di ciò che un giorno sarò…

 

5.

 

E poi de-simbolizzo… Smutando la “Sostanza” di aristotelici ricordi di gioventù, togliendone il coperchio alla realtà e lasciandone fuoriuscire il suo contenuto… Lo privo del velo dei secoli e rimango attonito e infreddolito alla finestra di casa mia, accogliendone il brivido durante il calare del sole…

Curioso!…La Realtà conteneva il Vuoto al suo interno…E io mancocazzo sapevo di custodire gelosamente il “vuoto” all’interno del cuore!…

E’ un malore, un dolore insoluto che mette in relazione scannatore e scannato, predatore e predato…. L’odiatore e il suo odiato…

Imbranato rimango a solleticarmi le parti basse del corpo per comprendere che il ricettacolo non è l” Essere” (un simbolo) ma quello sfregolìo che chiamo pelle ,o più in generale, Materia…

L’evolutivo blasone si erge sul suo piedistallo di marmo… Dal microbo proveniente dal fango del Carbonifero al pesce che perde le pinne per trasformarsi prima in un rospo, poi in roditore, per rinascere infine in “nato d’uomo e di donna”… Tutto ritorna nel ventre verso il suo “entropico” esaurimento… Tutto si sminuzza e si disperde come la polvere di cemento… Perché polvere siamo e polvere torneremo, come scrisse nel suo Libro Ispirato il Supremo!…

 

Non può esservi vera Sostanza navigando nel “movimento”!… Mescolatosi tra le tormentate onde, l’Assoluto Concetto mi comporta un certo spavento… Perché la “stabilità” è come la FORMA di un ordinato paesaggio spennellato su tela…  Un dipinto “neo.classico”, o quello di un “romantico” pre-raffaelita ove tutto ha il suo limpido peso specifico, come un leggero colore fissatosi nel tempo e nel luogo…

Ma questa stabilità non esiste in natura!… O forse esiste solo negli attimi, nei battiti nervosi di ciglia e nelle ali d’insetto che sfugge al suo ragno nemico… Lampi che per un frammento rischiarano un cielo in catene davanti all’invisibile nulla scoperchiante un fulmine che incenerisce!…

Così costantemente tengo il mio morbido culo sopra al vulcano… Un monte in fiamme eruttante la mia immaginazione simbolica che sogna una visione esclusiva del circostante mondo… Un mesto orizzonte lasciantemi nel crogiolo della illusione che tutto sommato poteva andar peggio!…

Perché alle cinque di mattina  tutto va bene nel mio dormiveglia agitato…Alle sei mi alzo da letto e faccio la cacca… Alle sette prendo il caffè e leggo il giornale del bar… Alle otto incontro il primo rompicoglioni e non lo saluto… Alle nove mi prendo una birra e faccio scoreggia … Alle dieci ho una erezione mentre osservo due tette attraversare di corsa la strada… Alle undici già filo a casa per continuare la monotona giornata della mutanda con annesso il suo bollino di piscio stantio…E così arrivo a sera tra gli eccetera degli eccetera…

Se ci penso un secondo, senza queste illusioni, queste morti continue con le inaspettate rinascite, non esisterebbe per me che il semplice CAOS, oppure il semplice “Nulla” di ricordo buddista… O una mistica scorreggia al sapore di Zen di marca taoista, ove la via in su e quella in giù sono la stessa, come disse anche Eraclito… Un pettinato giapponese giardino ove si osserva uno splendido “ordine” esistente nella mia immaginifica mente, ma non nell’incerto immediato…

 

D’altronde senza questo mio avallo non esisterebbe il Mondo come ora conosco…

Non esisterebbe la Legge che spesso io invoco…

Non esisterebbe nemmeno il mio singolo essere : un illuso che dice a se stesso che non ESISTE questo pianeta di questo sistema solare di questa galassia CREATA da un Dio

Situatosi all’interno

                               Del mio presuntuoso cervello!

 

6.

 

 

Al tenero gioco di un bimbo si è posto l’ “Eterno Ritorno”… Gli si è avvolto interno alle vertebre, poco più sopra del morbido culo… Lui ci gioca crudele e innocente, come ogni piccolo io in continua espansione…Afferra tutto per assimilarlo a sé, come il ragno afferra la mosca con le sue ansiose zampette cattive… Quel bimbetto è felice di tutto toccare… Un puro fagocito di beata ingenuità messa alla prova!…          

Questa è la brama di assaporare il “Ritorno” dell’attimo spensierato e fugace come un battito d’ali… Si mette lui in giuoco con tachicardia frettolosa, causa la sua voglia di vincere!…

A te bimbo che mai vorresti vedere finire un felice momento io dico, mentre mi guardo allo specchio, di continuare il tuo giuoco… Ferma il tuo “senza futuro” e “senza passato”… Fissa nel tuo spensierato cazzeggio l’esaltazione dell’attimo!… Consenti una malinconica invidia ad uno dei vertici del “metafisico pensiero”, e pensa il Ritorno alla fantasia di una spietata e creativa INNOCENZA… Acquista lo spazio con candida insolenza, tanto cattiva quanto incolpevole!…

Qui mi torna il ricordo di quando giocavo di sera nascosto in un giardino che allora credevo incantato… Osservavo stupito col  pelo dell’occhio le lucciole che nulla facevano se non girovagare  luminose e intermittenti nel buio…

Io volevo sparire nel mio nascondiglio mai conquistato da alcuno : una finestra che guardava il mondo dall’al di sopra…

In quello spazio notturno e a luce spenta, osservavo tutto e tutti dall’alto… Invisibile al riflesso, scrutavo accadere le cose agli altri compagni di giochi senza mai essere davvero coinvolto… Oscurato agli amici come una lucciola privata della sua luce…

Era quel preciso e nero momento un SENZA TEMPO, perché più non esistevo in quel luogo, bensì nel MIO LUOGO non visto da altri ,di quando l’eterno ritorno mi riguardava rendendomi assente persino a me stesso!…

E allora ridevo come un povero scemo, perché il mondo ormai solo esisteva per chi doveva stanarmi dal nascondiglio… Non certo esisteva per il mio “statico” ed “estatico” eterno/restare!…

 

Sia chiaro che col roboante e metafisico cazzoso pensiero tutto ciò non ha granchè da spartire!…

Quando tolgo il coperchio a me stesso dal mondo, ciò che stringo nel pugno non è che un “tragico” Dio che urla alla Luna mannara e agli altri viventi assordati dal Nulla

Un povero e patetico Canto…

Un UMANO TROPPO UMANO al veleno di solitudine…

                                                              Nient’altro che un grido

                                                                                               E una lugubre inquietudine…

 

 

     

 

 

7.

 

 

Forte di vecchi virtuosismi “hegeliani”, io ribadisco che ogni “Spirito” acquista “Realtà” solo se supportato da una “fisica” persona che possa “pensare”… Forse si mangia la coda il serpente, se la pensa così?…

Se la blasonata Scienza è la creazione di uno “Spirito che si sa Spirito” (Così pressappoco direbbe lo Hegel …) questo può starmi bene… Ma è sempre comunque un CORPO ad essere padrone di un pensiero che pensa se stesso…

Tolgo il soprabito al corpo e lo lascio in mutande, poi mi sbarazzo anche di queste con il tagliente rasoio di OCCAM Guglielmo ritornato alla vita!… Ciò che rimane in piedi di questo cimelio fatto di carte e bicchieri di vetro (intravisto tra una nebbia avvolgente) non è che un semplice e singolo “individuo”… A meno che io non sia un fantasma manovrato da qualcuno dall’alto che si diverta ad inculcarmi il suo pensiero , facendomi credere che esista una Realtà che invece è solo virtuale (una specie di Dio Ingannevole Cartesiano)…

 

Ciò che chiamo Incondizionato urge disperatamente di una “Persona”… Una maschera che al mondo strilli la propria esistenza!…

Ma questo “esistere” non implica la conoscenza reale della superficie intesa all’”esterno”, perché vedo all’infuori solo “accadimenti”che non posso risolvere senza sapere chi sono  e da dove provengo…

Forse il punto è proprio questo : fare accadere semplicemente le cose senza “conoscerle”…

Non feci accadere quel putiferio quando da infante volevo scappare da quell’odiata colonia estiva?… Volevo la traversata del mare senza sapere nuotare!… Non fui forse bloccato di notte sulla soglia di quella galera da quell’odiato omaccione che mi trascinò al mio sacro dovere di piccolo coloniale subente, grazie al suo ditone insolente attaccato al mio povero orecchio arrossato?… Non fu forse lui a portarmi al cospetto di quella tiranna di direttrice infuriata e mezzo svestita , somigliante all’Idra di Lerna o alla Gorgonia impazzita?…

Una volta messosi in moto il “necessario” organismo, l’orologio procede da sé senza nulla in contrario… Un “miracolo” caricato da qualche Dio Leibniziano che tutto ha “prestabilito” e previsto dalla notte dei tempi… L’averlo lui “creato” non implica  in me la conoscenza di ciò che chiamo col nome di Tempo… E tornando all’Idra di Lerna vestita di sole mutande, se l’avessi saputo che tutto rischiava di essere “predeterminato”, avrei forse capito che quel tentativo di fuga era maldestro!… Perché ancora un sol giorno di attesa, un solo fottutissimo giorno, e sarei ritornato alle bianche lenzuola di casa ove poter scoreggiare tranquillamente sotto-coperta!…

 

Dopo questo delirio, posso affermare che la Scienza non à una “regola” esistente in natura, ma solo nell’autocosciente Soggetto…

Così “nomino” ciò che sta a monte : l’enigmatica COSA IN SE’!… Non la chiamo col nome di Dio… Ma forse tratta proprio di questo!…

Una semplice,apparente , parola finge di salvarmi dal dubbio!… Forse non è che la mia edificazione  di un singolo essere quale io sono… La eminenza/sapienza con la quale pretendo di osservare la “Natura” adeguarsi al mio “senso” curioso… Quando lei invece è da sempre quella che era e quella che è, sbattendosene del mio fiero pensare e del battito del mio povero cuore!…

Cosicché l’altisonante “Rivoluzione Copernicana” è tale solo per me… Per un vivente che “pensa”… Ma ciò non interessa agli erranti pianeti del Sistema Solare , o alle stelle luminose e cadenti… Non interessa alle tintarelle di luna o alle supernove impazzite di luce e calore…Dalle notte dei tempi e ancor prima che nascessero i santi , queste navigano per lo spazio, totalmente indifferenti, e in compagnia di qualche buco nero di culo galattico…

Esse sfuggono ai nostri tormenti alla velocità della luce l’una dall’altra, sin dall’inizio di quel brodo stellare nato da una nebulosa primigenia…

 

La COSA IN SE’ non mi riguarda, comunque non più dell’alopecia senile che avanza…L’ ASSOLUTO suo “fondamento” è la disperata invenzione di qualche “metafisico” genio… Un povero singolo  straccio di carne, magari col culo infiammato ,e un giorno votato a putredine!… E’ un mito della mia immaginosa mente un po’ lugubre… Le tenebre rischiarate da una scintilla di falsa speranza…

La Cosa si sposta sempre di un frammento più in là, giusto per non farsi afferrare da me… Un po’ come quando per raggiungere il mitico bivacco Leonessa ,a tremila di quota, io alzo speranzoso la testa credendo di essere in cima, e invece sono sempre alla stessa distanza di un’ora prima!… E allora giù con bestemmie che non posso citare!…

Cerco salvezza al delirio affermando che posso “rappresentarmi” la Cosa… Ma ciò è una conoscenza “seconda” che implica l’esserci della mia esistenza…

Sono molto lontano dal riposare nel profondo e aorgico oceano che è l’”Immediato”, perché mentre nella ricerca mi rappresento in quell’improvviso respiro, la Cosa mi è già scivolata dalle mani sudate e ansiose di afferrarla…Lei è già naufragata nell’incerto Oggetto che intravedo insieme agli attributi aggiunti che ho posto per rendermela familiare…

Perciò mi rassegno… L’Immediato mi obbliga a scegliere : O riconosco la Cosa, o riconosco me stesso!… E l’asino di Buridano, indeciso sui due covoni di paglia. , si lascia morire di fame!…

Anche se penso perplesso che non sia poi così semplice il “conoscer se stessi” di “oracolosa” memoria…

Per divagare un po’, se fossi “in Cristo”, sarebbe come affrontare il vero significato “Paolino” di AMARE… Posso illudermi giocoforza di “credere” che l’amore maiuscolo e strano sia intrinseco a un “sacrificio” che faccia di me un vivente “senziente” il “diverso”… Che questo “sentire” , ogni microsecondo che passa, si guadagni tutto questo scalando le innevate vette della “curiosità” sentita nei confronti dell’ “altro”…

Mi domando comunque se sia così importante il Soggetto (o l’Oggetto) del mio contendere amore, o sia più importante il non sfinirsi nell’ascolto dell’altra persona…

Per esser vitale questo “sentire” abbisogna delle ceneri della Fenice autogeneratasi dalla “normalità”… Non solo abnegazione, ma anche immaginazione dei colori del buio…

L’esaurirsi di questo temo non stia solo nel “sentimento” sfumato, ma anche nella “immagine” che mi sono “costruito” del mio “oggetto” amoroso…

Sono un illuso architetto che poggia le fragili fondamenta sulla lava vulcanica… Il mio culo sognante sta sempre in posa sopra al vulcano!…

Aggiungo a questo che l’esistenza,  la generica vita, dal mollusco al bisonte e dalla formica all’orca assassina, non riguarda la conoscenza che ho delle cose… Riguarda bensì quello che Cratilo (allievo di Eraclito) affermò in un sussurro cinque secoli prima di Cristo : Panta rei… Tutto scorre!…

Se penso a me stesso non ottengo la “scienza” di quello che sono…Invece osservo allo specchio un coglione che crede di sapere da dove provengano le incazzature quando si allaga il bagno di casa… O da dove provengano le passioni con annesse le insonnie… I timori e tremori con le Madonne…

Da dove provengano insomma le mie emozioni, tra l’ascolto agitato del cuore, o la tensione di muscoli stanchi…

La conoscenza “reale” che ho di me stesso equivale a tante scoregge mentre leggo sul vaso del cesso… Vento che fuoriesce dai miei pantaloni e che corre verso l’oblio di un giorno reso fatale… Perché “La natura ama nascondersi” , giusto per citare ancora l’Eraclito… Abbiamo la conoscenza dei pidocchi che a fatica estirpiamo dalla nostra pelle (è sempre l’”oscuro” a parlare…) ma di quelli non presi non ne abbiamo nemmeno la più pallida idea!… Secondo leggenda Omero si uccise non risolvendo l’enigma propostogli… Con il dilemma irrisolto finì morto!…

Aggiungo che non conosceremo i pidocchi che accogliamo sottola pelle…

                                                            Ma forse le serpi arroccate nel nostro cervello…

                                                                                                      Le immaginiamo mentre sogniamo.

 

E giusto mentre mi si chiudono gli occhi dalla stanchezza, ripenso ad una notte passata a cercare un amico in un bar del centro-città… Lui era ubriaco, ma anch’io non scherzavo comunque!… Era in compagnia dei suoi soliti amici stra-fatti di tutto… Ohi Mauri, finalmente ti vedo!… Aspettami qua, che dopo andiamo a fare insieme due passi… Ho della roba che mi deve dare un amico, mi faccio uno sniffo e sono da te… Torno tra un attimo, ma tu come stai?… Se ne va senza aspettare risposta… Dopo tanti attimi passati ad attenderlo ,lui poi è ritornato…Più suonato di prima… Dai accompagnami a casa, mi dice, che non sto troppo bene… Già, per questo sono venuto… Tua madre mi ha chiesto se ti venivo a cercare perché manchi da stamattina senza dare notizie, e lei è un po’ preoccupata… E poi mi ha ribadito che sei il solito disgraziato nullafacente…E io come facevo a sapere che lui era in questo cesso di posto, con tanto di piastrelle impiastricciate di nicotina e di alcool versato sul banco?… E dove cazzo di altro posto a quest’ora di notte potevi tu essere, io gli rispondo sullo scocciato…Perché non provi a sniffare in compagnia, lui torna alla carica dirottando discorso, son buoni tutti di farsi le  canne e ridere come cretini… Ho paura di perdere il controllo di me, io controbatto… Di fare un viaggio senza ritorno… Solo per questo?…Ma certo, gli aggiungo un po’ ipocrita… Beh, vabbe’… Dai accompagnami a casa che non mi reggo più in piedi, mi dice dopo una lunga pausa di riflessione… Questa ormai è una serata di merda… Sei comunque un tipo un po’ strano, aggiunge mentre mi osserva con spento cipiglio, quando poi ti degni di uscire da quella campana di vetro ove vivacchi rinchiuso da sempre…

Così ci avviamo verso sua casa che è quasi mattina, molto vicini all’albeggio e un po’ claudicanti… Annusando il puzzo sofisticato di questa città, futura autorità del prosciutto… Un misto di sapori mischiati all’orina evacuata che non reggiamo, causa una sbronza allegra non troppo…

Mentre sto attento a non pestare le merde di cane, mi vien da pensare alla responsabilità della vita… Cazzo, che frase sonante!… Quale seriosa autorità mi attanaglia da dentro!… Questo è il nocciolo del questionare… Questo è il macigno che pesa più di qualsiasi cosa, borbotto mentre mi riabbottono la patta dei pantaloni…Il macigno è ancora più peso che quella testa di cazzo del mio direttore!…Che cosa dici?…Oh niente, riflettevo durante la mia poco lucida ebbrezza che sta per svanire…

Arriviamo davanti a casa sua…Ciao Mauri… Alla prossima volta… E cerca di uscire più spesso… In tutti i sensi…Ma si accorge di essere senza le chiavi di casa… Chissà forse le ha perse, ben non ricorda!…Temerario,allora suona il campanello, e risponde ,dopo non molto al citofono, un’autentica furia incazzata… Suppongo sia la sua mamma… Poveretta a sopportarlo… Poveretti noi tutti che viviamo dentro ad uno scherzo organizzato da altri…Vetri che ogni tanto si infrangono per poi ricomporsi giornalmente, grazie al nastro isolante dei nostri segreti…Poveretto anche quel tizio  che passa in questo momento con una bici scassata, e che suppongo si sia appena alzato da letto per recarsi al suo lavoro di sempre… Come di sempre sono un po’ tutti i lavori che tu non puoi scegliere, affratellati da madre “necessità”…E’ un’ombra che passa veloce in mezzo allo scuro imperante che lo circonda, come le nere vacche che nella nera notte sfumano tutte quante nell’”indifferenza” scevra da qualsiasi qualità…Esente dalle bestemmie, libere di colpire felici nel mucchio, ove tutti sguazziamo da troppo tempo… E nello stesso identico attimo, ultimato questo cazzeggio, ritorno nella mia stanza a prova di atomica, chiudendo gli occhi arrossati per la stanchezza…Buona notte, anzi, buona mattina…

 

8.

 

 

Istintivamente intuisco Dio e Natura nell’unica maniera possibile… Tra i pori della pelle e l’asfissiante puzzo delle ascelle sudate, ciò che costantemente rimane è la “Fede”… Non ha lei nessuna paura di mostrarsi davanti a mamma “Ragione”!… Nessuna paura di vivere lo “scandalo del paradosso”… E questo ben poco spartisce con  il “razionale”…

“Pensare” implica “vivere”, cioè respirare, grattarsi, cagare e dormire… Soffrire e forse sognare… Un amletico procedere per quella strada, un microbo di capello più in là del mitologico Arcano “non - noto”… Il non conosciuto, se appunto non intuito da qualche parte là fuori…

Immagino questo Mito come una STORIA raccontata durante i secoli della Ragione…Rabbrividisco sino al profondo del cuore per riconoscere un comunissimo viso tra le frattaglie e lo sfintere della “Dimostrazione”…

E’ un paradosso , ma l’esistenza non è conosciuta tramite il cervello… L’esistenza è rivestita di carne e odora tiepidamente di umori giorno su giorno, perché l’affamato processo di “Negazione” mi riconosce “diverso” da qualsiasi altra cosa o soggetto in questione… Non è che un “separarmi” che sfugge sfumando alla vita degli altri…

Essere solo dentro me stesso… Ove cercare, nel totale silenzio,  lo “Scandalo” della Fede, ancor prima di uscire incontro alla luce, come un povero e puzzolente placento/incazzato che piange, in libera uscita attraverso il grembo materno, chiedendo di uscire alla vita!…

Lo strillo e il dolore di una gioia interiore… Questa è la mia conoscenza mediata da quello che è esterno… Poco prima del lancio bagnato nell’intorno vuoto non vi era che “calore” e “piacere” non noto… Pigramente beato e incosciente, ne assaporavo il fluido liquido, forse un po’ nauseante, ma nutriente!…

 

Più ho “Coscienza” di cosa sono e più mi allontano dalla “semplice” vita, assorto e distratto da ciò che credo intravisto : il mondo del Certo uscito allo scoperto…

Più cresce quel moccioso neonato che mi porto dentro, e più un impeto a vivere afferma il mio sé, separandomi da ciò che giornalmente conosco…Acquistano seriosa importanza le cose che vedo, togliendomi queste l’egemonico e morbido abbraccio del mio io in costante espansione…

Più da bimbo furbetto prendo coscienza di me, e meno ne ho in generale di qualsiasi cosa diversa,e il “monismo” iniziale ,che tutto confusamente sommergeva all’interno, si traduce alfine nell’osservazione dell”altro”…

Più vivo la mia separazione dagli altri e più inevitabilmente il meccanismo di costruzione galoppa verso la fine, impropriamente da me definita come un “negativo conoscere”… E così il grande Plotino chiamava l’Uno un Dio Negativo, lontano da qualsiasi attributo...

Il “Conoscere / Negativo” è uno specchio in frantumi che rivolge una Immagine posta di fronte alla vita… E’ mia la scelta di essere aldiquà o aldilà di quel vetro smerigliato oscurante quella speculare apparenza…

Senza discutere troppo, si può semplicemente vivere , come si deve semplicemente morire, giunto il momento…Questo forse provoca turbamento, ma vivere nell’attesa di un Avvento è già un pensare la morte senza l’angoscia del nichilismo… Anche se lei poi ritorna nella mia “inconscia” cantina dell’io…Quel che nasconde la mia fedele “chiamata” è una impalcatura di tubi di ferro misto ad ossame… Un amalgama di carne e catrame a sostituire un Mistero che nella realtà non mi appartiene… Disperato cerco di aggrapparmici ,con il panico “esistenziale” di lasciarmi sfuggire la presa… E  nell’attesa del crollo che mi scoperchi lo sheol , mi degusto una grappa…

Uno spietato aneurisma mi coglie mentre serafico attendo quell’ultima onda che un giorno sommergerà questo esclusivo e stupendo pianeta…

 

Gli speranzosi rimedi che aziono,come qualsiasi altro illuso soggetto che vive, e cioè il più geniale di tutti (la Fede), oppure il più “metafisico” (l’Immortalità dell’Anima!) falliscono a volte anche solo per un dolore di denti!…

E’ più forte di me il dovere pensare che i ricordi si disperdano come “lagrime nella pioggia”, come disse quel replicante di un “poeta” in quel film straordinario…

Così fallirono anche i Tragici Eroi del nostro remoto passato, giungendo al capolinea del dunque di un limite estremo… Annullarono il Noto (leggi Immediato…) scrutando nella carcassa che un giorno sarebbero diventati…

                E altri ascolteranno così questo mio rantolo al buio

                                                                           Durante la burocratica fine

                                                                                                              Del mio esclusivo respiro.

 

Guardi che bello quel volto, mi dice un signore mentre contempla un dipinto rinascimentale in Galleria Nazionale… E’ in estasi completa!… Un neutro stato avvolto di “metafisico” Nulla… Non è forse così che dovrebbe essere il Volto di Dio?… Lei non trova signore?…Se così è, l’arte contemporanea quel volto lo ha perso per sempre… Figuriamoci se Dio fosse nascosto all’interno di un quadro informale!… Oppure ci guardasse attraverso gli occhi di quadro cubista!…Che casino sarebbe per le nostre certezze, magari di futura sopravvivenza, intanto mi vien da pensare, mentre cerco di svignarmela con discrezione…

 

 

 

9

 

 

Uno stato NEUTRO dell’Essere, incolore e inodore, comporta la trasparente contemplazione , forse un po’ ebete, del volto di Dio?…Se la risposta è affermativa, traspaiono chiaramente nelle ansiose sere, alcune evidenti chimere…La vampira Solitudine è la compagna, rischiarata a volte dal lume dell’ascolto interiore…

La maschera del volto di un dio bifronte attende una mia “conversione”, in compagnia del mio bischero corpo che accoglie fastidiosi spilloni piazzati sotto la carne… Ed è sempre comunque meglio di un assurdo ed insipido “neutro”… Perché cosa vi è di più sterile di una ascetica “contemplazione” che mi trasferisce in un “altro” che magari mi digerisce dentro il suo stomaco?…

Annullo il mio io, e intravedo il mio Dio contemplante, come fanno gli indù?…

La perdita della mia individuale sensibilità dovrebbe consentirmi la “astratta” conoscenza di un Altro Universo… Quando nella realtà il vero rischio è quello di osservare l’abisso!…

Che ne sarebbe di me senza la reale possibilità della prassi?… Cosa sarei io se fossi solo scrutato dall’occhio di una tiranna  “teoria”?… O che sarebbe del mio fragile corpo durante una breve e felice giornata segnata da un nevrotico tempo che si lascia scorrere avanti?… Che ne sarebbe del mio slancio istintivo verso un “simpatico “ prossimo che mi domanda di riconoscere la sua diversità?… Cazzo mi frega se adenina lega guanina in abbraccio fraterno con citosina e timida per la “riforma” del Dna, se poi perdo l’ascolto di una concreta parola, o l’osservazione di un semplice volto lasciatemi perplesso a sognare?…

 

La Conoscenza Teorica delle cause e concause del mio esclusivo soffrire non mi alza di un metro da terra!… Perché io non voglio sapere in quale posto la mia insonne inquietudine si leghi al mio evanescente futuro, o che cosa si nasconda nel mio regresso interiore…Vorrei solo attraversarlo nel sonno, lasciando che Edipo fallisca la sua missione di morte e vendetta, mentre depone il suo fallo infiammato di fronte a Pallade Athena,

                                                  Assorto e sfinito

                                                                          Mentre si crogiola

                                                                                                      Nel suo esaurito silenzio interiore.

 

 

10.

 

 

Vivo “modernamente” rinchiuso nella gabbia del mio cartesiano Soggetto, ben al disotto dei pertugi implodenti, che sono profondi quanto l’abisso delle Marianne…

In quel luogo votato al silenzio mi si dispiega un Faust dannato , come fosse lui un cerebrale padrino del nostro Occidente…

Ciò che è “interno” mi indebolisce togliendomi l’aria e lo spazio di tutto il mio intorno già visto, e mi priva di una Visione che raggiunga l’esterno… Perché quello che “vedo” non contiene un certo che di “oggettivo”,scrutato e valutato nella evidenza rivestita di ogni suo contenuto…

Vi è diversità fra il mio “moderno” essere, e l’arcano uomo greco “esteriore” ed “oggettivo”, perché quest’uomo vedeva l’”Essere” MOSTRARSI a lui (penso a Parmenide) quasi come se questo fosse un atavico mostro uscito da un mare agitato… Un mostro resosi evidente agli occhi di chi lo osserva curioso… Ringrazio Aristotele (o fu forse Platone…) per avere intuito che quel primo “streben”, ossia l’impeto della “ricerca” verso un qualcosa, nasce dalla nostra indomita MERAVIGLIA… E’ lì, in quel luogo e in quella situazione, che fermenta la “nascita” della Filosofia…

L’ Essere attirava lo sguardo “là fuori” all’aperto, come il proiettile/eidola democriteo espulso da occhi osservanti nello stupore una “Scienza della Natura” in via di formazione… Uomini che vedevano e raccoglievano “Fatti”, causa la “composizione” di un Mondo per molti aspetti non ancora risolto nei suoi arcani misteri…

 

L’uomo “moderno” invece proietta nel suo imploso cervello il “riconoscimento” dell’Essere in una scheggia fuori uscita da lui, e scambiata per “conoscenza dell’altro”… E così prende coscienza del diverso e fumoso orizzonte come fosse il Soggetto…

Infatti ,come Moderno, io tutto riplasmo con presuntuosa similitudine, assimilando ciò che reputo “barbaro”,come un mezzo antropofago che tutto ingozza per poi vomitare, magari convinto dagli spot del cervello “mediatico” di essere bello e vincente!… Un povero deficiente a insidiare quello che passa attraverso il suo monitor!…

Ebbene divoro spaghetti al ragù, mentre lacrimo affranto davanti all’ordigno televisivo, osservando lì dentro,stupito, qualcuno che impreca o che piange perché la moglie lo ha abbandonato lasciandolo litigare, lui povera testa di cazzo, col calzino bucato!…Oppure osservo il desolato scenario di un dopo terremoto,ove tra le macerie del nostro cervello emergono i cadaveri dei nostri estinti, rievocati da un associato ricordo… Tra gente che urla il proprio dolore e i cani che abbaiano nello stupore di non capire quello che sta accadendo, come bimbi giocanti nell’ignoranza totale della tragedia (e beati gli ingenui..) mentre io davanti allo schermo mi abbuffo dolente all’ora di cena, versando ipocrite lacrime su di una bistecca condita al sangue degli altri…

Per questo mi assale un paludato “senso di colpa” tutto incentrato sul cosiddetto Uomo Moderno…Quest’ometto che vuole fare accadere gli eventi, senza nessuno spazio lasciato ad una visione che non sia il suo “Ego” filtrato dal Personal Computer di casa, collegato direttamente ad una scaglia del suo infelice cervello… Un impaziente teleutente di tutto il ciarpame del mondo, e che mai permette alle cose si svolgersi e mostrarsi per quello che sono…

 

Tornando all’inizio della questione, un certo impulso accomuna la comoda “tecnologia”, tenuta modernamente in vita da tanta vergogna elettronica sparata attraverso le sinaptiche onde del povero e stanco cervello, a ciò che io chiamo l’”artistico pensiero creativo”, ovvero l’estro che ogni artista vanta di avere portandoselo appresso…

Mi concedo una digressione per quando , da piccolo, disegnando su carta il disastro romano di Canne…Sprecavo tutto il mio “ingegno” per sterminare gli eserciti!… Con le manine sporche di inchiostro al posto del sangue, mi sostituivo dignitosamente a “Nostro Signore”, di quando sceglie tra la vita e la morte per condannare gli umani col suo Giudizio implacabile!…La mia “volontà di potenza” allora imperava nel sogno, forse come quella di qualsiasi infante…

 

Arte e Tecnologia sembrerebbero in apparenza lontane, mentre invece si scoprono quasi sorelle nella ricerca di una comune “finalità”…In ambedue fermenta la brama Moderna della “conquista” (che la posta in gioco sia la “gloria” o sia il “mondo” ha poca importanza… è l’Immortalità il loro fine supremo!) ; Ambedue ,un po’ masochiste, si godono il loro tormento… Lo spasimo della Natura si abbraccia allo spasimo dell’ “artistico” Ego… E in questo si rischia di perdere il “simpatico” ascolto rivolto all’esterno e alle esigenze dell’altro…Il grosso pericolo è che il sibilo della Macchina e l’urlo “Munchiano”, nascosto all’interno, mi assordino come il motore impazzito di un compressore…

Rimango in egocentrico ascolto di ciò che è sepolto là fuori… Uno strillo di cui non capisco se provenga dal cielo o dal mio buco interiore!…

 

Mentre indossavo le spoglie di Edipo

Vidi quella PRESENZA avanzare nel buio…

Rabbrividii vedendomela apparire davanti nel suo abbaglio tremendo

Mentre abbatteva alberi enormi al suo passaggio…

Io mi aggrappai spaventato a quel briciolo di decenza rimastomi in corpo

Nell’attesa dell’impatto imminente!…

Tutto fu reso vano, perché la fine mi colse,

Piccolo Re sputacchiante nel buio,

Mentre raccoglievo i miei poveri resti :

Brandelli di carne sopra un legno dorato, spalmati sopra come nutella…

Le splendide Icone Ortodosse sopravissute a un Iconoclasta Passato…

 

Con l’andare dei secoli,

Ora che a Faust assomiglio,

vedo una invincibile FORZA che esce dall’invisibile…

Non avanza là fuori all’oscuro,

ma uscita dalla mia “ghiandola pineale”,

Si fa strada vendicativa e beffarda

Dopo il risveglio della Coscienza dai secoli addietro…

Non è Lei ad aggredirmi terrifica

Ma sono io che mi vedo abbattere gli alberi del “non ricordo”,

mentre colgo lo sguardo sgomento di Edipo

Che attende spaventato l’impatto con me!…

Perché, strano a dirsi, ero io quella forza che avanzava là fuori nel buio…

Non era davvero mai uscita all’esterno,

                                            Anche se questo ho creduto

                                                                           Quando vestivo gli splendidi panni

                                                                                                                                Di un piccolo Re!

 

11.

 

 

Durante il suo nervoso pulsare la vita si muove scandita dal tempo di un lieve e costante respiro…E’ forse così prigioniera del cosiddetto “pensiero”?…Qualcosa di fortemente cosciente si auto rappresenta in tempo reale…

Esiste la logica “necessità” delle cose che “accadono” misticamente, oppure è un opportunismo peloso a muoversi verso una dolce “armonia” che si rispecchia nelle sfere celesti del firmamento?…

Una discrepanza vige al mio interno, riportandomi verso un sentiero che  si interseca in due…

Una strada si proietta in salita verso il suo cielo, mentre l’altra si scava sotto la terra una fossa profonda…Quella che va verso il cielo passa i dirupi e le vette nevose della “Morale”, salendo tra i duri bivacchi e il rumore dei tuoni, che si sperano ancora lontani…Mi lascia sfinito ad auscultarmi il respiro, con l’occhio macchiato da colori resi brillanti dall’aria sottile , mentre l’altura cambia le tinte sfumando tra i miei pensieri… Il muschio scambia il colore legato alla roccia, e la luna è a stretto contatto con il blu intenso del cielo che si mischia al pallore dei perenni ghiacciai… Tra le grida solenni dei poveri cristi rincoglioniti che si credono Montezuma per avere loro fatto chissà quale impresa!…Anche se questo purtroppo non basta per cogliere quello sguardo che ci scruta dal Cielo!…

La strada in discesa invece mi porta alle oscure miniere dei nani di Tolkien, ove impera il silenzio intervallato ogni tanto dal rombo che emette un granello di terra caduto dentro l’abisso…L’aria è viziata al sapore di chiuso, in quella fossa ricolma di angoscia e mistero analoga al mio dubbioso pensare…

Una volta mi nascondevo in quel che credevo un buco profondo, estraniandomi beato dal mondo, fuor che da un grappolo di cielo intravisto alzando i miei occhi… Era l’unico contatto visivo che avevo all’esterno, ove in contemplazione fantasticavo di essere rimasto l’unico al mondo  ad osservare quella spennellata di azzurro… Ma quello non era il “kantiano” cielo stellato sopra di me (caro e dolcissimo Kant…) bensì era un desolato cielo da me imprigionato in quella fossa compagna al proprio mio ego… Uno sciroppo al sapore di “umano”,unico corpo superstite che non mirava all’alto dei cieli, bensì alle intercapedini di una carne sprovvista di qualsiasi scintilla di redenzione…

La discrepanza vuol farmi credere che la mente e il corpo siano diversi l’uno dall’altra, come se il pensiero provenisse da chissà quale galassia di questo profilattico mondo in seminato forse da vita alloctona!…

Un sidereo Cielo , che un tempo remoto qualcuno chiamò con il “platonico” nome di Iperuranio, non è che una invenzione, un luogo dell’anima, perché se è pur vero che “la civetta spicca il volo durante la notte”, è vero altrettanto che io sono immerso in quella notte pregna di inchiostro ed esente da luna…

Affogo nel buio, buon “esistenzialista” di merda che sono, tutto rintanato verso il mio interno…E come è vero che la notte precede il pensiero e il bruco diventa farfalla, è al termine di tale notte che la mia coscienza giunge a “Ragione”, libera finalmente di espellere da sé eterne sentenze, con annesse anche scemenze!… Questo perché è impegnativo capire sul serio da dove provenga l’ “Inconscio”… Perché nell’”oltrequando” così oscuro e fitto è il borbottio che fanno i neuroni, liberi di colpire a caso, che nemmeno so riconoscere il mio rantolo da quello degli altri!…

 

Solo una scelta di “Fede” potrebbe farmi intravedere una microba luce proveniente dal buio sentiero… Tanto è oscura quella spaventevole strada, che io speranzoso osanno quella flebile luce apparsami innanzi al tragitto…

Mi occorre il “Divino” per così continuare il percorso/discorso, come se il Logos di Eraclito fosse disceso dall’alto per una sua libera concessione verso i miseri esseri che cercano speranzosi una fugace “Sapienza”,ovvero la calata del Cristo salvante noi tutti, causa il pesante fardello della sua Croce!…

 

Tale e tanto è il mio disperato “cercare”, tale e tanto è il mio desiderio di “unificare” ciò che con fatale entropia si dissolve in calore, tale e tanto è il bisogno di rendermi chiaro, che a volte credo in “concessioni celesti” che nella realtà sono invece insaccate all’interno del mio buco di culo specifico…Quello stesso che ,oltre a formarsi i suoi dèi, nell’ansia si fabbrica mostri che dal cervello vogliono uscire a scoperto… Le spietate Erinni, le insopportabili sanguisughe del nostro atavismo… I “cattivi pensieri” che mi si aggrappano al collo… Le Arpie ghignanti che cagano teneri stronzi sulla mia torta al gelato!…

 

Un improvviso lampo rischiara quel buio, lasciando la mia ricerca a non ritrovare che il Nulla… Mentre io affermo solenne e cazzuto che prigioniero è il Pensiero intrappolato dalla sua Vita che pulsa…

                                           Anche se poi questa

                                                                         Riguarda solo l’oscuro.

 

 

12.

 

 

Rifletto con seriosa coscienza, mentre balbetto cercando di riferirmi ad un “Qualcosa” di Superiore… Mi invento così la parola Concetto, anche mentre faccio la cacca nel cesso…

La mia povera, singola , incartapecorita esistenza si traveste indossando una maschera al volto,causa il trasparente rimugino delle solite cose, anche se lei nella realtà vorrebbe saltare oltre la siepe per mostrarmi “Chi” mi sovrasta…

Osservo, oltre il piscio degli Angeli, una brillante luce invernale… Quel certo qualcosa che mi mi possa giustificare innanzi a quel tribunale riunitosi apposta per lo sviscerarsi della mia angoscia goccia su goccia…

Questo non sapere credere a nulla (tanto meno a me stesso!) è il mio “esistenziale” e cazzistico senso di colpa, non tanto di esistere come un povero neutro innocente, bensì per non continuare la corsa oltre la soglia della mia singola vita… Uno scempio che invecchia con le sue cellule implose ed usurate verso il loro finale sparire…

Per questo “storicamente” mi evolvo verso qualcosa… Un continuo di stirpe, o meglio di specie, nell’invenzione di un’ Etica, come se questa in sé accogliesse qualche cosa di Eterno… La trascrizione “Morale” di ogni genetico codice desossiribonucleico… un DNA che possa rispecchiare ogni mio atto… Una attività che pulsa la sua attualità, burocraticamente rimessa al mio “responsabile” senso comune nei confronti dell’ipotetico tribunale di Auctoritas Divine, mentre queste mi osservano candide candide nel loro infinito, come infinite sanno essere le “vie del Signore”!…

L’Etica si “inventa” sé stessa, riconoscendo tutta la sua “provvidenza”, perché questa, con la coscienza, fissa sopra al mio istinto i solidi paletti non oltrepassanti un certo “limite”… Un rancoroso rimugino nel vivere in pace il resto della mia vita, mentre scarico a terra candidamente i litri di lacrime…I depositi del mio malumore…

 

Il corrispondere dell’Oggetto al Concetto mi fa giungere al dunque di ciò che chiamo il mio “Fine”… Quello che è stato effettuato da me, tra gli umori bagnati di sofferenza, gli escrementi cagati alla crema, e il sudore del sangue e del latte versato… Tutto alfine comporta la contemplazione delle mie “Dodici Tavole”… Una LEGGE che impongo a me stesso, anche se la partenza coincide con dove sonno arrivato, come un serpente che si mangia la coda e digerisce le uova, perché mai sono veramente partito per qualche dove, se non nell’illudermi di illuminare un cammino di chissà quale viaggio!… Nella solenne credenza che un “Necessario” sia messo lì a controllare le mie azioni… Nel sovrastarmi dall’alto con il suo super occhio scrutante, a giustificazione del mio beato traghettamento verso una ricercata e desiderata “Finalità”…

 

Una Luce accecante venne ritenuta in un tardo passato il Bene Assoluto!… Mentre adesso l’unico assoluto che incontro ,nel mio inquieto pensiero, è che sono gettato nel Vuoto,

                                                                                Pronto a soffrire sino a quell’incerto

                                                                                                                                     E futuro poltrire.

 

 

13.

 

 

Una beffarda MASCHERA prolifica insieme alla mia personale vergogna quando ripenso alle mie quotidiane schifezze… E’ questa che impongo alla mia coscienza quando cito il TU DEVI !…

Vige all’interno del mio cosciente pudore lo sconcerto di un trasparente “fuoco fatuo”… Cioè l’angoscioso pensiero che tutto sia Nulla, o meglio, il Male Assoluto!…Il semplice rispecchio immanente di quello che è colto ad esistere…

Urge forse per questo, alla mia dolce e ingenua coscienza, di avere una smania, una voglia, una volontà di rapportarsi con qualcosa di Superiore a lei stessa… Un Divino che colori una “Forma” che sennò dissolverebbe nel suo diafano fantasma assai misterioso…

Devo annusare la terra per causare in me stesso un “sentimento morale” al gusto dell’infinito…In uno schizzo di orgasmo cerco di poter raggiungere e poi superare l’orgoglio…

E’ come l’esplosione di ciò che credo il mio io limitato, giusto per non ammettere il nocciolo della cosa, aldilà delle seghe mentali e delle metafisiche fanfaronate incelofanate dal dubbio… Sto parlando  della mancanza di una “finalità” che mi protegga con l’elmo e lo scudo, e sconfigga questo rimescolato brodo al dado di carne e sapente di vita rafferma…Un FINE con la F di fica maiuscola, non l’”utile” e il “quotidiano” forse un po’ squallido e interessato,come può essere l’attraversamento del mare, o il terminare una scuola di cui nulla mi è mai fregato, se non per seguire un amico o far contento mio padre… Era davvero meglio scoreggiare al vento di una brezza marina, abbandonato su di una scogliera spumosa, col mio sacro culo posato su di una roccia, mentre affascinato scrutavo quel mare mosso dai miei pensieri alla schiuma di birra…

Annetta la saggia (mia nonna…) mi diceva sempre che c’erano cose che magari non potevo capire, però ,cazzo, sapere affrontare!… Un diploma di studio da prendere, un viso osservare, non bestemmiare, provare a studiare…Insomma conseguire un “Fine”!… Anche se poi tutto si sarebbe schiantato in un vicolo scuro!… E a questo ripenso, durante una notte passata da insonne con fare dubbioso, all’ascolto di un miagolare lontano… L’umida notte odorata nel puzzo dell’erba bagnata di un tempo, tra un cielo zeppo di stelle tristemente avallanti una luce che mi arriva già morta da migliaia di anni… Quel nero orizzonte ormai scruta i secoli addietro del nostro passato, e proprio adesso ne osservo il primitivo cielo, con le sue lampade alogene a lungo consumo stampate nel buio… Mentre mi ritrovo a pensare che mia nonna l’Annetta diceva del vero!… Polvere siamo e polvere ritorniamo!… Amen.

 

Forse la nascita dell’Infinito (lo chiamo così perché non so come altro chiamarlo, e che cosa ci sia oltre dell’oltre in questo cazzuto d’un cartesiano Soggetto!) mi giustifica di un solenne pensiero… Un austero maniero ritenuto il “Superiore”, come un luogo a cui disperato tenermi aggrappato, sfuggendo dal precipizio del mio “non senso”!…

Cerco di dare un Senso ad una vita molto spesso condita a cagate e dormite… Le zuppe di pesce del mio quotidiano delirio per stare tranquillo, perché mamma Ragione mi osserva dall’alto mentre beato mi sbafo un gelato guardando dentro il mio monitor personale…

Lei Ragione mi vigila come lei fosse un attento demiurgo che costruisce mostri per poi alfine distruggerli, ritrasformati nelle seghe mentali dei tanti pensieri…

Mamma Ragione è soddisfatta dall’alto del suo “raziocinio”… Agisce per tutti noi, mentre caga dal cielo le sue “Leggi” un po’ austere… Ma tiene nascosto il suo vero scopo, che è quello di GIUSTIFICARE ogni singola vita… Il suo involucro un po’ puzzolente, ma certo accogliente!…Perché senza di questo ectoplasma esclusivo, lei non sarebbe che un incorporeo fantasma…

 

Nella realtà e nello specifico, l’osannato e omologato “dovere” forse nasconde ,nel suo retrobottega, un IO VOGLIO che alfine si è tolto

                                                        La maschera.

 

14.

 

 

Che vi sia solo presunzione ed orgoglio  ove non possa mettere solide radici la “Fede”?…E’ questo  che differenzia lo scettico che non vuol “credere”, dal sereno ed “invidiato” credente, abbandonato anima e corpo al morbido avviluppo delle abbondanti mammelle “divine”?…

Forse sarebbe così,  se impavidamente il non-credente sostituisse nient’altro che la sua “egoista” persona al Dio ricercato nel profondo del cuore… Ma cosa pensare di chi dubitasse anche della propria persona, del proprio individuale soggetto?…

E’ davvero possibile mettersi in seria discussione, togliendosi di dosso quella ,un po’ ipocrita, melma che affonda nel fango ogni qual volta si proceda per quel percorso che porta alla vista del Cielo?…Non è forse un atto di sano coraggio un “non-credere” liberatosi dal velo peloso dell’ onnipotenza?… Non sarebbe forse saggio chi scaricasse nel cesso quella “deità dell’io” che dalla nascita prolifera nel sottobosco di ogni coscienza?… Dalla prima cacca che feci da solo nel water, lei mi accompagna mentre con orgoglio pulisco il mio culo, in compagnia di quell’incosciente parola che un bel giorno venne a coscienza, chiamata col nome di Io…

Forse mandarmi da solo affanculo mentre mi tolgo i peli dal naso allo specchio, non è poi così semplice, perché rifletto l’immagine di quell’abitudinario che sono, e non sempre ho voglia di ridermi dietro!…

Se si eccede nell’io, il calice trabocca ricolmo di un ego che poi ti si aggrappa nel collo… Il suo morso ti spinge alla fuga, volendo sfuggirgli lontano (Nietzsche… Dostojevski…i Mistici!…) come fosse la giusta “reazione” alla visione di un insopportabile volto bucante lo schermo…

Ci si ribella ad un peso interiore,mentre si sprofonda nello sheol personale di ognuno di noi… Una continua oppressione è l’antro che tutto fagocita da quel primo pianto uscito dal nulla… E’ il suo peso a farmi fuggire lontano, perché forse anche l’ateo vuole allontanarsi da ciò che, nel silenzio, l’opprime (forse un Dio Persona?…).

L’esclusivo richiamo al Divino è tale che è necessario tentare la fuga, perché in quel Nume a volte ricolmo di osanna, non “vedo” che il mio singolo “essere” assunto a “celeste” importanza!…Solo in una indecente risata sta forse l’unico scampo… L’unica scintilla di Salvazione…

Mettere Dio sotto i piedi forse equivale a mettere il mio segreto “me stesso” sotto la medesima suola!… Per questo è così difficoltoso affermare l’oltraggio a ciò che credo “Divino”…

E’ un luogo riposto nell’intimo, una stanza chiusa dal mio esclusivo “ateismo”, questa tremenda parola senz’anima e redenzione, che toglie la speranzosa veduta di quel Dio che ci siamo costruiti sulle aspettative “celesti”, tra gli armoniosi banchetti in cima all’Olimpo, ovvero tranquilli nirvana ad osservazione di un karma indurito e senza tempo…

 

Togliere la Sostanza mantenendone il Simbolo, semplicemente mi sposta il problema dal Dio al mio Io, non alzandomi di un nano-millimetro…

Ricordo di un tempo in cui mi credevo quasi un Achille perché ero imbattibile nelle corse con i miei compagni di giochi… Finchè un tristissimo giorno qualcuno mi morse il tallone correndo più forte di me, facendomi tornare mortale tra tutti i mortali!…

Improvvisi mi sorgono questi frammenti rubati al ricordo di un mio lontano passato… Malinconicamente mi lascio attraversare da questi nostalgici blues, come chi vive il “presente” senza far conto della invadente memoria che scorre tranquillamente come un fiume che trascina con sé i suoi rifatti relitti… E forse vivendo il ricordo di un passato patetico si tiene riposta una certa speranza… La celata rivincita dell’”Eterno Ritorno” all’infanzia  che sfugge come dal palmo sudato della mia mano…

Non è un caso che nella “poetica” rimetta i “ricordi” alle “immagini” di quando, bimbetto in quel piccolo mondo ancora entusiasta, smerdavo le mutande di certi fantasmi, i sogni e le visioni delle canzoni, facendo appartenere tutto questo al mio fortemente voluto e vissuto “Reale”…

Divenni poi adulto per poter ricreare un Mito… E chi crede che il Mito sia l’infanzia tornata virtualmente alla vita, tra i rifatti e acculturati risvolti che appartenenti a una “Storia” uscente dal nostro cerebrale passato, certo si sbaglia!… Il Mito non è che un tenero,a volte spietato, “ricordare” distorto di quello che fummo da giovani, e riportato in tempo reale… Una scoria formatasi ,ogni secondo che scorre, da quello che sfuma nello specifico oblio di ciascuno di noi… E sempre presente all’appello dell’immediato…

Può sembrare paradossale, ma l’ateo “convinto” solo dal suo orgoglioso egotismo, che mai l’abbandona, rischia di credere al Dogma dei Dogmi : La “deità” del suo Io!…

Tra tutti i dogmatici diventa così il più esaltato, ed anche il più stronzo!… Un “culto della personalità” che ogni becero totalitarismo accoglie al suo seno…

Ci si può render “leggeri” solo sbarazzandosi di un “tragico” peso, una zavorra che ci schiaccia sennò come un macigno di pietra, ripiena dalla mortificazione dei secoli… E mi si conceda una evasione : Il “Demone” dostoevskjano non è poi tanto diverso da chi crede al suo Dio, quando  afferma la sua “Libertà” di togliersi la  propria vita… Semplicemente si porge alla pari di un Dio, come fosse il padrone della vita e della morte…Ma scivola , beninteso, solo in una sostituzione di Dèi…

 

Nemmeno lo “scetticismo” ,un po’ ipocrita, mi scrolla di dosso il mio dogma, perché non con “illuministico” raziocinio si dimostra l’esistenza, o la non-esistenza ,di un Dio (meglio è allora come fece il sincero Pascal, che scommise sulla esistenza di Dio!)… E non basta nemmeno osannare il terribile Nulla del nichilista incallito… Come non basta porre sul gradino più alto l’amore per una generica “Umanità”… Chi ottimisticamente sbrodola “Amore” per la “umanità”, senza poi darle un volto concreto, rischia in realtà di amare solo il fantasma del “Genere Umano”, perché il “Dio Amore” è militante al massimo grado, ed è l’ANTITESI di uno sterile termine universale!…

Solo non dover credere al SIMBOLO ci libera dall’arroganza di essere “dogmaticamente” nel giusto… Un peso fardello sulle fragili spalle di disillusi… Perché quotidianamente da simboli un po’ ruffiani siamo bombardati, come ridicoli subliminali bersagli… Giusto perché la stessa “parola” simbolizza qualcosa attraversante la mia “interiore” Espressione… Anche lei infatti deve soccombere al convenzionale Simbolo se vuole affermare il suo Gusto, a volte sublime e a volte banale…

Per liberarmi dal Simbolo devo togliermi la sedia da sotto il culo dell’Io… Una responsabilità che non è poca cosa, perché il tonfo del deretano a contatto col suolo diventa assordante!…

Al plurale, rischiamo di “crederci” atei, tenendo riposta dentro noi stessi una malinconica, velata, “menzogna”… Perché anche gli ultimi Dei sono caduti, sprofondando da quel catafalco che li reggeva… Poveri beati fanciulli tra una folla di inferociti  eccitati “infedeli” pronti al linciaggio!…

Sono ruzzolati nel fango esalando il loro respiro mortifero…Hanno espulso da loro le “estatiche estasi” e le “Ontologiche Prove di Dio”, ormai confutate nei secoli fino alla noia!…

E’ una conclamata  devozione all’annacquo di preghiere impotenti…Peana che incombono come blues lamentosi sepolti sotto il cemento…

 

Finiti gli ultimi Dei, à franata anche la fragile diga

                                                                      Tra un oceano di bestemmie libere ormai di colpire!…

                                                                                                                  

Cerco così di dormire…

 

 

15.

 

 

Provo ad espandermi nel mondo “esterno”, vedendomelo comparire davanti come “altro da me” , e assimilandolo per “riconoscerlo”… Sono le scorie/scoregge che si stampano attente sul mio lunatico volto … La mia video/esigenza che nostalgica vuol riconoscere un “Nome”, o meglio un Simbolo, che mi faccia rimanere fedele a ciò che nomino, rendendomelo così fortemente reale…

Questo mi consente di vedere lontano, nel separare le cose alle cose, giusto per poter scampare ad ogni altro, per riconoscermi in quello che sono… Perché quel ragno schifoso spiaccicato sul muro non è un tranquillo ragnetto che non rompeva i ciglioni a nessuno (tranne alle mosche…) mentre tesseva la tela, bensì è un mostro tremendo che avvolgendomi mi succhia il midollo!…

 

In questo mostro io potrei riconoscere anche il “Supremo”!…Soprattutto nelle giornate di scoramento… Sono pronto così per cagare in me stesso una “Coscienza” che assuma un “Senso” nel suo rapporto con quel certo “qualcosa” esistente all’esterno, a scongiuramento della mia “salvazione” futura…

Al termine di questo mio “riconoscermi” vi è la beata(o almeno sognata tale) consapevolezza che comunque il “diverso” mi sovrasti con quella sua oscura scintilla “ultraterrena”… Ne intuisco il “Divino” e quanto altro, magari scorgendolo dall’alto di una scogliera scolpita dal mare nei secoli, tra mareggiate romantiche in un cielo al tramonto spruzzato di rosso, e in compagnia di nuvole grigie… Ne intravedo il Sublime nel volto di un Dio imperante attraverso il suo sguardo, sin dentro alla piaga del mio “Senso Morale” che cerca nervosamente un padrone per scrollarmi di dosso o sottomettere la mia inquietudine… Come se la cattedrali partorite dal Medio Evo ,con altissime e “gotiche” torri, non fossero che il mio dito devoto prolungato speranzoso nel cielo, nella smania ambiziosa di almeno sfiorare quel Volto Celeste cha da sempre ricerco nelle cantine del mio rancoroso passato… Quel volto che sfugge nel proseguo dei secoli, e poi ritrovato nella riscoperta  “morale kantiana”, ove il “tu devi” è il terrestre rispecchio di una celeste PRESENZA…

 

Ho la “colpevole” consapevolezza di essere una “unità di carbonio” che inizia il suo mortale cammino, dal primo giorno di genesi, insieme ai suoi galleggianti elementi… Tra il liquame di altri compagni suoi pari, dotati di movimento continuo, sino al giorno del tuffo nell’acqua del water situato in vetta all’ Olimpo, nell’attesa che Zeus, Visnù o Maometto, Wothan/Odino, il Dio della Bibbia geloso, o Quetzacoalt il Serpente Piumato abbiano tutti loro finito di fare la cacca…

Così io evoco con forte “responsabilità” il divino, perché intuisco dentro me stesso di essere ben poca cosa…

Nel retrobottega della mia coscienza dubbiosa fermenta e borbotta un certo “senso di colpa” di essere vivo senza saperne il motivo, che non sia quello evidente che mammina e babbino un bel giorno si “conobbero” con “intenzione”…

Faccio i conti comunque con questa cazzuta coscienza per motivare la mia “importante” esistenza, e per giustificare significativamente l’inspiegabile fortuna ( o sfiga ) di “esserci”… Nella credenza “finalizzata” alla creazione di un Dio “Personale”, a seconda del tempo e del luogo di nascita, per intimamente legarmi in “mistico” rapporto con Lui, io beato babbeo rapito nell’estasi… Nella dimenticanza a volte persino del battito del mio povero cuore o delle caccole al naso, insieme al calore che emana il mio sangue che scorre…

Scordandomi del corpo che procede nel suo umano cammino, fatto di umori e liquori alla menta, alfine ritrovo l’esigenza di cercare l’abbraccio con il Divino che collimi con il mio “senso morale”… Un amalgamato sciroppo di carne, rivisitato da un “etico” filtro… Perché Dio e Uomo hanno un estremo bisogno l’uno dell’altro, come marchiati a fuoco dall’Etica… Sono l’immagine speculare che riflette, tra l’estatico e il serio, quel misterioso Giano Bifronte che vive all’interno della mia perplessa coscienza…

Una fertile “Immagine”, incartapecorita dai secoli;vuole (per fortuna o per sfiga) “creare” dai fantasmi del suo personale delirio splendide cattedrali erette sulla sabbia desertica, quasi sperando che da quel desolato ex- voto, leggermente frustrato, possa un giorno sgorgare un impetuoso torrente di primavera!…

Basterebbe invece sentire cosa comporti un dolore continuo di un organo incancrenito che tormenti un debole corpo debilitato, per intuire, anzi capire,  oltre alle consolatorie vie di scampo attivate come espediente dal “metafisico pensiero”, che la vera ed esclusiva esperienza celata in un cuore ingrossato, è la cognizione della solitudine di fronte al dolore… A lei si vorrebbe sfuggire, anche sfondando il bastione della demenza, oppure quello del sogno e della illusione!…

 

E affermo qualcosa che forse un po’ evade da questo contesto, e cioè che l’Arte con la maiuscola A, dal suo punto di vista, è superiore a qualsiasi Etica lei incontri durante il suo tormentato e speranzoso cammino…

Lei almeno sa di giocare coi colorati mattoni del Lego, quando costruisce i suoi grattacieli che toccano il Sole…

Sa che le sue “moderne” Cattedrali

                                                     Posano la base dì acciaio

                                                                                         Sulla nuda sabbia

                                                                                                                     Di un assolato deserto.  

 

Dopo questi pensieri, ormai non mi rimane che riflettere sulla Tragedia Greca… O la consapevole  necessità che tutto un giorno dovrà finire…

 

 

 

16.

 

 

Siamo agli albori della Tragedia Greca, alle origini di un evo ancora giovane ed entusiasta, formatosi vittorioso sui trilobiti fossili, giusto per usare una iperbole…

A ricordare una sana “cattiveria” forse proliferava all’inizio uno scomposto e patetico CANTO, finchè col passare degli anni non arrivarono tre sommi colossi, autentici moloch del Teatro Tragico (parlo del solenne e austero Eschilo, dell’elegante e sensibile Sofocle,e del “moderno” socratico Euripide) ad operare una “divisione” facente la breccia su di una rinnovata tradizione… Un piscio sublime spense il magma di quel fuoco “Originario”, e un pathos si consumò, ormai stremato da decenni di infanzia innocente…
Ci si assunse la piena e responsabile cognizione di chiamare il Male ciò che ,prima del “civile” mondo della Ragione, era rimasto sempre oscuro e relegato nelle mobili sabbie dell’”inspiegabile”…

Enorme fu quel distacco!… Una “tragica” coscienza si combatteva nel suo intimo, lacerata e sovrastata da un destino ritenuto assai crudele,  divenendo la “Coscienza Universale” della inevitabile e futura sconfitta… Un “caso necessario” che nessuno poteva più evitare, se non ricorrendo all’incubo o al sogno!…

Indifferente divenne il “patire”, imperante un secondo prima del nuovo vagito… Un patire che si nutriva di un naturale “tutto” impregnatosi di selvatiche scoregge rese invisibili alle emozioni individuali di ciascun vivente…

Assunse invece grande importanza un certo “riflettere” sul pathos, una nuova forma di AGIRE… Forse una tragica “contraddizione”, causante ad un tempo ormai votatosi al pensiero una rinnovata “sofferenza”,conclamatasi nel “sommerso” di un collettivo delirio che usciva alla luce del giorno…

Il “Coro” non fu più un semplice e patetico cantare,inconsciamente scomposto nella sua ingenuità, bensì questo udì cantare la sua stessa voce mentre procedeva ad uno sdoppiamento, come se questo appartenesse a qualche “altro” uscito fuori da un antro nascosto dal più fitto mistero…

Il Coro divenne così il meravigliato “uditore/spettatore” assorto nel trasformare uno strillo in una celestiale armonia… Un melodico suono che si acquistò una nuova compostezza,quella stessa che guardava ad un rinnovato fine elevatosi da un vecchio e ormai superato “sentire”, e che prima imperava nel “semplice”…E un bel giorno il “Corpo” divenne “Estetica”… Qualcosa che andava oltre all’uomo che in sé conteneva… Una “sovrastruttura” che lui ammirato osservava mentre    veniva espulsa all’aperto…

Era la sua candida, oggettiva, ESPRESSIONE che lui intravedeva nell’”imitazione” della natura… Una “mimesis” dell’antica arte (il “moderno” gusto ed il suo espressivo e”manieristico” soggetto sarebbero arrivati più tardi…)

Ma ciò che poteva apparire come la salvezza di un “visione estetica del mondo” divenne invece il dotto e acculturato inizio di un lento disgregarsi, perché l’amaro ghigno affidato una volta al destino lasciò ciascuno a rimuginare nel proprio interiore silenzio, sgretolando ogni giorno di più la condizione generale delle nostre sputacchiate vite…

Nell’ammirare il crudo “fatto” la lenta dissoluzione mirò al risparmio della sua finale “evoluzione” verso il nulla… Accettando (e al tempo stesso dimenticando) di morire, il pensiero agì nella “contemplazione”…Bramò di porre fine ad uno scorrere che in realtà più si sarebbe fermato… Il mio corpo, in compagnia del mio sguardo, vide “accadere” su di un catafalco una “Storia”, come se questa fosse un albero ed io la sua corteccia…

L’Artistica Visione ci distrasse dalla vita diventandone parte attiva e come contemplata dall’esterno di noi…

 

L’Estetica nasconde nel suo raffinato ventre, oltre ad una disperazione resa muta dall’assorta “ammirazione” dell’opera prodotta, una irruente volontà di vivere che a volte tutto travolge, come il “felice tormento” di un artista reso folle dal suo prodotto… E inevitabilmente anche lei scivolerà verso il suo temuto contrario, pur non avendo di ciò vera colpa, come non ebbe colpe lo sfigato “eroe tragico”, solennemente osannato durante il compimento delle sue inevitabili sventure… Lui che col tempo si trasformerà in uno “spettatore” sdoppiatosi del proprio sé, e assunto ad intonato Coro , rapito da note musicali a noi per lo più sconosciute, mentre sbarrando gli occhi si vedrà soccombere a un maledetto destino…

L’artista, tra l’esaltazione e la meraviglia, fu costretto a constatare che la sua visione dell’intorno (i dolori intensi, le sensazioni forti, e quanto altro usciva dal vaso di Pandora della sua emotività) non era solo bello allo sguardo, bensì era il BELLO!… Era libertà di toccare il cielo stracolmo di pianeti e di stelle da esplorare!…

 

Molta strada si percorse dall’inizio del patetico cantare…

Ed è puro Canto che a volte tutti noi vorremmo probabilmente essere quando speranzosi osserviamo il volto di uno sguardo perso nel nulla…

Ci immaginiamo di essere reali, se non che è invece solo una EMOZIONE che da noi chiede di uscir fuori…

                                                  E’ grazie a lei che noi esistiamo!…

                                                                                               Che altro pretenderemmo noi di essere?

 

17.

 

 

La Tragedia Greca ricerca una certa ILLUSIONE… Vorrebbe qualcosa che oltrepassasse qualsiasi dispiegamento di un mito arcaico…

Oltre la cortina della allusiva “Allegoria”, la Tragedia vorrebbe “vivere” il mito, annusandolo in tutto il suo svilupparsi, e a volte confuso tra il sangue e la sofferenza incipiente…

Il macerato “tragico” corpo, nella sua rappresentazione, diviene il “mio” corpo che guarda un passato nel delirante ascolto e nella visione del sogno…

Tutto spaventa e atterrisce nello sviscerare libero e disilluso di un dolore resosi manifesto…

La verità si è ormai “svelata”, lavandosi del sangue e del sudore di un lontano passato… Espulsa e libera di girovagare seguita dal mio sguardo stravolto… Solo che il velo non è stato tolto da una mente ragionante e scoreggiante il mio umore, bensì è tolto nella visione di ciò che esce all’interno del corpo, nell’ascolto di sensi che non hanno per egemone il cervello, bensì lo stomaco e il cuore… Lo sfintere con annesso il clistere!…

Nella Tragedia prevale un “pensiero” avviato tristemente verso un tramonto che accoglie il proprio sole malato e scarno da qualsiasi illusione…Come potrebbe lo sventurato Edipo essere sennò “raccontato”?…

Mentre penosamente cerco di superare i sensi di colpa della mia per la mia incompletezza, l’angoscia di pensare il futuro diventa il fardello che mi porto sulle fragili spalle, mentre inquieto mi rigiro tra le coperte del mio dormiveglia, ricreando dal mio personale fango un nuovo fardello “regolato” e rivestito , col calzino stirato…

Riproduco in me stesso una Immagine Morale che mi faccia accettare le quotidiane schifezze dei cattivi pensieri…

Forse nelle “eroiche” origini del pensiero Tragico proliferava un invasato “guardarsi” accanto col vicino di caverna (non altro che un semplice rispecchiarsi in se stesso…). Tra lo stupido e lo stupito, si rimaneva ,con in mano la clava, a scrutare altri simili a noi che non riuscivamo a capire!…

Forse al nostro interno bolle e borbotta un “collettivo”, virulento, invasamento!… Ma il Padrone di questa emotività più non appartiene ad un iniziale delirio, bensì alla STORIA del Tragico Pensiero, che così si ricrea “nuovi valori” che giustifichino la sua intima intuizione di un misfatto avvenuto nel tempo remoto!… Sta infatti sepolto nel nostro cemento “morale” un primigenio sgomento per il monogamico sangue versato, ora rappresentato in un teatro  costruito su di una struttura di legno e pietra, ed esibito ad un pubblico trasudante emozioni nell’afoso clima meridiano…

Un benefico salasso di sangue, non invano versato, ne ricolma un catino arrossato, tramutatosi adesso nella “spiegazione” del terrore provato… Un orrendo FATTO  ora si svolge senza più la visione diretta, che non sia la “drammatica” immagine di quello che accade sul palcoscenico…

La somma di tutte le illusioni accompagnò l’inizio del pensiero “filosofico/scientifico”… Il “nuovo” che scacciava in dolce maniera, nell’anfratto del nostro personale pensiero, la paura dei tempi lontani, lasciandoci spazio per una “dimenticanza” di cosa noi siamo e da dove proveniamo…

Siamo incapaci di non dissertare sul Bene e sul Male, anche solo per invertire “valori” che un tempo furono ritenuti eterni!…

Edipo fortemente abbisogna di militante dolore…Perché la sua innocente risata, quella di chi ingenuamente un cazzo capisce dei suoi scantinati profondi dell’anima (cioè il nostro primordiale “esserci”…) si è ormai persa in una buia e avvolgente foresta…

 

18.

 

 

Il significato profondo del Tragico mondo greco è quello forse di “sapere di mentire”, sgravatosi dalle radici “socratiche”… La solida pietra sciogliendosi nel suo contrario rinasce in un trono situato al settimo cielo di un “armonico” cerchio prendente il serioso nome di “Filosofia”… Tutto sfocia in un luminoso mare intravisto al finire di un sentiero tortuoso che ci possa portare a riconoscere l’Altro…

La “Tragedia” è sapere che “esistere” è sofferenza che ci attraversa durante il cammino, senza poi un vero scopo… E’ sapere a cuore sincero  che qualsiasi scelta si faccia nell’intimo sarà una scelta sbagliata che ci accompagnerà facendoci ombra e privandoci la vista del sole…

Il sentiero, invece di condurci a contemplare il cielo, ci trascina all’intorno in un confuso cambio di colore assumente un paesaggio che lascia spazio ai dirupi, tra il serpeggiare del malumore che avanza proporzionale alla fame e alla voglia di arrivare al bivacco  per un giusto riposo, prima di sera…

 

Del resto, con Logica, l’arma contundente della Filosofia (spesso contrapposta alla Tragedia…), sfacciatamente posso affermare tutto e il contrario di tutto, mescolando in sofistico annacquo  una certa “contraddizione” condita di verità e menzogna, e servita in una tavola imbandita apposta per il nostro filosofico cazzeggio…

Rileggendo, come un povero pazzo, calibri come Nagarijuna (il Grande Veicolo sanscrito!) oppure Gorgia (il sublime sofista e retore) trovo che questi ogni tanto siano assai salutari per comprendere che il “ragionare” a volte si regge sulle fragili spalle sfinite dalla “sapienza” dei secoli, rivelandosi come un sarcastico mostro che , tra sberleffi e pernacchie, mi divora all’interno sino al midollo della mia cognizione!…

Qualcosa deve esserci stato nel mio lontano passato… Qualcosa di sconosciuto e molto temuto, in quel “primo” mondo selvaggio che vedo emergere dalla poltiglia delle mie personali miserie… Quel mondo che mi permette ogni tanto la distruzione del mio “ordinato” pensiero che credevo un maniero ,austero e invalicabile!…

Forse un “risentimento” ancestrale navigava con me in quell’oceano di quando ero nel “noi”, perché quel gorgo, quel Maelstrom emerso da quella forza che chiamo l’inconscio, è lì a ricordarmi che Vita e Pensiero a volte poggiano base sulle contraddizioni… La solida terra nasconde la melma di sabbie mobili che pazienti attendono di divorarmi… Forse Eraclito in questo porsi il problema della Contraddizione fu il grande, “piangente” profeta…

 

Cazzo, non illuderti troppo, mi intima un io liberatosi dal raziocinio che da sempre si abbevera al calice della “sua” verità!… Tu non sei che Tutto, ed anche il suo esatto contrario!… Esiste l’Essere, ma anche il Non-Essere… Il Divenire è l’Essere… Il Nulla è, ma anche non è!… E vado così all’infinito, verso il mio ambulante delirio, mentre magari rifletto sulla “inversione” dei termini…  Materia e Anti-Materia, Spirito e Carne, Rutto e Non-Rutto… Legioni di mitocondri, miriadi di nano-organelli che all’interno di microcosmiche cellule sputacchiano proteine nel vuoto spazio… Espulse come siluri di stelle cadenti in un cielo di nucleici acidi in progressione!… Un intero universo si espande, ove tutto è “dimostrato” e rimescolato con spaventevole logica… Ma la stessa dimostrazione mi dicono che a volte non è!… E , nella estrema contraddizione, la esistenza potrebbe essere non-esistenza!… Niente di astratto o religioso in questa sentenza!…

La mia mente giocherella con sofferenza pelosa, creandosi  nell’assurdo un mondo sconosciuto e forse infinito (sempre e comunque perduto!) in cambio di un quid conosciuto e finito, a salvazione della mia “preziosa” ragione!… Questo mondo che dall’alto mi osserva con la puzza nel naso, ridendosene altero dei miei poveri e stitici sforzi effettuati per cercare di capirlo!…

 

Che una cosa sia e nello stesso tempo non-sia non mi alza di un solo centimetro… Con questo “ragionamento” non scopro la “Verità della Cosa”, ma semmai mi serve a capire che nella mia curiosa esistenza gli ambigui “contrari” si alternano con insistenza, ambivalenti sino all’ultimo dunque della mia singola vita inzuppata di accumulo cellulare, visionato nel microscopio a scansione elettronica, con la buona pace di “esistere” nel tempo concessomi dalla mia intrinseca usura…

Posso quindi “inventarmi” la Logica (come potrei vivere senza?), posso con lo scandaglio scalfire i seriosi mostri dell’io e del super-io,emergenti ogni tanto dal rancore profondo che si cela all’interno ( vale a dire il “nascosto”, il “non-permesso”, o il credere o non credere a un Dio…), ma non posso non rimarcare che da questi mostri sarò un giorno annientato, io povero integralista/fondamental/comunista (!) prigioniero del mio stesso pietrificato pensiero… Un ideologico kamikaze pronto al seppuku (harakiri…) mentre scoppietta col culo vestito a tritolo!…

 

Esulto quindi, felice di vivere una vita che nell’insulto sfugge infinita verso il suo tragico epilogo, lasciandomi scoreggiare nel mio cazzeggio e cercando di godermela anche sul vaso del cesso… Perché quella sana cagata che faccio alle sei di mattina più “non-ritorna”, sfuggendo anche lei, libera dalla “tragedia” dell’Eterno Ritorno… E questo è “ottimismo”  sommerso da chili di caccole tolte col dito, perché quando inesorabile avanza il dolore, anche solo di un mal di denti, prendo coscienza che quel cielo eterno e sereno non era che una vana illusione persasi in una bestemmia… Un semplice brufolo illuso e colluso col male… Un nero grappolo d’uva oscurante una radiologica lastra,,, Un grumolo di sangue andato al cervello, nella vana pretesa che in qualche “luogo” possa esistere ciò che da sempre ricerco come la “Essenza della Felicità”!…Tutto un giorno sarà costretto a svanire in un “ricordo”, se avrò un po’ di fortuna!… Perché tutto sparirà come il cielo stellato all’albeggio… Duraturo solo in un attimo…Un battito di ciglia subito perso…

Mi è escluso il ricordo di semplici luci di sera, parventi infinite in un cielo stracolmo di lampade alogene a lungo consumo… Solo nel fulmine riposa il Ritorno, ma questo dura il brivido di un nano-secondo!…

Sconfiggere stocazzo di Logica mi rituffa  nel vortice Tragico facendomi rabbrividire, epidermico e meravigliato nel celebrare un orrore “originario” intravisto nell’oscuro abisso interiore che ogni tanto si squarcia per accogliere lampi che portano luce…

Un simulacro di spazio, uno scampolo di eternità perduta nel rimpianto di un giorno non esserci più, è il necessario velo coprente la Logica con il ricercato “estetico” gusto, posto in una “dimenticanza” bevuta sino all’ultima goccia nel calice ricolmo di finitudine… Nella esigenza di affermare cose apparenti alla terza potenza di dieci, per alfine tutto questo chiamare col nome di BELLO…

Bella è infatti la Greca Tragedia nel suo dipanare un ancestrale terrore in qualcosa di assolutamente “non mediatico”… Il contrario della “armoniosa” e “filosofica” ricerca di quello che è VERO, come se questo fosse la fonte ove beatamente abbeverarsi con Ambrosia Divina, oppure con il “Tetra Farmaco” della Felicità!… Perché la “platonica” soddisfazione nel raggiunto “fine” è forse un contro-senso un po’ disperante…

La presunta “Verità” senza dolore non è una Rivelazione che addolcisce il cuore, bensì un “mascherare” le contraddizioni di un irrisolto tormento esistenziale… Insomma un casino ulteriore!…

Edipo sbroglia la sua spaventevole “originaria” matassa, mentre accoglie il suo fatale e un po’ stronzo destino… L’orrido sale al cervello, come se l’immagine speculare assumesse le alte vette di un imprevisto SUBLIME… E la “Tragica” Estetica riceve sulle spalle tutto il peso del suo “responsabile” tormento, avendone la totale consapevolezza…Lei da sempre abituata a soffrire le pene, perché da sempre intuisce l’ombra di un mondo apparente e luminoso all’inizio, ove la “bella forma” di “classico” stampo viene scolpita sul marmo…Per un po’ presuntuosamente raggiungere un quid superiore in ascesa… Qualcosa di “paradigmatico”, di cui la consapevole estetica “tragica” sa di essere orfana…Se non “patendo” in quella accennata, non ancora “moderna”, ESPRESSIONE di quell’io ricercante l’“ azione”…

Edipo , da tutti ritenuto “sapiente”, ricerca la sua  non conosciuta “natura”…E da questa sarà inevitabilmente punito, come chi vuole scoprirne il profondo segreto…

 

Il Tragico pensiero si arrocca fiero e beffardo  nel suo “credo” nascosto , subendo tutto il suo malinconico “rovescio”… La sua “fede” è scalzata dall’iperuranico Cielo…Non incontra beata salvezza di sorta, bensì subisce l’annientamento legato alla terra!…

La Tragedia non giunge al profumo dell’aria sottile nell’Olimpo divino, ma invece annusa il forte tanfo della sconfitta… Un puzzo però assunto a grandezza!…

Perché Edipo è grande mentre accoglie il suo triste e terrestre destino, si accecato, tuttavia non vinto completamente!… Perché la Tragedia non distoglie lo sguardo da ciò che risulta atroce ai più…

Lei assolutamente non vuole

                                              Rassegnazione!…

 

 

 

19.

 

 

Può esserci accordo tra una certa “libertà del volere” e il  “quotidiano vivere”?… Non sarebbe cosa da poco rispondere a questo dilemma!…

Può sembrare grottesco e contraddittorio , oppure pazzamente beffardo, ma forse decidere di togliersi la “semplice” vita potrebbe assurdamente essere inteso come un estremo volere la libertà!…

Nella Tragica scelta di non vivere più, aldilà del bizzarro sofisma, forse si afferma l’ultima libertà disponibile, come uno “scandalo” alla millesima “Cristiana” potenza (tutto ben diverso da un Ecclesiaste legante la sua vanità della vita alla estrema “fede” di tener testa alla morte, vivendo nel timore del suo imperscrutabile Dio!…)

Si pone così la più scellerata delle “affermazioni” nella più grande contraddizione, o meglio, ambivalenza!… Se per vivere occorre il “volere di volere”, questo devo pensarlo diverso dal gesto, perché dipende da lui come la nepente dipende dall’insetto per divorarlo… Anche se il pensiero rimane avanti all’azione, con lei comunque vive di simboli facenti subentrare un certo “senso morale” al posto di un desiderio immediato…

Pensiero e Azione in intermittenza comunicano, come il cuore si accorda col sangue… Si morde la coda il serpente, mentre il paradosso vede il suo abisso se penso che un libero “volere” che finisca in un atroce e immotivato gesto si sgraverebbe da qualsiasi “utilità”…Anche fosse solo quella del “semplice” vivere… Ma qui si entra nel disperato gorgo delle ambiguità!… Perché, facendo un esempio, il “nichilista” assoluto che nei magnifici romanzi dostoevskjani si toglie la vita coglierebbe nel segno solo se lui fortemente la amasse!… E’ questa gratuita e irrazionale apparenza del gesto a escludere un peloso “utile” dalla un po’ surreale palude dell’animo umano… Sennò cosa avrebbe “logicamente” da perdere chi odiasse la sua vita esclusiva?… Facendo un altro esempio, lo “scandalo” della Croce è quello di AMARE, non certo di odiare… E’ un messaggio di amore rivolto persino al proprio nemico!… Il Cristo (quanto è lui affine ai tenebrosi eroi di Dostoevskj!…) prega per i suoi aguzzini, perché essi non sanno quello che fanno!… Perché amare solo gli amici son buoni tutti!… PUO’ ESISTERE MESSAGGIO PIU’ ESTREMO?…

Nel frattempo mi chiedo come possa non amare la vita chi ama persino i “nemici”, al punto di “sacrificarsi” per la loro salvazione!… Le Scritture hanno mai conosciuto niente di più profondo?… Questo è il vero “Scandalo”, oltrepassante qualsiasi ragione…

 

Forse sarà un paradosso, ma io penso che sia “razionale”( non il contrario) chi si tolga la vita per affermare  con tremenda logica non la “salvazione” dell’altro (giusto come fece “Nostro Signore”, ben aldilà di qualsiasi ragione…) bensì la libertà di “negarsi” alla sua sofferente esistenza!…

E questo rimane un punto essenziale : il “demone” nichilista,  profetando la sua “indifferenza” nel vivere, sta forse mentendo a sé stesso?… O meglio, come può essere indifferente chi “voglia” affermare la sua libertà più radicale?… Può chi si “afferma” essere neutro, o è una affermazione beffarda sapente di “negazione”?…

La Logica, stiracchiata per il suo cordone ombelicale partorisce il suo Tragico Doppio…

 

L’ Esistenza paga il suo dazio al pensiero, e viceversa… Nel continuo interscambio mi sbarazzo del solito “ragionare” aderente ala mia natura di uomo di merda, e afferro per la coda il serpente… Giusto per sentire il suo morso e assaporare il suo esclusivo veleno simile al mio singolare dolore!…

Non questiono sulle abitudini, o sull’aristotelico abito, ma dico soltanto che la “Libertà di Volere” da sempre necessita di un “corpo” che si possa affermare, esente da sconti provenienti dall’”alto dei cieli” che l’accompagnino invano dal primo infantile vagito, tra le ninfe e i gerani, circondato da un mistico e temuto silenzio…

 

Solo la “Volontà di Volere” è libertà alla nona potenza, situata nel cerchio maggiore di un cielo ispirato… Quando il “corpo” è legato allo “spirito”, se la vita si afferma non vi è libertà ma solo un proseguire il cammino intrapreso, nella simbiosi più complice, sino al triste finire dei giorni…

Forse non sbaglia il Kirillov dei “Demoni” quando lucidamente intuisce che la libertà estrema è quella di “volere” la sua morte!…Giusto perché la vita non è “libera” di affermarsi, ma deve “necessariamente” affermare se stessa!… Togliendo quella necessità si raggiunge lo “scandalo” della Libertà… E tutto ciò rischia di essere profondamente “anti-cristiano”!…E forse non sbagliava anche il “tragico” Nietzsche a definire la vita non una “lotta per sopravvivere” (come affermava Darwin, o il suo “educatore” Schopenauer) bensì un “volere alla potenza” il suo “affermarsi”!… Anche solo per continuare spavaldamente il cammino verso il tramonto… Questo attacco nicciano  comunque ( a volte un po’ odioso e aristocratico) nei confronti dell’altro è solo mistificatorio, perché è una ambigua difesa contro il mondo delle consuetudini… L’altisonante “Volontà di Potenza” in realtà non va intesa come quello stronzo affermare se stessi a scapito dei più deboli, come potrebbe sembrare, bensì è una patetica difesa messa in atto da un essere timido e fragile verso le esterne insidie, le insicurezze e le contraddizioni… Non è la “forza” il suo vero stato emotivo, bensì una certa PAURA!…

 

La “metafisica” LIBERTA’ tanto osannata e richiesta da certi filosofi ,magari che si credono superiori, non è che una disperata chimera assunta a grande “Concetto”, ma priva di senso effettivo…

Non esiste una “Essenza della Libertà”, perché non è che una nostra geniale invenzione…

Non scegliamo di vivere, tuttavia nella specie viviamo… Come coribanti esaltati, cantiamo la vita come se questa fosse una “eternissima” cosa…

Quando nel vero ad esaltarmi meravigliato

                                                                  Magari non è stato che l’ascoltare il soffio del vento

                                                                                                                   In questo preciso momento!

20.

 

 

La Tragedia greca, in certo qual modo si può dir che “modifichi” un arcaico “ridere”… E’ un processo attraversante un’esagerata, istintiva affermazione di un arrapatissimo “Satirus Erectus”, che grazie alla sua verga conosce tutto ciò che è satanicamente “vitale”, e che durante il percorso di secoli bui “trasforma” una esplosiva passione in una più contenuta “cognizione” e “conoscenza” del suo dolore…

Al primo temporale balzo in avanti il satiro “rinasce” in un EROE TRAGICO, ultimando poi il processo nella epocale “riflessione” sul suo destino accettato, meditato, nonché pacatamente sostenuto dalle sue filosofiche e nuove scoregge…

Lui satiro, eticamente e moralmente corretto da una emergente Ragione, inabissa un delirio prima  in superficie, come il Nautilus nel suo ultimo e drammatico viaggio… Scendendo al di sotto di una introspezione che tutti abbiamo ereditato dall’infanzia ,rinchiusa e sorda a grida e lamenti che a volte ricercherebbero sensazioni forti per scatenarsi, quasi a ricamare  parole seriose e solenni durante il lento morire del Tragico…

E’ l’annuso dell’ultimo vomito, l’affogarsi del Tragico nel suo grandioso spirare, ritornante nelle cupe riflessioni notturne…

Tutto si evidenzia, anche se in realtà l’oscuro delirio rimane appena scalfito dalle “ragionevoli” schegge che “analizzando” vorrebbero far riaffiorare ogni cosa alla superficie del sole…

Occorrerebbe invece fare sforzo di riporto, ritornando ad una “immagine” dell’inizio persasi nel mio personale rimorso…Per osservare  come in uno schermo una visione…

Per qual motivo rivedere quel satiro ridente che saltella esaltato mentre scappella il suo prepuzio infiammato?… Per qual motivo gioca col grillo, mentre dal nulla crea in una canterina danza  quella musica non conoscente le celestiali note del “Classico”?… A quale piccola stella lui si abbandona durante il suo coribante, dodecafonico, delirio?… Quale luce intravede attraverso quella fitta foresta di pelo di pube  attorno a labbra terminanti in una caverna somigliante a patonza ciclopica?…

Vi è sempre una “estetica” esigenza a monte di quell’impeto creativo in erezione…O è solo il profumo che lui annusa della fica, povero capro arrapato, a costringerlo ad agire?…

 

Qui comincia la “Civiltà” come noi la conosciamo!… Con l’inizio della Tragedia il nostro scampolo di pudore si prende la rivincita di quella vergognosa e  repressa foia scappataci dalle impiastricciate mani del nostro schizzo onanista al sapore succo sperma… Tutto questo contribuisce fortemente alla morte della mia crudele e selvaggia giovinezza!… La sguaiata, ubriaca gioia di esserci termina nella conclamata tristezza della fine… Che sia questo un ricacciare al mio interno lo spudorato istinto al riso, sbottonatosi come la patta dei pantaloni che indosso?…

L’inizio della Tragedia è quindi il freno ad una irrazionale corsa sennò libera di esaltarsi per emozioni bollite al delirio!… La “spiegazione” del fatto frena alle “patologiche” origini del pathos la mortificazione di sentimenti ritenuti troppo “forti” di girovagare liberi e senza ragione… E’ il ribaltare una emozione senza tempo e confini, riportata alla luce dal faro tragico, e indebolita dallo sbarazzarsi delle sue buie spoglie … Un faro a salvazione di un inquieto batiscafo che rischia di affondare nel mare in tempesta, giusto per riportarlo ad un porto tranquillo… Perché questo è il punto: il male evocato durante la contemplazione del “dramma” tragico è quello che gli dei ci infliggono senza motivazione alcuna!… Tutto questo va “giustificato” in un disperato ricambio di nome e prospettiva, trasferendo un sentimento in un quieto”concetto”…Giusto per poter capire qualcosa che sennò sfuggirebbe  coperta dall’umore e dal troppo sangue che, nei secoli attraversati, nemmeno più avrebbe sentore : l’intuizione di un Dio “Nascosto” che ci rivendica di gratificarlo…

Una nicciana “nevrosi della salute” viene così accettata come una “malattia”, come il folle vaticinio “ispirato” da un oracolo Delfico, in un omaggio al “divino” delirio del mal caduco, che in perfetta simbiosi con il suo dio rovescia il suo dolore nell’estasi!…

 

Due opposte dimensioni si cercano in me ogni tanto, come immagini compenetratisi  nello spazio di un frammento rigirato e riavvolto fra le calde coperte della Ragione…

In quel luogo e in quel momento una delle due dimensioni si comprime sino ad implodere, assorbita nell’interno dell’altra, nell’attesa di qualcosa di incompiuto… Loro malgrado sono costrette a convivere in quella strana simbiosi l’una con l’altra, quasi cercandosi…Perché la perdita di una delle due sarebbe fatale per l’altra sorella… Sono due povere tiranne condividenti lo stesso destino comune, come un Dorian Gray che tiene il suo quadro avvolto da una coperta per il terrore di vedervi ritratto il suo volto!…

Così mi accontento di arrivare ai confini di un “limite” non oltrepassato per un nonnulla, pronto a ritornare nel buio al minimo accenno di intenso dolore… Giusto per salvare il mio culo senza svelare la mia immagine speculare, perché quel limite non può essere valicato da alcuno, beninteso sempre che non appartenga a una stirpe di dèi… Perché solo a loro è permesso di contemplare una immagine riflettente il suo nulla!…

 

Proprio in quel luogo, cazzeggiando a colazione con dèi, le brillanze della Tragedia Greca rivivono nel disperato tentativo di “osservare” l’inevitabile  fallimento, cioè il finire di ogni mortale… Rimane solo la “Metafisica” per individuare, nominare e “separare” il bene dal male, in quella serena illusione di poter essere nel “giusto mezzo”…Per trasformare il gioioso e cattivo sghignazzo di un satiro sconcio che mostra i suoi “zebedei” nell’atarassico sorriso del “saggio filosofo”… Anche se un giorno  ritenuto “santo” dai più

                                                                     Lui annuncerà alla Tragedia

                                                                                                                 Il suo scontato terminare!

 

 

21.

 

 

Il “lirico” Soggetto comporta una “creazione” di emozioni riaffioranti in superficie per la sua esclusiva lettura… Ma è davvero l’artista a liberarsi di quello che ascolta nel suo paludato interno?…

Il tarlo della “individuazione” è sempre lì , a ricordo del mio personale “nome”, un po’ come succedeva nel mito, quando questo veniva attraversato da un specifico “logos”, che primitivamente scorrendo da tutto quello che era “universale” calava sopra a quel cesso di materiali cose, singolarmente rese dal nome che dava ad ognuna di loro…

Come intuì Eraclito, ogni cosa procedeva dal suo mistico cielo fissandosi a terra per essere tramutata in statua, come fosse stata questa raggiunta dal pietrificante sguardo della Gorgone…

L’individuale soggetto libera il “sentimento”, mentre l’interno scoperchia il suo “intimo” Oggetto (il nostro patrimonio collettivo)…L’artista raccoglie il “distacco” di un attimo “creativo” separatosi da lui che è in assorta contemplazione di sé…

Il Prodotto, come cementato, si libera delle scorie di pensieri agitati,  e procede ad osservare la sua “immediata visione”… Dal mare tempestoso che ribollisce al suo interno l’artista estrae la sua appendice infiammata riportandola in “altro”, che altro non chiede che di essere “visto”… Ma è lui a esprimere il “sentire”, o è il “sentimento” a esprimere l’artista?…Perché in questo caso, per fare un esempio, la sofferenza formerebbe chi soffre, e conosciuta sarebbe veramente solo nell’esclusivo dolore di un “singolo” (non ci volle forse Cristo per fare intuire a tutti il profondo significato di amare?)…

Occorre veleggiare allo scoperto e controvento per ammirare un collettivo sentire vissuto in “diverso grado” da ciascuno di noi… Il dolore di Edipo deve coglierci, perché in certe occasioni noi rischieremmo di essere lui!… Il suo intimo e profondo sconcerto appartiene a quell’intimo “comune” rivelatosi nel dispiegarsi della genesi di ogni uomo o donna che siano…

Tutto si sparge nel turbinio del vento, lasciandomi al suo ascolto improvviso senza pensiero e senza azione…Nella dimenticanza completa del mio “scorrere” che, incurante, continua la corsa in compagnia del mio nome…

Solo con me stesso, mi immagino di essere qualcosa grazie al preciso battito del cuore che procede insieme al mio umore… Me lo sento vicino per un tragitto breve, mentre continuo la corsa con lui, senza né meta né scopo che forse non sia la voglia di coccole, o un brivido che mai raggiunge il suo porto tranquillo…

In ogni tempo e in ogni luogo, io dimentico quel cazzo che sono, perso in un attimo alla mia esistenza che mi osserva come se fossi io diventato un fossile!… Una scoreggia congelata sulla dura pietra consumata dal tempo… Perché forse è proprio quello che sono : un “ricordo” svanito nel labirinto , ed ospitato in un “tragico” museo delle cere che ha chiuso i battenti per mancanza di fondi…

 

E’ così che il Pathos crea la Tragedia, sommergendola di emozioni provenienti da miriadi di cuori che guardano a lei con incerta speranza…Affascinati e in rispettoso silenzio… Li guida un tremore, trascinandoli come fossero le sue sventurate pedine… Come caccole al vento depositate nel nostro comune e selvatico passato remoto… E per ironica sorte, il pathos abbisogna di dolore per esistere libero  nella scena drammatica di un assolato teatro greco… Non può che attingere sangue fresco da chi sul palcoscenico lo lascia prosperare, mentre si svolge il racconto di una triste storia…

E’ un seducente vampiro , il pathos,

                                                        Che afferratoci il collo

                                                                                          Non smette più di succhiare!

 

 

 

22.

 

 

Nietzsche afferma nella Nascita della Tragedia (un libro bellissimo) che “Il problema della Scienza non può essere riconosciuto sul terreno della Scienza, bisogna vedere la Scienza con l’ottica dell’artista, e l’Arte con quello della vita…”

Non è una affermazione da poco… Equivale ciò a “sentire” il “Bello” come semplicemente “creato” e “voluto” da un artista, magari mentre estasiato contempla un’ametista mai vista?…Viene assunto a paradigma lo sbarazzarsi di un Oggetto assoluto, a scapito di un artista “soggetto” , preso in tutto il suo individuale “sentire”…Perché l’artista e la sua arte non sono una fredda  “elaborazione dati” da leggere nella stagione invernale, gelidamente sotto coperta durante un tremore del corpo… Bensì sono simili ad un caldo, umidissimo, germe che tutto contamina con la sua smania… Un esaltato e voluttuoso pidocchio che tormenta un debole corpo sudato e voglioso di pathos… Così il “sentimentale” entra in contrasto come il caldo col freddo, il fuoco col ghiaccio e il savio col matto, con il brodoso e tranquillo oceano che io chiamo “oggettiva descrizione del fatto”… A questa infatti si aggiunge la tempesta di un mare impazzito da ondate rese scarlatte causa il tramonto!… Questa assurda metafora , per fare acquistare calore ad una trasparentissima “cosa”… Quella stessa che un tempo proliferava nel lotofago limbo del nostro “filosofico” cazzeggio, prima che qualche artista la rifacesse tornare alla vita… Una vita militante e per niente disinteressata!…

 

Lo scienziato, o il filosofo, non devono essere freddamente insaccati nel loro “analizzare” e “rielaborare” i dati che hanno osservato nella loro ricerca, per riportare alla conoscenza di tutti una “teoria” della vita che avanza e si impone… Anche se questa è costruita sulle eliche doppie dei ribonucleici acidi e degli ioni di sodio e potassio che nella sinapsi sconvolgono un ordine costituito, lo scienziato( come un “nuovo” Michelangelo ) deve “creare” sul modello del “dato” gli affreschi della Cappella Sistina costruiti sulle sconvolte e pudiche ceneri della imperante banalità del tempo presente, bigotto e militante, che assimila “gusto” e “senso comune” poggiante sulle opulente mammelle della sua società…

Se questo è altamente “vitale”, e sicuramente lo è, mi fermo a riflettere su quale importanza abbia per ogni minuta esistenza il rigenerarsi (come un organismo biologico) del “prodotto artistico”, non inteso come un “fine” bensì come un continuo evolversi che nelle migliaia dei secoli ci portò dal girino alla triglia…

La vita non finge di sembrare qualcosa  senza prima interpellare un sofferto procedimento mentale che interessi ciascuno di noi nell’interno… Questa ambiziosa pretesa di riportare  ciò che è profondo alla superficie del mare (con il candido avallo del “prodotto”, che non è solo volgare materia riplasmata dall’estro di chi la modella con il suo ingegno per “trasformarla”) è la “maschera” che ogni singolo essere vivente e pensante si illude di attuare, a giustificazione del “senso” importante del suo inquieto e fisiologico “scorrere”…

 

“La vita deve essere arte!”, ripete a se stesso l’artista, non che  ai suoi a volte annoiati fruitori che non sempre lo “capiscono” durante i suoi pindarici voli… Ma il ragionamento Vita = Arte è una esaltata finzione che forse nasconde disperazione…Perché sarebbe consigliabile che la vita rimanesse concreta nel suo silente e continuo “sentire” le cose, in quella sensazione esente da “sentimento”, quando questo si calcifica nella solida roccia di consuetudini affermatesi sulle proprie seghe mentali…

La vita collimante con l’arte è una “ricerca” della stabilità sopra le mobili sabbie, perché un “sentimento artistico” impregnatosi di vita alfine la spossa uccidendola nell’annullarsi mentre si rosicchia la carne sino alle ossa durante il suo “vivere” distratto e abbandonato alla “sua” arte… A questa occorrerebbe invece pieno disinteresse di apparire reale, perché l’arte dovrebbe essere “finzione”, assoluta finzione alla potenza di dieci!…Quando la scienza cugina se ne rimane tranquilla nella sua tronfia illusione di “credere” nel suo utile vedere le cose così come sono… Perché il suo “interpretare” oggettivamente il fenomeno è un volerlo capire spiegandone la “teoria”…

Se l’artista assume la vita a livello dell’arte, nel migliore dei casi tutto questo potrebbe sfociare nel “Simbolo” religioso, un po’ come accadeva ai devoti maestri del medioevo nelle loro ridondanti allegorie di volti dipinti che richiamavano il “Divino” situato all’interno dell’anima…Con  “metafisici” sfondi dorati a sostituzione di un paesaggio ancora tecnicamente orfano di una prospettiva dagli inizi un po’ incerti…

E forse un vantaggio l’artista ce l’ha nei confronti di un Dio geloso e a volte vendicativo… E’ l’intuire che la sua “creazione” , con buona pace di tutti i santi del mondo, potrebbe essere solo una ILLUSIONE giustificante e mitigante però il macigno del vivere giornaliero…Questo è il suo vero “bisogno” richiesto all’”immortalità dei secoli e secoli… Il continuare la vita nella sua OPERA D’ARTE!…

Nel peggiore dei casi, se la vita fosse complicemente avvolta dall’arte senza il prezioso supporto di una “fede” profonda, tutto potrebbe evolversi verso una disperante attesa del Nulla… Perché forse non è la vita a contaminare l’arte, bensì il suo esatto contrario, rischiando il naufragio in quella tragica merda che odora e vive nella disillusione…

 

Riguardo a questo, mi tornano in mente alcuni grandissimi che fecero del proprio vivere la loro esclusiva Tragedia…

Il “tragico” Hemingway scrisse un giorno a qualcuno “… lo tolsi in base alla mia nuova teoria secondo la quale potevi omettere qualsiasi cosa sapevi di ometterla, e che la parte omessa avrebbe rafforzato il racconto e fatto sentire alla gente qualcosa di più di quel che capiva..”…

Leggendolo mi par di capire che la sua “omissione” principe, monotematica e ricorrente, sia come una PRESENZA maligna e quasi tangibile… E’ il nascosto terrore di una “morte” pronta ad avvolgerti  e a mordere in qualsiasi momento si abbassi la guardia… E’ un turbamento del suo incredulo cuore,  un “tragico” oceano ove emergono le “isole nella corrente” che trasudano per una vita pronta a spegnersi come quando spegni una torcia…In un adolescenziale “rito di passaggio” esaltato e subito perso ancor prima di raggiungere il suo frutto maturo…

Una “breve vita felice” come quella del suo antieroe dei suoi racconti “africani”, in quella sua riflessione se sia meglio vivere vili o morire da “eroi”… Una tremenda impostura… Tutto sommato un falso problema, come sentire il “rovescio” del raggiungere l’estrema soglia del vivere per poi annusarne la morte…In quel tragico senso di vivere senza “redenzione” futura, e nell’apprezzamento di un presente senza fissa dimora, fissamente insaccatosi all’interno del suo “momento felice”…

E’ un viaggio continuo verso un sommerso ricordo “patetico”, come una rosa sbocciata che sa di appassire ad ogni secondo che passa… Oppure è il tragico incombere di una impotenza sessuale assunta a volontà di morire, solamente accennata dal personaggio “eroe” della Fiesta, nel non poter soddisfare il suo desiderio di amare (i suoi eroi ne sono ricolmi…sono degli “incompiuti” che vorrebbero mantenere sotto il loro controllo emozioni che invece vagano libere) a sfondo delle “festose” e crudeli corride di Spagna, vissute come la contraddizione di un gioco che alfine accoglie la morte di uno dei due giocanti, in quella sfida un po’ carognesca ove il matador, quasi sempre vincente, acquista vagoni di gloria oppure sberleffi che sanno di merda… Anche lui nel suo “volere vivere al massimo” della sua gloria vanesia forse nasconde una morte sempre in agguato che paziente lo attende…Avallata, lui grande torero, da un’arteria sottile recisa da un corno…

E non è altra storia quella dei due amanti che dissero “Addio alle armi”…Spensierati nel tempo di un fugace respiro…Disillusi emergenti dallo Stige di quell’assurdo macello di morte che fu la Prima Guerra Mondiale (non che le altre guerre siano diverse…) in quell’eterno contrasto tra la vita e una morte che beffardamente colpisce tra i ferri di un parto… Un passaggio dell’Angelo che tutto risolve nel nulla…

Così gli eroi di Hemingway nascondono spesso nel loro “volere la vita” un lieve ma costante “pensiero do morte”, appesantito dalla mancanza di qualsiasi futura “speranza”…Sono paradossalmente vicini alla Tragedia Greca, con una differenza però sostanziale… Questi “moderni” sono “colpevolmente “ patetici sino alla fine, a differenza degli antichi e “ingenui” eroi della Grecia, così innocenti nelle loro tristi passioni!…

Nel “ricordo”, cioè la memoria, siamo tutti “modernamente” COLPEVOLI,  perchè viviamo in una “morale” appesantita dal susseguirsi dei secoli mentre succhiamo alle mammelle di una “esperienza” che ci scorre innanzi dai tempi remoti, a nostro malgrado rendendoci partecipi di ciò che crederemmo non ci appartenga…

 L’hemingwayana contraddizione di pensare la morte perché sin troppo si è pregni di vita è una frustrazione dell’anima e, suo malgrado, un pensiero patetico… E’ una biada che sa di cicoria, ruminata insieme al suo gastrico succo…Quando invece nel “tragico” greco il pathos era il “sentire comune” di un pubblico che assisteva alla scena… Un eroe era fieramente ancorato ad un soave “presente”, immemore di quello che fosse, perché la “maschera” puntellata sul viso era un “modello” a garanzia del suo caparbio cammino…

Mentre adesso l’eroe hemigwayano ha sempre un “dovere” da svolgere, l’eroe greco ha come unico impegno di essere la propria “persona” sino all’annientamento a volte nella più folle esaltazione…Oppure nella sconfitta , senza però mai piegarsi!…

Il “desiderio” di Hemingway è  poi terminato in un cupo delirio… Si fece esplodere in testa il fucile…Forse perché non riusciva più a scrivere una parola (che era il suo vero “dovere”…). La sua “arte” era ormai così avvolta alla vita che non sopportò più di perderla scheggia su scheggia…

 

Un altro esempio fu Kerouac l’inquieto…O “della contraddizione”!… In quella sua a volte ostinata necessità di “vivere all’orientale”, quasi una cineseria con tanto di riaffiorante (fallito) occidente… Un “buddistico” animo serenamente immerso tra le tette di “madre natura”…Perché tutti noi ne siamo, più o meno, i figliastri, tranne quando la vorremmo scopare incestuosi e in maniera “assoluta”…Sognatori poppanti i suoi seni enormi, per poi disillusamene prendere atto che magari le sue tette enormi sono rifatte, la bocca carnosa ospita una bella e bianca dentiera, e le umide labbra sono ripiene di silicone!…

Tale Natura, come una “Grande Madre” (alias grande figa) non solo è una visione estatica vissuta col bigolo in erezione, ma è anche la sofferenza della sua prostrata in fiamme… Perché quelle vette nevose che ricordano grandi tette dopo una impavida ascesa vanno discese con i piedi gonfi e le vesciche rotte che emanano pus…

Con le infiammate caviglie che dolorano ad ogni passo si scala, nei “Vagabondi del Dharma”, un monte cazzuto , alternando  gioia interiore e frustrazione in ogni secondo passante, sino alla fine  di quella mitica impresa!… Questo in fondo contraddistingue la “tragica” vita di Kerouac… Salite e discese scandite da un nevrotico tempo che fugge ogni minuto secondo, da una costa all’altra di quel “grande paese” bagnato dai due oceani, “sulla strada” ricercando un disimpegno impossibile da raggiungere, a qualsiasi dio ci si possa votare…Sia il Buddha o San Paolo, o Giovanni Battista, il discorso non cambia…Perché lui si ritrova il suo solitario pazzeggio…Mentre in affanno rincorre quel treno che gli consenta di proseguire, tra un peana e un lamento, il suo nevrotico viaggio!…

 

Cosa poi aggiungere riguardo al più grande di tutti, vale a dire il “demone/angelo” Arthur Rimbaud?… “Aveva ben altro da fare” disse di lui un altro poeta ,Verlaine, quando uscì devastato da quell’”attrazione fatale” dell’affascinante fanciullo, poco più di un moccioso!… Perché quel ragazzino “voleva essere tutti”!… Voleva esplorare l’ignoto, in quel suo “primitivo” essere al di là del bene e del male, quasi contemporaneo del “tragico” Nietzsche!…  Voleva “riformare” l’amore e forgiarlo di sofferenza, quasi come un satanico e novello messia… Voleva assoggettare una nuova lingua con nuove parole, trovando una “alchimia” del verbo che “liberasse” le immagini…Come se dalle parole immediatamente prendessero corpo i sentimenti… Voleva il “colore” delle vocali, usando lo schietto linguaggio di sensazioni rese selvagge perché scevre delle idee e dei ragionamenti rimasti inculati alla sedia di uno studiolo ricolmo di tante scartoffie del cuore…

Il suo nemico da sconfiggere era il micidiale “dualismo” sapente di “bene” e di “male”, intesi questi come  “assoluti concetti”, ovvero lo “spirito” contro la “carne”, e individuati nel moralismo bigotto della sua epoca intrisa di una “cristianità”…Come poteva intendenderla Kierkegaard in negativo(sprovvista di ogni vero riferimento al suo Fondatore, ma solo legata alle sue consuetudini sfarzose e rituali).

Per Rimbaud l’arte era curiosamente alla stregua di un “mezzo” (lui che sapeva così stupendamente poetare!) e non di un “fine”…L’”arte per l’arte” per lui era vomito!…

Sconfiggendo la “forma” e la “storia” non rimaneva che vivere al di là dei parametri che distrattamente sapevano di “normalità”… Fu tale lo sbarazzarsi del mezzo che un giorno si ritrovò in una terra a lui sconosciuta…All’esplorazione di luoghi ancora selvaggi, marcendo senza più arte come quella  gamba incancrenita che lo portò alla sua triste e solitaria fine…Lui che aveva accolto  la vita in una totale fusione con l’arte, in quella sua “cattiveria” libera di abbracciare la sua rimbaldiana “Stagione all’inferno”…Ovvero la cronaca di una “malattia” esistenziale che cade e  poi disillusa risale contro il “bello” e il “giusto” vivere quotidiano…

“La sventura fu il mio Dio”, disse lui un giorno nel suo intimo dialogo con quel satana intento a distruggere qualsiasi “qualità”… Beccati questi caccolosi foglietti, caro il mio diablo, urla  Rimbaud!… Beccati ‘sto “libro negro”, stirpe di Cam come me, il geniale “veggente” che sghignazza sulla nudità di chi dorme sonni beati!… Questo è forse l’amore da reinventare al tempo dei “maledetti” poeti?… L’amore morboso, come la dipendenza dell’altro dall’altro?… Forse è un amore malato, come malati sapevano genialmente essere i Nietzsche, i Kierkegaard e i Dostoeskij!…Un amore annientato dall’odio, se non consumato…. Il contrario dell’estatico Fedro platonico, tutto rapito nella sua “ispirazione”…Oppure contrario all’amore Cristiano, tutto intriso di carità… Eros e agape a braccetto nel vade retro!… E’ questo l’amore vero?…

“Ogni uomo uccide ciò che ama”, disse l’infelice Genet, se non sbaglio…

                                                                                                       L’Arte e la Vita divorate dal ragno.

 

Ancora esempi… Erezioni delle mie “giovanili” letture….Come fu per me la scoperta di Cesare Pavese… O l’inevitabilità di un destino altamente “mitico” e “tragico” al tempo stesso… Ancora adesso ricordo ,nei Paesi tuoi , lo stupendo atavismo dell’uomo Valino… La sua crudeltà silenziosa… E la repulsione di Berto per lui, per una cattiveria che ormai appartiene al lontano passato dell’essere umano, e che si credeva superato da sempre nei secoli…Odio oppure attrazione?…Berto forse agli inizi del mondo sarebbe stato Valino?…Prova per questo individuo anche una silenziosa e inconscia “solidarietà”?…Nasce per questo un peloso “senso di colpa”?…E’ forse caratteristica di Pavese una forte attrazione per il selvaggio, il ferino vissuto  come un “desiderio”… Un odio/amore, una “sensuale repulsione”… Il selvatico che è anche un “sogno”, una immagine a volte molto concreta, sfociante in forte erezione (Il Carcere)…Altamente “caprino” e mitico/Minotauro!…Bellissimo libro La luna e i falò!…Odorante di morte, come se lei fosse un profumo… Profumo anche del legno ,bruciato nei falò mistico/mitici…E profumo di legno confuso a quello della carne bruciata nella vittima sacrificale…Perché della sua bellezza non ne rimane che il sapore mortifero… Non molto dopo Pavese si tolse la vita… E questo rimase il suo ultimo,insuperato, romanzo…

Henry Miller, ultimo “esempio” che faccio… Intimità e solitudine, malgrado i suoi tanti amici… E sei mogli!… Grande scrittore di corpo e di fica!…Tropico del cancro è il “dionisiaco” imbrattatosi su di una carta attaccaticcia di sperma… Orrore e fame…Gioia ed erezione!… Miller, o l’IMMAGINAZIONE mostruosa!… Un formidabile ditirambico treno di balle in corsa senza fermata!…In quei mondi da lui costruiti a sua somiglianza, perché scrive il fantastico!… L’immaginazione al potere durante l’eiaculazione!…Un vero TRAGICO prima maniera… Dice tra l’altro, in mezzo alle sue tante sentenze : “Il peggior peccato che si può commettere contro l’artista è prenderlo sulla parola, vedere nella sua opera un adempimento invece che un orizzonte”…

Non esiste un vero “fine” nell’arte, bensì solo un percorso!… La sua “maledizione” è il procedere in erezione arrapata senza mai arrivare in nessun porto sicuro…E senza terminare alcuna scopata!… Il suo gioire sta solo nell’osservazione bramosa del suo “prodotto”, per un infinitesimo tempo… Per poi proseguire nel suo tormento senza fine…

Nell’affermare il si alla vita, in tutti i suoi aspetti (come fosse una Molly Bloom trasformatasi in uomo!…) anche nell’annuso della merda di cane, Miller può veramente essere definito, al di là del suo finto ottimismo, un autentico “tragico”… In mezzo ad un impazzito e collettivo “sentire”…

 

23.

 

 

Contemplando un arcaico mito, una certa “visione” fu marcata col ferro e col fuoco della “ragione” per rendere COLLETTIVO qualcosa che fino ad allora aveva vissuto sotto la individuali carni di ogni singolo senziente…

Così un marchio a fuoco addolorava e riscaldava un cuore esclusivo che viveva tra i contorni di un gelo di tenebre, improvvisamente rimasto in ammirazione di un lampo rischiarante l’intorno… Un orrore senza nome si diversificò in ognuno , venendo così omologato in qualcosa intravisto come ora sarebbe l’osservazione di un film spaventevole, ove divertiti spettatori  spensieratamente sgranocchiano  popcorn mentre scoreggiano nella loro virtuale paura…

Lo scotto pagato di quel “collettivo” sentire fu la perdita dell’originario sentimento di paura…Il tramutarsi di quell’orrore solitario in “altro”… In un solidale divertirsi di tutti, furbescamente abbracciati l’uno all’altro per dirottare spavento in gioia, alla faccia di ogni atavica e irrazionale paura!…

Forse questo diventò la “teatrale” rappresentazione di una storia… La perdita di un sentimento ormai incancrenitosi nel suo “lavoro”, rigenerato e ricreato dalle spoglie della iniziale paura, per pretendere adesso di chiamarsi “arte sociale”…Fu così che un coro di arrapati e (una volta) fauni selvaggi si ritrovò a “cantare” , trasformando la sua natura di coribante a corifeo a tutto un popolo “civilizzato” e in un ascolto, scevro delle singole esaltazioni…

La genesi del “melodico” sostituì un percussivo e ossessionante “ritmo”… Si impose l’”armonia” di una forte e celestiale voce…E quella musica non resse l’esperienza,quasi fisica, di un fauno infoiato  nella canterina estasi di ascoltare  se stesso… Si fece bensì largo , in meraviglia silente, un “pubblico” fruitore concentrato in una storia riportata alle IMMAGINI, vale a dire la “teatrale scena”…

Venne messa la mutanda al cazzone in erezione… Una scoreggia , che prima girovagava libera e  fiera del suo puzzo spensierato, venne riproposta come fosse l’energia da sfruttare in particelle accelerate di neutroni e quanto altro…Sino alla futura esplosione di un peto atomico al millesimo megatone…Ben più potente di quello adesso messo in opera dai signori della guerra!…

Viaggiando un po’ e dissertando, tempo fa questo mi fu predetto da un ubriaco un po’ esaltato mentre entravo in un bar malfamato alla ricerca di qualche solidale rutto… In quel bislacco baratro di sapori forti che nei gloriosi anni settanta era un bar centrale di questa città un po’ annoiata e stronza, adesso vanto dell’ autorità del culatello!… In quel bar pascolavano tutti quelli che mai conteranno un cazzo per la nostra “bella gente”… Vale a dire poeti che allevavano serpenti… Dementi dissertanti sulla Bibbia… Nullafacenti ad alto concentrato alcolico e col culo sporco che sapeva di borotalco… Sardi che mi credevano sardo perché io ero piccolo, scuro e silente… Tutta l’incazzata gente che al telefono a gettoni lanciava disperate maledizioni lascianti emergere stimmate di solitudine alla potenza di dieci, comprendente un sudore misto a forfora in quel tanto calore…Un insopportabile tanfo di genio e minestrone, urina e bestemmie di rancore impresse sulle piastrelle impiastricciate del cesso… I “servizi” adibiti a Cloaca Massima, alla faccia di Anco Marzio Re di Roma, e da evitare come la peste polmonare!…

Insomma in tutto questo dolce sfacelo, ricordo ancora con piacere la predizione che mi fece quell’illuminato veggente (era un postino che leggeva Celine e tifava svastica, mangiava cellofan e cagava stronzi dentro sacchetti di plastica)…Mi disse che il mondo come lo conosciamo, un  enorme deretano, a forza di spremerlo sarebbe imploso in se stesso con le emorroidi sanguinanti nel cesso!…

 E dopo questa predichetta, torno al nocciolo della questione dicendo che fu forse la condivisione di sentimenti “forti” e ingabbiati nella “scena” a trascinarci al vero inizio delle nostre conosciute “civiltà”… Anche se un sentimento esclusivo perse così la sua individuale “intimità”… Quella stessa intimità che al vento faceva urlare qualsiasi scoramento… Quella stessa intimità di poter cagare nei cassetti del nostro tormento (come l’amico Marcello cagò nei cassetti di un albergo di Marsiglia tanti e tanti anni fa)… O quella di ubriacarsi col nettare di sperma evacuato da noi, mentre ci chiediamo incuriositi di sapere da dove proveniamo quando ci accoppiamo!…

Questa placida omologazione delle nostre intimità comportò una perdita di grado nell’intensità… Questo avvenne per inciso con la trasformazione dei tanti “sentire” ormai ingabbiati nell’inconscio livore, durante il nostro profondo dormire… La palla così passò alla “modernità”, con quel suo cazzuto compito di “svelare” ciò che è celato nel soggetto…Quello stesso ormai sepolto a riposare nel responsabile raziocinio dell’attuale tempo… E forse fu l’espletare di questi individuali sentire, un attimo prima profondamente relegati nei bassifondi della nostra anima, a comportare la demiurgica creazione di tante civiltà “alternative” a volte accompagnate dal delirio, grazie ai paranoici pensieri di “coscienze” liberatesi dalle manette della “ragione”…

D’altronde continuando per quella strada forse si sarebbe imposta la “ditirambica”  formazione di innumerevoli e bislacchi mondi esistenti a misura personale di ciascuno dei singoli viventi… Mondi stravaganti e stravolgenti al tempo stesso!…

L’uomo non sarebbe stato “misura di ogni cosa”, bensì ogni uomo singolo a parametro di ogni nuovo mondo!…

Povero Protagora e Platone, se anche Tersite e Polifemo, le Erinni e Trimalcione, fossero il Demiurgo di ogni Nuovo Mondo!…

Tutto sommato sarebbe stata una fatica immane…

                                                                              Molto meglio voltare gallone

                                                                                                                          E tornarsene a dormire!

24.

 

 

Ammesso e concesso che l’arte stia a crogiolarsi avvolta tra le profumate coperte della “illusione” all’aroma di loto, nutrendosi di questo mistico fiore per sostenere la visione della quotidiana prassi, quel che l’uomo greco voleva era la rappresentazione della Tragedia per cantare poi al cielo il suo rinato peana…Così illudendosi di non essere vinto da un incombente e misterioso destino…

A raggiungimento del suo “vitale” significato, l’opera d’arte non solo doveva apparire “bella” e succosamente servita sul piatto della contemplazione, bensì abbisognava anche del suo sinistro “rovescio”… I suoi spaventosi e crudeli attributi alla nona potenza, giusto per rappresentare i fantasmi della coscienza nel loro più crudo aspetto mostruoso… Nel raggiungere una metafora della vita anche nei suoi aspetti nascosti, vivendo lo sconcio sibilo dell’ebbrezza nella “dimenticanza” del suo edificante soggetto…

Era simulata l’”innocenza” di vivere come eroi tragici che soccombono senza vere colpe morali… Esclusi da macchie interiori ed assolti da una ragione che si era esentata dagli arcaici tempi e dai giudizi di colpevolezza o assoluzione…Nella piena consapevolezza di vivere un SOGNO nel suo momento di grande splendore , non accettandone sconti… O era “celeste” bontà o era “terrestre” incubo “umano”, sin troppo umano, perché il sogno non “spiegava”… Il sogno veniva accolto nella mente visionante, sopra la pelle della nostra liberata coscienza…

Il sogno emergeva da questo “delirio cosciente” come la rasserenante aurora di un nostro cielo esclusivo…Leggermente lasciandoci assistere ad una STORIA “altra”, non facente testo col vero… Una storia che ognuno ricrea nel proprio delirio, sottrattosi dal passare in “atto”…Vincente nel suo limitato orizzonte , e in conclamata azione riconciliatasi con il suo intorno…

Il giorno che tutti noi avremo veramente imparato a “sognare” diventerà superflua qualsiasi nostra rappresentazione, qualsiasi scrivere, o addirittura qualsiasi dialogare o dissertare sul sesso degli angeli…Non più si giustificherà il nostro “teatrale” comportamento nei confronti degli altri, in quel “saggio” mentire della nostra inquieta e quotidiana “commedia” di vivere…

La Tragedia è forse la descrizione di un sogno, o meglio descrive un “sognare”, per poi alla fine constatare il fallimento di questo sogno… Perché ogni “descrivere” è una “mancanza”… Una “assenza”… Una perdita di grado e uno scacco al vivere intenso…

Alfine ci si accorge , un po’ mestamente, che non si descrive la vita ma il suo simulacro… Perché qualcosa sempre ci sfugge dal nevrastenico pensiero di raccordare qualsiasi particolare…

Pensando la vita pensiamo l’impensabile, fermandola nel particolare vorremmo fermare l’infermabile… Ma lei sempre ci sfugge come un manichino impazzito sempre e comunque un capello di frammento più in là… Come un Achille che mai riuscirà a raggiungere la sua tartaruga…

Quindi bisogna liberare Apollo, tremendo e al tempo stesso solare!…Portante  la luce ma anche le tenebre!…Coribante di vita ma anche di morte…Lui attende la liberazione dal “Principio di Individuazione” che gli ha attribuito la ragione per raggiungere il “dionisiaco” oblio che concilia l’Arte con la Natura…L’opera d’arte con il suo “creatore”, in quella fusione di “tutto in tutto” (Il grande Rimbaud affermava di “volere essere tutti”!…) nella totale “cancellazione” di un artista persosi della sua personale funzione…

In questo esaltato amalgama di cielo e carne, sangue e latte, piscio e ambrosia divina, la “Natura” autenticamente rinasce per noi a nuova vita, infilandosi in volto la sua più bella e “armonica” MASCHERA… Anche se non bisogna abbassare la guardia, perché quella maschera cela al suo interno il volto dei due Numi tremendi (Apollo e Dioniso) che riflettono in se stessi una “apparente” superficie , ma anche nascoste rughe mentali con tutte le sue fobiche ansie!…

Togliere la maschera vuol dire scoprire un volto non conosciuto allo specchio…Ed è forse proprio quello il volto di quello che siamo… Un Giano bifronte che come la Luna nasconde schifezze nell’ombra della sua faccia avvolta nel buio…

Il povero “artista” è costretto a creare, tra la gioia e il dolore, tra il calore del Sole ed il freddo siderale, nella inquietudine che comporta la sua passione…

In questa “armonia” di bello e tremendo, avvolta nella sua maschera più sublime, la Tragedia vive il respiro dell’attimo, dove la trama di un mito terrificante( ancora incontaminata dalla “colpa” moderna mista a cazzeggio di analisi e psicoanalisi della coscienza) si tramuta nella sorte dei suoi incolpevoli eroi…

Tutto alfine si riconcilia nello scorrere incerto di vite innocenti

                                                                                                    Durante il loro necessario esaurirsi.

 

Abbandonati… Completamente abbandonati a noi stessi… Nell’attesa, durante il buio di un dormiveglia un po’ inquieto, di essere messi alla prova… Sperando di non deludere non solo noi stessi, ma anche gli altri che abbisognano dei tuoi sentimenti…

Questa è la cosa terribile… Deludere chi ti vuol bene…Non può e non deve accadere…Piuttosto dare la vita… E lasciarli vivere del tuo ricordo…

                                                                             Che sia un delicato pensiero…

 

 

25.

 

 

Siamo un emblematico fenomeno “estetico”… Come fossimo abbandonare marionette riempite di sabbia all’interno…Che vorrebbero la visione del cielo…E che invece sono in balia delle mani mostruose di un enorme burattinaio che ci dirige con invisibili fili… Non è un “Dio Persona” bensì una “Corale Coscienza” nella visione di un atto di puro antiegoismo , riconoscente che non siamo noi a “creare”, ma è una misteriosa e indefinita, “esigenza creatrice” ad impossessarsi di noi!… Una esigenza che ha come matrice il volto di un “io” sconosciuto e primordiale, assumente le sembianze dei “molti” che a lui vorrebbero eternamente tornare… I teneri mostri emergenti dal nostro delirio…Liberi di scorrazzare grazie all’urlo di un ancestrale “Artista” che dirige invasato un’orchestra suonante le note in uscita dal mondo… Un onanista che libera sperma dal membro umidiccio per cogliere attraverso lo specchio la sua immagine giustificante la sua esclusiva esistenza di “singolo”… Questo perché l’Esistenza non è un “Concetto Assoluto”… Se così fosse non fallirebbero le “prove ontologiche dell’esistenza di Dio”!…

 

Da dove comunque, mi chiedo, proviene questo “originario” artista che celiamo nel nostro interno, e che a volte esce giulivo allo scoperto mentre sghignazza?… Se non è il canto di un dio, cazzo è questo romantico “streben”  che si sbarazza del razionale soggetto?… Questo impeto a uscire come quando la luce emerge dal buio… Questa “Cosa “ sepolta nella impietrita coscienza dalla notte dei tempi?…Forse è questo che anela di essere la Greca Tragedia… Forse quel tragico e attico “coro” vuole rappresentare un ignoto, primitivo, sgomento che giunge a “riconoscersi”, mentre si sgrava del “male” iniziale  che ogni genesi in formazione comporta , prima di fissarsi nell’armonico “ordine” di un “tutto” plasmato anche dal fuoco…

Sempre più col passare del tempo si diradò dal tragico coro la nebbia iniziale, per lasciare il posto ai singoli “Attori”… Questa fu l’esigenza a “vedersi” da fuori, in mezzo agli eventi…Per poi poterli  “patire” facendone “fisica” parte… E questa fu la vera fusione, il vero ancestrale mosaico formato da “spettatore”, “artista” ed “eroe tragico”…Il lamentoso sgomento di quegli eroi soccombenti ad un destino a volte cialtrone forse significò che quel consapevole pianto sul nostro esistere riguardava noi tutti!… Perché l’individuo è un gelato al gusto di dolore “corale”, non una passiva contemplazione di un fatto che sta accadendo agli altri… L’individuo compartecipa al fatto accaduto, perché il rigetto all’esterno delle forti emozioni è una esperienza a tutti comune, e ci tocca a ritroso dall’inizio di quella vita da vivere come un cantiere in corso di costruzione… Un po’ come faccio con questo cazzutissimo diario…L’esigenza non è solo quella di “raccontare”, ma vivere nel racconto come se questo fosse la ricercata riunificazione di “vita e pensiero” in estetica e armoniosa fusione… Quella stessa che accoglie nel suo abbraccio l’artistica rappresentazione…

Quell’ io solitario che un tempo amava ascoltare l’effetto dell’urlo che lacerava il silenzio, ora diventava il “noi” di un coro che l’artista plasmava nel suo proiettarsi all’esterno, nel riconoscimento un’immagine vista… Giusto per poter piangere le sue lacrime amare nel contemplare il suono di un io canterino… Un Mangiafuoco che tutto fagocita all’interno del sue enorme ventre…

Quel coro piange insieme a noi, accompagnato da melodie che ormai si sono perdute… Perché quel coro ci appartiene, come specie umana che sa (unica forse tra tutti i viventi di questo pianeta) che un giorno dovrà scomparire…

Finchè quel canto non smette  noi possiamo esistere insieme a lui…                                                                       Prima che nell’ultimo giorno del mondo

                                                               Un grido ci sarà ricacciato in fondo alla gola.

 

26.

 

 

Una certa “finalità” della natura, che all’apparenza sembrerebbe non compiere “salti”, potrebbe risultare un vagabondaggio a casaccio prima di arrivare a qualsiasi meta finale… Ma se così è, questo girovagare alfine la porta al conseguire di un optimum per qualche organismo specifico, il quale ringrazia!…Perché sopravvivere e riprodursi per lui comporta un’ “utilità” di fondo implicita in questo processo…

Nell’Artista invece la sopravvivenza e l’utilità spesso fanno a pugni col “prodotto” che lui crea, perché a volte l’artista rischia di non sopravvivere alla sua opera… Anzi a volte ne viene stremato sino all’esaurimento, quando l’utile del suo quieto vivere gli avrebbe consigliato qualche carineria sfornata con meno fatica! (Chissà cosa sarebbe stato allora della ciclopica “Ricerca” di Proust… Oppure di un Kafka… O degli affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina!)...

Vige una speciale esigenza ad usurare l’artista che è quella di fare “assolutamente” quella tal “opera” che lui sente di dover fare con necessità, portata a compimento a qualsiasi costo!… In questo l’opera è alternativa all’utile…E in questo nessuna finalità al vivere “saggiamente” o “armonicamente” agisce sulla formazione della creazione artistica… Si rischia anzi inconsciamente di rimanere annientati nel proprio esclusivo “soggetto”, nell’inconsapevole rispecchiarsi in un altro soggetto “separato” da un “io” sfuggito alla galera in libera uscita!…

Così è la genesi in formazione di un “nuovo” soggetto, modificato da vecchie spoglie per più non ritornare quello di prima…Come se una tormentata scheggia che si stacca da lui acquistasse la vita dal suo finale prodotto… Perché l’ io rimasto a rimirarsi si indebolisce del suo soggetto e non si rafforza, come potrebbe sembrare!…

Il totale annientamento di questo soggetto si svaporizzerebbe in una miriade di soggetti acquistanti la vita per altre individuali “esperienze” che forse mai porterebbero a termine il loro cammino… Per cui involontariamente l’opera d’arte diventa altamente educativa e “morale”…Una vera “Paideia”, per una innumerevole schiera di fruitori che bramino di “consumarla” per arricchirsene… Come fosse un bisogno  di “immortalità” non individuale bensì collettivo… Il “sacrificio” di un singolo artista per la “salvezza” di una moltitudine, nella quasi biologica “continuazione di specie”!… Non una “imitazione” della natura, ma natura “naturante” in primis, a riplasmare nuove creature dalla materia… Questa sarebbe la vera funzione dell’arte…

La Finalità è inconsciamente profonda, anche se le intenzioni del povero artista forse erano altre… Il suo girare a vuoto iniziale, il suo fantasticare attorno agli spazi siderali racchiudenti un’”Idea”… La sua “irrazionale” esigenza di uscire da sé come un invasato posseduto dalla misteriosa forza di un dio sconosciuto… Il suo quasi annientarsi testardamente nel suo prodotto finito (invece di rafforzarsi) ne sono una prova , anche se a volte non molto evidente…

All’occorrenza l’artista si aprirebbe anche una vena lasciandone scorrere il sangue, se questo potesse servire a dar consistenza ulteriore alla sua opera somma!…

Il vero artista (non parlo del vanesio ricercatore di consensi solo per farsi “piacere” dagli altri) vive il suo nervoso “produrre” quasi come una maledizione da cui liberarsi… Questo senza alcuna consolazione o appagamento che non sia l’immediato rituffarsi creativo in quel vortice tormentoso!… E tutto questo viene ottenuto, controsenso dei controsensi, sentendosi avvolto da una insolita “gioia” creativa!…Perché solo nell’attimo della creazione si l’artista ribalta il suo emotivo sentire… Perché chi soffre ricerca disperatamente il suo contrario…E tutto ciò che lui VUOLE è distante migliaia di miglia marine da ciò che si dice

                                                                         “VIVERE IN ARMONIA CON MADRE NATURA”!

27.

 

 

A cosa portò la continua riflessione sulla vita e la morte nei greci arcaici, se non forse nella  straripante creazione artistica  ovvero la nascita dei loro dei?…

Seguendo il mito, per Sileno la miglior cosa che accade agli uomini è quella di non esser mai nati, o di presto morire!… Forse per questo fu necessario ribaltare questo pessimismo urlante a tutti la menzogna di esistere senza uno scopo preciso…Una “collettiva” finzione azionò quell’arte che divenne il patrimonio di un intero popolo formato da fieri “cittadini” della polis, e che prese il nome di Tragedia Greca…

Una vita che spesso era in bilico di essere persa a causa di guerre frequenti e di pestilenze doveva concedersi delle attenuanti per sfociare in recondite necessità…Questo anche per concedersi la“costruzione” di quegli dèi olimpi aldilà di ogni morale, “aldilà del bene e del male” perfettamente conditi dalla loro fertile  e disillusa “immaginazione”…E tutto questo magari per non aver “positivi” modelli di comportamento come esempio da imitare, se non nella contemplazione di una vita vissuta in tutti i suoi aspetti ,anche i più bizzarri e ripugnanti!…

“Creare” delle divinità con tutti gli “umani” difetti consentì agli uomini di trovare il coraggio di riflettere sulla loro a volte bislacca e disillusa natura, senza però raggiungere le vette delle “socratiche” virtù…Arrivò poi infatti il percorso “classico” a consentire a queste “virtù” di essere “belle e buone in sé”, nella condivisione di un “Sommo Bene” come grande e ricercato traguardo “morale”(divenne così biasimevole imitare le bisbetiche e terribili divinità dell’Olimpo… Ben più nobile era la conquista delle “Idee Eterne” situate in un non meglio definito Iperuranio…).

 

L’essere in continuo contatto con il pericolo forse sviluppò una prioritaria riflessione sulla concreta presenza di morte, pronta a mordere in qualsiasi momento… Così fu posta la sfida ad una vita che con un lancio di dadi poteva annullarsi in qualsiasi momento…“Cosa posso io pretendere in un’altra vita se i miei dèi sono fatti così come sono?… E d’altronde perché idearli migliori, quando nel profondo riconosco che non è che una illusione?… Tanto vale giocarsi tutto in questo breve respiro temporale che mi accompagna per il personale cammino…Ammirandone la bellezza, ma anche la sua crudeltà… Perché i nostri bizzarri dèi sono belli così e non promettono salvazioni future… Perché tutto è in questa vita che partecipa al bello, ma anche al tremendo”!… Chissà che questo non fosse il pensiero del greco ai tempi della sua “giovinezza”… E la domanda che spesso perplesso mi pongo è quella se i greci credessero veramente, scavando nel loro profondo, agli dèi!…

La “visione” della tragedia greca così contemplava il suo “bello crudele”… Ove un tragico eroe suo malgrado soccombeva senza piegarsi a nessun compromesso, affondando insieme alla vita con il suo personale punto di vista, pur di continuare ad essere quello che era… Vale a  dire un perdente, qualsiasi opzione scegliesse!…Così Oreste uccise la madre per vendicare suo padre, il grande Agamennone, vivendo un tormento che non era “interiore” (almeno non consapevole, essendo lui “ingenuamente” innocente, essendo il dio Apollo a voler quella morte) bensì una “esterno” materializzarsi nelle schifose sembianze delle Erinni tremende, le terribili Furie vendicative verso chi versava il sangue del proprio sangue… (Ancora lontano l’eroe “moderno”, con il suo “tragico” senso di colpa!)…

L’eroe tragico antico rimase “incolpevole” ma soccombente ad un tormento tutto esteriore, diventando la “maschera” di una menzogna “rappresentata” nell’estetica contemplazione in tutto il suo orrido sfacelo…(Che differenza fra la Tragedia Greca e l’Ecclesiaste… Ambedue alla ricerca di vie di scampo presso che simili!… Il tragico greco conta sulla sua arte nell’accettare una morte anche sublimata dall’atto rappresentato nel “dramma”, in un pessimismo che rispecchia  “altro”,lavandosi dai panni sporchi della disperazione  grazie ad una estetica della Tragedia frenante  la grandezza di un uomo che soffre in questo mondo… Mentre il Qoelet giudaico, preso atto che “tutto è vanità”, risolve il suo esistere nel completo abbandonarsi al “fedele” timore di Dio, unica via di salvezza a ciò che è imperscrutabile… Ammettendo la sua piccolezza nei confronti di un “Libro” scritto da altri, Qoelet odia questa vita perché un giorno dovrà anch’esso morire!…E forse questo è il suo vero “segreto”… Ma questo non è vero pessimismo, bensì nostalgia di vivere, come ogni buon “nichilista” si immagina…Perché Dio non è che il pretesto… Il greco trova conforto nell’arte, quando Qoelet lo cerca nella “fede” dell’abbandono)…

 

All’eroe greco si chiedeva di vivere per affermare nel “racconto” la sua sconfitta, perché forse intuiva che “questa” era l’unica vita disponibile affinché il pessimismo di esistere si ribaltasse nella artistica rappresentazione concessa ai chi usufruiva di quelle sublimi sventure in quel ”libero” e aperto Teatro , molto prima del tramontare del sole…La sua grandezza fu forse quella di unire ad una pessimistica concezione di vivere nell’incertezza un indomabile spirito di rivolta per affrontare le avversità del destino…

Fu come assistere ad una nuova “Creazione”… L’”Estetica” assunta a forza vitale… L’imitazione del Bello “Iperuranico” sarebbe forse apparso consolatorio, ma non veritiero…

                                                                                 Come se fosse questo l’imitazione

                                                                                                                              Di una imitazione…

 

28.

 

 

Mi chiedo se l’arte o la creazione artistica sappiano coscientemente quello che vorrebbero ottenere… O meglio, l’artista sul serio esprime ciò che vorrebbe esprimere nel suo “prodotto” finale?… Può tutto questo far prendere “forma” e “vita” ad un primitivo sentimento , non conosciuto ed emergente da qualcosa di “originario”, non svelato con la rappresentazione, ma anzi vuole nascosto?…

Forse l’artista intuisce di non essere veritiero, perché il michelangiolesco “Giudizio Universale” oppure il sorriso della Gioconda rischiano solo di essere un apparente rispecchio di ciò che questi due geni  vollero rappresentare con l’opera terminata… Come il tentativo frustrato di riportare all’esterno quello che il processo interiorizzante tendeva invece ad oscurare…

Ma questo è il vero punto…Ogni “creazione” in realtà nasconde ciò che riposa sepolto nelle sue origini… E aggiungendo sempre “qualcosa” a quell’inizio, che veramente sappiamo di ciò che borbotta nel nostro “interno” svelato?… Sappiamo solo che un certo “profondo” trapassa attraverso gli occhi indiscreti di una esterna “visione”… Cosicché il “Giudizio Universale”insieme ad altre sublimi creazioni è assunto ad “opera” in sé conclusa , e che, come ogni produzione, vuole essere  “sintesi” di ciò che riappare alla luce del sole…

Vi è quasi un complice connubio fra l’impeto senza una forma ancora precisata e il materiale esterno che l’artista dispone e che alfine aderisce a questo astratto “invisibile”, svelato e bramosamente voglioso di farsi rappresentare…Ma forse ciò che veramente vide Michelangelo a creazione ultimata della sua “opera” è rimasto sconosciuto non solo ai fruitori di questa, ma anche a lui stesso…Perché il “creatore” nel volere “esprimere” quel che da lui urla di uscire vorrebbe “alleggerirsi” contemplando una immagine come riflessa in uno specchio (alcuni la chiamano “anima”)… Solo che quel “prodotto” creato ormai pulsa di vita propria!…E cammina a lui insieme per un breve tragitto prima di distaccarsi ed essere “visionato” e “catalogato” da altri…Come se adesso appartenesse ad un museo che lo esponesse alla vista di un pubblico ormai estraneo all’originale “sentire”!…Così l’artista si illuderebbe in quello “sfogo” di rendersi “chiaro”… Ma nella realtà l’iniziale impeto non ne esce assopito alla conclusione dell’opera, bensì rodendosi nel profondo chiede ancora una volta di uscire allo scoperto…E poi ancora una volta!…Per ricercare il sigillo  di un “fine” che mai sarà veramente raggiunto sul serio, pena l’esaurimento di un certo “mistero”!… Il suo statico e finito “prodotto” non potrà mai svelare totalmente ciò che è in movimento continuo, ma solo prolungarne il tormento…

 

Sarà un po’ strano e bislacco se dico che noi conosciamo apparentemente il nostro “io” da ciò che facciamo e percepiamo ,in uscita da noi, solo un attimo prima di farlo?… E “agendo” così crediamo di essere “staticamente” quello che siamo…

In questa continua “creazione” e “distruzione” forse non è solo un “io” a comandare…Ma uno ne nasce microsecondo su microsecondo a pugnalare alle spalle un soggetto che si credeva “unico” nella sua fissità!…

Ed è forse il continuo “volere” ogni attimo passante del nostro tempo a lasciarci intuire che tutto questo pulsante fardello è costruito sulla nostra illusione che esista un “Principio Unificante” di tutte le cose…La creazione artistica allora non vuole smentire questo “assioma” che ci siam costruiti nel passaggio dei secoli…Perché quelle gotiche cattedrali che volevano toccar quasi il cielo non sono le portatrici di una unica “Idea”, come vorrebbero fare  sembrare a discolpa di secoli di patimenti, tra scismi insanguinati, pestilenze e roghi di eretici puzzanti di carne bruciata… Bensì diventano il Simbolo non voluto di qualcosa che nella realtà non sappiamo svelare!…

L’Arte deve sapere nell’intimo( a differenza della molto più “candida” Filosofia) di “mentire” un poco agli altri e a se stessa quando ricerca “unità” , in quel coacervo di sentimenti non ben definiti che pretenderebbero di mettere in “ordine” il caos…

Nel continuo togliere veli  la “Gioconda” alfine se ne rimane a sorridere “ambigua” e sconosciuta a noi tutti… Questo “saper di mentire” di ogni arte non è un mungere alle mammelle dell’”immediato”, bensì è pura ASTRAZIONE…

La gotica cattedrale è così “astratto” pensiero che acquista una “Forma”… E tutto quel suo dotto sapere si può ribaltare, dalla presunta ricerca dell’immediato (quasi un intimo colloquio con il suo Dio) in un simulacro… Nella illusione e nella più estrema astrattezza…Cioè nel massimo della contraddizione…Perché l’ immediato è nel “corpo”, e non nel suo “pensiero” assunto ad astratto simbolo…

Così rimane in conoscibile anche l’arcano

                                                                   Anche grazie alla sua ancella più promettente

                                                                                                                                          Cioè l’Arte.

 

29.

 

 

L’artista non può solo rimanere solo fissato nel proprio “soggetto”… Non può accontentarsi di essere tale, perché a volte deve estraniarsi da questo e rendersi quasi ostile a se stesso… Perché altrimenti nessun “volo pindarico” potrebbe spiccare a causa delle appesantite ali di una “coscienza” che lo tiene troppo attaccato al terreno in quella vista di un semplice “io” individuale ben arroccatosi in lui…

L’artista semmai deve essere oltre il soggetto, perché solo rendendosi “oggetto” nella sua creazione può SEPARARSI da sé per contemplarsi come da “fuori”…Lui potrebbe  trovarsi improvviso davanti all’immagine di uno straordinario laghetto montano, ove fauni e altre curiose creature giocano impregnate dall’aria sottile di alta quota , a rispecchio di un cielo ove ogni nuvola è una bianca appendice circondata dal blu intenso… E con l’immaginazione si ricrea un mondo ben aldilà  dell’armonico “tutto”, ove ogni esistente ha il piacere di compartecipare a ogni altro singolo mosso e ogni cosa si fissa solo negli attimi di un non-ritorno…

Solo in questo “rapimento” del soggetto (l’esatto contrario di qualsiasi rassicurante “unificazione”…) l’artista realizza la propria esclusiva esistenza, vedendosela innanzi “comparire” come uscita dal nulla, frutto del suo tormentato percorso…

Solo in quel “luogo” lui si rispecchia nella fredde e limpide acque per riprodurre una “Immagine” ormai persa di quel “prodotto artistico” che più non gli appartiene… Mentre lui contempla l’immagine, il sangue smette di ribollire nel breve attimo della visione, per rimanersene placato all’ascolto del suo lento scorrimento… La sua volontà è ormai silente a rispecchiarsi nell’acqua (la sua opera artistica) e libera dal soggetto che era all’inizio vede una sembianza uscita da lui che più non gli appartiene…Se non come un autentico “mondo a parte” dotato di vita propria, nella completa fruizione disponibile a tutti quelli che vogliono entrarvi…

 

Il distacco dell’individuale Soggetto per assurgere  a “mondo” fa assaporare l’esterna visione… Come se questa fosse l’estasi di un anacoreta impazzito che respira a pieni polmoni il suo totale abbandono devoto

                            Verso il suo Dio!

 

30.

 

 

Ciò che differenzia “antico” e “moderno” credo sia il diverso “vedere” le cose… In una “visione” gli antichi intuivano una PRESENZA, quasi uno spettro esterno al loro profondo “io”… Uno spettro a volte terribile, come nella tragedia greca l’evocazione di una presenza “drammatica” in cui rispecchiarsi, in passivo abbandono del corpo e dell’anima…In quella “Oggettiva Verità” di tutte le cose sottostava l’antica “creazione” artistica…Quasi essa non fosse plasmata da un singolo essere,  ma fosse questo presente “fantasma” a ricreare un artista “ispirato”, come fosse lui posseduto da un invasamento dell’essere…

Nei “moderni” tutto ciò si ribalta… La verità non è più “oggettiva” ma passa il testimone al Soggetto… Quella Presenza non è più all’esterno, ma si incunea all’interno dell’”io”… La sua evocazione rispecchia, anzi riflette, un “io” percepito in “Immagine” (urgerebbe la “nuova” scienza, la psicoanalisi, per liberare questa “evocazione” dagli incubi)…

Nulla è là fuori ad attenderci, se non un “uscir da se stessi”…La scoperta del “soggettivo” come filtro della natura, per poi subito ritornare fra le calde “cartesiane” coperte della propria coscienza!…Così l’interno si manifesta acquistando somma importanza…E forse per questo alla fine ne esce anche il suo peggio, tra i sensi di colpa e l’orrore nello scoprire di essere diversi da come credevamo in superficie!…

 

L’Eroe Antico era sempre e comunque “innocente”, quando il Moderno è roso sino al midollo dalla “colpa” di ciò che gli “accade”…Non un infame e casuale “destino”, bensì il frutto amaro di un peccato commesso in un ribollire interiore che lo ha costretto ad “agire” così!…

Se l’Eroe Tragico Antico vedeva all’esterno l’orrore avanzare verso di lui, magari nelle sembianze di Erinni spietate, il Moderno Eroe vede al suo interno l’orrore catapultarsi fuori di lui!… Inconsciamente perplesso, il suo cuore lo “riconosce” al primo momento che appare!… Perché quell’orrore non avanza dal limite di una oscura boscaglia, ma emerge dal torbido mare della sua “moderna” coscienza!

 

Urgono esempi per “indebolire” la superficie dei nostri pensieri… Paradigmi che si svuotano come questo bicchiere di vino… Il tutto a difesa della nostra celebrata “modernità”, ormai minacciata da antiche visioni che fuoriescono incontrollate da noi!…Non possiamo più accettare di “liberarci” di quello che siamo e ci “rappresentiamo”, se non rimandandolo in scena ancora una volta… Perché l’”arte” ci corre in aiuto… INDEBOLISCE sentimenti che non sapremmo fermare in alcun modo!…

 

31.

 

 

1/31

Nell’introspezione sacrifico una parte di me stesso e mi allontano dall’Oggetto, rimanendo assorto nell’attesa di un pensiero…

Fece così anche l’”oscuro” Eraclito che, incurante di predecessori “oggettivamente” attratti dall’”Origine”, si librò in altitudine per accarezzare la sottile aria di un singolare respiro…Facendo della sua solitudine uno schermo altezzoso in difesa dagli altri…

Questo ,haimè, è ciò che comporta la sofferenza della “ricerca”… Perché si uccide una parte di noi stessi come Oggetto, per riscoprire un Soggetto sepolto all’interno , e che in silenziosa osservazione in cuor suo se la ride dell’originario “Archè”, da sempre in forse se chiamarsi “Acqua”, “Aria” o “Indeterminato”(forse ulteriore materia!)…Perché lui è il Logos “unificante” che determina, separa e contraddistingue le cose una dall’altra… E’ lui è il vero legante delle cose… Le unifica e le divide nell’immanenza di una “crescita”… E se per i suoi maestri il “materiale” e lo “spirituale” non erano che parole prive di senso nel concreto perché tale separazione non esisteva ancora , per lui, il “piangente” Eraclito, si iniziava quel percorso che attraversa secoli di finta speranza… Cioè il distacco dall’originario “Monismo”…

L’”Unità del molteplice” forse non fu che una parvenza!…In quella “separazione” si fece largo il “diverso” Due… Ad Eraclito e a Parmenide, “venerando e terribile”, non poteva che seguire il grande Platone!…

Fu l’inizio di una parola e di un pensiero che seriamente si assunse la responsabilità  di chiamarsi “Metafisica”…Per poi ridursi un giorno nell’eterna lotta tra lo Spirito e la Carne!…

 

2/31

L’entrare nello “specifico” ci allontana sempre più da ciò che nell’”originario” tempo noi eravamo…

I primi greci erano statisti, artisti, contadini, soldati e “pensatori” in sintesi, secondo circostanza… Una sola “persona”, il (libero!) cittadino della Polis, racchiudeva in sé tutte le altre…

Ai nostri giorni invece una “idea unica” (non una persona) ci rende tutti quanti miopi rischiando di farci arrabattare intorno ad una vite e ad un bullone per il resto della nostra rimanente vita… Chiamiamo tutto ciò “specializzazione”!… Questo è un enorme controsenso!… Perché nello “specializzarci”, nel concentrare il nostro “io” in una sola attività, rischiamo di non uscirne rafforzati, bensì indeboliti dell’intorno… Resi sordi ad ogni vero ascolto che non sia la scoreggia della nostra personale e meccanizzata pressa…

Temo sia così anche per i nostri sentimenti, l’unica cosa ormai rimasta “pura”… Perché il rafforzamento del mio “io” è alfine il vaporizzarsi di ogni altro…

 

3/31

La scarica emotiva proietta in uno specchio la sua immagine… Questo è ciò che noi chiamiamo “Arte”… Forse così fu all’inizio, e non l’inverso!… E così fu il pathos a creare la Tragedia, e non questa a creare lui…  Ciò è molto più inquietante!…

Se l’Origine” è nell’istinto che noi “controllavamo” al tempo della nostra crudele giovinezza, quale fu allora il vero ruolo dell’arte in tutto ciò, se non il “materializzare” nel concreto, il “contenere” nella contemplazione, e quindi INDEBOLIRE quel che fu un “sentimento primo”?…

E così, osservando l’eterno femminino che all’interno scalpitante urla per uscire, più non colgo il “sorriso della Gioconda” che mi ammicca misterioso…

E’ invece il terrore cieco, l’altroquando irrazionale, che a volte si rispecchia in noi…Non il suo contrario!…    

 

 

4/31

Se l’Eterno Ritorno  è il trionfo dell’irrazionale, non è pur sempre razionale il suo cemento?… Non è comunque una “logica” reazione avente come scopo di “creare” qualcosa che possa dirsi illogico?…

Dove vige una “creazione” non può esserci un “non senso”…Semmai solo un “altro” senso…

Come ci si può sbarazzare del nostro ragionamento così aderente alla nostra ( a volte ) finta natura di “esseri pensanti”…Di quando il nostro “senso” nasconde in sé un “non senso” che chiede di esplodere ogni tanto nelle nostre “crisi”, anche se il suo botto rischia di essere innocuo e rumoroso come un tric-trac a capodanno, cioè poco più di una scoreggia?…

Siamo sconfitti dalla nostra stessa “voglia di vincere”… E tutto questo è una autentica contraddizione interna…Perché sarebbe importante solo rimarcare il percorso al di là del “nome”…

Forse per questo esistono tanti piccoli “super uomini” che si credono “indispensabili”!…

 

5/31

L’ abbaglio di una visione ci confonde l’occhio mentre tenta di accecarci… Troppa luce esce dal nostro sconosciuto interno!…Noi non capiamo( e mai capiremo veramente ) quel faro di emozioni libere e legate al tempo stesso, entro un certo “limite”….Anche se pur lo “nominiamo” il SACRO!…Con ciò creiamo un simbolo immanente e terrifico, misterioso e profondo, al punto che , con forte pudore, ne ignoriamo la vera provenienza relegandolo nei bassifondi del nostro “io”… Perché la coscienza che di Lui abbiamo equivarrebbe all’impotenza nostra nel “razionalizzarlo”…

Forse per noi il Sacro è troppo grande… E’ la nostra “colpa”, la sentinella  che giustifica il nostro quieto ricordo dello sconosciuto luogo da dove proveniamo… Un “luogo” di cui ci sbarazziamo presto, per vederlo prender forma in una lucente pioggia che possa stabilire separazione tra Lui e noi… Perché Lui è la memoria di una nostra ancestrale colpa trascritta ormai da sempre nel nostro codice genetico… Il ricordo forse di un delitto avvenuto tanto e tanto prima…E la sublimazione per averlo noi compiuto nella più totale innocenza… E’ il distacco che operiamo verso noi stessi, nella fertile intuizione che vi sia un “UNICO”, ove invece vi sono “DIFFERENZE”… Perché il nostro intelletto, non avendo la visione del “tutto” nelle cose, può solo “separare” per poter distinguere, e tutto ciò chiamarlo “Legge”…

Infatti Legge e Sacro non sono che simboli fratelli che ci abbracciano nella nostra candida innocenza ormai perduta… Ci ingabbiano e tentano di soffocarci quando siamo colti in fallo… Anche se la nostra unica vera colpa è solo quella di averli evocati…

 

6/31

La Tragedia Greca un giorno finì perché il suo solenne “patire” si decise ad “agire”…E non fu solo un “accadere” alle cose e agli uomini, ma un “commento” all’accadere delle cose e degli uomini… In somma fu una “spiegazione” ad eventi che “accadevano”…

La Tragedia Greca finì perché un certo brivido del “tutto” si tramutò nella quasi distaccata “osservazione” che spostò il baricentro al di fuori di questo “tutto”… L’interiore rabbrividire sotto pelle uscì dall’asse stabilito dai secoli dell’atavismo , per risalire all’egemone cervello…

Vennero così “conosciute” le nostre ancestrali paure, assuntesi ora a dotte “credenze”… E l’invisibile, prima sepolto dal magma originario, acquistò la granitica consistenza di ciò che adesso chiamiamo col nome di SOSTANZA…

La scena violenta si purificò e divenne la catarsi delle nostre coscienze, finalmente attente a non assopirsi… Edipo alfine fu libero di spirare tranquillo del suo perdono…Perché la polis lo trasformò in “cittadino” rinato a nuova gloria, mentre le tremende Erinni acquistavano il novello e benefico volto delle Eumenidi, le dèe protettrici di Atene, nella “libera” Legge creata in una città trionfante sulle ceneri di antichi e crudeli dèi…Tutti figli di una “originaria” e caotica notte!…

Riemerse il “profondo” da quel brodo abissale ed innocente, giusto per annullarsi in superficie, ammettendo una “colpa” che in precedenza non era conosciuta…

La morte sembrò alfine non interessarci più… Come se questa fosse un pensiero lontano, durante il nostro distratto sgranocchiamento di pop-corns!

7/31

La “Rappresentazione” forse altro non è che la giustificazione di un Soggetto che ambisce a chiamarsi tale, e non altro… L’inventarsi un nome per far acquistare ad un “pensiero” la consistenza di un corpo che rischiava di disperdersi in confusi stati d’animo non ancora esplorati…

Alla base di questo vi è forse una forte volontà di esserci a qualsiasi costo… Giusto per sapersi “esistenti” (non solo vegetanti!) in un “Simbolo” che non riproduca la “natura”, bensì il “pensiero” della natura…Come il cartesiano filtro del nostro insabbiato ”essere” che a noi si MANIFESTA…

Crediamo al riconoscimento di una “epifania” , quando nella realtà questa essenza (sempre che davvero esista qualcosa di tale!) non ne viene minimamente scalfita!…

Chissà che non sia stata la voglia di rappresentare a  farci “immaginare” i nostri dèi!…

 

8/31

“Codificare” un orrore che tutti assale nelle notti in luna piena, è forse la giustificazione all’esistenza della Tragedia Greca…Anche questo nasconde quell’impulso all’unità , un po’ consolatorio e ruffiano, che ritarda il futuro disgregamento di una “Civiltà”…

Smascherare l’orrore rappresentato su di un palco legnoso in un soleggiato giorno mediterraneo diventò educativo nel suo edificante svolgersi… E non accettarlo nella sua spaventevole origine fece iniziare un movimento  che accompagnò la Tragedia sino al suo lento finire…

In quel “luogo” adesso la “teoria” sconfigge, a colpi di “logica unificante”, il primo emotivo impulso di una creazione , resa priva del suo “CENTRO”…

 

9/31

Vi è una illusoria  cortina separativa fra il mondo ed i suoi abitatori…Nella piena coscienza che questi hanno del loro esserci…  Quella stessa che ovunque vigila dove esistono le rassicuranti parole Oggetto e Soggetto…

E’ quasi un frizzo quel bisogno di “unire il molteplice” che , messosi in viaggio coi “presocratici” , ci accompagna all’origine di ogni nostro pensiero, in quella prima unificazione che fu “pensare se stessi”, lasciandolo sottinteso in ogni momento sfuggito al nulla…Nella garanzia che questa , uscita dalla sua “dimenticanza”, possa chiamarsi col nome di “io”… Anche se poi questo è in realtà un pensiero “secondo” , giustificante la nostra regola per sopravvivere a ciò che ci è esterno…

E’ molto rassicurante essere i “filtri” di quel che vediamo là fuori, piuttosto che permettere ad “altro” di manifestarsi, e che magari questo silenziosamente ci scrutasse nel più totale mistero!…

 

10/31

La domanda delle domande non deve essere “PERCHE’ LA TRAGEDIA”, ma semmai “PERCHE’ IL PATHOS”!…

La prima illusoria domanda consegue alla seconda, come la “causa originaria” al suo “fine”…

Se poi qualcuno conoscesse la finale risposta a questa domanda  potrebbe affermare, tra l’euforico e lo schifato, che veramente adesso sul serio saprebbe di cosa è fatta la natura umana!…

Robetta da nulla.!…

 

11/31

Il “Sublime” va inteso come se la forza dell’uragano si abbattesse contro quell’”unificare “ e pacificare i sensi che comporterebbe la contenuta “contemplazione” di un armonico “Bello” perdutosi nella “totalità”…Fuori da qualsiasi “centro” formato da emozioni intense e incontrollate…

Il sublime è’ la mancanza di “spiegazione” a ciò che mai si potrebbe spiegare, ma solo ammirare nel suo “manifestarsi” passivo…Nella consapevolezza che ogni vivente è ben piccola cosa!…

Sublime è spegnere il sole per contemplare l’oscurità…Vivendola nel brivido della scoperta di quel nulla che saremmo se scomparisse quel lume necessario…E’ quasi una “non visione” , ricercando  uno spavento per magari viverlo durante lo scatenamento di un mare tempestoso!…

E’ difficile capire il Sublime, perché lui spesso si “maschera” nel suo antagonista, cioè il Bello…In quella estetica ricerca dell’”armonia” rimasta al di fuori di un silente caos…Perché la sublimità prolifera ad un diverso e passivo grado del Bello… E’ infatti una atterrita e caotica passività, contro quel beato contemplare del Bello…Come l’osservazione della tempesta su di schermo televisivo, invece del  pauroso naufragio in mezzo all’oceano…

Rimanere stravolti a guardare un atavismo… Questo è il Sublime… In una parola, l’Irrazionale… Per il “senso comune”…

 

12/31

L’Arte non può limitarsi ad essere una pura “imitazione” della natura (avrebbe sennò ragione il buon Platone a prendersela con la copia di una copia di un… letto!)…L’Arte dovrebbe essere (uso il condizionale…) una scheggia, un frammento fra i tanti altri frammenti sparsi che la nostra mente “unifica” da un indefinito e caotico “tutto” che amiamo chiamare col nome di “Natura”…Per riportarlo alla superficie del nostro personale delirio… E’ forse il placarsi, per un attimo, dal nostro interno ribollire… Ma quanti virtuosismi per non ammettere che non ci sto capendo un cazzo!…

 

13/31

Il dolore avanza lento in progressione…Un granello di polvere per volta…Mentre prendiamo coscienza che quel cielo che ammiriamo in tutti i suoi colori, cielo dapprima ritenuto eterno, non è che l’illusione vana che possa esistere in qualche “iperuranico” luogo ciò che con grande presunzione chiamiamo “essenza” della felicità…

Nella realtà e nel concreto delle cose posanti il culo a terra, questa essenza non è che un vano “nome” , ed una speranza che presto andrà delusa…Come tutto il restante tempo al suo marcire…

Nel cielo stellato all’albeggiare tutto scompare in un “ricordo”… E questo non può essere felice e duraturo, se non nel respiro dell’attimo evocato… Il tempo di uno sputo addosso all’infinito!…

Chi più ormai ricorda le lucenti epifanie di quel cielo immaginato?… Non à forse solo nel lampo che vi è RITORNO?…

 

14/31

Cos’è che fermenta oltre la fossa di ogni singola solitudine?… Che cosa sperare da questo, se non forse di essere assorto nell’indolore ascolto del silenzio in una sera qualunque, giusto per sentire il mio respiro in sintonia con il battito del mio cuore…Per poi vedere un mondo che non vada oltre al mio campo visivo?…

E’ lo stesso mondo che io  distorco con i miei cinque sensi, quando in realtà lui a volte mi  sorride compassionevole…Avvisandomi che la grossa questione non è quella di essere vero od apparire diverso, ma di semplicemente partecipare al suo variegato banchetto!…

E’ totalmente inutile questo mio cazzeggio, perché io mai sarò pianta o pietra che nessuno scalfirà nei secoli, quercia o sia montagna che sia!…

Il mio “vero mondo” non può che affievolirsi in progressione al mio declino…Rimpicciolendosi nello spazio e nel tempo sino ad annullarsi nel giorno del mio rientro, come fosse la fiamma di un cerino che scompare con l’usura del suo sottilissimo legno…

Avevi ragione tu, mio buon piangente Eraclito… Il fulmine governa ogni cosa!…Anch’io ne sono un semplice riflesso, nell’assoluto nero di quel cielo  zeppo di stelle appartenenti ad un passato tempo… Onde per cui procedo per il mio quotidiano andirivieni, come questa penna che annerisce spazi vuoti in questo foglio bianco…Nell’illusione che questo sia il rimedio prima del mio prossimo risucchio…

 

 

15/31

 Che cosa cercare oltre quel tramonto… Che cosa cercare oltre un sole che da rosso si tramuta in bruno,lasciandomi al buio in silenziosa attesa di un ritorno…

E’ la risposta ad una domanda disillusa per farmi comprendere che sono i COLORI tramutatisi in PENSIERI a scuotere la mia certezza che ci sia qualcosa al mondo che assomigli ad un “Essere Uno”…

In realtà ciò che appare uguale è ben diverso in ogni attimo che segue… E tra poco il sonno aggiungerà colori…Cogliendomi impreparato a immaginare che il mio prossimo sogno sarà un risveglio che mi consentirà alternanze ad un mio interiore scorrere…

Solo così continuo la mia vita… Sogni e risvegli misteriosi a cui aggiungo un nome, in quella credenza di essere io identico a ciò che ero un secondo prima…Quando in realtà ad ogni battito del cuore sono già sfuggito al precedente attimo, più non sapendo che cosa io sia  diventato!… Ed è solo immaginando di vedermi al di fuori del mio centro che mi fa aggiungere “io sono io”!…

 

16/31

Prima di giungere ad una “autocoscienza” non lasciante scampo a ciò che non siamo, ci troviamo innanzi ad una Immagine, una visione a cui rapportarci…Solo così ci vediamo nella separazione, un attimo quasi percepibile al di là di noi stessi…

Conseguente, l’autocoscienza assume le sembianze di un fantasma, nella illusione di una appariscenza resa certa per legittima difesa, e riportata nel nostro interno “sentire”…

Questo sentirsi “esistenti” facendo ordine nel caos è già però un processo “secondo” messo in moto da ciò che vediamo fuori da noi stessi, al di la della nostra “violata” intimità…

Malgrado tutto, io sono qui a chiedermi per qual motivo noi crediamo a ciò che vediamo…E se siamo così certi che nello specchio in cui riconosciamo il nostro volto si rifletta veramente la nostra immagine!…

Dovremo rispondere a queste domande un giorno, prima di sfumare in dissolvenza…

 

17/31

Ciò che chiamo TEMPO assume in sé lo scorrere del mio sentire interno… Di ciò la mia coscienza fa tesoro, anche se lei ricerca solo un semplice segno, una visione percepita nel silenzio…

E’ così che accendo e spengo quel che solennemente chiamo il Bene e il Male, come quando premo un pulsante per cercare il buio nell’attesa di dormire…

Ma non è forse la Tragedia Greca la visione del fulmine intervallata dall’infinito buio dell’intorno?… Non è questa forse uno sfuggire al panteistico e narcotizzante scorrere del tempo?…

E se anch’essa fosse un semplice SEGNO, giusto per permetterci di poter prender sonno?…

 

18/31

Osservando il “sensibile” mi infrango a intermittenza nella spiaggia dei “perché”, senza ricevere risposta alcuna…

Durante quel passaggio il rumore è lieve, quasi incerto, e si perde per sempre nell’intorno di un “non ritorno”, come una stella pulsante luce che al mio sguardo è ormai antica di milioni d’anni nel suo rispecchiare un cielo ormai perdutosi nel nulla…

E’ l’ora della nostalgia, purtroppo, per non aver saputo afferrare il segreto di ciò che mi portavo dentro… Ma forse questa è anche la salvezza di non sapere ciò che poteva succedere… Perché il peso del mio sopportare inquieto mi avrebbe schiacciato sotto alla montagna… E nulla si sarebbe mosso in quel non percepire scorrimento… L’ascolto si sarebbe spento nel silenzio, perché il battito del mio cuore avrebbe scandito colpi intermittenti in anni l’un dall’altro, e in piena somiglianza di un  immobile monolite!…Alla mia visione, il fulmine sarebbe stato una colonna di fuoco eternamente statica, e i miei deboli occhi non l’avrebbero sopportato se non per qualche attimo prima di accecarsi per l’intensa luce!…

Al successivo battito cardiaco la montagna avrebbe osservato indifferente la mia vita sbriciolarsi per il tempo ormai scaduto… E l’insopportabile puzzo di cadavere non sarebbe stato suo, bensì il mio lento decompormi…

Date retta, molto meglio il movimento, pur di non contemplare ciò che è tristemente Eterno!…

 

19/31

Quando scruto l’orizzonte non vedo l’INFINITO, bensì una distanza “senza fine” certa che tiene testa e compagnia ad altri luoghi ed orizzonti spostatisi nell’immaginario solo di un capello più in là del dovuto…

L’Infinito forse è una conclusione errata di qualcosa che in realtà non vedo, ma che tuttavia “credo” sia esistente… Giusto per dare a questo “pensiero” la forma e la consistenza solenne di una “Idea” assoluta…

Il disagio è tuttavia solo nei miei deboli occhi che non possono vedere ciò che un vede Dio, e non altro!… L’infinito rischia di essere un fantasma, una parola di significato incerto, vagante tra le nebbie della “ragione”… Nulla è più sbagliato che crederlo in me innato, perché forse quello che vedo non è quello che “credo”… Non è altro che l’oltre dell’oltre delle mie inquietudini affogate al caffè…In quel vacillante oceano che un giorno dovrà pure sfociare da qualche parte e qualche luogo sconosciuto…

 

20/31

Lo “Spirito Tragico” è il temerario gioire, nella consapevolezza un po’ amara che la morte è pur sempre “presente” e attenta ad ingabbiarti al suo destino alla prima mossa sbagliata che tu fai…

E’ il beffardo ridere di quel “primo” satiro danzante senza pudore e senza pensiero, pur sapendo che lei morte lo attende col suo ghigno alla fine di quel finto e spensierato ballo… E’ il ribaltare l’orrore di una “forza” rinata e assunta a contemplazione… La genesi, la creazione di quello che un giorno assumerà le armoniche sembianze dell’Arte!…

In fondo, tutto questo non è che uno stato d’animo purificatosi dalla paura…E libero di tramutare quello che vede all’intorno nel  ricercato e ammirato “Bello”!…

Per me lo Spirito Tragico rischia invece di essere la consapevolezza che la vita un giorno arriverà al suo esaurimento fatale…Nella spegnere di un mondo che col cazzo ritornerà nel “Tutto”!…

A questo riguardo, ogni placebo messo in atto a consolazione della schiatta “umana”, come suppone un povero illuso (e sto parlando di Arte, Filosofia o Religione…) alfine non sarà che una  MENZOGNA NECESSARIA…

 

21/31

Per non aver paura di se stessi (ripensando ad un passato arcaico…) occorre una granitica costruzione… Un fiero, austero, basamento di un edificio dorico, “spartano” per intenderci, giusto per non far totalmente emergere una “realtà” con annesse tutte le sue pene… Per farci credere che la “menzogna”(strisciante in ogni mente ed ogni luogo) non esista affatto!… Giusto per convertire una certa gioia che sentiamo all’interno, e che a volte riaffiora in superficie, nella dura disciplina di pensare l’”Essere”, la Sostanza, come l’unica “Realtà”… Non sapendo ridere di tutto questo, e non volendo accarezzare un volto all’aria aperta durante una liberatoria corsa attraverso in campi…

Tuttavia quel solenne “pensare l’essere” da noi creduto vero ,anche quando felici pisciamo in compagnia, non coglie che l’accecamento di chi si ostina a non vedere che quei paletti da noi fissati per proteggerci dagli altri non sono in terra o in cielo, bensì nel nostro inquieto “interno”…

Occorre quindi il Tragico per accettare veramente la paura… Per apprezzarla come l’efficace difesa a noi concessa,cercando di sopravvivere sereni… Come fosse l’unico indispensabile dono riconosciuto a chi mai potrà sconfiggerla!…

Rispecchiarsi in un laghetto montano per scorgere un fauno , invece del nostro stupito volto riflesso nell’acqua gelida!… Questo ci atterrisce e ci affascina nell’immediato tempo!…

 

 

22/31

La POESIA non può subordinarsi ad un semplice “descrivere”… La Poesia deve essere PRESENZA…Creazione di materia dal “semplice” pensare… La cornucopia del nostro “sentimento” intriso di ricordi…Nella speranza di una futura “guarigione”… Un finto istinto… In realtà “intelletto” attento alle virgole della “Forma”!…

Questo forse è il suo profondo MISTERO!…

Se invece l’Arte rischia la “FINZIONE”, non prendiamocela con lei, bensì con il nostro abissale “scorrere” senza fine che non ci permette una visione certa di ciò che intravediamo all’orizzonte…

Perché più si scoperchia l’interno e più si estraggono MASCHERE messe lì a confondere ciò che vediamo nell’al di fuori…

 

32.

 

 

Avvolti nell’imperante oscurità di una fitta foresta senza cielo e luogo, noi urlavamo felici e spaventati al tempo stesso il nostro CANTO COLLETTIVO… Una solidarietà mista alla gioia e al dolore  avanzava beata assistendoci durante il nostro incerto e incostante tragitto…Imponendo un “rito” ritenuto Sacro, come a consolazione dello sconosciuto e circondante buio…

Il rispecchiarsi negli occhi altrui per riconoscere un volto che altri non era che il nostro irrequieto volto celato da una maschera!…Un giorno qualcuno questo chiamò col nome di TRAGEDIA,  imponendolo, consolante, ad una visione non più pregna di “coralità” ma solo “individuale”, in una pessimistica ricerca di una causa od un perché…

Non ci si rese conto che la nostra “origine” era ormai scivolata nella nostra personale “STORIA”…

Fu così che antiche selve si tramutarono nella triste pietra, come fossero solenni monumenti stagliatisi precisi e silenziosi a contemplare un rosso cielo al suo tramonto…

Questo forse fu il Teatro Greco… L’appartenenza tutti quanti, come marionette imprigionate, ad uno scenario quieto…Ormai ciascuno a urlare immerso nel silenzio della sua anima… E quel dolore che una forza collettiva un tempo scacciava lontano sino ai limiti del buio (quando il numero vantava una sua imponenza) ormai si scatenava libero di colpirci, noi povere individuali caccolette, eliminandoci uno ad uno… In quello strazio interno colpevolizzato da una solitaria sofferenza perché non condivisa da nessuno!…

Così l’urlo ritornava in noi…. E quel dolore un tempo reso inoffensivo adesso diventava il “singolo dolore” a noi esclusivo, ove ognuno era affranto in solitudine a leccarsi le ferite…Si compiva l’ora della “spiegazione” dell’evento, che uccideva una presenza ormai non più capita… L’ora della “riflessione filosofica” che sempre imperava nel suo aggiungere “qualcosa”… Quando negli inizi era solo il sentire collettivo… Emozione scatenata, libera di girovagare passeggiando con la nostra coscienza delirante…Come questa fosse la panacea ad ogni dolore…

Ora il fauno più non bastava, perché l’imperturbabile “saggio” filosofo accorreva sull’altare della nostra consolazione, avviando il pensiero verso la sua interna “DIVISIONE”…

Quel corpo che io credevo mio era invece una mia “Idea”…E il “contraddistinguere” conosceva la paura di una “Forma” che nel buio avanzava abbattendo ogni cosa al suo passaggio (forse una nuova coscienza…) mentre io atterrito ne attendevo il forte impatto…

                                                                       Pur sapendo che ogni urlo singolo

                                                                                                        Mi sarebbe stato ricacciato in gola.

 

 

 

 

 

 

 

 

33.

 

 

Povera Antigone, pietosa verso il tuo sangue e irriguardosa contro una “legge” che più non condividi…Spavalda sei passata alla Gloria, consapevole che quel rantolo nel buio, disperato e    senza terra, andava pacificato a qualsiasi prezzo…Hai voluto evitare al sangue fraterno il suo grido sofferente al cielo (un cielo ove banchettano gli dèi , frivoli e indifferenti al dolore umano!), incurante di una stirpe che vuole solo la vendetta!…

Hai assunto su di te dolore e punizione di un qualcosa non commesso, giustificandoti a te stessa in sublime altitudine…Cioè la tua SOLIDARIETA’ al sangue violato, ben al di sopra di qualsiasi “convenzione”… Perché più profondo era il tuo scopo… Scoperchiare un veto, prima che il marmo ti oscurasse il cielo!…

Seppellita viva!… E questo perché hai scardinato l’ipocrita castello costruito sull’”umano troppo umano”, falsamente mascherato da “divino” verdetto… Quando la tua vera e unica colpa fu di assumere la sofferenza al di sopra di qualsiasi granitica legge (quasi come fece il Cristo…) non per ricercare “purificazione”, bensì per patire senza speranza alcuna!…

Perché questo fu il tuo triste e “tragico” destino… Presenza ed Innocenza insieme ad un dolore sofferto invano,

                          Così come comporta

                                                          Ogni Tragico finire.

 

34.

 

 

1.

Un certo giorno la FORMA divenne FORZA, e la pietra veleggiò leggera in cielo  in quel  vorticoso movimento ponente fine ad uno statico tormento…

In ogni direzione si sviluppò e finì una Civiltà “diversa” che si spense all’avvenuta usura del suo esclusivo “Simbolo” …E quel macigno che prima nominavano “Sostanza” fece nell’intuizione intravedere organismi impazziti da un veloce movimento…A testimoniare che ciò che un tempo era ritenuto immobile come un blocco di cemento, non era che l’abbaglio di un intero “Popolo” risiedente nelle proprie squallide megalopoli odoranti di scoregge…

Fu così che alfine alcuni veggenti ammisero il grosso sbaglio di aver rispecchiato nella loro veduta personale, qualcosa che in realtà era di natura sconosciuta…

 

2.

Giace nel mio intimo mai interrogato prima, nascosta sotto strati di fangosa melma e in orgoglioso silenzio, una profonda malinconia di credere di “non credere”… Come se questa fosse il ronzio di un moscone rompicazzo che non vorrei sentire, e che invece solo io sento nell’interno…

Mi tormenta un autentico DOGMA che mi affonda le sue unghiette affilate nella coscienza malata da quella frustrante ricerca di una “Divinità” di qualsiasi tipo e condizione…
Questa “Apparizione” che raffiora in una lucente “epifania” mista a tormento non è che il nostalgico canto di chi non vuole ammettere che possa esistere tanta pena consumata invano!…

Non può esistere un Dio che tutto ciò permetta!… Questo urla il mio “essere ateo”, con amara invidia per la folla di “non vedenti”…Abbandonati loro anima e corpo tra i profumati cuscini del loro Dio bislacco…

Orgoglio e moralità ai massimi sistemi e senza scopo alcuno, o speranza di regali, navigano in compagnia dell’ateo (dogmatico tra i dogmatici!) e non il contrario, come certi potrebbero pensare!…E’ così che al cielo lancio la mia finta scure insanguinata da secoli di assurda umanità…

Da una nube oscura a contatto col metallo non vuole uscire eterna luce ma solo un improvviso lampo!…Ed è a me stesso così che non perdono!…

 

3.

Anche nel mio interiore lamentarmi, anche in questo momento, il mio pensiero scorre a quel che ho lasciato alle spalle… Al comodo e rassicurante cesarismo di una civiltà ormai sfinita dal peso dei suoi “valori” opulenti, che in realtà nascondono un’isoletta, un orticello supposto l’Eden, ove al di fuori rimanga a creparsene affamato tutto ciò che è ritenuto estraneo…

Spostare l’incubo più in là di un solo centimetro per volta mi rassicura la coscienza e mi distoglie dal pensiero triste che tutto sia in movimento,  la merda e il cioccolato in compagnia al cemento…

Occorrerebbe tutto questo scorrere per dimenticare la vertigine…Per credere che il Mito oggi sia un semplice riflesso di ciò che fu il Mito Tragico di allora…Come se la differenza consistesse solo in un diverso grado, e non in altra sconosciuta cosa… Pur sapendo che tra “contemplare” e “vivere” un orrore vige la stessa differenza che vi è tra me e gli “antichi”…

Indossare una pesante armatura greca, col suo rilucente bronzo al sole meridiano, mi farebbe stramazzare al suolo per il troppo peso… Mentre continuo ostinato a pensare che “questo non è il migliore dei mondi possibili”!…Ci mancherebbe solo questo!…Lasciamo all’immaginazione la libertà di costruirli un po’ migliori!…

Allora a quale farmaco votarsi?… Quale medicina omeopatica, per continuare in questa ILLUSIONE?…

 

 

 

35.

 

 

Vi sarà un’isola in qualche luogo della mente ove si possa attraccare in tranquillità…Dopo aver navigato in acque profonde, giusto per rimarginare le ferite di questa esistenza sottrattasi suo malgrado ai sorrisi… Per asciugarsi al sole prima di rituffarsi nell’incubo dell’alto mare in tempesta…

Non è rassegnazione, ma speranza nella prossima tregua… Un’attesa del futuro che possa alleviare questo un po’ schifoso presente occorrerebbe…Un “atto” che non sia un migliore avvenire, perché in questo è sempre riposto un pensiero del “finire”…Bensì semplice coscienza che in questo flusso e riflusso di ogni cosa emerga e affondi intermittente un terrore che vediamo dinanzi a noi!… E lo scoprire che questa “Immagine” non sia che lo specchio di ciò che veramente siamo…

La nostra “creazione”, forse superiore a qualsiasi presunto soffrire, è come una fragile barca che ci salva dal continuo scorrere in acque torrenziali… E’ un controsenso!… Una maschera imbullonataci in viso (come quella dei Tragici attori greci) che più non riusciamo a togliere…Quasi che ci renda invisibili e invulnerabili… Come se noi fossimo altrove, come se il morso della materia non sortisse effetto alcuno!…

 

La “creazione artistica” di un dolore “visionato” , icona delle ironie, è la gabbia per sconfiggere la rassegnazione… Il suo urlo acquista gli illuminati mattoni della Gotiche Cattedrali che vorrebbero tendere al cielo le braccia nel tentativo di sfiorarlo almeno!…

E’ un disperato anelito all’Infinito volente scoperchiarne il segreto…Lasciando la splendida pietra adorna di Sacri Simboli, a solenne immagine di ciò che  si vedeva… E’ un ‘aspettativa “celeste”  creata a regola d’arte e poi subito dopo frustrata dal nostro scetticismo!… Un urlo da contemplare per chi magari ha sorde orecchie ma occhi aguzzi che sappiamo scrutare!…

Non può esservi rassegnazione nella ricerca dell’orizzonte, se non vi è vera colpa!… E ormai siamo giunti sull’isola… Speranzosi e pronti per riattraversare l’oceano…                                                                                       Giusto per allontanare da se stessi il sibilo della futura morte…                                                                                                                                

 

 

 

36.

 

1.

Mi appare il deserto del mio delirio, improvviso e imprecisato, in un pensiero prendente le sembianze di una grigia pietra…In un desolante sfondo color viola, senza il minimo alito ventoso…

L’umore è triste  quando nessuna brezza mi accarezza il viso… E questo accade purtroppo prendendo coscienza che quella selvaggia selva (di cui un tempo avevo memoria) non vuole più accogliere il microcosmo dei miei pensieri…

Ciò che credevo un animo “collettivo”, un “condividere insieme”, nella realtà non è che il mio primo vagito persosi nel nulla, come un vano eiaculare che dalla culla in poi mi accompagni per il mio percorso, diversificandomi dal rimanente mondo… Un diverso mondo, creduto nella mia impiastricciata e adolescente felicità ravvivato da brillanti colori…

Tutto ciò che di quel lontano tempo a me rimane è una stanza con neutre pareti ingrigite…Ed un grido silenzioso alla finestra di casa mia… Io sono io, e nessun altro!…

Ma chissà, forse anche in questa grigia stanza un giorno sorgerà un sole rosso in controluce, facente prender corpo  una realtà diversa da ciò che mi appariva prima del suo levarsi all’orizzonte…

Forse c’è spazio e tempo ancora per colori numerosi…E per gridare al vento che si alza con l’aurora una canzone di speranza che poco prima il buio mi ricacciava in gola… Per riscoprire un passato resosi evidente, ove il canto in quella selva possa rischiararmi per “vedere” un qualcosa oltre il cielo… Solo lì finisce la disperazione… Nella piena consapevolezza che la Tragedia è NECESSARIA, mentre si attende l’impatto devastante di un’ onda gigantesca  del colore blu di Prussia, proveniente dall’abisso “originario”… Quell’onda che tutto sommergerà un giorno…Come fosse l’ Angelo Sterminatore strombazzante, nel Giorno del Giudizio.

 

2.

Così quel CORPO che credevi un limitare di te stesso, con la cognizione del dolore assume il “Centro” dell’universo conosciuto intero… Tu che tanto ci tenevi a restartene in disparte!…

E’ come un buco nero implodente in sé stesso, nella indifferente espansione di una galassia allontanatasi nel vuoto… 

E quella Croce che tu credevi un mito, con i suoi freddi chiodi conficcati nelle mani, è lì proprio a dimostrarti che quello è anche il tuo dolore!… Quella carne violentata è anche la tua…Perché lei ti abbraccerà in quel viaggio che credevi riguardasse solo gli altri…

Distogli lo sguardo, singolo tra i singoli…Perché quel cielo da te creduto eternamente azzurro volge invece ad un nero tramonto che insieme a te dissolverà un giorno!…

Ma è mai possibile, ti chiedi mentre stai per scomparire, che proprio nel dolore (pur sfuggendo da quel centro) ti senta “accomunato” a tutti gli altri mai capiti?… Non è un po’ menzognero tutto questo?… Non è infine anche questo un enorme controsenso?…

 

 37.

 

 

Fu forse il Coro arcaico del primo teatro greco un voler rappresentare la “non azione”, come fosse questa un disteso respiro da contemplare?… Fu l’argine naturale a quella corsa di bighe condotte dagli impazziti cavalli della “libera volontà”?…

Se fu così, è perché il “volere” volle la verità sino in fondo… Volle sapere che tutto avrà un finire certo, nella illusione di contemplare un destino atroce, reso accettabile, o addirittura “bello”! (proviamo a dipanare la drammatica trama di una Tragedia, così crudele, e così tremendamente sublime!…).

Forse questa “non volontà” artistica nasconde in sé una “volontà di vivere” ancor più tenace… Una volontà di vita eterna, nella presuntuosa illusione di poter sconfiggere la morte rovesciando i termini (una via di scampo ben diversa da quella offerta dalla religione…).

In realtà, o forse purtroppo, anche il contemplare nasconde una “volontà”… Una disperata condizione “esistenziale” che vorrebbe  sfuggire alla dissolvenza dell’ultimo nulla… In questo, il Coro del Teatro Greco ne è coscientemente sovrano… Perché quel canto “gioioso/disperato” è l’alfa/omega di un fauno che vive il suo esistere come se fosse “immortale”…Quando in realtà  ogni secondo che passa lo avvicina al suo dissolversi accompagnato dalla polvere…

Quel tragico coro rimase segnato nei secoli vedendo morire i suoi eroi ad ogni richiamo di scena… Ma la sua “vita eterna” fu consegnata ai “gesti” della rappresentazione teatrale, e non oltre…

Affermando di “sapere di non sapere” non faccio rivivere Socrate, bensì una “immortalità” toltasi il velo della finta “sapienza”…Giusto per volere sfuggire alla morte che la insegue senza stancarsi…

Non rimane quel nome, bensì l’atteggiamento spavaldo di chi spera che dissolvendosi la carne comunque una “Idea” rimarrà contemplata per sempre nei secoli a venire!… Solo che il “contemplante” più non sarà presente, se non nelle vibrazioni di un’arpa che suona eterna musica  durante l’assorto  e solenne ascolto di spettatori che in silenzio si godono il loro ”Dramma”…

Perché in quel corpo ed in quella melodia, per alcuni celeste e per altri infernale, prolifera tutto ciò che è rimasto vivo del nostro passato respiro...

 

38.

 

 

1.

Se vivessi circondato dal bianco invernale sulle rive di un lago ghiacciato, oppure chessò, alle pendici di un solitario monte prima che questo rimanga senza le nevi perenni facenti posto alla pietra, potrei forse io, timida puzzola provinciale, non accorgermi che “tutto è pieno di dèi”, come intuì Eraclito “oscuro” davanti a una stufa?…

Quel bianco che sfuma nell’ombra e quella nebbia che scende improvvisa dal monte nella fredda sera invernale mi esalterebbero l’immaginazione in attesa, spavaldamente armato di scure, di vedere apparire un fantasma, non differente dal paesaggio innevato se non per qualche sfumatura diafana…

Forse così mi avvicinerei a quell’arcano che con il mattino e in controluce sfuma nel nulla… E forse così comprenderei che la paura a volte è una FORZA, e l’immaginazione è la sua degna compagna…

“Qualcosa” sempre ci sfugge nella visione, come il fascino di una PRESENZA solo intuita… Come se questa fosse la premonizione di quello che starà  per accadere tra poco…

 

2.

In certe occasioni e con un estremo gesto la “Logica” può scivolare al di là della Vita…In teoria ci si potrebbe sopprimere per dimostrare assurdamente la “libertà” di morire… Vita e Logica così sarebbero assurdamente antitetiche!…

Il gesto del “dostevskiano” Kirillov (sopprimersi per affermare la sua totale indifferenza alla vita) è così meno assurdo di quello che potrebbe apparire… Rischia in realtà di essere un gesto estremamente “logico”, se la logica fosse un mostro creato dalla disperata coscienza di un essere malato di “finitudine”!…  E mi chiedo ,dopo un delirio, chi la spunterebbe nel giorno dell’estremo “Giudizio” se davvero esistesse un Dio “logico”!… O meglio, potrebbe un Dio porsi al di là della logica?… Il suo “creare” sarebbe illogico e libero ai massimi termini, giusto per plasmare un mondo a sua dimensione?…

E ancora domando, a quali conclusioni bizzarre potrebbe arrivare un mondo così sottratto all’“informale”?… Forse acquisterebbe le tele di un Pollock… O sarebbe il “senso” di un gesto casuale, come la spennellata di un colore sputato su di un lenzuolo?… Non sarebbe un controsenso questo senso?…Sarebbe tanto diverso l’orizzonte “poetico” di un Dio delirante?… Tutto ciò non farebbe “eternamente ritornare” ad una visione “dionisiaca” del mondo come affermò Nietzsche più di un secolo fa?…Un Dio Tragico che vedesse gli eroi soccombere ad un maledetto destino , mentre con indifferenza si trastullasse le dita dei piedi, non avrebbe forse più senso che un Dio “geloso”, roboante creatore della terra e del cielo?… Uno dei due lancia incazzato dardi mortali, il tutto perché prodi guerrieri hanno fatto uno sgarbo al suo sacerdote…Mentre l’altro vomita i Dieci Comandamenti scolpiti sulla pietra infuocata, venendo tradito dal “suo” popolo ancor prima che quel gesto solenne sia ultimato… Quale dei due è il più esaltato?…

Il “demone” dostoevskiano si uccide credendo, nel suo profondo, che esista in qualche luogo un Dio logico da sbeffeggiare con il suo gesto… Ma qui si sbaglia!… Perché ad accoglierlo nel suo lucido delirare lo attende un Dio terribilmente illogico…Un Dio Tragico, nell’apoteosi di creazione e distruzione che se la ride giocherellone e beffardo di quello sfoggio di logica vana!…

E’ in questo Dio che un giorno si imbatterà lui… Un Dio ben diverso dal “Padre” del nostro Messia!… Perché l’azione logica non appartiene al Dio “vero” (sennò che senso avrebbe creare solo ciò che è “logicamente” giusto?…) ma ne è il suo trastullo!…

E’ il suo contrario che gli appartiene… Per questo, anche per lui, tutto finisce in un’ eterna risata!…

 

3.

Per essere condiviso lo stato d’animo, prima di qualsiasi altra cosa,necessita della “visione” altrui…

Necessita della “presenza” sentita e digerita dell’altro… E in questo forse è riposto il segreto fiore di ogni Poesia…

Le parole devono acquistare le visione di quella “cosa” abbisognante di essere “svolta” in quel suo intreccio esclusivo… Nello scambio di un organo di senso con un altro,giusto per assimilarlo poi ad un sentimento assumente da questo soggetto l’”oggettivo” carattere di un evento intriso di significati altrui… E’ la trasformazione di un collettivo sentire…Dalla completa sparizione dell’iniziale Soggetto alla evoluzione di nuove e coinvolgenti esperienze… La trasmutazione del Soggetto in qualcosa che appaia “oggettivo”…Dall’Uno ai Molti, toccante questo le corde di un sentimento “secondo”, reso tale da un filtro comune…

 

4.

Vi è una sostanziale differenza fra il “tragico” satiro, carissimo a “Madre Natura”, e l’idilliaco pastorello intrisosi di nascente “Civiltà” accompagnantelo un giorno verso il suo epigono… Quella stessa Civiltà che prima lo osanna come se fosse il “ritorno alle origini”, per poi lo espellerlo come un tumore estirpato da un corpo malato!…

Il satiro è ancora libero un secondo prima della “creazione”…Nel suo dolce avviluppo ad una “Origine” che non faccia pesare il suo iniziale dolore… Mentre il pastorello si è già impregnato di “esistenza” che, nella rassegnazione, scandisce i secondi che lo avvicinano al suo finire…

Mentre l’uno è “cantare collettivo”, l’altro “canta la sua storia”… Mentre uno è “vista”, l’altro “è visto”… Uno è “Forma” , l’altro è “Storia”…

E se fosse la Poesia a creare un Dio “creatore”?… E se fosse la Poesia il “Signore del Signore”?…

 

5.

CANTO , un semplice “canto” vorrei diventare mentre osservo un altro sguardo che si incrocia con i miei malinconici occhi arrossati dopo una nottata passata al rimugino…

Mi immagino di apparire reale, quando nella realtà delle cose solo la mia “emozione” interna urla che grazie a lei io sto esistendo!…

Che cazzo d’altro pretenderei di essere, oltre che polvere da dispersione?…

 

6.

Se proprio vuoi imitare la Natura ti do un consiglio… Trasformati in lei!…Permettile di rendersi a te manifesta tramite una “umana” visione…Un ricordo stampato nell’invisibile, e solo da te intravisto…Perché quell’abbraccio d’improvviso ti illumina ti trasporta in un ”altro” non ancora reso evidente…Non ancor conosciuto…

Serviti pure di quel collante che potrebbe essere anche solo una nuvola in cielo… Non è forse lì nascosta in quella forma casuale la tua immagine reale?… Non è forse un fantasioso interregno tra chi sta osservando e la “Sostanza” di tale visione a permetterci di “viaggiare” con la tua immaginazione?…Quel “soggettivo” evocare una IMMAGINE intima ed esclusiva a ciascuno forse è il filo rosso leganteci a tutto quel che è diverso… Come il materializzarsi di un “Concetto” in una “Apparenza” che prenda corpo dal nostro scrutatore sguardo…

E’ forse lì che si sta evocando una “Epifania”, altrimenti sfuggente in pura “astrazione” esentata da qualsiasi Forma?…La concretizzazione di un pensiero non può solo essere diafana inconsistenza… Perché  lei concretizza natura “naturata”, ovverosia “creata”….

Giusto per intenderci, misterioso interlocutore che titilli il mio cuore (per trovare una rima qualsiasi…) chi osservando una nuvola in cielo scorgesse in quel bianco sfumato di grigio la battaglia di Isso, o la Rivelazione del volto di un giovane Dio… Forse in quello scrutatore sognante di un invisibile mare ,solo intravisto da lui, naviga tutto ciò che è POETICO ed emergente da un tranquillo oceano poco prima di scatenarsi in uragano…

E vivere circondati da tali “Spiriti” e tali “Presenze” forse significa veramente esser “Poeti”!

 

39.

 

 

In un tempo lontano ciò che si presentava allo sguardo estasiato di un cittadino della Polis era il Coro Tragico che cantava l’azione di un “Dramma” che si svolgeva su di un palco in legno… E un “dionisiaco” sentimento veniva mitigato in una rappresentazione teatrale, facendo convivere in stretto rapporto il “vedere” e l’”agire”…Il suo antefatto era il “sentire” un attimo prima di scatenarsi in azione drammatica…Perché in quella “visione”  si allentava il morso di una forte emozione che riproduceva un nuovo sentimento ricostruito sugli occhi di un pubblico visionante…

Era il faro di una buia notte (anche se era inscenato in piena luce del sole al meriggio)…Un faro che filtrava quintali di scarica emotiva in eccesso, come il deposito di un sogno che non addolorava il corpo, ma l’anima!… Era il freno al troppo intenso e distruttivo “patire”…Forse questo  ribolliva all’inizio di quella “prima” coscienza che rappresentava l’accadere di un fatto… La “Visione di un Sentimento”… Perché il “dionisiaco”, per essere rappresentato, abbisognava di una “Bella Forma” avuta in consegna da Apollo, in quel significato assai esclusivo di magiche e “nicchiane” parole  quali il “dionisiaco” e l’”apollineo”… Una briglia al sentimento, a sottolineare il perimetro di una invisibile aureola!…

 

Ma è proprio questo a veramente accadere al nostro profondo “sentire”?… Fu questa la riproduzione di ciò che la nostra anima individuale dovette contenere nel suo remoto passato?… Se la Rappresentazione fu la visione mitigata di un sentimento, presto si spiega perché nacque quella coscienza che alcuni “ottimisti” definirono il LUME DELLA RAGIONE… L’indebolimento della contemplazione del fatto accadente (il riflettere sull’evento…) fu la regola per sopravvivere ad uno sfinimento “estatico” che sarebbe sennò costato carissimo al nostro debole cuore!… Perché continuare a vivere nello sfrenato “sentire dionisiaco” ci sarebbe stato fatale come essere risucchiati completamente esauriti nel ventre della balena!… Forse per questo il creare un’opera d’arte comportò l’indebolimento dell’originario sentire…Per ricreare un “apollineo” a misura di una FORMA acquisita che fosse possibilmente BELLA, per non dire SUBLIME!… E questo per non farsi annientare senza più un briciolo di forza dallo straripante Dioniso durante il suo tendere agguati insidiosi alla Ragione…

La brama di vivere, in certi casi, comporta una morte precoce, un po’ come accadde ad Achille e a tanti omerici eroi… Questa è l’interna contraddizione!… Perché il velocissimo battere d’ali di un microscopico insetto si esaurisce nel tempo di lanciare uno sputo, se confrontato al tranquillo cardiaco “scorrere” di un elefante!…E fu forse così che l’Apollineo si elevò ad “unità di misura” del battito di un debole cuore…Il Teatro delle origini non fu che lo specchio lontano di ciò che eravamo nel Giurassico della nostra coscienza non ancora resa del tutto “civilizzata”, tanti e innumerevoli tanti secoli fa…

Il Coro precedette la “drammatica azione” per assumere così le forme dei Propilei del tempio di Athena…

                   E fu così che il Pathos

                                                      Creò la Tragedia!…

40.

 

 

Se la “Cosa in sé” è il concetto che ho del “Limite”, allora si spiega perché la “Poesia” si possa intendere come “Arte”… Perché solo in essa la cortina fumogena di una coscienza ristretta dai paletti messi in opera dal quotidiano vivere può in espansione uscire dal limite acquistando, in un attimo reso felice, una “visione” materializzatasi all’improvviso dal nulla…E già pronta a scomparire per sempre!…

In quel “luogo”, “ora” e “situazione” precisa, e non altra, l’intravista “Immagine” evoca la comparsa di un Dio nel suo lucente manifestarsi…Completamente dimentico di tutto che è l’intorno raziocinante…

La Forma è incerta in quell’apparire, perché la Forma è una parola esprimente un fenomeno, ove nell’al di sotto scorre la primordiale e sconosciuta “Materia” che interessa il nostro al di fuori, profondamente incuneandosi nel nostro “irragionevole” Es … Un’ indefinita lontananza nel “non-ricordo”…In questa visione(creduta dai più lo schizzo di una fugace epifania della comparsa dal nulla del giovane Dio) si nasconde la “cosa in sé”, che in tempi addietro era creduta formata in noi da ciò che superava la nostra esperienza diretta, e situata su di un Olimpo di idee “innate” nella loro intrinseca “perfezione” a cui rivolgersi per riposare ,stravolti dal morso del nostro sentire le cose…

 

Ora di questa sana menzogna rimane solo uno stupore fedele alla realtà di uno sguardo… Perché quel giovane Dio che ci appariva non era che un qualcosa di “altro” non spiegabile razionalmente, se non concedendo stupiti a quel limite del nostro pensiero di spostarsi di un solo capello più in là…

Solo riconoscendolo a noi simile gettiamo l’ancora della salvezza dal naufragio possibile della ragione… Perché la “cosa in sé” è un finto problema… Non esiste, se non nel nostro meditare interno… Non è che una metafora per consentirci di affermare che noi non sappiamo chi siamo e da dove veniamo…

E forse questa è la “nascosta” funzione dell’ Arte… “Espressione” di un quid sconosciuto…

                 La sua visione,

                                        Un attimo prima del definitivo

                                                                                         “Nascondimento”. 

 

 

41.

 

 

1.

Ciò che a volte vorremmo estrarre da noi, se fosse possibile, è una richiesta spesso oscurata da una conclamata disperazione… La richiesta di godere di un attimo felice, tra l’intervallo di due consecutivi respiri, che possa consentire un liberatorio rispecchiarci in una immagine scevra dal peso del nostro “io” in eccedenza , e che a volte vorrebbe uscire allo scoperto…

Una immagine “contemplata” che ci faccia illudere di capire come siamo fatti dentro…Nella dimenticanza del passato, e nella speranza che quel che vediamo adesso sia il nostro aspetto vero,e non quello fittizio delle apparenze…

Non è però prevista una “perdita di peso” dall’estrarre materia in eccedenza… Tant’è che ciò che era prima rimane ancora tale… Perché l’unico vero alleggerimento riguarda la disperazione scioltasi per un frammento, assopita ad ammirare quella immagine riflessa…

Teniamo così testa allo sconforto nella speranza di distrarci… Nell’osservare un’apparenza, come fossimo poveri Narcisi in estatica ammirazione del nostro solitario volto… Per riprender fiato e ideare qualcos’altro da permetterci di dare scacco una volta ancora…Per consentirci di continuare la nostra vita esclusiva…

Solo in questo l’Arte può permettersi una “consolazione”… Nella nostra gioventù impetuosa il disperante e introverso “io” abbisogna continuamente di materiale refrattario per espellerlo con finto sollievo, come fetide scoregge dopo una sbronza…Mentre con l’arrivo dell’inverno ci si aggrappa con tutte le forze rimanenti a quel maledetto “io”, un tempo così vituperato!…Anche perché questo è l’unico “mondo” che conosciamo…

 

2.

Autentici campi di concentramento ,tenuti come reclusi all’interno dell’anima, ci illudono di arricchirci “interiormente”, quando nel vero succede l’esatto contrario… Ci “impoveriscono” di esperienza interna, rendendoci sordi all’esterno trafficare… Con i loro fili spinati ci portano dritti al buio di un sentiero che si interseca costringendoci poi ad una precisa scelta… O scarnificare la propria coscienza, affossando il ferro nella nostra “personale” ferita per il resto del nostro vivere… Oppure spegnersi alle emozioni e ristringere così  anche l’altrui visione…

Forse chi è sopravissuto allo sterminio di una intera generazione non può perdonarsi la sua rimanente vita, se non cercando di avere “memoria” di ciò che nella realtà si vorrebbe assolutamente dimenticare!…

Si vive accompagnati durante il cammino da una “colpa” mai veramente commessa… Essere “ancora” vivi credendo di farlo a scapito di tanti altri…In questa caso la vittoria pregna dei passati rimorsi e di quelli a venire è schiacciante e non lascia scampo… Perché costringe una violentata coscienza di fingere con i suoi personali ricordi...

 

42.

 

 

Forse l’unica compatibilità tra “Verità” e “Conoscenza Umana” è la costruzione razionale che ci siamo imposti sopra l’intorno da noi veduto…

Che però questa sia la “Realtà” delle cose nemmeno la scienza può dimostrarcelo incondizionatamente…In questo possibile “naufragio” grava il pesante macigno di una “Ragione” ormai liberatasi dal “metafisico” cumulo di zavorra che la appesantiva nei secoli e secoli per volere di affermazione e consenso…

A malincuore forse bisogna accettare che l’unica “gnosi” a cui aspirare non è che una “Intuizione Estetica”  che possa convivere con il nostro quieto vivere… Ma ciò è ben differente dall’avere acquisito una conoscenza reale!…

Costringere Edipo ad essere preso come fosse lo svolgimento di un “complesso edipico”, mediante quella altisonante favola prendente il nome di “psicoanalisi”, stravolge il canone emotivo di un ancestrale “mito” che mai potrà essere spiegato a livello razionale ma solo “aggiustato” per consentire alla natura umana di mascherare qualcosa di cui magari si vergognò nel  passato…

Ma scoperchiare il “nascondimento” per rendere “ragionevole” il Mito non può essere la vera risposta a quella sconosciuta domanda di quello che noi tutti eravamo agli “inizi” del Tempo… Perché rappresentare e giustificare un Mito tremendo non equivale alla sua vera “Visione”… Perché questa non fa parte più di un certo “presente”… Perché la PRESENZA che incombe adesso in quella figura “tragica” di eroe flagellato dal suo amaro destino è la presenza del SILENZIO di un criminale atto , un secondo prima che questo venga compiuto…

La mente è oscurata da questo fatto delittuoso in sé…Ma il suo rimorso viene a volte rimosso non nella “sintesi” della coscienza, bensì “analizzando” ogni singolo gesto…Sequenza dopo sequenza… Forse per questo gli aguzzini nazisti, per fare un esempio storico e aberrante, facevano esistere solo i “numeri” al posto di vittime in carne ed ossa (l’Olocausto fu una questione di “conti da far quadrare” e non di povere vittime da eliminare!)… Per tacitare la coscienza forse occorreva spegnersi all’Etica e attivare l’”Economia”!…Necessitando che un corpo vivente potesse scomparire come un semplice numero scritto su di uno sporco taccuino!… Ma sto divagando…

Quale sarà, mi domando, quella esigenza interiore, quel “riempimento” nel volere per forza “spiegare”, se non il volere in realtà nascondere il “non emerso” dal nostro pacato e razionale “pensiero”?… Non ci accontenterà forse questo , durante lo spiegato crogiolo del nostro vivere da esseri riflessivi che mettono in atto le proprie quotidiane menzogne?…Forse il silenzio del gesto poco prima di compiersi è un occulto spiegare l’evento che sta per scatenarsi in tutta la sua feroce libertà… Forse quel silenzio è avallato dalla visione di uno “spettatore ideale”  che trae comprensione dal contemplare una scena, un microsecondo prima che possa svolgersi nell’accadere sul palco…In quel deserto di sensazioni forti ,e non ancora liberate dal gesto, rimangono celati il mistero e l’angoscia di “vederci” come noi siamo senza capire, se non “formando” e provando inaspettate emozioni… Giusto per creare un avvenimento da “rappresentare”…Come liberati da oscure colpe  solo intuite  nella nostra “preistoria”…L’originaria “non-rappresentazione” rimane così annichilita in silenzio…Indisturbata nel suo godersi in prima fila la “NASCITA DELLA NOSTRA COSCIENZA” in un futuro a venire… E se in quel tempo lontano fossero esistiti già gli occhi, la presenza riguarderebbe una visione al di là di qualsiasi spiegazione del “visto”!…Siamo talmente sconvolti da ciò che non capiamo che il primo atto deliberativo della nostra visione è quello di eludere l’iniziale “silenzio” NOMINANDO (ovvero creando…) tutto ciò che ci si para davanti… Fissando  tra noi e le cose i solidi paletti perimetrali… Anche se poi il silenzio reale che ci avviluppa, come il silenzio ancor prima della ragione, rimane inquietante e circondato dal buio…

Cosicché il povero Adamo, credendo di obbedire a una divina ordinazione,                                                                                                                nomina gli animali…Quando in realtà non sta rispondendo                                                                                     che alla sua frustrata sete di dominare le cose!

43.

 

 

1.

Ormai libera dal metafisico magma di cattedrali (che il passato creava, come queste fossero  immagini “reali” credute eterne!) rimane assorta in ascolto di se stessa una “intuizione” alleggeritasi da ogni raziocinio, un po’ come ci si sbarazza di zavorra su di un aereo che precipita per l’eccessivo peso…

Ci illudiamo di salvarci credendo ad una esistenza che possa trasferirci in una dimensione nuova, ove una conoscenza “seconda” sia l’alternativa giusta alla “ragione”… Ma quando il suolo si avvicina rendendo imminente il pesante impatto il pensiero mestamente torna a ciò che siamo e a quello che mai potremo essere…Percependone il silenzio…In ascolto del nostro nulla personale che scivola nella “non esistenza”…Da lì infatti proveniamo tutti noi… Perché la conoscenza “seconda” implica la “non vita” e il “non pensiero” che ci lasciamo ormai alle nostre spalle!…

Ogni “Visione” fa esistere noi, e non il nostro “Oggetto”… Forse per questo la Poesia rimane “soggettiva” quando costantemente “soffre”…Tranne quando scorge una “Presenza” estranea… Ma questo è un altro dire…

Noi stessi apparteniamo all’”esterno” di ogni altro, giusto per non rinchiuderci nel nostro buco nero…Anche per questo noi viviamo grazie ad una immagine riflessa facente scorgerci l’Abisso.

 

2.

E’ sbagliato a mio parere affermare che la POESIA          derivi dall’istinto, o addirittura sia l’istinto puro in espansione!…Perché, a mio parere, non è lui ad essere egemonico ma l’intelletto!…

Anche la “Musicalità” non esiste in natura senza una mente che sappia “ascoltarla” e “costruirla”, come fosse questa simile ad un teorema matematico… Per questo forse un Dio, se esistesse, non potrebbe non essere “Poeta” e “Musicista”!…

Solo il lo stato d’animo brado può risiedere a monte di qualsiasi istinto… A lui attinge l’intelletto nel “poetare” il suo ispirato problema… Plasmandolo e trasformandolo in una “creatura” che sia da tutti percepita… Appena una visione, tramutata in una presenza all’ammirazione di tutti!… Perché la “conoscenza” deriva sempre da “altro”, e non esiste ancora all’inizio…Solo così l’Oggetto vive la sua vita traendo sangue e linfa dalle sue oscure radici.

 

3.

Allunghiamo le deboli braccia al cielo, giusto come comanda il nostro imperante istinto… Ma questo è anche il nostro costante esaurirci… Perché quella “determinatezza” ad agire o afferrare  ,non si sa bene che cosa,  si esaurisce in una azione mirata e sostituita dalle azioni sopraggiunte a seguire…

Forse se Dio esistesse per sopravvivere a se stesso non avrebbe bisogno di “volontà agente”, bensì di pura e “senziente” INDETERMINATEZZA!… Solo così potrebbe contenere la forza del suo potere   immenso, “creatore” e “distruttore” al tempo stesso… Mitigandolo così con l’”essere in ogni cosa” (un Panteismo con il freno a mano inserito)… In questo consisterebbe quel che alcuni in passato chiamarono il suo “Tragico “ Logos… Il suo eterno “scorrere”…E che altro potrebbe succedere ad un “io” sprovvisto di forza, oppure al genio svuotatosi della sua “originalità”, se non di avere una “determinatezza” vagante e spaesata tra una nebbia fittissima di “Concetti”, Pensieri, Sentimenti e quanto altro…Senza mai la concretezza di una azione mirata ad arrivare anche solo alla vetta di una semplice “Idea”?…

L’immersione nell’indeterminato è assoluto… Tutto quello che succede al suo interno si contempla in una immagine rivestita delle spoglie di un fantasma, perché la vista esteriore ne è assente…Ci crogioliamo nei nostri sensi di colpa che crediamo “immaginari”, mentre a non concretizzarli è la nostra predisposizione a “non agire” che annulla ogni colpevolezza effettiva…

Rimanere nel primitivo brodo dell’Indeterminatezza rinchiude l’”io” al senso esterno, ma comporta anche una “visione” diversa della realtà conosciuta…E forse comporta l’immagine di un “Originario Cielo” che si apre a quella esclusiva veduta lasciante emergere un “Nuovo Mondo”…  Un mondo delle “possibilità incompiute”…

E’ forse questa la “schopenaueriana” CONTEMPLAZIONE ARTISTICA?… La “ricerca”, anzi il disperato “bisogno” di un ESTETICO MONDO?… Il “sensuale” assopimento sgravatosi della “azioni” che comportano “dolore” in una specie di “taoista” non-agire?…

Forse in questo rinnovato universo è riposta la salvezza, ma forse anche un grumolo di follia…E forse il folle (un eterno incompiuto nella sua “tragica” indeterminatezza) non è che un povero e assorto COSTRUTTORE DI MONDI PROIBITI agli altri !

 

4.

A volte curiosamente ripenso al mio remoto passato… A quando da adolescente sapevo essere terribilmente ignorante e superficiale, oltre che magro!…Vincevo tutte le gare di puzze, come il “Mosca” vinceva tutte le gare di rutti… E pur soffrendone a volte sapevo essere terribilmente crudele…

In queste occasioni ripenso a questo “sapere di essere” con un misto di schifo e rimpianto…

Ora che ho la “maturità” e l’ipocrisia necessarie per poter vivere in pace con gli altri, qualsiasi pensiero in libera uscita deve assolutamente chieder permesso alla “coscienza” di quell’ “essere ragionevole” che son diventato…Pena sennò il non renderlo manifesto!…

A volte mi sento come quegli arabi antichi che scoreggiavano battendo tra le mani due sassi per coprire il rumore fatto dal culo…

Volendo poi divagare facendo il ritratto di un “giovane”(rischiando un ridicolo paragone) il pensiero ritorna ai “giovani” tragici eroi della Grecia… Così crudeli… E così “ingenuamente” innocenti!

 

5.

Seriamente un po’ mi sconcerta pensare che tutto il mio “letto e riletto” nei libri appartenga ad autori del remoto passato…

Io “dialogo” spesso con esseri morti già da parecchio tempo… E nella realtà delle cose dialogo pensando alla morte che mi circonda invisibile, usando a scudo di protezione gli autori che più non sono…Ogni loro pensiero o creazione rivive nel filtro da chi li sta adesso ascoltando, in un futuro lontano migliaia di anni da quello che veramente “significarono”…Ma il loro pensiero, purtroppo, si è perso nel “nulla” della mia personale esperienza, perché ogni creazione è solo l’esclusione di un “tempo” e di un “luogo” che è solo mio!…Tutto il resto del mondo non è che il rimuginare su questo equivoco.

 

6.

Quando penso che Comenio ideò l’abbecedario riflettendo sulla lettura della “Città del sole” di Campanella Tommaso (dove i “solari” scrivono quello che sanno sulle mura della loro “utopica” città, come tanti murales) mi convinco di quanto noi tutti si debba pagar dazio alle “immagini”…

Forse il Vico ebbe ragione ad affermare che i primi uomini agli inizi del loro cammino “poetavano” ancor prima di usare un “razionale” linguaggio…

Chissà che l’esigenza a poetare non sia derivata dal “sogno”… Chissà che i nostri antenati non sognassero pura “Poesia”… Forse così tutti deriveremmo il nostro pensiero da una Poesia!…

Anche se ho scordato il nesso che mi agganciava all’inizio del dissertare…

 

7.

Cioran afferma nel suo Diario “Ogni volta che credo all’essenziale, credo di intravederlo nel silenzio o nella esplosione, nella costernazione o nel grido, mai nella parola”…

E non è forse la Tragedia un “silenzio” intervallato dalle esplosioni, una costernazione e un grido lasciante spazio ad un intenso dolore?…

E se nella Tragedia Greca la “parola” non fosse che il semplice contorno di “qualcosa” che stava “prima”?… Se fosse qualcosa di ben più intenso e profondo che per “manifestarsi” abbisogni del “sogno”?…

 

8.

In certe esclusive occasioni la nostra anima vorrebbe lottare col corpo per fuoriuscire da lui!… Per testimoniare quasi nell’urlo quello che tempo addietro provò nel suo remoto passato… Come se fosse d’improvviso rinsavita dal sonno tranquillo della carne assopita dal “modernismo”…

Qualcosa però la trattiene ancora, ed un richiamo al temuto incubo rimane ancora sepolto in attesa, mentre al corpo non resta che compiere un movimento maldestro…

Siamo un fragile involucro di carne che non reggerebbe allo scoperto richiamo di un suono molto lontano… Una MUSICA che vorremmo ascoltare oltre al limite di una selvaggia boscaglia non intravista dalla nostra coscienza…

Nell’intimo di ogni musica, anche quella più strana, prolifica forse un intelletto che “vuole”, e che si pone una inquietante domanda… Chi o che cosa è che crea quella “volontà musicale” che attrae e affascina durante il suo ascolto, anche se solo per qualche delirante attimo del nostro vissuto?… Forse fu questa la vera funzione di una ipotetica musica “dionisiaca” nella Tragedia Greca?… Fu una “Presenza”, un lasciare emergere un passato ricolmo di “apparizioni”?… Sepolti fantasmi usciti da un magico buco, ove una coscienza creduta assopita per sempre dal quotidiano brodo di “diritti e doveri” rimanga all’ascolto di STORIE che appartengano alle leggendarie radici di un mondo ancora crudele in tutta la sua giovinezza?… E’ forse lì che “musicalità”, “volontà” ed “intelletto” si fusero in un unico e collettivo delirio?…

Quella “tragica” musicalità, in una storia che un tempo si definiva mito o leggenda, forse divenne lo spartiacque fra l’intenso dolore e la follia estatica…Continuarne l’ascolto ci perderebbe in un tragico non-ritorno per il resto del nostro fragile esistere… Per questo La Tragedia fu costretta a morire, riconsegnandoci appagati alla nostra quotidianità esistenziale…Sino al prossimo rituffarsi in quel misterioso delirio di note…

E’ la Musica quindi, attraverso finestre che improvvise si aprono e si dischiudono a noi, a catapultarci in altri sconosciuti Mondi… Perché lei per attimi brevi ci collega a un delirio complice del nostro “sentire” patetico.

 

44.

 

 

Per “imitare” la NATURA  ascoltandola anche quando respira, e accarezzandola nelle sue intime parti mai violate da alcuno, l’uomo dovrebbe in lei trasmutarsi … Inteso ,se questa “natura”fosse reale, e non solo il concetto di ciò che non sappiamo come chiamare, se non definendolo un “tutto” che ci avviluppa sotto le sue enormi e calde mammelle…

Così la natura, mediante una VISIONE , deve manifestare quello che vede il “visionario”, partecipando ad un mistico collante che , aggrappatosi a lui, lo faccia simile in quella apparizione (fosse anche una semplice nuvola in cielo) a qualcosa di ben chiaro ed evidente al nostro concentrato pensiero…

Una nuvola , in quella sua forma casuale, ci evoca immagini particolari che sono come un interregno tra l’osservante e la “sostanza” intravista in quella visione… E quel soggettivo evocare una esclusiva immagine è il filo rosso che ci lega a quello che a noi e diverso, “tragicamente” diverso, come la materializzazione di un Concetto prendente corpo dal nostro sguardo svanito…

Forse in quella nuvola sta una “presenza” che ci permette , tramite il suo esserci più che concreto, di riportare alla nostra memoria l’immagine (o meglio l’Epifania) che altrimenti sarebbe sfuggita in una “astrazione” priva di forma…

Si concretizza qualcosa che era inconsistenza diafana… E’ il concretizzare un PENSIERO, una natura “naturata”, ovvero creata da quello che era il “non-visto”…

Per farmi capire chiamo a soccorso il Nietzsche della “Nascita della tragedia” (libro assai bello e…militante) quando afferma che “per il vero poeta la metafora non è una figura retorica, bensì una immagine sostitutiva che gli si presenta concretamente, in luogo di un concetto”…

Per intenderci insomma, chi osservando una nuvola in cielo scoprisse nelle sue grigie  sfumature sul bianco la tremenda battaglia di Isso, o la rivelazione di un volto “divino” intravisto durante un’estatica contemplazione… Forse in questo assorto osservatore vi sarebbe quel che di “poetico” emerge dal suo nascosto pensiero!… E forse vivere circondati da queste scintille che stanno per infiammarsi in un cielo ricoperto di “spiriti”…

                                                                  Forse proprio in questo è riposto il segreto

                                                                                                                                      Di esser POETI.

 

45.

 

 

Se l’emozione estetica (come dicevano Schopenauer e Joyce) è “statico” arrestare e innalzare la mente al di sopra della ripugnanza, il pathos “tragico” , al di la della contraddizione, deve essere uno “statico patire”… Perché ciò che si vede e si riconosce nella “drammatica” rappresentazione è una “condizione umana” quasi incancrenitasi nel “ricordare” una sofferenza… In quell’ estatico distacco che ci possa far navigare oltre ogni “scopo” o “finalità”…

Solo  la “colpa” ci intima a muoverci, pungolandoci al fianco della coscienza…Ove un “io”, stimolato dai tanti rimorsi che riemergono in lui, ripristina tutto nel miglior modo possibile, ammirandosi durante una fuga che lo allontana da un triste destino…

L’”innocenza” si cementizza nel silenzioso stupore di ciò che potrebbe accadere fra un attimo, quando la volontà rimarrà assopita nella visione di una “presenza” che quieta riemerge in superficie…Finchè la “volontà” osserva ,non distogliendo lo sguardo da quello che appare, non può succederle nulla… Come lei fosse rapita e sonnolente nella foresta incantata dei lotofagi, in quel mondo sognante ove il “desiderio” e la “ripugnanza” non possano andare oltre lo stato fisico…E se nella Lirica l’artista è a tu per tu con il suo slancio emotivo quando il pubblico può essere assente (perché questo “Soggetto” può disperarsi senza condividere il suo tormento con altri) e nella Epica l’artista Soggetto può tramutarsi in Oggetto nel raccontare una “Storia” visionata dagli altri, nella Drammatica l’artista trapassa dal “lirico” grido, attraverso la fluida e oggettiva “epica” narrazione, nell’impersonale sparizione del Soggetto ritornato nella “collettiva condivisione” di un “tragico” sentimento (non necessariamente ricercato in Epica e Lirica) ove impera l’emozione di tutti quelli che vedono e ascoltano!…Lo stato d’animo da personale si volge nel collettivo, nella totale visione e condivisione di anime lacrimanti!…

Tramite la sofferenza, il pathos “unisce” non più dividendo gli animi, come invece avverrà nei secoli a venire  , tramite quel Soggetto “moderno” rimasto solo con la sua sofferenza interiore…

Ancora una volta, l’ultima volta, Edipo è tutti noi, quando la colpa rimane un lontano problema… Qui “immediatamente” l’artista è spettatore tra spettatori… Scisso con loro, finchè qualche secolo dopo                                     

         Una CROCE dovrà renderci

                                                     Tutti quanti colpevoli!

 

 

46.

 

 

1.

Se la SINTESI è nel concreto lo svilupparsi della mia vita, io sono un “incompiuto” nostalgico che si arrabatta disperatamente intorno ad assurdi ed inutili processi “dialettici”, con buona pace di Hegel e di tutti gli “spiriti che si sanno spiriti” ( non intesi come scoregge…).

Tesi e Antitesi!… mah…Il mio “amare” la vita è come un sentire qualcosa di stranamente “non-svolto” sino al limite estremo della mia esperienza di crescita… Forse basterebbe un nulla, e questo si scatenerebbe vomitando tutto il suo odio represso!…

Io temo purtroppo di non sapere “svolgermi” in “altro”, se non vivendo nella consapevole “ricerca” di qualcosa che sempre mi sfugge in mezzo alle tasche bucate dei miei pensieri, anche sino all’eternità, se fosse necessario e possibile!…

Sembrerà bizzarro, ma il mio amore per gli altri fa solo crescere loro ai miei occhi, e diminuire me stesso… Anche se questo dovrebbe essere il vero “fine” segreto di amare…Sto parlando di persone concrete, e non di quello che noi vorremmo “immaginare” di loro…

E’ un controsenso crudele vagare alla cieca…Per poi non muoversi veramente di un palmo da quel  perimetro ristretto della mia cella esclusiva…A che mi serve deglutire  il mio vomito mentre osservo estraniato il tramonto di un sole che non vedo arrossire insieme alla mia pelle?…

Nessuna ginestra mai sboccerà nel mio personale deserto lunare.

 

2.

Avere coscienza della TOTALITA’ equivale al quieto veleggiare di una barchetta nel tranquillo mare dell’ “indifferenza”…

In una parola, trattasi di POESIA… I due parole, ESSERE FOLLI… Perché nella follia forse ascolti alle  spalle il ghigno del tuo angelo custode…

 

3.

Nella celebrare un mito non era importante “descrivere”, bensì “eseguire” un evento…Attualizzarlo nell’immediato… Finchè un giorno la “Filosofia” non si mise a “spiegare” quel mito…In questo, la Tragedia Greca fu buona complice, perché gli accadimenti non più furono visti senza “giudizio”  bensì si allacciarono al morso delle cause e concause che li abbracciarono nel loro soffocante avviluppo… Al punto che la visione del mito diventò l’ancella infelice e dimenticata della molto più cerebrale “spiegazione scientifica” di questo mito…

Quando al satiro subentra il filosofo, al nudo evento subentra lo spiegare una scena intravista nell’assolato teatro di pietra…

La “memoria” che prima era al servizio del “gesto”, ora si afferma nella matura consapevolezza di non solo “esistere”, ma di “meta-esistere”… Come se tutto quello che ora pensasse avesse un “fine” e “significato” preciso da “analizzare” , così da permettere ad un Edipo stravolto di vivere mondo da quella colpa sapiente di antico e crudele, non conosciuta e assopitasi dal vuoto dei secoli addietro…

Al silenzio di allora è ormai subentrato facendosi largo un urlo sempre più lacerato dal dispiegamento delle nostre singole “storie”…Ripetere quel remoto passato comporterebbe il vedere un’aurora sorgente con magari più soli e più lune nel lontano orizzonte, ove in una sottile demarcazione di cielo stiano alba e tramonto insieme avvolti all’interno del nostro cuore innocente…

Noi tutti davvero proveniamo da un “INIZIO” senza memoria… E forse il mito è la sentinella che ci dispensa dalla paura di quel che eravamo…

 

 

 

 

47.

 

 

Occhi che fingono una virtuale innocenza, lacrimando mentre scrutano un immenso mare in burrasca dall’alto di una abissale scogliera… Potrei continuare così all’infinito…

Che cosa vide l’”oscuro” Eraclito durante quel cominciare toccante una “materia” ancora non ben definita nei suoi innumerevoli particolari?… E cosa è la “materia”, che cosa vediamo e cosa “sentiamo” al suo concreto contatto?… Mi dica pure l’Oscuro se vi è ambivalenza o contraddizione tra lui e la materia… In quell’abisso vorticoso che lui scruta impaurito, immemore anche solo della sua “presenza” in quel magico luogo!…

Così si comincia, mio buon Eraclito?… In quella tormentata acqua movimentatasi dall’eterno, che Talete credeva l’”inizio” di tutto?… Oppure comincia dal fuoco che accende e spegne i brividi scuotenti un corpo senziente?…
 Non è forse quello l’inizio di tutto, cioè il sofferente sentirsi “uscire da sé”?… Non è forse questa la prima vera “conoscenza”, scoprire ciò che da noi è “diverso”?… Quante cazzute domande rimarranno senza una vera risposta!…

La “ricerca” vive!…Alimentata e tormentata dal movimento febbrile di un fuoco pungente e ustionante la pelle dell’anima… Vive nella finzione di volere “unire il molteplice”, come un hegeliano che finga la “sintesi” di un viaggio mai “svolto” nella realtà oltre se stesso, se non per giustificare lo “spirito” nella storia!… La “ricerca” vive dello sconcerto di essere in ALTRO, l’unica vera crescita al nostro interno, per spiccare quel pindarico volo che ci possa sopraelevare dall’abisso del nostro “unico” volto che riconosciamo ogni giorno…Permettendoci di vivere con speranza di attraversare un giorno quello sconosciuto “luogo” (la curiosità di amare)… Quando la terra definitivamente sparirà dentro noi stessi…

 

Nella realtà delle cose è difficile potere arrivare in qualsiasi luogo, che non sia la nostra costruzione sublime di un qualsiasi straccio di verità anche solo presunta… Solo l’”orientale” contemplazione di un ipotetico nirvana potrebbe distoglierci, noi dannata stirpe di occidentali grassocci, da volere “conoscere” e ancora conoscere quell’”inconoscibile” che è fuori di noi… Un OGGETTO ASSOLUTO che supponiamo esista anche solo “nominandolo” Dio, a difesa di una “Idea” che ci rassicuri facendoci “credere” che qualcosa è là fuori oltre di noi, percepito dal nostro pensiero e più ancora dal nostro cuore… Candidamente scordandoci che Corpo, Cuore e Pensiero collimano in noi, e che quel che percepiamo “oltre” è un altro corpo pensante un altro Dio a sua propria misura e interpretazione esclusiva… Uno sconosciuto SIMBOLO nella realtà, un simbolo che solo liberatosi del pensiero potrebbe immaginarsi altro da noi… Staccatolo dal corpo per pensarlo in tutta la sua ambigua purezza (magari come un “pensiero di pensiero”…)il simbolo ci fa procedere alla sofferta ricerca di un Dio, un “Assoluto”, anche se poi di vederlo apparire sul serio poco ci importa… Sappiamo che esiste perché CREDIAMO esista davvero, beffati da un idea che qualcosa di immane ci sovrasti dall’alto del cosmo… Come l’intuizione eraclitea che il quid non fosse né acqua, o aria, e nemmeno l’indeterminata materia di Anassimandro, bensì la “tensione” del Logos verso i “contrari”… Il vero “occidentale” inizio della futura dannazione riposta nel “movimento”…

 

Certo può incutere nostalgia avere pensiero che nulla vi sia di “assoluto”… Perché l’Oggetto è una invenzione che ci consente di vivere con alcune certezze, come la vita è l’invenzione del suo annullamento, vale a dire la morte… Cioè quello scivolare verso l’inesorabile morso del nulla, in una intuizione senza mai prova certa!…

Non rimarrebbe che ancorarsi ad una solida “fede”, se almeno io ne avessi qualcuna!… Ora non voglio sembrare un pessimista… Anzi semmai mi sento carognescamente ottimista!… Perchè trovo poi inutile occuparsi del “nulla”!…

La mia “redenzione”, il mio “Venerdì Santo” dell’anima, è che se nulla posso sapere dell’”assoluto” tanto meglio è il ritorno a quello sconosciuto pianeta racchiuso all’interno di ogni essere “singolo”, e che con nome un po’ improprio io chiamo il mio “prossimo”… Cercando di riporre nella oscura grandezza di questo nome il nascosto tesoro di ogni vero “si” alla vita…Facendo il tutto coincidere con quell’altra misteriosa e solidale parola che prende il nome di “amare”… Perché se i grandi “assoluti” sono finzioni dell’intelletto, voglio lasciare speranza a questo strano “sentire” arcobaleni di stati emotivi che convogliano tutti verso questa “parola” che li riassume… Un “UNICO” sentimento che tutto abbraccia nel suo caldo avviluppo dell’”altro”!…

Ma tornando alla “metafisica” ed ai suoi “massimi sistemi”, anche “sentire” il prossimo è misterioso e intrigante quanto svelare un “concetto”!… Questa è la vera Metafisica che ci accompagna ogni giorno, il vero mistero dell’esistenza, ovverosia la ricerca dell’altro… Almeno in questo, Amore e Filosofia dovrebbero ricercarsi in un abbraccio fraterno, pur rischiando di essere tutto questo tremendamente difficile!…Perché a volte si interroga il nostro interno, per farci poi magari fregare da un non meglio creduto “amore per gli altri”, o per l’”umanità” in generale, intese come due “maschere” che nella realtà nascondono solo l’amore per il proprio “ego” esclusivo…

Non vi è niente di “innato” in questo individuale “sentire” che invece va “conquistato” e poi mantenuto protetto giorno su giorno, ogni micro-secondo della nostra giornata… Perché la sua forza, la sua fortezza, è il rinnovarsi continuo dalle ceneri quotidiane dell’egoismo che spesso ci pungola al fianco!… L’amare deve essere un atto di “infinita singolarità” nei riguardi di un PROSSIMO tanto “reale” quanto “finito”… Non è l’astrazione di una “idea” situata negli abissi di una autocoscienza che finge di sbarazzarsi di tutte le frattaglie dell’indifferenza, quando in realtà non rinnova che l’auto-celebrazione di un canto dal sapore ambiguamente altruista!…Non è l’”Iperuranio” a dovere colpire il mio cuore, ma la sua singola secrezione!…E forse se l’”innatismo” sul serio esistesse sarebbe la riprova dell’esistere di un “Altissimo”, senza nemmeno dover noi faticare a “cercarlo” nel profondo del nostro cuore… Forse sarebbe troppo comodo, ma anche troppo noioso!… Perché nulla ci potrebbe distogliere dalla “via” conosciuta, e qualsiasi “devianza” sarebbe una inaudita e blasfema “malattia esistenziale”… Non potrebbe esistere “dubbio” reale a questa evidenza, se non vissuto come un affronto al Divino!… Qualsiasi apertura verso gli altri non sarebbe che una “concessione” del cuore “divino”!… “Come potrebbe non esserci predestinazione in tutto questo”, affermerebbe un ateo poco convinto…Dimenticandosi che non con parametri “umani” si possono immaginare i panni di un Dio… E che il punto è proprio questo, cioè non di “non – credere” alla dimostrazione della sua esistenza, bensì di AVERE FEDE INCONDIZIONATA DEL SUO ESISTERE… Perché con la logica è difficile scorgere Dio all’’interno del cuore!… E per questo anche il viscerale “non credere” è una SCELTA comportante la coscienza responsabile di una perdita immane!…Come vivere un sogno ove tante porte si aprissero in stanze diverse contenenti all’entrata innumerevoli dilemmi da svelare, per poi procedere oltre, come svolgendo un labirinto!…A ogni domanda esaudita si apre la porta di una nuova stanza contenente un diverso dilemma, all’interno di un edificio che ci escluda la vista all’esterno, senza mai farci ultimare il percorso per uscire all’aperto… Perché quell’edificio che credevamo il labirinto delle nostre incertezze di poveri figli della finitudine, in realtà è un PENSIERO UNICO, un monoblocco…Un monolitico “ESISTERE IN LUI”!…

 

Un’ “unica idea” implica sempre una chiusura al “diverso” (perché non potrebbe esistere quel che davvero è diverso), una chiusura alla crescita… L’attuarsi della famigerata “Unità del Molteplice” che tutto fagocita nel suo disvelamento completo!…

Noi non saremmo che piccoli e annoiati “metafisici” mondi senza finestre all’esterno (come direbbe il geniale Leibniz)… Povere formichine facenti funzione dell’immanente DIO FORMICAIO…

Una insopportabile intolleranza cova all’interno della idea preconcetta di essere gli “unici” aventi diritto di esserci… La chiusura al diverso è radicale, ed ogni “integralismo” ne è la dimostrazione…

 

 

 Per continuare ad esistere in quella “idea” soverchiante non potremmo aver tempo di guardare gli occhi del prossimo… O ricercare il fiore nascosto di altre esistenze diverse…

Alla fine non potremmo che posare lo sguardo

                                                                         In estatica contemplazione del Leviatano!

 

 

 

48.

 

 

Osservando l’intimo ribollire di noi, esseri appartenenti della “razza umana”, forse scopriremmo che l’”inconscio” non era nella nostra “pre-storica” e ingenua giovinezza che un simbolo richiamante gli dèi ancestrali…

Forse l’uomo degli “inizi” del mondo parlava direttamente ai suoi antichi e tremendi dèi con una sfacciata dimestichezza dalla notte dei tempi, ben più che con gli dèi dell’Olimpo richiamanti la loro solare “bellezza” … Perché con i primi quest’uomo condivideva una nostalgica e primitiva “forza” che col passare del tempo si vide scemare in una “crudeltà” ben più sottile, impostasi con le nuove costumanze…Nessuna compatibilità poteva esserci tra gli dèi del luminoso Olimpo, belli ma dispettosi in quell’”umano” giuoco ove gli uomini erano spesso povere marionette sballottate per il sollazzo dei loro trastulli, e le tremende alla vista e “notturne” Furie, ben più immediate nel loro “manifestare” un orrore sepolto! (Spesso la Tragedia Greca si sviluppa dallo “scontro” di questi due tipi di divinità, l’antica e la nuova, soprattutto con Eschilo)…

 

L’inconscio conosce una esistenziale sofferenza per niente gratuita, ove forse il “nascondimento” di un “sacrificio” dovuto alla “Madre Terra” si cela in un abisso profondo…Per poi riemergere nel giorno del nostro singolo annichilire senza alcuna speranza di redenzione… Perché non ci si redime da un annullamento!… E questo lo sa anche l’inconscio, nel decidere di risparmiarci dai mostri che tranquillamente rimangono così a godersi il nostro colposo silenzio…

Gli antichissimi dèi delle rocce e delle acque, prima di essere spodestati dai “nuovi”, volevano il sangue per dispensare la vita e per fertilizzare il terreno…Così come l’inconscio voleva rimanere sepolto per consentirci di vivere senza “sapere”…Adesso i giovani dèi dell’Olimpo vogliono sangue solo a divertimento del loro trastullo (epico o tragico poco gli importa…) e se gli arcani dèi erano il lato oscuro che si contrapponeva a quello solare, quest’ultimo con il passare dei secoli prese il sopravvento lasciandosi alle sue spalle il suo baratro profondo…

Riemerse allora una crudeltà “rinnovata” in un mondo ormai orfano del suo giuoco casuale, assumendo le fattezze di una “giustificante” RAGIONE… Tutto venne “analizzato” da lei, e anche la più illogica e crudele guerra di annientamento si tramutò in una dolorosa, ma necessaria, “Ragione di Stato”!…

 

Questa “distinzione “ nei nostri cuori tra antichi e giovani dèi è forse il percorso di un PROFONDO che si interseca in due distinte diramazioni, vale a dire il CASO e la NECESSITA’… E mi domando in quale delle due opzioni abiti veramente l’essere umano… Se nel morire “insensato” datoci dagli dèi olimpici quasi per gioco (da qui l’inizio delle domande poste dalla Tragedia e che un giorno sfoceranno in quelle delle Filosofia?), oppure nel “necessario” morire per consentire nuovo vigore alla Terra (madre di tutte le madri) rimarginando sofferte ferite  per farne dono ai superstiti!…

 

Non è forse anche ciò un volere “dare senso” alla morte?…

                                                                                           E un continuare nelle nostre illusioni?…

49.

 

 

1.

“Chi non ha mancanze non ha motivo di cercare i piaceri dell’amore”… Giusta sarebbe questa roboante frase di ambito platonico…Se davvero esistesse qualcuno senza “mancanze”… Beninteso che non sia Dio!… E salvo restando che “amore” non sia una vuota parola, un riempimento vocale, bensì abbia la concretezza di un volto o di una voce… Suvvia diciamolo, anche di un corpo dotato di “individuale” esistenza… Il tutto per irrobustire la teoria di una “idea”, giusto per non permettere ad un amore “eterno” e “iperuranico” di essere una ipocrita giustificazione alla propria indifferenza reale… Un vago amore di un “prossimo” indefinito senza la “pratica” conoscenza dell’altro…Perché amare vagamente l’”umanità” potrebbe mascherare l’atarassico amare solo se stessi!…Volendo pensarla in “grande”, l’intera civiltà “occidentale” potrebbe assumersi il pesante macigno di un “senso di colpa” dei passati secoli che la coinvolsero nel massacro di civiltà “diverse” , da lei e ritenute inferiori… Magari a giustificazione di una universale “fratellanza” avallata da una ambigua “fede cristiana” (tutto questo potremmo chiamare col nome moderno di “globalizzazione”)... Il premio a tale scempiaggine sarebbe la auto-compiacente gratificazione di pensare una idea sublime e irraggiungibile, l’AMORE ASSOLUTO…Per poi mitizzarla  rendendo colpevole un solo individuo (il Cristo) nell’assumersi  la innocente “responsabilità” dei tanti singoli mali intrinsecamente riposti in ciascuno di noi “peccatori”…

Come è grandioso sacrificare la propria singola vita amando anche il carnefice!… Questo sul serio necessita di un “amore assoluto” che vada ben  oltre di un vago ideale… E chi si inventò questa “storia eminente” dimostrò davvero di cogliere il segno del significato di “amare”!… Riuscì a scendere profondamente agli inferi dell’animo umano per poi risalirne mondato!…

Nella scoperta dei singoli esistenti è posta la garanzia dell’amore… Come volere conoscere l’altro è il primo impeto a distaccarsi da sé per procedere oltre…E’ quindi una “separazione” richiamata da un sacrificio e da una“sofferenza” che forse ci spinge ad amare chi è diverso da noi… E’ l’esigenza di conoscere “altre” esistenze … Questa non è un’”astrazione”, ma concretezza ai più altri livelli!… Non si “potenzia” il proprio “io” bensì lo si smussa e “rimpicciolisce”, a conseguenza del “noi”… Il nostro ego rimane in silenzio ad ascoltare la voce dell’altro (facile a dirsi… un pò meno semplice metterlo in pratica)… E se dovessi definire questo  sublime “sentire”, aggiungerei che “amare” non è un “rafforzamento” , ma una “diminuzione” dell’ io… Non necessita di “forza”, bensì di “debolezza” presunta…

 

2.

 A che serve, mi domando nei momenti di merda, riflettere su problemini come Dio, il Bene e il Male, l’Origine ,e gli eccetera degli eccetera, quando poi nemmeno mi accorgo che in realtà sono “me stesso”, distaccato, e a volte incurante di altro?…E’ così drastica la separazione dell’”io” nei confronti del resto che lo circonda e lo avvolge nel flusso e riflusso delle solite cose?… Non è forse il provare un sentimento di gioia o dolore a permetterci di entrare in ascolto del “mondo”?…

Che cosa comporta lo sforzarsi di “conoscer se stessi” quando poi ci si arrende alla scarsa conoscenza che abbiamo degli altri?… E’ così necessario affermare che l’inizio di tutto è nella “contraddizione”, o nella “ambivalenza”?… Cazzo mi serve avere il concetto che io sia diverso da un altro, quando poi mi attardo allo specchio per osservare me stesso?…

Per continuare in questo delirio, se una “devianza” è considerata come allontanamento dal “Bene”, qual è in tutto questo l’avallo di un Dio?… Non è forse nel ritenere che esista un modello supremo di “Ente” di riferimento l’abbaglio maggiore che alfine ci spinge a conoscere ed accettare anche il contrario, cioè quel satanasso di Male e Peccato?…Possiamo comunque in qualsiasi momento “redimerci dal male”, recita la telenovela del vivere… Non rimane che convivere in compagnia della nostra un po’ ipocrita coscienza, nella voglia e nella illusione di auto-assolverci!…

Ci siamo “creati” un “Ente Supremo”(anche il più spietato criminale ha un suo “codice d’onore” da rispettare!) che possa assolverci dai pensieri schifosi e dai nostri passati peccati, nonchè di quelli ancora a venire… Ma la sofferenza reale degli altri l’abbiamo purtroppo, il più delle volte, lasciata sfumare nell’ascolto del nostro esclusivo ronzio… Perché la vita possiamo “sentirla” solo in forma “individuale”, quando l’indefinita idea della vita non è che un simulacro in conoscibile nella realtà delle cose…

La Filosofia dovrebbe “vedere” la vita come noi vediamo un paesaggio montano o un’onda marina tra il fischiare del vento… Oppure ascoltarla come ascoltiamo il vociare al mercato di piazza, tra  urla e bestemmie, tra i bimbetti persi e ritrovati subito dopo, tra borseggi e verdura di fine stagione…Ad una  società opulenta come la nostra che si crede al centro del mondo occorrerebbe un salutare bagno di umiltà per osservare uno strano universo che , di noi orfano, se la rida di cuore della nostra scomparsa !

 

3.

Rileggo qualcosa che scrissi anni fa : “… Il Soggetto è si individuo singolare, ma unito agli altri soggetti individuali definisce la “cosa” universale, la specie ed il genere… La cosa individuale la può nominare il Soggetto solo nell’universalizzare le altre cose, paragonate alla “individualità”… Unità e Molteplicità rappresentano quindi la Cosa… Nello stesso istante l’individuo è “nominato” e “separato” da qualsiasi altro individuo, pur facendo parte di un tutto…”

Quindi l’Unità è Molteplicità… Questa è una semplice constatazione… Basterebbe veramente prender coscienza di questo per capire che chi distrugge l’altro distrugge anche una parte di sé…

Ma continuo le mie riflessioni di allora per accorgermi che “…Il molteplice è immanente, e la Diversità si avviluppa abbracciando la Cosa stessa… Al diverso., per esserci, occorre il paragone con l’altro… Quindi occorre una “relazione”, non trascendenza!…Perché questa è ben più “sacra” e importante di qualsiasi altro termine , o Dio…”

Perché la “trascendenza” non potrebbe sussistere senza essere in un “luogo” diverso da dove si è posta per sovrastare… Ma continuo a spulciare nei miei vecchi appunti frasi come queste: “…La Ragione abbisogna della Relazione con la Cosa, con l’oggetto esterno… Il nostro io nel confronto con l’altro razionalizza e definisce le cose… La Crescita avviene mediante il contatto con il Diverso…”

Questi confusi pensieri lasciano emergere forse un tentativo di “ricercare” che sfocia in un abbandono a quello che vedo diverso da me… Nell’ingenuo tentativo rendermelo uguale, in quella “sintesi” che riesca a farmelo capire ed amare, anche se non migliorare… Perché cercare un miglioramento è un’impresa troppo imponente…

Il rafforzarmi come “Soggetto” , in questo candido mondo affogato alla merda e caffè, non è mia intenzione!… Devo solo tener testa al futuro… Cercando di non deludere le aspettative di quei pochi che ripongono in me la fiducia!… Cazzo… Forse per loro io accetto di esistere!…

Cosa può esserci al di sotto di questa palude, se non forse un sottile complesso di colpa per esserci a scapito dei tanti che non ce la fanno, pur condividendo con loro un male che sempre è pronto a colpire dietro le spalle?…

 

50.

 

 

La “Cristianità” fa assumere un nuovo significato al “Tempo”, non più inteso come il circolo dell’”eterno ritorno” ( a cui rimase legato il malinconico Nietzsche, grazie alla sua “intuizione” sulla roccia di Silvaplana…) bensì come un “rettilineo” scorrere e “progredire” dalla Creazione ai giorni nostri, attraversando la città dell’uomo per arrivare ad una futura “Città di Dio”, punto di arrivo del messianismo…

Fu una “Rivoluzione” per gli antichi tempi, una rivoluzione sovvertitrice di valori solidificatisi sulle rune e sui templi, nei riti solenni e nelle “Leggi” marchiate a fuoco su di una pietra… Fu la rinascita di una concezione STORICA del mondo verso un inevitabile processo non inteso come la neoplatonica “Processione/Emanazione” di ipostasi che dall’Uno protendono braccia ai Molti a lui inferiori, bensì come “Processione” che acquisterà poi l’altisonante termine di “Progresso”…

Il Presente più non sarà scandito dal vivere e morire eterno, bensì sarà il balzo verso un “Futuro Celeste” da attuare, come una sua subordinata funzione…

Tutto questo comporterà anche una nuova “visione scientifica” del mondo allora conosciuto… Bisognerà per forza evolvere verso il meglio, e non verso ciò che in eterno ritorna!…

Se partiamo da un punto, mettiamo, una speranzosa scintilla attraversante gli spazi per arrivare ad un altro punto lontano anni luce, ecco che il concetto di SENSO acquista estrema importanza nel suo smussare una “Idea” eterna platonica. , staticamente relegata nel suo “iperuranico” brodo… Che poi questo punto lontano sia una “Divina Città di Dio”, una supernova impazzita, o la scellerata distruzione di questo pianeta attivata dall’uomo, il discorso non cambia di molto!…

 

Al di la delle lungaggini del mio pensiero un po’ pessimistico, mi sorgono alcune domande sul Tempo, la Trinità, e la Relazione tra i due… Domande che rimarranno senza risposta, come senza risposta rimane il continuo chiedermi perché cazzo mi ponga queste domande!… Forse meglio sarebbe scaccolarmi davanti al mio televisore, oppure farmi una sega reale…

Ma veniamo poi al dunque… Se il Senso implica una “attesa” futura accogliente in sé un sovrastante concetto di Tempo, come può questo concetto non condizionare anche la Relazione?…Provo meglio a spiegarmi… Se per salvaguardare le tre “Trinitarie” Persone di uguale importanza l’unico sistema a non impattare nelle “gerarchie neoplatoniche” è quello di fare acquistare vita alla Triade Divina mediante una paritaria Relazione, così che il Padre è nella generazione anche Figlio, come questo è potenzialmente Padre (cambiando la relazione ma non la Sostanza), in tutto questo come rientra il concetto di Tempo?…Una generazione non avviene in un tempo, magari anche solo ideale?…Se il Padre abbisogna di Tempo, come può questo non assumere uguale importanza a lui stesso?… Potrebbe dirsi che il Padre “crei” il Tempo perché questo è la “memoria” della sua anima… Ma come può allora questa non ricordarsi qualcosa di “precedente”… E come può questa memoria non “scorrere verso”?… Non è questo scorrere il vero esistere attuale della Divina Memoria?… E se le “Tre Persone” sono fuori del Tempo, come possono esistere vere relazioni tra loro che non siano relazioni gerarchiche?…

Sto disquisendo sul sesso degli angeli, cazzo!… Tuttavia certe domande poste da un povero ateo rischiano di rimanere senza una “logica” risposta… E’ un po’ anche questo “credere nello scandalo”… Non nel Dio messo in croce, ma nel procedere oltre il logico pensare…

Ma forse tutto questo non rischia di essere

                                                                   Tremendamente e sinceramente

                                                                                                                 “Cristiano ,troppo cristiano”?

 

51.

 

 

1.

l’antropologo De Martino dice in un suo libro che “Bisogna superare il proprio limite, il proprio caos, per poterlo padroneggiare, per andare oltre, come lo sciamano… Colui che ha tolto il limite nella propria presenza, può anche andare oltre… Attraverso il riscatto dello stregone, tutta la comunità è riscattata, può accedere alla salvezza… Lo stregone si configura come un “Cristo magico” mediatore per tutti dell’esserci del mondo, come riscatto dal rischio del non esserci”…

E’ una enorme responsabilità conoscere il limite per la salvaguardia degli altri… Se in ciascuno di noi vige il concetto di limite, comunque in ciascuno questo concetto è diverso… Mai raggiunto se non nel limite estremo, il sottile confine che demarca il nostro annullamento sia fisico che mentale…Di  quando mestamente un giorno saremo costretti a guardare tutti quanti lo stesso orizzonte…

Mi chiedo se allora la “conoscenza” che ho  della vita non corrisponda all’annichilire del mio “io”… Come un sacrificio che collettivamente stiamo per compiere, speranzosi di riscattare la vita degli altri…

Questo è tremendo e sublime… La nostra solidarietà non riguarda tanto l’altrui sofferenza (anche sforzandosi che debba così essere) perché nella realtà conosciamo solo la “nostra” sofferenza, nel pensiero che “questo sarebbe potuto succedere a noi” (un po’ come amare il prossimo come noi stessi non corrisponde all’amare noi stessi perché si amano gli altri!)…

Nella realtà , siamo solidali con e nella morte… Perché sappiamo che questa è una “conoscenza” che un giorno tutti ci abbraccerà inesorabile sino alla fine dei tempi…

E pensandoci solo un secondo, questo conoscere appoggia la base sulla “immaginazione”… Tutto così ricade nel RELATIVO!

 

2.

La Magia volendo “dominare” gli eventi, la Mitologia volendoli “narrare”, e la Religione “credendoli” reali, potrebbero insieme nascondere un certo grado di “irrazionale”?… Anch’esse non individuano in fondo “regole” per sopravvivere?…Non cercano anch’esse le “certezze” a cui  fortemente aggrapparsi e all’occorrenza scomodando persino la “dea ragione”?… Anche separando le “due verità”(una del cervello e l’altra del cuore…) non si delibera forse avvolti dalle coperte del “razionale”?… Per un povero ateo la ricerca del “Sacro” non è poi così assurda!… Anche l’ateo in fondo crede in qualcosa, fosse anche solo nel “tragico” Nulla… Ben al di là di qualsiasi forma di scetticismo peloso…

In compagnia del Sacro già navighiamo trasportati dall’”innamoramento” di un concreto individuo…E ciò è ben diverso dall’amare un non meglio definito “prossimo” (come magari una certa “cristianità” vorrebbe insegnare) perché senza un volto concreto temo che non possa esistere un “prossimo”, o addirittura una “umanità” di sottofondo… Non esiste “abbandono” nei mistici senza la loro credenza di essere avvolti concretamente dal loro dio sconosciuto… Per potersi in lui rispecchiare entusiasti!…Come osservando lo specchio di un mondo che sia orfano della loro sofferenza interiore…

Se queste sono le panacee della ragione al quotidiano dolore di “esistere”, il “negativo” è allora relegato nel “caso” nell’attimo senza controllo…Che cosa sono allora le nostre certezze, se non che ogni cosa risulti visionabile e inserita in un tempo che magari si è inventato una “storia”?… E’ allora una certa “coscienza” del tempo che ci salva dando un senso alla nostra fragile esistenza?… L’irrazionale è quindi la mancanza di “norme”?… L’incoscienza nell’attimo non regolato (è così difficile cogliere l’attimo!) quando la regola delimita il contesto “relativo” al suo tempo?…

Forse per questo l’irrazionale è senza tempo,  e al di là di ogni limite relativo… Volontà libera senza progetto alcuno, nella ripetizione di un attimo “eterno”(Nietzsche forse ne sapeva qualcosa, dal suo personale punto di vista…) come il ballo dei tarantolati del Salento, o come forse le mènadi nella “greca” notte dei tempi durante i loro dionisiaci entusiasmi… Energia pura e purificata che ulula la buio il suo disperato/esaltato “Eterno- Ritorno”!…Vita, creazione e distruzione collimanti e confusi nel fulmine… Per poi dopo un botto tremendo riportare alla ragione( complice della ritrovata cognizione del tempo) un povero invasato di ateo che si era perso nel nulla!

 

3.

Spegnere un lume, come fosse l’ultimo orizzonte intravisto durante il disvelamento di mondi prima mai conosciuti…

Ritornare nell’ombra…

Anche in quel breve momento, in quel battito d’ali da povero insetto senza futuro, la RESPONSABILITA’ sarà enorme e senza possibilità di verifica…

Ripetere all’infinito che io sono io!… Finchè questo riscopra l’ultima thule di quest’universo senza speranza!…Anche adesso mi ritrovo a immaginare quell’ultimo respiro che con la mia fine sarà l’ultimo respiro del mondo…A questo punto il replicante direbbe ( fra “lacrime disperse da pioggia” ) che è giunta l’ora di morire…

 

4.

Trasformare il terribile Leviatano in un povero vermetto rispecchiante se stesso…Questo è l’essenziale (se posso usare tale parola) per non ritrovarmi ad osservare sempre il mio volto allo specchio…

Non vi può essere una altisonante “Verità Assoluta” senza presupporre l’esistenza di un Dio… E tutti gli “hegeliani” virtuosismi di antica memoria  o comportano l’abbraccio fatale di un Dio onnipotente e tirannico, oppure comportano l’esistenza di tanti piccoli Cesari con annesse le loro “Ragioni di Stato” del cazzo…Intese ovviamente come il loro personale punto di vista!…

Tutto ciò paradossalmente ci porta a rivedere il “Motore Immobile” come una delle tante ragioni plausibili della divinità…

 

52.

 

 

1.

Gli studiosi del “Tragico” affermano che alle origine del Teatro Greco si partiva dal “drama”, cioè dall’”azione”, dal “fatto”…Se questo è vero, non importa tanto la triste fine di Edipo bensì il suo “svolgersi verso” l’orrenda trama…E l’azione teatrale non rappresenta solo un fatto avvenuto, ma ne “presenzia” l’angoscia nel finale delirio reso immediato al di là dello spazio e del tempo…

Un “fatto” tremendo sempre “ritorna” mantenuto a galla da una “visione”, mentre rigenera le sue cellule fresche della vita effettiva, sempre risorgenti dalle rinsecchite squame delle loro morenti compagne…

Non è una allegoria, ma un “simbolo” della vittima sacrificale a sostituire un gesto rituale… Un gesto che ingabbia la crudeltà (parola che nel suo significato profondo dicono che sia “crudus”, crudo, non cicatrizzato…) nella collettiva immagine di un evento ricordato dalla memoria…

Chissà che l’”invenzione” del teatro tragico non sia che la via di scampo ad un rito crudele e desueto… Un sacrificio umano che ricorreva in un tempo lontano, e adesso pilotato verso quel simbolo, per sostituire una vittima predestinata a morire su di un altare reso vermiglio da sangue!…

In questo senso, la presenza delle origini scompose l’orrore provato in tante piccole e benefiche pillole che ritornavano nella simbolica rappresentazione teatrale, ripetendo l’irripetibile…Giusto perché ora operava la “dimenticanza” dell’atto violento di allora…

Accade diversamente nel teatro moderno, ove la “memoria” del passato è la “storica” concezione di un evento… Perché agli inizi non vi era una storia , ma l’oblio dell’ origine, causa di uno stato d’animo “innocente” che si era sgravato da colpe non solo amalgama di violenza e stupore…

Forse l’oblio (e la fuga) da questa iniziale violenza permise ad una civiltà nascente di evolversi nel suo seguire il futuro, ove ogni atto violento veniva “codificato” e ingabbiato insieme all’orrore in quelle maglie argentate di nuovi simboli che sorgevano da nuove rappresentazioni…

L’Arte e la Legge  si abbracciarono nella Etica coscienza di quello che sarebbero divenute poc’anzi… Unica eccezione il teatro tragico…Posto a sentinella e monito nel ricordarci da dove noi siamo provenuti nel nostro “comune” passato…

Il teatro degli inizi si esprimeva nel ritmo, e al di là di qualsiasi logico linguaggio ( il coro sguaiato dei satiri danzanti del dio Dioniso) ove la musica e la parola erano parte di uno “Sfero” aggregante (forse il moderno free-jazz gli assomiglia nel suo riprodurre uno “scorrere” libero e tutto giocato su di un intuito… Se non fosse il simulacro di qualcosa ormai persosi nell’irreversibile)…

A noi adesso non rimane che il nulla dei nostri cuori “moderni”, quando il teatro arcaico non imitava ma presiedeva in compagnia degli dèi…Perché il “Simbolo” come immediata forma nelle festività acquistava l’effettiva “Presenza” del Dio (come il pane è il corpo di Cristo e il vino il Suo sangue) non nell’allegoria rappresentata,ma proprio in quell’attuale presenza del Dio sofferente…

Quel Simbolo era un Dio che si concedeva alla vista… Una disperata immagine che voleva sostituirsi al nulla serbato nel cuore… Anche se nella realtà l’immagine di quell’Essere si è dileguata come un fantasma operante all’interno della nostra coscienza…

Tutti quanti tendiamo all’invenzione di un Dio personale che ci accompagni in questo strano  e incerto cammino… Ce lo immaginiamo mitigato dal nostro pensiero (l’anestetico di una immagine…) ovvero “indebolito” della sua forza, giusto per reggere il Suo sguardo in uno spettacolo che vuole  assolutamente essere “rappresentato”…Questo fa volgere al termine la crudeltà presente, per poi fare iniziare il rassicurante “spettacolo in scena”, ove lo spavento è immaginario e non più reale…E non poteva che esser così, perché sennò il dio Dioniso liberando le Mènadi, le sue tremende seguaci, ci avrebbe fatto scannare da loro, come le malcapitate vittime di un atto sacrificale avvolto da un misterioso “qualcosa” di altamente vitale!…

Per questo occorsero fior di filosofi (come Platone) per “razionalizzare” i crudeli miti, a soccorso delle nostre menti eccitate… Per allontanare il pericolo nel rendere “neutro” il mito, e così sostituire il rischio di morte con una “bella” rappresentazione nel teatro di legno misto alla pietra…

Dove Eschilo più non comanda i filosofi dipanano la “tragica”  matassa nell’addomesticare i nostri tangibili “mostri”, trasformati in tante scoregge diafane sotto stretto controllo…

Forse il Teatro diventò il “farmaco” ove la rimozione dettò nuove leggi, e ove la rappresentazione giustificò i nostri ancestrali “sensi di colpa” di esistere come povere teste di cazzo avvolte da nebbia anestetizzante di un incerto futuro…

Tranquillamente fu così possibile “ripensare” il CRUDELE senza superare la soglia che ci avrebbe condotti verso il fatto istintivo… Prese il sopravvento la ragione, anche grazie la trasformazione dell’evento teatrale… E al suo definitivo allontanarsi dall’originario teatro che a noi “moderni” sarebbe risultato fatale!

 

2.

Il Coro tragico dell’inizio fuse insieme l’attore, il suo personaggio e lo spettatore in un evento che venne riportato alla vista… Si rese complice un “comune sentire” che compartecipò alle emozioni…

Così anche il “primo” spettatore era nel coro, come il fauno che osannava il proprio dio tra l’avviluppante abbraccio della selvaggia natura… Perché adesso qualcosa provava forti emozioni insieme all’attore ed al suo personaggio…

Diverso è l’attuale “moderno” silenzio, ove ognuno rimane a tu per  tu con la sua singola riflessione, nell’osservazione un evento estraneo da lui…

Complice di questo “moderno” è la concezione storica del mondo, il ritorno della “memoria” ad un passato remoto che si vorrebbe ostinatamente capire, scordandosi ingenuamente che nella notte dei tempi non imperava un “ricordo” ma una “dimenticanza” immediata degli eventi accaduti…

Non ci fu distacco da quella iniziale presenza, perché l’originario ci toccava e ci possedeva sino nell’intimo della nostra incoscienza innocente, così come il dio Dioniso possedeva tutti durante la sua etilica ebbrezza…

Questa solidale “compartecipazione”  che accomunava le figure teatrali alla vita era l’obelisco a salvaguardia della nostra coscienza…Di quando ripensavamo con disperazione alla finitudine nostra, come un gesto estremo di “simpatia” annullante il tempo finale grazie ad una continua creazione superante qualsiasi ostacolo…La creazione artistica del teatro tragico ( di ogni “tragico”) alfine ci abbraccia con intensità senza mai mollare la stretta, e ci coinvolge nel suo “prodotto” che ci rende immortali anche nella nostra “fisica” morte, sconfitta questa dal nostro originario tenerci per mano!…Come noi fossimo giunti nell’empedocleo regno di “Amore”, quando il suo antagonista “Odio” non poteva sgretolare quel primordiale e compatto brodo di Sfero”, perché quella presenza sconfiggeva la temporale memoria… Una solenne illusione dell’invisibile (tuttavia fatale) entropia procedente per il suo indifferente cammino…Raccogliendo dei fiori che ogni giorno rinsecchiscono verso l’inevitabile “nulla”…

Giungerà l’ora di morire anche per questa umanità fatta di tanti “noi” partecipanti più o meno convinti… Giungerà anche l’ora per questo universo e per questo Dio…

 

3.

In un certo senso può dirsi che la violenza operi a favore dell’”uguaglianza”… Perché o si rende uguale il diverso o lo si espelle da sé (questa è la colpevole illusione in cui si crogiola ogni forma di Totalitarismo, nella consapevole dimenticanza che qualcuno sia più “uguale” degli altri!)…

La violenza è così la frustrazione causata dall’impotenza di non sapere accettare in alcun modo la diversità!…

Nella tragedia greca si operava la distruzione di ciò che si voleva rendere identico in uno strenuo tentativo di vanità… La vendetta era così un inno ad una “omeostasi” che voleva riportare tutto allo stato di quiete iniziale… Da ciò spesso derivava la violenza “tragica” attuata dal tentativo estremo di distruggere l’avversario…

Tutto questo sfociò ,in tempi meno “crudeli”, nella “dialettica” disputa di una nascente “Filosofia”,  ove la vera motivazione operava nel tentativo di convincere l’antagonista delle proprie ragioni… E così la Tragedia si perse per sempre nella “socratica” leggerezza e sottigliezza di definire i “concetti”, ove una solida pietra fu ormai erosa dall’acqua penetrante in ogni sua microscopica intercapedine...

 

4.

Un bimbo che a sei mesi riconosce la sua immagine allo specchio inizia quell’attività simbolica e linguistica vedentelo in relazione con uno stuzzicante e curioso mondo che lo circonda e che pretenderebbe dal suo esserino sempre di più…

Il teatro greco forse assomigliò  a questo infante quando “riconobbe” se stesso e gli altri , abolendo la sconcertante e attonita “osservazione” e “separazione” del TUTTO IN TUTTO… Si diffuse così una luce in quella linea di demarcazione  tra incoscienza e coscienza di sé, perché lì operò il riconoscimento del coro cantante  di satiri che (attraverso secoli  di inconscia oscurità) arrivarono poi a plasmare quell’ ATTORE  come “Primo Soggetto” che mise in atto una dolorosa separazione… E fu forse questa la nascita della nostra vera “coscienza”, instauratasi dalla relazione di un “altro” diverso…

Si perse così il caotico e primordiale intreccio che tutto conteneva al suo interno… E il “farmaco” usato contro la sofferenza che comportava la separazione acquistò la forma del “Tragico Dramma”, che con la sua visione mitigò lo sconcerto trasformando un evento rappresentato in OPERA D’ARTE…Fu come un “narcotizzare” così qualsiasi fatto accaduto (anche il più terrificante) per giustificare lo spazio lasciato da nuove emozioni e nuove espressioni!…

L’effettiva violenza venne “abolita” nella gabbia di sensazioni forti che coinvolsero lo spettatore di quelle visioni… Dimostrando forse che noi abbisognamo disperatamente di pura “teatralità” per poter giustificare le nostre vergogne a noi stessi e a quelli che incrociano il nostro personale cammino…Quel misto di merda e cioccolato fatto di buoni e cattivi pensieri che spesso convivono insieme con noi!…

Una “virtuale” violenza annichilì un originario rito sacrificale annullandone il “Sacro”, per ingabbiarlo ad una “Immagine” che sempre poi ritornava in ogni ricordo, però indebolito da ciò che era il sacrificio iniziale…

L’Immagine quindi, questo fantasma, prese il posto della vittima diventando il suo incruento “Simbolo”… E la violenza così fu esposta, codificata, raccontata in una STORIA morsa dal freno della rappresentazione di una “forza originaria”, scevra di scorie pericolose e relegata in un “Pensiero”che l’accolse senza più AGIRE, se non simulando come un film dell’orrore che ci libera  dalle angosce a visione ultimata…

Forse l’inizio della nostra “Cultura” tolse il velo ad eventi che “accadevano” immotivati…Noi cercando con questo di dare una motivazione plausibile, oggettiva, per conoscerli e indebolirli, rendendoli innocui e sgravati della loro misteriosa forza…Perché l’opera d’arte è pur sempre l’indebolirsi di un sentimento primordiale… Perché nel rappresentare un fatto non solo lo si dispiega ma gli si lascia un’impronta che esce a scoperto, se “addomesticata” dalla coscienza…

Nella visione immediata ed istintiva l’opera d’arte rischierebbe di esaurirsi nel tempo di una battito d’occhi!… Cosicché nel mito attribuendo dei “nomi” a forze selvagge e incontrollate sino ad allora (magari facendole guerreggiare tra loro in tutta la risplendente diversità, come dèi olimpi che disputino , carognescamente frivoli e fieri …) procurava l’”eracliteo” avallo della “guerra madre di tutte le cose” a salvaguardia della sopravvivenza del mondo!…Le lucenti divinità dell’Olimpo mostravano spesso indifferenza (e per alcuni greci questa era la più grande virtù…) per l’inferiorità conclamata dei mortali!… Questo fu il fio da pagare agli dèi… Essere cioè i loro sfortunati trastulli (guerra di Troia o Tragedia Greca che siano…) per permetterci di chiamare tutto questo con il nome sonante di CRUDELE DESTINO!

53.

 

 

Che cosa è lo SPIRITO DIONISIACO, questo roboante e “nicciano” termine, questa orgiastica esaltazione del vivere, questo presunto liberarsi dal “principio d’individuazione”… Non è forse una via di scampo,quasi un disperato e strategico sputo nel vuoto?…Quale necessità può esservi alla creduta “liberazione” dal Soggetto,all’esigenza di volere assolutamente uscire di fuori per perdersi nel mondo a noi esterno?…E’ forse il tentativo vano di sopravvivere alzando la soglia di tolleranza alla lucida sofferenza di questo soggetto?… E’ l’ascetica e un poco ipocrita lucidità del “saggio” contrapposta alla tracotante hibrys del folle esaltato?…

Un “Eterno Ritorno” all’uguale è come il gioco a nascondersi da quello che ci farebbe soffrire…L’ansia è di volere arrivare con quello sputo il più distante possibile!… Giusto per eludere la disperata malinconia di sapere di non poter vincere… E’ come la ricerca della vita comunque “sentita”, prendendosi gioco dell’annullamento del vivere individuale…Non ammettendo e non arrendendosi al nostalgico pensiero che un giorno tutto finirà nella discarica…Giusto per non dir nella merda!…

Che cosa sarà del cosiddetto mondo al sopraggiungere della mia morte?…Per questo io debbo salvare ‘sto mondo (lo penso nel mentre mi gratto le ascelle) scegliendo di vivere eterno… Anche nel rantolo o nella sofferenza…Come gli infelici eroi della Greca Tragedia , all’occorrenza!…

Bisogna tramutare questa estrema esigenza del sopravvivere mascherato da “divenire” nella nascosta volontà di fermare l’attimo…Giusto per siglarlo nella pietra dell’”essere”, non sapendo che cosa sia l’essere,ma immaginando solo la sua metaforica pietra!… Questo potrebbe aiutarci a rovesciare la disperazione, nella dimenticanza che è proprio la staticità a non permettere alla vita di poter attecchire piò oltre il dovuto…

“Ogni cosa che non mi uccide mi rafforza”… E’ il tenero, patetico, urlo che esce dall’anima di un grande filosofo… Che cosa sarebbe di lui (e di noi tutti) se interiormente non resistessimo a questa pelosa inquietudine di “esserci” a tutti costi!… Come potremmo rialzarci da questa caduta continua?…

La costante pulsazione cardiaca rivela il continuo riscatto della nostra volontà “creativa”, libera di costruirsi i suoi castelli anche nel fango, se necessario…La “creatività”, impulso fragile e forte al tempo stesso, è mistione di sofferenza e felicità!… Non opera certo nel nirvana dell’ascetico “saggio”… Nulla sarebbe della creatività senza la “tensione” e “reazione” a rinascere giorno per giorno, soffrendo dell’attimo che la precede ,e che poi vede morire nella sua finitudine…

Quando al mattino si risveglia la luce e la nostra disposizione a pensare è l’ attività di un corpo che agisce, questa “volontà di potenza”, questa ripresa alla vita del corpo prima assopito dal sonno, favorisce una effimera “felicità” creativa… La “filosofia del mattino” è l’auspicata aurora elevatasi sopra le scorie notturne ormai superate dal giorno… In questo tentativo di anestetizzare la sofferenza , è posta la disperata e a volte maldestra ricerca della felicità… E forse proprio in questa creatività si attua il superamento di una fossa comune… Perché anche le pessimistiche elucubrazioni di chi si trascina nel vivere, a contatto con l’impulso creativo possono finalmente nascondere strati di “ottimismo” liberatosi dai propri tenaci rancori, più o meno inconsapevoli… E qui sobbalzo da terra!… E’ come definire Leopardi ottimista durante il suo momento creativo, malgrado il suo strabordante pessimismo di fondo!… Ma forse è proprio questa la scommessa di Nietzsche… Rovesciare uno stato di sofferenza per scoperchiarne la sua intrinseca “forza”, tramutando una vita dolente (attraverso il”farmaco” dell’impulso creativo) in una autentica gioia…Lo stesso farmaco scatenatosi dalle spoglie della Tragedia Greca a lui tanto cara!… Perché più che aristotelica catarsi, la Tragedia è il rovesciamento di quello che è ipocrita “consolazione”… Estraendo un certo “SUBLIME” dallo “scorrere drammatico” del crudele destino riservato agli eroi greci,si trasforma il fatto terribile in un estetico “BELLO” …Perché la Tragedia non è il film dell’orrore scaricante emotiva tensione, fra le scoregge e i pop-corns consumati tra una birretta e una mangiata di unghie prima dell’appagato infilarsi sotto le calde coperte del letto di casa… La Tragedia è lo stesso orrore emergente dalla pura “cosa” , e che si impossessa del corpo e dell’anima, contaminandoci sin nel profondo… Chi Edipo conosce non può ritornare sotto il lenzuolo mentre fa un peto in una notte gia troppo ventosa di suo… Perché la coscienza è già in atto senza avere ristoro dalla conoscenza dell’inizio incosciente!…

Una macchia sublime si espande, libera di colpirci… Innominabile eppure PRESENTE in quegli anfratti dell’anima… Una macchia che ci fa guerreggiare a qualsiasi prezzo contro un amaro destino inconsapevole delle “verità” di quello che siamo…Quella macchia diventa così il “patrimonio universale” delle nostre individuali incoscienze…Pronta a scatenarsi e sempre latente nel nostro profondo, che pur di evitarla affronterebbe anche il delirio!… Un’onta che silente ci accompagna dalla notte dei tempi della nostra esistenza… L’accettarne la finale sconfitta diventa la beffarda grandezza di ogni singolo vissuto, avendo sul campo ceduto con l’onore delle armi!… E il vivere la sconfitta si tramuta in semplice forza…(A volte mi immagino esalare l’ultimo respiro, tra il cosciente e l’incosciente , tra l’insensibilità ed il rilascio dello sfintere, con la bocca sfigurata a risata… La fine dell’apparenza , e l’inizio dell’humus)…

Ormai cosa pensare del creduto infelice “Dioniso/Crocifisso” Nietzsche… Quest’uomo profondamente immerso nella sua pensierosa solitudine…Quasi reso cieco da una sospetta sifilide, afflitto da forti emicranie concedenti breve tregua ogni tanto al tormento… Alla disperata ricerca di amici a lui “pari”, in questo suo “tragico” avvenire…Cosa pensare di questa sua attrazione/repulsione verso i suoi simili… Che poter aggiungere a tanto sfacelo, se non che qui si dovrebbe raggiungere la vetta più alta del pessimismo più estremo!… Se non che , con la forza di un urlo “munchiano”, il suo sghignazzare ci coglie sorpresi, scendendo a valle come valanga che tutto fagocita!…Dolore e felicità si uniscono nel rovesciare la sofferenza, in un incondizionato accettare la vita in ogni suo aspetto… Lo Zarathustra è il nuovo disperato/esaltato profeta dell’Eterno Ritorno!…E termina in una danza!…Tormentami vita, sembra lui dirci, ma io sempre ritornerò in questo fugace sospiro… Ritornerò in questa congiunzione di “divenire in cosa” che è si sofferenza, ma anche felicità di mai “tramontare” gioiosamente!… Tormentami e straziami il corpo, amata e odiata vita al tempo stesso… Ma consentimi nelle pause al dolore di ammirare la mia ripresa di forza, giusto per poter creare qualcosa che mai possa tramontare!… Cioè la mia fede nell’individuale esistenza che sempre ritornerà a ridere e ridere di un gioioso attimo eterno!… Perché questa “illusione” è la mia unica medicina al totale annullamento finale… Un ghigno mentre scoperchio la tomba per ritornare alla vita terrena, troppo terrena!…

La produzione creativa è la discarica della liberazione al quotidiano dolore… Perché la vera disperazione non produce che mesti biglietti di addio…E’ una felice isola di speranzoso ed effimero ATTO, ben diverso dalla “buddistica” non-azione intesa come liberazione da ogni dolore sollevato dal fluido “esistenziale” marasma, dimentico per un attimo di soffrire… E’ un non-ricordo, un creduto e voluto annullamento del Soggetto,catapultato all’esterno di sé, a respirare l’aria sottile dei bivacchi in alta quota… E’ quasi una scissione “in altro” della propria esistenza, come se in questa fosse riposta una speranza di eternità…

Così in sintesi la breve vita cosciente del filosofo che fece di se stesso la sua quotidiana “tragedia”… Il suo genio creativo usato come farmaco allo struggersi del personale vivere…In una “fisica” sofferenza capovolta nella mistica esaltazione di quel malinconico profeta di Zarathustra… Un’immane sforzo teso al selvaggio “ottimismo”… Lo scatenarsi della “bestia bionda” per continuare non il mistero di vivere, bensì l’annullamento del “pensiero”  di vivere!… Zarathustra  che ancora termina nella sua danza!…

 

La vita di Nietzsche testimonia il suo pensiero, piena “espressione” dei suoi aforismi… L’unico metodo per superare i suoi continui tormenti del suo sofferente corpo!… I suoi alti e bassi conditi dalla improvvisa esaltazione o dalla sua cupa disperazione… Le due nemiche di un qualsiasi tranquillo e “sistematico” pensare, come la vittoria del precario, ma felice, attimo contrapposto all’”armonico” e “filosofico” sistema…

Eterno Ritorno, Zarathustra, Oltreuomo o Superuomo che siano, Volontà di Potenza… In realtà non sono tasselli di un sistema scolpito su pietra, bensì STATI D’ANIMO…”Intermittenze del cuore” di un “io” in evoluzione continua ( in realtà trattasi di una involuzione verso il suo sé…) presenti da sempre nell’oceano celebrale di questo autentico e “tragico” genio…

Le intermittenze poi riemergono dal suo inconscio… “Presenze” in superficie, sino all’approssimarsi del buio finale, e forse anche oltre!…

I suoi ultimi “biglietti della follia” firmati “Dioniso e il Crocifisso” lo catapultano definitivamente al di là del Soggetto, ove non esiste “ritorno” e forse nemmeno “ricordo” di esistere…

E questo può essere il vero nocciolo della contesa…

                                                                               La pura “esistenza” forse nemmeno più sa 

                                                                                                                    Di continuare ad esistere…

 

UN OCCHIO CHE VEDE L’OGGETTO SENZA IL PENSIERO…

 

54.

 

 

Quando l’uomo primitivo dipingeva sulle pareti di caverne riscaldate da un giovane fuoco,non dipingeva ciò che “sapeva”… Dipingeva ciò che “vedeva”…

L’Arte era la continuità di una “comune” realtà misteriosa…E non “esprimeva” o “decorava”, ma era semplicemente al servizio di una vita vissuta nell’ambivalenza di Simbolo e Cosa…

Un’azione di caccia poteva SCAMBIARE un disegno per una preda futura… Tutto ciò forse assomiglia all’originario “dramma” mai scritto in un anfiteatro virtuale agli albori del nostro “pre-storico” sopravvivere quotidiano… Prima di quel forse surrogato che oggi noi conosciamo grazie ai grandi autori della “Tragedia”…

Un tempo alla vita serviva un’AZIONE… E quando il pensiero ebbe “coscienza” di ciò che stava facendo, la cosa sfuggì dalle sue braccia dischiuse a preghiera, favorendo così un pensare “simbolico” a scapito di un gesto ormai sfuggito in un remoto passato mai più ritornante…

Ad una Magia dominante le cose, subentrò un “religioso” sentire…E la separazione di anima e corpo si attivò in un dualismo senza più discussione…

Il naturale orrore di essere scaraventati in un mondo che a stento si faceva comprendere si indirizzò a “mitigare” un sentimento creduto la panacea di ogni strazio e dolore, nella “greca” consapevolezza che gli dèi ci sovrastassero , anche se incomprensibili nel decidere la sorte dei poveri umani mortali (arrivò molto dopo l’ottimistica “speranza” cristiana)…

Prese malinconicamente atto di ciò la Tragedia Greca… Perché la salvezza è fittizia… Una illusione che non cancella il dolore, anche se alleviato nella artistica rappresentazione!…

L’Arte della primitiva “Azione” si trasformò nella “moderna ESPRESSIONE… E all’artista “mago” subentrò l’”esteta” in contemplazione di un originario teatro perduto nei secoli , nella revocazione e interpretazione di antiche gesta nelle antiche sere di una fumosa e fuggitiva memoria,   però lei pronta a ritrasformare l’ “origine” nel “pensiero” delle origini…

Una “prima” coscienza, ancora orfana degli dèi, si plasmò dalle sue ceneri per diventare la sovrastante coscienza dell’esistenza delle divinità, con la conseguente invenzione di nuove cause e finalità… Giusto per dare “senso” ad un vivere sennò privo di qualsiasi vera motivazione, se non quella di sopravvivere…

Ad un primo atterrito osservatore di un fulmine che, passato il primo sgomento, cercava di farne tesoro e governare con una “magica” azione (la “scoperta” del fuoco fu forse un “pratico” atto motivato da un “magico” gesto) subentrò il pensiero di chi con quel fulmine volle scendere a patti, “sacrificando” al suo dio…

Così il Simbolo sostituì la Cosa… Ci si accontentò della “immagine”, a scapito di un vero possesso,  stregati da un mondo non ancora esplorato nella sua interezza…

Mentre adesso ci si accontenta degli elementi “simbolici”

                                                                                        Per esserci ormai lasciati per strada

                                                                                                   Il coraggio di sapere afferrare le cose.

 

55.

 

 

1.

Rimango assorto a pensare durante un giorno di nebbia… Un nero che tutto avvolge mi fa “immaginare”, in compagnia di altri esseri come me spaventati, di partecipare ad un COLLETTIVO CANTARE…Giusto per illuminare nell’attimo di un respiro ciò che si para davanti agli occhi… Per far si che un lampo rischiari quello che lascia perplessi allo sguardo, nel tentativo leggermente esaltato di attribuirgli un “nome”…

Così mi avvicina il SACRO e mi rivolge parola (Che stia forse sognando?…O non sarà forse un testimone di Geova?)…Mi dice che da lì forse proviene l’Arte… Quella scintilla di luce che illumina il mio personale buio , mentre all’interno penetra in un cuore un po’ emozionato…

“Ogni forma di vita perfetta sarebbe la fine dell’arte”, così sentenziava Musil in qualche pagina del suo “Uomo senza qualità”… Per questo l’arte mai può morire (impossibile per noi umani raggiungere la perfezione!)… Per questo (continua il sussurro del Sacro…) qualcuno ,che io già da ora sinceramente ringrazio, avrà sempre una STORIA da raccontare od un OGGETTO da venerare…Od anche qualcuno da AMARE , con la complice intuizione di lui, il  Sacro, che si nasconde alla vista degli occhi estranei!…

Quel sussurro di  intimità , ciò  che appunto io chiamo con quel limpido nome, era forse la visione di un “sacrificio” antico…In arcaici tempi che credevo “al di fuori”… Una scatenante “presenza” di forti emozioni per la vista estasiata… Forse per questo il bello può apparire  a volte tremendo,come fosse la negazione di ogni singola vita… O come il ricercare un’”origine” che proprio perché imperfetta (quasi una pre-evoluzione) ci allontani dalla smania di evolverci verso ciò che crediamo “migliore”…Vale a dire verso ciò che crediamo la “perfezione”!… Come la rincorsa continua, l’illusione di raggiungere qualcosa che mai si potrà sul serio raggiungere… Sino alla fine della singola vita, passando il testimone ai successori alternatisi in quel tentativo illusorio… Noi poveri organismi cagati da miliardi di inconsapevoli cellule organiche alternate alle loro sorelle sino alla fine di questo scherzo…

Nel non-evolversi, nel non-scindersi in nulla di alcunché, riposa forse lo statico segreto del “bello” e “tremendo” un attimo prima di accingersi al cammino per quel percorso speranzoso zeppo di aspettative di “ricerca”, che inevitabilmente un giorno andranno deluse!… Anche per questo non vedo il Bello e il Sacro impregnarsi al “Divino” sino all’essenza ( che se ne farebbe Dio della “perfezione” come se si trattasse di un attributo?…), semmai l’intravedo solo nella visione che noi immaginiamo di avere…

Sparito il fantasma in mezzo alla nebbia sempre più fitta, il Sacro è un pensiero che spaventa il mio intimidito cuore, rabbrividendomi il corpo… Mai nessuno potrà “raccontarlo”…Anche grazie alla complicità di un fascinoso e lontano passato...

 

2.

Nella Tragedia Greca l’unico filtro che forse congiunga metaforicamente l’intelletto col sentimento, la realtà con il sogno, è il compartecipare a un dolore sentito da tutti e procedente insieme alla vita reale di ciascun singolo… In quella disperata e “tragica” vita,  RACCONTATA in uno scenario avvolto da pietra e da legno di un aperto anfiteatro nel cielo illuminato dal sole pomeridiano, scorreva una “storia” di un eroe afflitto da un triste destino…

Quest’eroe acquisiva la universale partecipazione di chi lo vedeva ed ascoltava nell’immaginario di una presunta realtà… Perché nella sofferenza si colorava una realtà che metteva d’accordo intelletto e sentimento in un solidale “comune sentire” a diretto contatto con la metafora della vita…

L’assurda storia di Edipo,in quelle fatali e beffarde diramazioni del “caso apparente” che inevitabili lo portano verso la sua rovina, nel SOGNO potrebbe potenzialmente chiedere l’abbraccio della solidarietà di chi abbia conosciuto la “storia”… Sognando l’orrore , lo stato d’animo in quella situazione esclusiva si fonde, ad avvenuto risveglio, con il “coerente” intelletto che lo neutralizza nella sua dispiegata “normalità”…Ove il soffrire è mitigato dalla “ragione”… E’ così che l’arte, o meglio la rappresentazione artistica, cancella la terribile macchia di un atto estremo…

 Noi sgomenti crediamo che non possa succederci quello che successe ad Edipo… Ed in nostro soccorso candidamente arriva il pensiero che lui fosse inconsapevole di quel che gli stava accadendo… Questo per rendercelo solidale, a giustificazione del nostro peloso senso di colpa sepolto dai meandri del nostro remoto passato… Una “dimenticanza”che ogni tanto riemerge attraverso le aperture dei nostri “sogni”, libera di colpire ove coerenza e raziocinio non mettano verbo (chi non ha “desiderato” la madre in antichi sogni tenuti nascosti dalla vergogna?)… Senza considerare e sapere che agli albori della umanità l’incesto fu consentito, prima che fosse “totemizzato” da qualche sopraggiunto “tabù”, o qualcosa del genere…

Il “proibito” fu forse il filtro della metafora e della realtà, facendo connettere l’intelletto con la sensualità… E certo “scientismo” della Psicoanalisi, che vorrebbe scoperchiare l’inconscio per poterlo analizzare e dispiegare, forse rimane una vana e disillusa speranza!… Perché è impossibile togliere quel coperchio ad una “ragione” ormai messasi in cammino, forte dei suoi strumenti… L’inconscio è già manomesso alla sua origine, ancor prima di riemergere completamente dal suo lato oscuro… E forse per questo la nostra coscienza si è evoluta nei secoli e secoli dal buio iniziale…Per legittima difesa verso qualcosa che non si conosce!…

Il nostro primo “sogno” acquistò una ipocrita “maschera”, relegando i nostri “cattivi” pensieri sotto il velo del sonno, facendoci credere che l’intelletto non possa sbagliare…”Sono i sentimenti che sbagliano!”, afferma la nostra coscienza… A loro serve la briglia della vincente “ragione”, così come l’auriga platonica controlla i concupiscenti o gli iracondi cavalli!… Ora lei può controllarli e castigarli all’occasione, grazie a ciò che chiamiamo “morale”, facendoli emergere da un anfratto del nostro cervello… Giusto prima di un agitato risveglio dal sonno!…

Un povero e tragico uomo continua dentro noi stessi a sognare… Cerca con questo di tenere testa all’inconscio…Sarà incoerente affermarlo, ma forse noi tutti nascondiamo alla nostra memoria dei terribili sogni fatti in un remoto passato…

 

3.

Se mi rileggo , mi trovo in tanti passaggi assurdamente pomposo e roboante!… Forse un po’ troppo…A che cazzo mi serve scrivere in questa maniera, quando poi ciò che vorrei urlare passa attraverso un filtro assai silenzioso?…

Bisognerebbe scrivere senza rileggere e correggere mai… Questo forse sarebbe il vero segreto!… Nella prima scrittura intuisco e vedo forse quello che sono sul serio… Un povero singolo che cerca di galleggiare sull’acqua per non decomporsi del tutto… E che non riesce a stare tranquillo a scoreggiare sul divano di casa…

A volte quelle cento parole con cui cerco di esprimermi mi pesano come quintali di pietra (non che i quintali di paglia pesino meno!)… A volte necessito di non spiegare nemmeno a me stesso quello che penso… E proprio così la concisione si insinua beffarda tra le intercapedini della mia “logica”, mascherandomi il “perché” di un pensiero… Faccio la cacca alle sei del mattino… Di questo sono “profondamente” sicuro… Forse…Come altrettanto sicuro è che nessuno capirà sul serio quello che scrivo… Perché scrivo schifezze che escono libere di colpire alla cieca…

Se non so vivere “estremo” vorrei almeno avere il coraggio (che invece non ho…) di un estremo pensare… Mentre girovago intorno a me stesso senza mai arrivare a nessun dunque reale… Perché prima dovrei capire di quale dunque io tratti… E in quale luogo si possa situare…

Una cosa però vorrei ricercare, poco prima di giungere a meta… Vale a dire la NUDITA’…

Questo mio arrabattare continuo su di un cartaceo non è che la punta emergente,  durante il mio navigare dalla notte dei tempi , su quel qualcosa che chiamo “coscienza”… In quella gioventù che ormai più non ritrovo… Di quand’ero un volatile spiccante quel , solitamente banale, volo lontano in quel solito e banale cielo infinito…Quel cielo ormai dileguato tra vento o scoregge, a propria scelta di ognuno… A me non rimane che scalfire la pietra… Una robetta da nulla, tutto sommato!…

 

56.

 

 

Se come dice Frazer il pensiero “religioso” subentra sempre ad un pensiero “magico”, forse all’origine di un ”io” che si affermava nel mondo stava una certa prevaricazione sulle cose , giusto per dominarle… Nascendo da un gesto, prendiamo comunque coscienza di “separarci” dal mondo… E la separazione comporta dolore… Forse nasciamo “maghi” volenti il controllo di tutto, per poi con il tempo ritrasformarci in “sacerdoti” che vorrebbero le stesse cose “conoscere” nel profondo del cuore… Se davvero è così, la nostra blasonata FEDE non si scosta di molto da essere quasi un inconscio “adattarsi” ad una situazione ancora non conosciuta, ma in via di evoluzione verso un “pratico” senso… Magari questo per esserci resi conto di non potere assoggettare una “natura” che ci sovrasta… Sarebbe ne più ne meno che un inconsapevole atto di sottomissione a qualcosa che mai potremmo sconfiggere… Un po’ come quel detto dei Tuareg che consiglia di baciare la mano che non puoi tagliare!…

Allora anche in ciò che consideriamo un irrazionale mistero può nascondersi il tarlo dell’utilitarismo strisciante… E un po’ mi atterrisce il pensiero che il nostro interno non riponga nemmeno un briciolo di vera “follia”!…

Fossimo riusciti a “vincere” la Natura con le sole PAROLE forse non avremmo bisogno di “Simboli” inventati dalla nostra, a volte, delirante coscienza… E noi adesso saremmo “evoluti” completamente in maniera diversa da quello che siamo… Probabilmente ci saremmo già estinti!…

Volendo pensarla grande, anche le cosiddette “Civiltà” avrebbero assunto aspetto diverso da come sono… Avrebbero annientato col loro enorme “potere” tutto il non compatibile e il non adattatosi con il loro illimitato dominio di conquistare (succede comunque anche adesso a chi si sente superiore agli altri!)…

 

Ci saremmo così illuminati come il lampo per un breve frammento, prima del fulmine annientatore, per poi subito dopo ricadere nel freddo buio sidereo!… Chissà se la stella che guidò i Magi tanti secoli fa non fosse stata che un povero mondo in esplosione per fare posto al Cristo Nascente!…

Forse è “utile” il pensare che “qualcosa” ci sovrasti dall’alto dei cieli!… Grazie alla nostra incapacità di manipolare gli elementi sul serio, abbiamo delegato qualcuno o qualcosa a proteggerci e governarci durante il nostro assai fragile cammino… Nella giusta ammissione di essere noi ben poca cosa in confronto alle stelle…

E’ un atto dovuto a noi stessi…

                                                  E a tutto ciò che in passato abbiamo

                                                                                                            Inutilmente distrutto!

 

57.

 

 

1.

Forse la Tragedia Greca riuscì a pilotare nel Sacro tutta l’intrinseca “violenza” dell’uomo… Uno scoperchiare all’esterno ciò che rimaneva celato all’interno, concedendosi così la “salvazione” grazie al suo rispecchio interiore… Come fosse estrattosi un ernia con un colpo di bisturi ben assestato!…In questo rispecchio la violenza fu indirizzata per farsi ammirare all’esterno dal nostro sguardo stravolto… E forse il Sacro non è che questa fievole luce… Un “nome” nella realtà… Un “simbolo” da noi costruito per farci redenti, come ci fossimo risvegliati dalle nostre origini oscure…

Non fa molta differenza la terrorizzata ammirazione dell’uragano, insieme all’annunciata e “apparente” disfatta del “tragico” eroe (un Aiace o un Edipo, o un Filottete)…Perché anche in essi prolifica,dall’interno del nostro sentire, ciò che chiamiamo SUBLIME… Questo codificato, grazie alla scena , nella contemplazione dell’artistico “Bello”…Così una tempesta diventa un filmato o un suggestivo dipinto “romantico”… Oppure l’ascolto del vento che ulula forte attraverso un impianto acustico di alta fedeltà!… Mentre un Aiace impazzito che fa strage di vacche rimane quello che è sempre stato nel suo anfiteatro illuminato dal sole… Cioè una costola della nostra coscienza… Una “colpa” estromessa e ammirata nella rappresentazione teatrale… Tutto ciò inizia con due parole… ESTATICA CONTEMPLAZIONE …Ancor prima di estetico trasformarsi del Sacro…

Cosa è più “socialmente utile” che traghettare la violenza (così indebolendola anche) per prima restringerla nelle ancestrali maglie di un “rito”, e poi rappresentarla in un anfiteatro?…Contenere nell’arte quella violenza divenne il farmaco messo a salvezza di intere civiltà che forse si sarebbero annientate fra loro… Fu come la rinascita da un brodo di sensazioni non controllate, e da gesti esasperati che finalmente trovavano pace!… In un “ordine” costituitosi per imprigionare l’energia del fulmine dentro ad una semplice ampolla, giusto per trasformare un fuoco distruttore in energia positiva da utilizzare per il futuro “progresso” della nascente umanità…

Forse da quel preciso momento la violenza al di fuori del rito sacrificale fu sentita come un peccato… Mentre un gesto incontrollato venne definitivamente avvolto tra le calde coperte del “Dramma”…

 

2.

L’Arte intesa come “freno” ad un istinto violento e libero di colpire!… E’ il forte “desiderare” una  cosa la scintilla pronta a fare esplodere quella polveriera che teniamo al di sotto del culo?… E’ solo l’idealizzare l’oggetto di desiderio a salvarci da una reazione che potrebbe sfociare in una conclamata violenza?… E’ nell’indebolire una forza istintiva la vera funzione della artistica “Forma” rappresentata?…

Cerco solo di riflettere su questa cosa, mentre osservo attraverso l’ordigno televisivo un tizio in mutande che fa “teatro d’avanguardia” alle due di una nottata qualunque, in compagnia dei miei occhi che non vogliono chiudersi…Si nasconde una “morale” necessità nel sentimento estetico… Qualcosa che possa permettere di saper sopportare in contemplativo silenzio un desiderio frustrato…Può allora la “Religione” definirsi una incompresa sorella dell’Arte?… Anche nelle devote coperte dell’”abbandono” al suo Dio non viene forse riposto un freno a tutto ciò che non si saprebbe né dominare e tanto meno capire?… Osservare in attento silenzio il volto divino riportato su qualsiasi cosa si veda (un legno, una tela, una pietra o quanto altro…) non assomiglia ad una PREGHIERA che ci fa entrare in intimo dialogo con questo Dio immaginato?…

Il mitigare una originaria forza è la nostra vera salvezza al delirio, come del resto sarebbe il deriderla? (ora capisco… Il tizio in mutande dentro lo schermo è un Socrate in una “moderna” rappresentazione delle “Nuvole” di Aristofane)…

E’ proprio vero… Si nasce, ci si forma e si cresce in un autentico meccanismo di auto-difesa!…

 

3.

La concezione del Sacro ormai in massima parte riguarda gli “antichi”… Perché è nella stretta relazione di quello che ci è “esterno”… Quando e mentre l’introspezione del “moderno” soggetto comporta lo scarnificare sino nell’osso una debole veduta di questo Sacro…

La continua “analisi” di ciò che “vediamo”, di quello che siamo,o di ciò che crediamo di essere, può prosciugarci sino al midollo… Lasciandoci inevitabilmente a tu per tu con il nostro “interiore”, svuotato e ormai libero da ogni pensiero recondito!…Insieme alla noia e delusione dell’ascolto del nostro continuo cazzeggio sul nulla…

Quello che negli antichi tempi appariva al nostro sguardo un po’ incerto, ora si è dileguato, finemente polverizzato all’interno della nostra riflessione cosciente…Ormai per immaginare qualcosa di Sacro dobbiamo vederlo fuoriuscire da noi…

 

4.

Il Tragico forse scatena rimpianti di ciò che si è perso per sempre… E’ il rimpianto per non saper porre freno ad un epilogo ormai scontatissimo… Il rimpianto di un volto intravisto in mezzo alla gente, e che un tempo per te era tanto importante, quando ora sfuma in dissolvenza sapendo che dopo un secondo non se ne avrà più il completo ricordo… E’ insomma il rimpianto per una vita che sfugge mentre ci si abbandona tra gli indifferenti e scontati sorrisi del nulla…

In malinconica contemplazione di una selva che ci lascia tremanti nel corpo, ricerchiamo nostalgicamente ciò che più non ritorna, se non in qualche improvviso brivido da baraccone… Perché l’Eterno-Ritorno non è che la reazione a quella perdita che un giorno vivremo sulla nostra pelle ormai rinsecchita dal tempo… Per questo è fortemente tragica la visione che un dandy un po’ decadente si fa delle “origini” (questa così suggestiva parola!)… Come un vecchio che osserva un giovane di nascosto, nel rimpianto di non poter bere alla magica fonte del vivere eterno…

E come tragico è il dolore del giovane “incosciente” nella sua spavalda innocenza (che altri non è che voglia di vita e di affermazione!), altrettanto ridicolmente patetico è l’anziano che lo vorrebbe imitare, non rendendosi conto che il tempo è scaduto e indietro non si può ritornare…

Nel Tragico insomma si materializza davanti agli occhi una visione, una immagine che ciascuno ha di se stesso e degli altri, mentre in solitudine affronta la futura e inevitabile partita a scacchi col tempo… E qui forse in questo gioco senza speranza (memore del suo tirocinio continuo) sta riposta tutta la sua drammatica forza.

 

5.

Riflettendoci un attimo, l’”artista” potrebbe vantarsi di essere libero di pensare le cose che il “senso comune” non riesce a intravedere…Questa libertà presunta è quella di credersi l’unico “veggente” tra la folla degli accecati… Ma forse questa non è che una stucchevole e “filosofica” consolazione, perché l’artista è solo libero di “credere” quello che vuole immaginarsi che sia… Si serve disperatamente di un’ altisonante parola, la LIBERTA’, per sentirsi diverso da tutti gli altri mortali, vivendo della sua personale illusione… Quando a volte la sua “unicità” non è che l’omologazione che gli altri concedono benevolmente, magari per sgravarsi dai loro “cattivi pensieri”!…

Qui però non è il Tragico a prendere corpo… Semmai è il ridicolo…

Solo nella presa di coscienza del suo “svelarsi” agli altri, nel doloroso capire che non servirebbe consenso, l’artista acquisterebbe veramente la visione del Tragico… Riconoscendo la  ridicolaggine  di quel timbro di strano animale che gli hanno affibbiato …

Il Tragico opera ove si prenda coscienza che la vera libertà non esiste (se non forse nel vivere “cristianamente” per poi finir sulla croce!)…

Continuando a divorare la coda al serpente dell’Eterno-Ritorno non si fa che coltivare una illusione… Forse per questo qualsiasi “scelta” si faccia rischia di essere una scelta sbagliata.

 

 

 

6.

La pomposa ricerca dell’ESSERE forse vuole nascondere una speranza per lo meno intuita… Vale a dire la PROVA ONTOLOGICA DELL’ESISTENZA DI DIO…

Volere a tutti costi raggiungere la “Verità” è forse la paludosa e frustrata ricerca dell’immortalità!…

 

7.

L’uomo tragico viveva sempre cosciente che la morte poteva coglierlo in qualsiasi momento, spezzandolo nel suo personale “memento mori” in miriadi di frammenti in dispersione senza possibilità di ricomposizione futura…Per tal motivo la Tragedia ebbe grande rispetto del “necessario”… Perché senza di questo sarebbe finita come un “romanzo” scritto dagli uomini e non dal “destino”…Inutile aggiungere che morte e sofferenza erano le imprescindibili appendici della “necessità”… Le uniche a poter davvero competere con qualsiasi “libera” scelta futura…

In questa presa di coscienza, in questo programmato delirio, operava il Tragico Dramma… Un qualcosa che consentisse ad una presunta debolezza esistenziale di trasformarsi in “forza” aggiunta dell’anima…

I greci mai si dimenticarono di essere solo “mortali”… In questa viscerale “attenzione” fu forse riposta la loro strisciante mancanza di FEDE in una vita dopo la morte… Anche per questo non ricercarono mai l’umiltà (prerogativa “cristiana”dei diseredati in questa vita, garante del loro riscatto ultraterreno…) bensì ricercarono GLORIA… Un modello di “immortalità” ,virtuale ma roboante, che rimaneva legato alla “terra” nell’impronta lasciata alle susseguenti generazioni degli esseri, attraverso lo scorrere di un “eterno-ritorno” in questa vita… Un ricordo assumente una estrema importanza, consapevole della sua enorme responsabilità!…

Così la Tragedia Attica non fu mai analoga al dramma “cristiano” e al suo “bisogno” di redenzione… Come non coincise con le “stoiche” tragedie di Seneca, pregne di edificante   “imperturbabilità” (non a caso stoicismo e cristianesimo si “inventarono” un epistolario tra Seneca e  Paolo di Tarso!)…

A differenza di quella cristiana, la tragedia attica non si avvalse mai di un forte edificio morale… Causa della Tragedia era spesso un “errore”…Ovvero un destino beffardo… Per questo nel loro profondo gli eroi non potevano essere veri “colpevoli” della loro sorte crudele… La concezione del divino dei primi greci non rappresentava un modello consolatorio e morale, e tanto meno era privo di falli commessi!… Questo mi fa ripensare alla sfiducia, alla mancanza di fede autentica nei tanti contemporanei che si ritengono cristiani solo perchè si confessano e rispettano i sacramenti!… E mi balza in mente quell’altra domanda di sempre… Avranno i greci mai veramente creduto agli dèi?… E forse questa domanda la si potrebbe rivolgere anche ai tanti “credenti” di oggi.

 

8.

Relegare l’orrore in un lontano ricordo forse permise al Tragico Teatro di proseguire il suo estatico cammino…Quando a teatro fu messa in scena “La presa di Mileto” (uno degli episodi più sanguinosi della guerra Peloponnesiaca) a soli due anni dal fatto accaduto, un popolo intero rimase agghiacciato dalle emozioni scatenate in quell’opera… Perché l’attualità mai conveniva e conviene nella rappresentazione di una vicenda Tragica, senza poi pagare il tributo del tempo… Molto meglio è rappresentare un mito relegato nel non-tempo iniziale!…

Con il “Tempo” iniziava anche l’”ingiustizia” nel mondo, un po’ come ricorda Anassimandro… Forse per questo la Tragedia terminò col “tradire” ciò che  le coscienze dei singoli non accettavano più, se non nella visione di una “finzione”…Solo lì fu consentito l’avallo di accadimenti lontani nel tempo… Perché il dolore venne codificato non immediatamente, ma solo nel fingere di ricordare qualcosa che ormai non scalfiva il presente… Chi così soffriva non aveva più tempo di “pensare” al dolore!… Scaricare l’effetto catartico, purificatorio, attraverso la vista di un pubblico fu forse l’esigenza per rimuovere la morte dall’attuale presente, per poi relegarla nel remoto passato…

Si nascose così qualcosa che da sempre atterriva gli esseri umani… La presenza della fine e dei cattivi pensieri…

Attualmente esorcizziamo l’orrore pensando che non ci riguardi, o meglio, che sia un problema di altri… Salvo poi ricordarcene col  culo comodamente posato sul divano di casa e magari imbottito a tritolo…Un semplice  fatto catartico relegato all’interno dello schermo televisivo, tra cavalcate di sculettanti valchirie e spot demenziali!… Troppo semplice è sistemare le attuali tragedie in un tempo o in un luogo lontano… Profetizzo , in apocalittica vena profetica, che un giorno di questo tutti quanti dovremo pagarne il dazio!…

Forse in questo,  tra quell’antico spettatore della Tragedia e noi “moderni” “teledipendenti monitorati” ,distratti via etere da un avvenimento crudele che crediamo non ci riguardi, non vi è poi gran differenza… Perché alfine anche noi deleghiamo tutta la merda alla semplice dimenticanza del tempo e del luogo…

 

9.

Chissà che la “tragica” coscienza non fosse l’epigono di una ottimistica visione del mondo tesa all’inizio a descrivere il mito per poi proseguire, coi primi pensatori ove fondamentale era  “ricerca”, un bisogno di conoscere il “Principio Unificatore”… Ciò che “univa il molteplice” era nell’osservazione di una “natura” sfociante in Teodicea, a giustificazione di una “armonia” degli elementi divini e ordinatori del caos primordiale… Una armonia che separava anche gli originari contrasti. , giusto per risolvere enigmi ormai sottoposti ad una “visione scientifica” del mondo ormai in fase di essere scoperchiata…

Forse da qui in poi entrò in campo la Tragedia… Nell’assunzione di un fardello frantumatosi in piccoli atomi intrinseci nella natura delle cose, e che resero simultaneo quello che prima si considerava successivo (una “ambivalenza”)… Aristotele lo intuì nell’affermare che nel “dramma” non era l’azione a doversi piegare al carattere (l’ethos) dell’eroe, bensì questo a doversi piegare all’azione (molto meno spiegabile in termini di “stabilità”)!… Giusto per questo AMBIGUITA’ ed ENIGMA furono il sale della Tragedia… Tolte loro, lei avrebbe rischiato di scomparire nell’ovvio (Eraclito diceva che l’uomo ha il suo carattere in ciò che lui chiama il “demone”)…

In questo è la forte problematicità della Tragedia per non riuscire mai a risolvere definitivamente qualcosa in maniera definitiva, mancando qualsiasi conciliazione di “contrari” (con buona pace di Hegel), perché l’intrinseca ricerca del “Principio Unificatore” costringeva l’eroe a seguire il suo carattere sino alla fine del suo percorso vitale… Un percorso fatale per lui così smanioso di volere affermare il suo singolare punto di vista, a costo anche di farsi annientare! (Antigone per esempio… O Ifigenia… E Oreste… O le Danaidi)…E Medea, cazzo…Medea!…

Qui era posta una profonda contraddizione… Perché la volontà che costringeva l’eroe ad esser se stesso lo traghettava verso il suo “sacrificio”, non risolvendo i contrasti, anzi facendolo ritornare all’”indifferenza” del suo annichilirsi!… Ma anche in questo consisteva la sua grandezza “tragica”… Non vi è speranza di esser “redenti” se non attraverso lo sguardo di chi sta assistendo al dramma teatrale… In quella interiore fermezza, a qualsiasi costo affermata, il carattere si riappropria di quel demone, rendendo l’eroe sublime nella sconfitta…

Forse per questo, salvo qualche eccezione (magari quella di Giuda Iscariota, oppure quella di qualche “predestinato” alla dannazione) non è ammissibile una vera Tragedia “Cristiana”… Causa la “redenzione” finale o il “pentimento”… L’idea che un Dio “scelga” a casaccio (più o meno quel che affermavano gli Gnostici) potrebbe sembrare la linfa del “Tragico” per chi rimanesse escluso prima ancora di nascere da questa “salvezza” (un povero predestinato alla dannazione)!… Nessuna speranza di salvazione è riposta nel tragico…Ma comunque nessuna RASSEGNAZIONE interessa l’humus della “Tragedia”.

 

10.

Il tragico mostra un “disordine” sfociante in un “ordine” che tutti annichilisce nella sua ritrovata “indifferenza”… Pensandoci un po’, questa è l’unica conoscenza certa che possa accomunare gli esseri umani (gli altri viventi di questo pianeta non sanno probabilmente di dover un giorno morire)… Parlo della sofferenza …Parlo del vano tentativo attuato per sconfiggerla, non attraverso una speranza di “redenzione” (un nostro antenato finì sulla croce per salvare l’umanità… Un pensiero ed un gesto indubbiamente profondo e consolatorio…) bensì grazie anche a quel verme terricolo che ora striscia per terra e che accetta inconsapevole il suo esistenziale sconforto…

Una sconfitta non più subita, ma quasi voluta nello specifico… Come un Edipo che al dipanarsi dell’orribile evento si acceca, oppure come Ifigenia che alla fine sporge spontanea il suo giovane collo al padre carnefice per consentire la spedizione su Troia…Il tragico eroe è superiore alla sua condizione tristissima, nella creazione di situazioni liberatesi di ogni finta speranza… Un dio non potrebbe mai volere il proprio annientamento totale… L’eroe tragico invece lo accetta senza rassegnarsi alla sconfitta…E in questo gli è superiore!…

L’eroe “cristiano” si riscatta grazie al suo pentimento (il suo “delitto e castigo”…) mentre l’eroe “tragico” paradossalmente trasgredisce, inconsapevole, le regole dell’ordine costituito, anche se privo di vera colpa!… Il suo riscatto non sta nel pentirsi ma nell’accettare il suo esclusivo carattere… Non incontra il Divino… E’ invece il Divino ad incontrarsi con lui!…

Se osasse appena di più grazie alla sua tracotanza, alla sua hibrys, potrebbe persino arrivare all’Olimpo… Poco prima di essere dagli dèi scaraventato nel Tartaro!

 

 

58.

 

 

Procedo nel mio percorso senza una meta fissa, mentre insinuo in me strani pensieri in libertà…Sto passeggiando al freddo di una città festosa…IL NATALE E’ VICINO!… O cazzo!…Fermati un attimo a fare il nido al tuo tenero culo, e prova a viaggiare con l’immaginazione… Per essere libera cattiveria occorre dar spazio… Occorre che il mondo ti penetri conficcato nel fianco, giusto mentre togli la sedia dal culo del tuo vicino  di stanza…

Guardare senza “vedere” alcun volto ma solo un naso pieno di caccole con un foruncolo in punta, oppure una bocca carnosa con denti marci!… In questo attento scomporre la umana carne non osservi che la decomposizione persasi nei temporali frammenti… Osservi legioni di particolari e metti le virgole nei lagnosi pensieri… Tutti elementi che messi poi insieme non fanno l’UNICO RICOMPOSTO INDIVIDUO…

Prova, cristo di dio, a spegnere la luce dell’”io”, e immaginati un volto qualunque…Anzi il tuo volto!… Cerca, se riesci, di non farti fregare dal contagio della carne che profuma di umanità… Ti immagini davvero, mio povero scemo, di essere qualcosa sapente di “armonico”?…

Quanto mi rompi cara e soave ARMONIA!… Ficcati quel tuo falso sorriso con denti rifatti dietro il tuo profumato di dietro di buoni pensieri…E vattene via!…

 

Luci e colori di un mondo che esulta per il prossimo “Evento” straordinario!…Mentre pensi alla disgregazione ti stai già disgregando… Un giorno scaccia l’altro, quando lo stesso corpo non è più il corpo di prima… Miriadi di ansiosi organelli sono uccisi dai loro cattivi compagni, nel disperato scontro per farsi spazio in quella corsa folle di energia liberata…Ed io rimango ad osservare far sera in mezzo a questa gente felice ed agitata…Cerco di afferrare con mano quei cupi colori, ma mi si apre il pugno e rimango a guardare il nulla stampato sul palmo illuminato dai negozi addobbati…

Come la vita che non vedo scorrere (se non nella mia immaginazione) quel palmo contiene tutto ciò che rimane dentro al mio “io”… Mentre continuo a non capire quello che vedo…E nemmeno quello che provo…Se non che io ,forse, sono sul palmo della mano di qualcun altro avente i miei stessi pensieri… Per chiedermi e richiedermi gli stessi inutili dilemmi insoluti dal tempo… Ponendo domande a cui non so dare risposta… Non può esservi infatti vera risposta ove non vi sia nemmeno vero PENSIERO…

 

Mi immagino di rabbrividire al vento, come se fossi in altitudine e annusassi l’aria sottile scevra dal puzzo delle scoregge…Libero il mio chiuso orizzonte dall’aria appestata della cella che mi rinchiudeva…E così, un po’ malinconicamente, immagino di guardare il cielo osservandone un Simbolo… Per poi ritrovarlo in occhi posti al di là di ogni tempo…

Questo mi rimane di ciò che vedo scorrere… Il “non-tempo” del RICORDO, giusto per procedere senza la coscienza che il treno della vita è pur sempre lanciato nella sua corsa… E’ come un controsenso insolito e impensato… Cazzo, il treno si è schiantato!…

E’ una contraddizione forse, ma vivere comporta anche questo… Dimenticare… Libertà… E ammirato silenzio di luci che si accendono e spengono…

 

Rimango assorto ad ascoltare il continuo sibilo che ho nel mio interno… Cazzo, calmati moscone!… Placa il tuo ronzio fastidioso, e ascolta l’uniforme silenzio… E’ una meraviglia, come meravigliosa è la “Ricerca”…Peccato sentirne il richiamo, pur sapendo che tutto ciò non è lì fuori tra le palle colorate di festività incipiente, bensì qui dentro!…Non proviene infatti da tanto lontano… E “non-pensare” ,in fondo in fondo , è un “volere” uscito allo scoperto…

 

Passo davanti ad un forno addobbato a festa (persino i forni addobbano adesso!)…Una massa enorme e infuocata, sconosciuta a noi caldi corpicelli impregnati di sudore, mi esalta nella mia immaginazione sino a farmi nominare tutto ciò col nome di “chiarezza” e “oscurità”…

Ma poi cosa sarà quel Limite, se non fa parte dei miei deboli occhi?…

Il Sole, cribbio!… Per crederlo reale occorre prima definirlo come Oggetto (oppure anche come Dio…) giusto per averne visione…Ma qual è la vera demarcazione?… Quale la vera linea di confine, una volta  che escludo il mio “soggetto”?…

 

L’ascolto del “Lirico” è il mio ricordo acquisito, così concentrato da rendersi sordo all’intorno… Giusto per scavalcare con un solo balzo quell’abisso che attende e ogni tanto mi scruta dal fondo del baratro…

Precipito così in quella malinconia resa vuota di ogni futuro… Fossi almeno “apparso” a qualcuno, sarei “raccontato” sopra un bianco foglio, nel migliore dei casi… Ridicolo eroe di una storia mai avvenuta!…

Così invece racconto a me stesso, canticchiando un motivetto scemo, mentre magari mi faccio una raspa sul divano-letto di casa…

 

Quante occasioni perse… Quante sprecate emozioni invece di passare il tempo all’ascolto degli altri… Relegato nel personale bassofondo del mio orgoglio, rimango a cazzeggiare sulle mie sacrosante ragioni della miseria, mentre svolto per un vicolo oscuro!…

Osservo intanto le vetrine abbellite dal Natale imminente, nella credenza che il mondo sia una protesi della mia esclusiva esistenza… nella credenza che la vita sia qualcosa di diverso dalla mia personale ILLUSIONE… Chiudere la porta quando si esce dal negozio, per cortesia… Fuori fa freddo!…

 

Occorre fare un bello sforzo per morire a questa vita, mentre prendo distanza dagli scemi trilli del telefonino cellulare che imperversano tutto all’intorno…Dai personal-computer, e vivaddio, per scoperchiare una tenda odorante che sa di scoregge stantie e che, impoverita da polvere di frantoio e altri ritrovati della scienza e della tecnica, lasci intravedere nel contemplo un cielo azzurro e un paesaggio di confine… In nostalgica ammirazione di una sola cosa (oltre a questo vecchio Babbo Natale dispensante caramelle ai bambini)… Vale a dire la SEMPLICITA’ PERDUTA!… Non lasciare, ti prego almeno tu babbo natale, che il deserto seguente il tuo risveglio assuma il rantolo del metallo!…

 

Entro col pensiero in una stanza vuota, perché richiamato da un sussurro o un gemito… Forse è un suono che mi è parso di sentire… Per scoprire mesto che l’ho solo immaginato!… Tutto in quella stanza è come prima del mio arrivo speranzoso… Mentre esco risento quel richiamo, ma non mi volgo indietro questa volta… Perché quel grido non à fuori ma qui dentro… Tremenda è la “perdita”… Non è il lamento o l’urlo disperato che mi fa rabbrividire… Ma il silenzio!…

 

Per fortuna parte un suono di zampogna…Mentre immagino di scorgere una meteora che attraversa il buio freddo siderale, e impazzita di luce si dissolve nel nulla… Viene colta al suo passaggio dal mio sguardo un po’ stravolto (forse trattasi di stella cometa?…) mentre rifletto su di un pensiero che nello specifico non lascia scampo… Tra lei e i miei occhi non vi è limite di separazione alcuna!… Ambedue siamo finitudine che per un frammento si rispecchiano e si avviano verso l’estremo confine del firmamento… Lei più veloce e io più lento… Al punto che lo scontro tra il bolide di fuoco e la mia fragile esistenza non produce nessun danno e nessun suono!…

Ritornare al nero spazio un giorno… Bello strazio!…

 

Chissà com’è il Parco Ducale in questo istante assai freddo… Come starà adesso il mio “Gran Vaso”?… Mia povera, cara e zizzagante crepa di quell’anfora grigio-sporco… Partendo dal marmo giù t’infogni sino a terra ,un po’ come il mio umore di adesso… Guardi l’erbetta sino al tocco di quel suolo spruzzato di verde speranza ( e qui ripenso al verde tempo della mia brufolosa gioventù)…Rimani assorta e pensierosa, mia povera crepa, mentre entro ai grandi magazzini… Eri partita col toccare il cielo, per poi mestamente arrivare a terra… Non sei poi diversa da chi ti sta scrivendo…Così è l’inizio dell’inverno, il tempo dello sconforto … E della mancanza di luce propria… Da qui si prosegue nell’oltre… Ben oltre il quinto piano di questo magazzino adibito a natalizia opulenza…

Tanta fatica persa per volere con un dito accarezzare il cielo con mano esaltata… Per fare poi una scoreggia e ritornare a dormire

                                               Avvolto tra i balocchi e profumi

                                                                   Di questo SANTO E STRA-BENEDETTO NATALE!…

 

Ore 8,00 di mattino del giorno di nascita di Bambino Gesù… Passeggio per la strada della mia deserta città, immerso dallo strato di nebbia non solo interiore…Tra l’incipiente dolore di stomaco della grande abbuffata della Vigilia affogatasi perdutamente nel “giro degli aperitivi”…

Incontro nell’ordine ,e nell’assoluto silenzio che ho intorno, due testimoni di Geova  che schivo come la peste attraversando la strada, un tizio un po’ anziano che parla da solo, e un “magrebino” ubriaco che in via Repubblica mi chiede dov’è via Repubblica…Gli rispondo che la via che cerca è proprio quella che adesso pesta coi piedi in questo sacro momento di assoluta e desertica spiritualità… Grazie amico, lui dice mentre mi augura il “buon natale”… Io gli scambio l’augurio e proseguo per il mio fumoso percorso senza una meta precisa… Poi mi ritrovo a pensare che tutto ciò è molto curioso… Un islamico e un ateo si salutano con “buon natale” e proseguono per il loro tragitto teologico nel mattino nebbioso… La vita è questa… Istruzioni per l’uso…

LASCIATE OGNI SPERANZA VOI CHE ENTRARE…

                                                                                           Già, la speranza…

                                                                                                                        La speranza…

 

59.

 

 

Ogni Tragico conserva e nello stesso tempo “nasconde” un pensiero che fatica ad emergere completamente allo scoperto… Un pensiero mimetizzato fra le tante problematiche esistenziali… Un pensiero che preferisce rimanere celato fra le intercapedini della“metafisica” depositatasi nei secoli e secoli… E’ la certezza del nostro futuro annichilimento senza speranza…

Forse anche per questo amo ogni tanto rileggere quel monumentale amalgama di lirismo e “celeste metafisica” che è la stupenda “Morte di Virgilio” di Hermann Broch… Un’opera letteraria che trovo stupenda…Tormentata e tormentosa!…

Tormentata perché terminata nelle rifiniture dall’autore durante l’attesa coatta di essere fucilato dai nazisti carnefici(morte poi non avvenuta, per sua fortuna!)… E fondamentale nonché tormentosa alla lettura, perché se un personaggio di Musil (il criminale Moosbruggen) è tutti noi all’alba del nostro atavismo, “Virgilio” di Broch è tutti noi al tramonto della nostra “morente” coscienza… Credo infatti che il personaggio di Broch, in una fra le tanti interpretazioni senza pretesa di verità, possa intendersi come il tentativo riuscito di motivare un “trapasso”…

Una concezione “Tragica” della vita (una “grandezza senza speranza”!) si apre inaspettatamente ad una visione arricchita nella “Speranza” e nella “Carità”… Nel traghettamento verso una sofferente concezione “Cristiana” del vivere e del morire, che altri non è che l’anticamera di una “Nuova Vita”!…

Il travaglio di questo AGIRE non è indolore… Perché per attuarsi, per liberare il passato vissuto e immaginato, vi è la necessità di compiere un “sacrificio”… La distruzione di ciò che più si è sentito e amato, di ciò che più si è voluto e desiderato…

Il cammino a ritroso prende le mosse da una “Gloria” di stampo “Classico/Antico”, per arrivare all’umile e silenzioso deserto di una “Cristiana” Creazione, ove l’aorgico, l’oscuro inizio, impera avviluppato nelle caotiche tenebre… Impera un attimo prima della PAROLA… Di qualsiasi “parola”… Un attimo prima che “la luce sia”!!!…

E la luce, centralmente vitale di questo travaglio, ha le sembianze della profonda nostalgia di Virgilio (l’osannato creatore di Eneide, intesa come opera somma partorita da una imperiale “Romanità”) per il cosiddetto TUTTO… La grande smania per la “Totalità” percepita ancora come in un vortice, nel carosello infinito dei quattro elementi (nella concezione in linea con la “pre-socratica” intuizione di “unificare il molteplice”) e tuttavia nella realtà sconosciuta alla conoscenza di noi singoli umani… Un tentativo di far combaciare l’interno e l’esterno ancora indicibile… Ancora ineffabile…

In tutto ciò vi è come un “ritornare” alla morte… Come se questo comportasse un rientro nella “vita/eterna” di un “presente” fluire di ogni cosa… Come fosse una nostalgia dell’Eterno…Senza comprendere di quale “eterno” si stia trattando, se non del ritorno all’indefinito primordiale elemento… Quel primo elemento forse percepito come un Dio sconosciuto… O meglio percepito come un Dio “Persona”!…

Questo effetto rimane ancora in tutto il suo sentire “Tragico”…Alfine questa smania non è forse che il “bisogno” di qualche certezza…Il bisogno di una “speranza”… Ma “la conoscenza non può essere dell’uomo. Susciterebbe orrore agli dèi”… Salvo poi la ricerca di un sigillo che vada oltre la morte… Quasi un riscatto durante il morire… A Virgilio balugina un pensiero, passata una  notte “onirica” e un po’ visionaria dove la vita e la morte, il grottesco ed il drammatico, sembrano fondersi in una miscela ove vige un “dionisiaco” abbraccio altamente “pagano” tra sogno e realtà (finzioni che sfumano e si confondono, tanto sono vicine tra loro)… Improvviso è il pensiero, l’intenzione in Virgilio di distruggere la sua opera letteraria, rappresentativa della sua gloria e rappresentazione della immensa gloria di Roma e del suo Imperatore!… Perché anche l’Eneide deve essere “sacrificata” al “tutto” fagocitante!… Perché anche quest’opera somma è poi effimera nella sostanza, come effimero è qualsiasi mortale, così separato dall’Eternità irraggiungibile e inconoscibile da mente umana!…

Qui non é ancora superata la contraddizione, la grande diversità fra ciò che è “terreno” con ciò che è “divino”… La terra rimane tale, e il suo decomporsi lento non può aspirare e nemmeno scalfire ciò che al cielo compete… Questa è la “tragica” contraddizione a cui non vi può esser risoluzione… Un Dio sconosciuto non può rispondere a tutte le richieste sapenti di humus terrestre!… Perché il “sacrificio” deve prima scavare tra i vermi dello scandalo, ed assaporare nel suo singolo annichilirsi il nuovo rientro in quel “Tutto” immutabile e innominabile…

Quindi dove riporre questa “speranza”, questa tentativo di superamento del “Tragico”?… Chissà che la risposta a questa domanda non sia proprio da ricercare nel dialogo intimo che tiene Virgilio con l’altro “se stesso”, un po’ “schiavo” e un po’ “fanciullo”… A simbolo forse di tutto quel che rimane nella purezza e nell’umiltà… Perché proprio di purezza e di umiltà d’animo abbisogna il sacrificio!… Solo lì esso può dirsi “scandalosamente” reale!…

Occorre togliere qualsiasi enfasi per procedere senza alcuna solennità nel pieno abbandono dell’”Infinito”!… Occorre a Virgilio la distruzione della sua opera nel fuoco “purificatore”(in quella riflessione che lo porta al di fuori dell’”Arte per l’Arte”) per spargere ceneri nel mare inquieto della sua solitudine…

Solo in questo silente sacrificare si procede in navigazione nel ricongiungimento con l’eterno scorrere della cose, insieme procedendo con quella tragica Divinità non ancora intesa come “Persona”, bensì come un “panteistico” Universale…

Prima tappa dunque è “scioglimento”…

Ma questo non è forse diverso dall’avere qualsiasi “fede” concreta?… Vi può davvero essere “fede” nell’universale, nella “non-determinatezza”, nella discesa attraverso la “totalità” delle cose?… (Faccio un esempio… Si può amare l’intera ”umanità” senza darle le concrete sembianze di anche solo un semplice volto?… E può anche davvero esistere una “Idea Assoluta”?)…Per questo motivo la Totalità deve scindersi!… Lo stesso linguaggio, la stessa opera d’arte debbono sciogliersi, “annichilirsi” in questo primordiale magma dell’inizio… Tornando nell’indicibile, per poi subito dopo riemergere da quel buio profondo di sensazioni provate  e messe alla conoscenza di tutti!… (Bisogna prima scavare nella vertigine del proprio “io” per poter capire sul serio “se stessi”…E potersi “esprimere” agli altri!)… Forse per questo occorrerebbe che la “conoscenza” fluisse attraverso quell’originario “scorrere” come nel flusso delle maree, per poi ritornare a fondersi con la semplice “Cosa”…

“Parola” e “Cosa” così tornerebbero, ancor prima del “logos eracliteo” , ad essere una sola realtà, ove “significante” e “significato” sarebbero ancora “a venire” emergere dalla “distinzione” di ciò che singolarmente viene ad esistere…

Questa sarebbe la vera crisi!… Il trasporto ed il riemergere dall’Eterno, come la creazione dei quattro elementi dal caos… Ci si avvierebbe così all’alba del PRIMO GIORNO…Ma per poi arrivar dove?… Come riportare tutto alla pratica, se non forse facendo acquistare nuovi significati al gesto di AMARE (una della poche cose che veramente possono scuotere il “tutto”)?…

Rese note le sue intenzioni, Virgilio riceve la visita dei suoi amici che vorrebbero dissuaderlo da quel distruttivo gesto… Il dialogo che qui si instaura tra lui e loro arriva ad argomentare sui”giovani poeti” (Tibullo, Ovidio e altri) ritenuti ,dai suoi amici, a lui inferiori…E qui si rileva una componente quasi abbozzata ma , a mio avviso, importante… Si disquisisce sull’argomento “amore”… Chissà che i giovani poeti non siano a lui superiori… Perché se l’amore è la vera “realtà”, essi, secondo Virgilio, davvero sarebbero a lui superiori nella spontaneità, anche se ai suoi amici questi appaiono frivoli!…Le loro situazioni “amorose” sono infatti altamente “concrete”, e non “ideali”…

Quale significato a monte di questo libero dialogare, e che cosa comporta?… Sta Virgilio cercando di dirci che la “Verità” di ogni “Essenza” forse non può riguardare il “profondo”, bensì ciò che riposa nella frivola “superficie”?… E’ per questo che lui pensa di avere fallito in ciò che i suoi tanti estimatori ritengono invece un’opera somma, per non dire immortale?… Se la verità naviga alla superficie di ogni singola cosa (e questo sarebbe ancora altamente “tragico”…) sta forse a significare che ciò che è ritenuto “immortale” dai più nella realtà non rappresenta che il “terrestre” ed il caduco?… Non vi è in questo pensiero una contraddizione enorme?… Non è forse “tragico” lo scandaglio del profondo ,per poi scoprire che tesoro è in “superficie”?… Equivale ciò ad ammettere che non esista vera “realtà” in una IDEA di AMORE ASSOLUTO (escludendo i nostri disperati pensieri, illusi da quello che credono “immortale” ed “eterno”) bensì esistano solo “corpi” tesi o membri in erezione che cercano “unioni” nello specifico?… Può una “idea eterna” reggere all’urto di un “sentimento concreto”?…Tutto questo ancora si aggrega con quello che Kierkeegard probabilmente definirebbe una fase “estetica” dell’uomo (Broch avrà letto questo grande filosofo?…) rivisitato in una superficie che potrei definire “tragico/dionisiaca”…Ma alla visita di Cesare Augusto Imperatore inizia come una nuova fase per affrontare il discorso, come se la questione trattata riguardasse una certa argomentazione di “Etico” stampo… Un discorso sulla funzione dell’Arte non di necessità “fine a se stessa”, bensì totalmente asservita a “nobili scopi”!… In questo caso l’opera d’arte non può essere distrutta dal suo autore, ma deve sottostare a ciò che viene da Cesare considerato un “Bene Supremo”, a rappresentazione della “Gloria” di Roma Capitale del Mondo!…

Qui si va ben oltre alle motivazioni del singolo artista… Perché lui deve rassegnarsi e sottostare al fatto che la sua sublime “creazione” non più gli appartiene, semmai appartiene ad una (virtuale) “collettività” educata a volgere superbamente lo sguardo al suo Leviatano… L’Impero Romano!…

Broch sembra avviarsi così in pieno percorso “kierkegaardiano”, ove gli “stadi della vita” (estetico, etico e religioso) sembrano susseguirsi come in una accelerata interiore evoluzione, procedente non in lenta progressione, ma solo con “balzi” esistenziali!…Quale “salto” dovrà allora spiccare Virgilio, se non nello “scandalo” di distruggere la sua Opera Letteraria?…

Qual vera motivazione a distruzione della sua Opera?… “Dal nostro estinguersi nell’umiltà sorgerà la conoscenza”… Incipit Cristianesimo?… Ormai giungiamo agli antipodi della “classicità”, qui rappresentata da Cesare Augusto… Perché l’ascolto di ogni singolo “estetico” ego si sviluppa e sfocia nella titanica opera d’arte compiuta… Ma la “gloria” l’accompagna durante un tragitto  che più non riguarda “l’arte per l’arte” dell’unico “esteta” egoista… E non basta nemmeno l’”etico” tramutarsi in un “bene comune” a giovamento e in funzione di una classica “comunità”!… Pensiamo solo cosa rappresentò per i “liberi cittadini” della polis la Tragedia Attica… Non può bastare l’Eneide ad onore dello Stato di Roma e del suo imperatore nei secoli e secoli, solenne simbolo di una presunta Eternità!…

Non può e non deve bastare a Virgilio!… Perché occorre spiccare un ulteriore “salto” per progredire verso un “Amore” reso eterno nella sua concretezza… Occorrerà concepire l’opera d’arte non più come un pungolo inquieto staccatosi come una scheggia da un artista che si tormenta mentre rappresenta il suo ego… L’opera dovrà essere “sacrificata” non alla “gloria” bensì votata alla cenere insieme ad una semplice “singolarità” sofferente senza alcuna speranza… Occorre rinunciare “anche” a ciò che più si è amato per potere amare ancor più fortemente, nella volontaria rinuncia a tutto ciò che si è volutamente perduto… Bisogna vivere l’abbandono di tutto quello che un attimo prima ci riempiva la nostra “tragica” vita per poter poi conoscere l’oltre!… Un “francescano” sbarazzo che, grazie al conoscere la sofferenza, entra a pieno diritto nel “tutto” posto all’interno di ogni singola “persona” (in fondo anche chi seguiva Cristo doveva sbarazzarsi del mondo)…

L’uscita dal proprio “ego” non è svolta per veleggiare ad alta quota ma bensì per assaporare il profumo di abisso… L’intenso puzzo di “terra” impregnatasi di sudore, sangue e dolore… Per poter poi servire nella “carità”… Nell’abbandonarsi fra le braccia di un Dio “Personale”!… (Chiamiamolo pure “religioso” sentimento di vita, ottenuto durante l’ennesimo balzo in avanti, non metafisico, ma anzi fortemente terrestre, troppo terrestre!… Come fosse un inquieto Don Giovanni che, passando attraverso il “responsabile” Cesare Augusto, alfine sia trasformato nel “poverello di Assisi”!)… In questo senso ciò che è “attuale” entra a pieno diritto nel “tutto”, rivolto nella “solidarietà” ad accettarne la sofferenza (perché solo attraverso il soffrire si può arrivare veramente a “conoscere” la fede)…Svolgendo questa, attraverso il “se stessi” e attraverso il suo “prossimo”, per sfociare così dall’iniziale solitudine dell’artista “egoista” a quella esplosione di sentimenti e stati d’animo ,a volte confusi, che definiscono un “amare” prima indistinto (tante emozioni sfocianti in quella sola parola!) nella futura GIOIA DI DONARE SE STESSI PER IL BENE DEGLI ALTRI!… Perché “l’ama il prossimo tuo come te stesso” possa tramutarsi nell’ “ama te stesso perché ami il tuo prossimo”! (andando oltre persino di qualsiasi “categorico imperativo”!)…

La “classica” “Gloria” abbisogna di trasformarsi in “Carità”… Virgilio rinuncia “anche” a distruggere fisicamente la sua opera, per veramente liberarsene nel profondo del cuore… A condizione però che sia concessa la libertà a tutti i suoi schiavi!…

In pagine intense Broch fa pensare al suo eroe : “Al di là degli dèi è la pietà della singola anima, essa è al di là dello Stato, al di là del popolo ; anche gli dèi si limitano a conoscere il popolo e trascurano l’individuo, l’anima ha bisogno degli dèi che essa stessa si è creata, essa non ha più bisogno di loro, non ha più bisogno di questo o quel dio una volta che sia in colloquio con l’imperscrutabile… Colloquio con il divino : oh, finchè l’invisibile cortina di tenebre tesa tra l’alto e il basso resta inviolata, la preghiera non raggiunge che una semplice eco di se medesima : irraggiungibile resta il Dio, e il Dio non dà risposta…”

A causa di questo “non rispondere” è necessario un “atto di amore” che consenta l’apertura alla vera “visione” del Dio… Non per una intera comunità adesso, bensì per ogni singolo INDIVIDUO che lo ricerchi… Perché solo nell’intimo e reciproco scambio con l’altro può instaurarsi quella “conoscenza” e “relazione” con tutto ciò che da noi è diverso… Solo nell’amare e nel soffrire… Nel respiro del bisogno reciproco è posto il vero compartecipare al “sentimento” degli altri…

Abissale è il contrasto fra il “dovere” Romano (servire lo stato nella sua massima autorità, il “divino” imperatore!) e questa nuova “pietà” a venire (Cristiana?… Virgilio e il suo giovane schiavo sono i paradigmi  di due “Civiltà” che alfine si incontrano?… Due contrapposti mondi che attraverso quel balzo esistenziale si toccano?)…

“Singolo Cristiano” e “Classica Comunità”… Dallo stato “tragico” dell’inizio (imperscrutabilità degli dèi) si giunge così ad un “nuovo” inizio (cristianizzante?) nella scoperta e veduta di un Dio rinnovatosi  e fatto di Amore e Carità!… La perdita del Tragico volge così al Religioso come la “tragicità” giunge al cristianesimo… Ora Virgilio potrà accompagnare Dante lungo il suo spirituale cammino, facendogli percorrere l’infernale soffrire sino ai limiti estremi… Per consentire l’arrivo dell’alba, a contemplazione di un nuovo cielo… L’azzurro rivisto dopo avere percorso l’abisso!…

Virgilio intravede a ritroso il ritorno al giorno della Creazione, al di là del tempo, ove il respiro deve nascere ancora, e la totale “aorgica” INDIFFERENZA degli elementi dilaga nel trionfare di una notte perenne, priva di qualsiasi mattutino sereno…

Oltre qualsiasi respiro e qualsiasi speranza a noi non resterebbe che l’osservazione del buio… Se non che, al culmine di questo nulla. , ecco arrivare il salto insperato… La fine diventa l’inizio di una nuova Creazione… Oltre la distruzione dell’”io” egoista, ecco il disinteressato atto di amore per la ricostruzione (ogni schiavo sia libero)!…“Allora gli fu concesso di voltarsi, allora gli fu ordinato di voltarsi, allora una forza superiore lo voltò…” E forse in questo annientarsi, in questo prologo della finitudine, si potrà contemplare davvero il nuovo volto di un Dio cristiano!…

Il trapasso del Tragico nel Religioso fa giungere l’uomo alla FEDE…

Facendogli compiere un balzo che io

                                                           Con grande rimpianto

                                                                                              Mai spiccherò!

 

Per una APPENDICE a confronto tra Classicità e “primo” Cristianesimo, vi aggiungo sadicamente alcuni sparsi “notturni” foglietti…

 

PRIMO FOGLIETTO…”Classico”…Predilige l’OGGETTO…L’uomo classico “vede” l’Oggetto…Gli dèi sono situati là fuori…Gli dèi sono l’Essere, distante da noi mortali…Sono irraggiungibili nel loro Iperuranio!…L’Amore è Eros, individualista, oggettivo…Uno è “amante”, uno è “amato”…L’amante tende verso l’amato per assimilarlo a sé, come un “oggetto”… L’ARTE è “mimesis” , imitazione della “natura”, imitazione di un “super-oggetto” posto al di fuori… Più ci si avvicina all’oggetto “Natura” e più se ne coglie l’arte e l’armonia… E questo è considerato “artistico”… L’imitazione è puramente intuitiva, e riguarda principalmente un intelletto che “copia” il suo oggetto… Non riguarda il “sentimento” profondo di conoscenza… Non è’ necessario conoscere ma riprodurre… Il percorso ci porta verso la riproduzione di un “Bello”…

“Cristiano”…Predilige il SOGGETTO…L’uomo cristiano “ascolta” il Soggetto…Dio è “dentro di noi”, nel nostro intimo “sentire”…E una presa di coscienza di un “Soggetto” che ci appartiene e con noi condivide!… Non più irraggiungibile, ma da imitare in diversa maniera…Al punto che Lui è disceso dal cielo alla terra, sacrificandosi per tutti noi!…Per farci prendere coscienza di un nuovo significato di “amore”…Non più Eros individualista, ma Agape… Carità nei confronti del prossimo… Rispetto degli altri soggetti… L’Arte si avvia verso un nuovo “sentire”, un rinnovato soggetto… Per ESPRIMERLO dentro di sé…Non più imitazione ma “espressione” di sentimenti… Attraverso l’amore si “conosce” un diverso soggetto, che però è anche parte di noi… Con il Cristiano scopriamo un Soggetto usato come filtro interiore di qualsiasi conoscenza futura, pronto a sfociare un giorno nel pensiero del “pioniere” Cartesio…Ci avviamo, tramite il Cristianesimo, verso un “sublime” di “Romantico” stampo…

 

SECONDO FOGLIETTO…Sui Primi Cristiani… Tertulliano osteggia la filosofia, ma combatte Marcione con le stesse armi e gli stessi strumenti dei cosiddetti “filosofi”… Espone le teorie dell’avversario e le confuta con logica ineccepibile…Fede e Ragione comunque non sono antitetici…Dove vi è il razionale vi è anche bontà!(Non recide mai il filo dal “platonismo”)…

In uno sviluppo interessante sulla Libertà, Dio la concede agli uomini perché loro siano a “Sua somiglianza”…Non sono servi della necessità, bensì liberi di scegliere… Molto razionale questo argomento, e molto efficace… Un dono grandissimo di Dio nella Sua “somma bontà”… La scelta tra il Bene ed il Male (Andò male sin dall’inizio)!…

L’uomo può sbagliare perché è ad “immagine” di Dio, quindi è solo una immagine della vera “Realtà”… Come immagine è il soffio e “Reale” è lo “Spirito”…La sua “lettura” della Bibbia è allegorica… La venuta di Cristo è nell’Antico Testamento che va interpretato… Da sottolineare che l’amore per il prossimo precede l’amore per il nemico… Non renderebbe forse il tutto più “universale” se fosse l’amore per il nemico a precedere?… Cosa può esservi di più sommo che amare il proprio nemico?…

Importante la RESURREZIONE DELLA CARNE nella prima cristianità… A dimostrazione che nel Cristianesimo originario lo Spirito non era contro la Carne… Il corporeo, mondatosi dall’”esistenza”, acquista con la Resurrezione grande dignità e importanza… Il Cristiano delle origini è ben diverso da uno Gnostico che vede nella “materia” il Principio del Male!… Di conseguenza il male deriva da una “scelta”… Dal “Libero Arbitrio” dell’uomo… Non è paritetico al Bene bensì “devianza” del Bene… Quindi inferiore a livello essenziale…Mi domando come si possa scegliere il Male se non per ignoranza…E l’ignoranza in sé non può esser “principio”, ma solo “non conoscenza”…Ma forse perché questo “non conoscere” denota la mancanza di riflessione nel cercare dentro di noi?… E cosa troveremmo?… Forse l’”origine”, il “Principio della Creazione”? (rileggere la Morte di Virgilio di Broch)… Che la conoscenza non sia che la contemplazione del volto di Dio?…

Il “Male” cristiano equivale alla “superficie” del Tragico… Comincia così il percorso che va “oltre” l’Oggetto intravisto nel “Classico”, alla scoperta di qualche cosa non posto al di fuori, bensì all’”interno”… Primo vagito del “moderno” Soggetto!…

Vi è “corporeità” nel Divino… Per questo resuscitano i corpi nel Giorno del Giudizio Finale… La Sostanza non può essere incorporea… Siamo in pieno Realismo!…le stesse “Parole” di Dio non possono essere insostanziali, perché lo Spirito abbisogna di Corpo!…Come l’”Essere” classico è il suo stesso “Pensiero”…Con la differenza che la classicità pensava qualcosa di “estraneo” (l’Essere) mentre il cristiano pensa qualcosa all’interno… Perché “Dio è in noi”!…

 

TERZO FOGLIETTO…Per Clemente il fine di Dio è la salvezza dell’uomo…Non basterebbe a Dio “volere” incondizionatamente la salvezza dell’uomo?…Per caso anche Lui deve sottostare al “libero arbitrio”?…In questo caso sarebbe la “Libertà” il vero inizio, ancor prima della Creazione”!…In effetti perché Dio permise ad Adamo di fare uno sbaglio, se non per lasciarlo nella sua piena libertà di agire?…Solo se Dio acconsentisse all’uomo di avere “coscienza” del Bene e del Male potrebbe accettare l’umana deliberazione nel scegliere il Male…Sembrerebbe un procedimento “dialettico” nel suo attraversare tutti gli aspetti e i risvolti dell’”esistenza”(Una “Via Crucis” dell’uomo per giungere alla sua “Pasqua”, dopo un sentiero antitetico ricolmo di ostacoli!)…

Quindi per arrivare al Bene bisognerebbe prima poter “conoscere” le insidie del Male, avendone piena coscienza…Questo è il cammino che il nostro Dio vorrebbe fare percorrere alla sue frastornate “creature”… Per liberarsi dal Male occorre liberare l’anima dalle “passioni”… E ancor prima occorre “patire”, conoscere le passioni dell’anima per alfine scegliere il Bene…

Il Tragico soffrire si differenzia dal soffrire Cristiano…Nel Tragico la sofferenza è senza vera “speranza”…E’ un idem7sentire di individui che ricercano la loro personale  e gloriosa “grandezza” a memoria dei posteri…Una immortalità solo fittizia, perché solo segnata al ricordo di esseri mortali fatalmente legati ad un destino comune…”Conoscere” Edipo non ci allevia il dolore, semmai ce lo lascia accettare in una visione “tragica” della vita “rappresentata”, ove il “sublime” diventa l’”estetico” riscatto a questa vita di sofferenza…Giusto per alleviarne il suo “pessimismo” di fondo…

La sofferenza Cristiana, che sfocia nel suo “ottimista”futuro, si apre ad una nuova e più “intima” dimensione…La conoscenza di Cristo si fa manifesta perché la Sua sofferenza ci accomuna in diversa maniera…Non più “tragico” idem/sentire dei “mortali”, ma conoscenza del dolore “divino” all’interno del cuore…

Platone viene “cristianizzato”…L’intera filosofia greca è per i Padri della Chiesa una “anticipazione” della Sacre Scritture, ed anche un saccheggio dell’antico pensiero “mosaico”… Tutto molto razionale, come lo è anche combattere gli Gnostici sulla “predestinazione”…Perché se vi fosse vera predestinazione questa escluderebbe il libero scegliere umano… E questo atterriva i primi cristiani!…Ma questo forse sarebbe il vero “scandalo”, credere anche all’irrazionale, all’occorrenza!…Ogni “scelta” divina supera l’umana ragione!…

La “lettura” dei Vangeli rischia di essere qualcosa che va ben oltre la “comune” ragione, se letta alla “lettera”… Urgeva per questo una lettura “allegorica” del Vangelo” per renderlo “ragionevole”!…

L’aggiungere sempre qualcosa alla scarna lettura finì forse per distruggere il vero messaggio di Cristo!…VolerLo spiegare con parametri presi in prestito dalla terminologia greca alfine nascose invece di rendere chiaro un messaggio nella sua semplicità nonché limpidezza… Chissà che Cristo non sia stato come è scritto alla lettera nel Vangelo… Un rivoluzionario sovvertitore dell’ordine costituito (Allora forse non si sbagliava il Nietzsche quando affermava che Cristo fu l’unico “vero” Cristiano…Era inevitabile che finisse appeso alla croce!)…Forse la spiegazione allegorica rese accettabile qualcosa che non si sarebbe capito, nascosto dietro ad una “Presenza” semplicissima nella sua trasparenza…E quindi non vista nell’immediato, se non ricorrendo ai “Simboli”…

 

QUARTO FOGLIETTO… Per Origene la “Creazione” non è staticamente compiuta bensì è come un processo in continuo sviluppo che, prendendo le mosse dal volere di Dio, procede mediante “collaborazione” reciproca con la “creatura”…Il realizzarsi di questo processo si avrà alla fine del mondo…E’ una autentica idea di “progresso” verso una “Storia” che dovrà svolgersi nel Tempo…Un distacco dall’”eterno-ritorno” di Classico stampo…Una idea di storica “dinamicità”, ben diversa dal “tutto scorre” eracliteo ove tutto viene distrutto dal fuoco per poi rinascere eternamente alla stessa maniera di sempre… Questa volta si “scorre” verso qualcosa che più non ritorna, se non nella definitiva RESURREZIONE DELLA CARNE!…

Nel “Libero Arbitrio” la salvezza dell’uomo va conquistata e meritata come appunto “collaborazione/compenetrazione tra lui ed il suo Dio…E questo aspetto “dinamico” della salvezza attiva la scoperta di Dio nel soggetto… Primo vero vagito del “moderno” concepire il Sublime nell’”Io”…Basterà poi sostituire a Dio un “super-io” per sbarazzarsi anche della divinità!…A che poi servirebbe uno “Spirito Assoluto”, oppure l’ Unico di Stirner?…A che può ormai servire ricercare Dio all’interno del cuore?… A forza di rosicchiare dentro alla pentola vuota non rimane che il nudo metallo del nostro “io”…Mettendo in discussione qualsiasi Dio un giorno alfine si arriva a mettere in discussione anche ciò che voleva sostituirlo, vale a dire il nostro “Soggetto”…Tutto diventa precario, e con alcuni filosofi si prosegue anche oltre il Soggetto, alla scoperta dei “tanti “ soggetti che nell’assoluto silenzio coviamo all’interno… A forza di spremere non esce solo il sublime, ma anche ciò che consideriamo tremendo… Esplode il soggetto in quei mille frammenti che poi Freud e la Psicoanalisi un giorno tenteranno di ricomporre in qualche maniera!…Scusate questa parentesi…

Origene, come tutti i veri Cristiani dovrebbero essere, rimane un forte ottimista…Le pene inflitte a chi pecca non solo puniscono il male arrecato, ma sono ad esempio per una futura reintegrazione del peccatore… Perché il fine della punizione deve essere “medicinale”…Concepisce “modernamente” la pena quando afferma che comunque il tormento non sarà materiale ma spirituale…L’inferno, le tenebre che circondano il peccatore non sono esterne bensì a lui interiori!…E’ la sua anima ad essere lacerata, e non il suo corpo!…

La vera grandezza del Cristianesimo nei confronti di uno Gnosticismo, suo avversario a volte un po’ surreale,dottamente di stampo neoplatonico e altamente gerarchico (con quella sua insopportabile “predestinazione” assoluta) è quella di concepire veramente la “salvezza” come libera scelta, mettendo tutti quanti allo stesso livello (servi e sovrani, liberi o schiavi che fossero) egualitario…Sicuramente questa “democrazia” della salvezza eterna fece breccia nelle gran masse dei diseredati più che le assurde e incomprensibili “Ipostasi” Gnostiche!…Ma anche così il “credere” senza “cuore sincero” diventava una forma di “buon senso”, di “utilità” più o meno recondita… La riscossione di una futura speranza!…Mi domando se non sia allora più radicale il “credere nell’assurdo”…Perché davvero l’irrazionale esula dal nostro”ragionevole” stato psico-fisico “equilibrato”, procedendo anche oltre la condizione della normale sopravvivenza…Per condividere il radicale messaggio di Cristo occorre essere oltre qualsiasi stato, se necessario!…Abbandonare qualsiasi condizione di stallo…Per questo essere “fedeli Cristiani” non è tanto semplice, né semplicistico… Ed anche per questo è così difficile per un ricco entrare nel “Regno dei Cieli”, molto più difficile che vedere un cammello passare dalla cruna dell’ago!…Difficoltoso è sacrificare tutto ciò che si ha!…

 

QUINTO FOGLIETTO…Una considerazione mi viene sul grande Sant’Agostino…Il suo pensiero è tutto pregno di platonismo “armonioso”…Ad esempio, uno dei tanti che si potrebbero fare, la sua distanza da Pelagiani e Manichei, questi ultimi un suo peccato di gioventù…Se Pelagio e Mani sono agli antipodi come pensiero e concezione di vita, nel cristianesimo agostiniano vige qualcosa che può definirsi il “giusto mezzo”…I Manichei negano un Dio “Buono”, Signore e Creatore di tutte le creature, perché fu un Dio malvagio a fare il Mondo come da noi conosciuto… La stessa natura dell’uomo è nata nel Male… Per i Pelagiani invece vi è bontà nel creato a tal punto che anche l’uomo ne è circonfuso per sua stessa natura!…Addirittura non vi è alcuna necessità della Grazia del Cristo, e l’uomo può salvarsi senza intermediari!…Nel “giusto mezzo” si colloca Sant’Agostino, dove solo con l’intervento “mediatore” del Cristo l’uomo arriva alla sua “salvazione”…La sua è una “libertà vigilata” che conosce il Bene tramite il suo Salvatore… Per questo il Male non è Entità Assoluta (come invece per i Manichei)bensì è un “vizio”, una “relativa” mancanza di conoscenza del Bene… Per questo urge il Messia, il Mediatore…All’uomo non spetta l’assolutezza… Un uomo dotato di assoluto libero arbitrio sarebbe troppo assorbito e contaminato dal Mondo!…La carne diventa importante solo col filtro dello Spirito Unificatore (altrimenti la Lettera uccide lo Spirito)…Il Corpo non è un “male in sé”(come dicono i Manichei e le altre forme di Gnosticismo) bensì è una scintilla lì posta per la Redenzione futura…Il lume che permette a questo bagliore di potersi diffondere è la “Grazia” del Redentore…Questa serve all’uomo per conoscere il Bene!…Il Male così non è “Sostanza” , essendo qualcosa di negativo…Assoluto deve rimanere solo il “Creatore”, “assolutamente” Amore e Bontà!…

Il Male è “privazione” di Bene…Si pecca quindi per la mancanza di conoscenza…Per ignoranza (una grande possibilità di riscatto viene lasciata all’umana natura)!…All’uomo quindi rimane la relativa libertà di scegliere… Se l’uomo fosse “assolutamente” libero di scegliere mai potrebbe redimersi!…Anche il più grande peccatore che riconosce nel profondo del cuore il suo sbaglio assume a grandezza nel suo pentimento sincero…Quanti romanzi, quanti “innominati” e quanti Raskolnicov ci saremmo persi sennò nella Letteratura Universale!…

In un certo senso può dirsi che il Cristianesimo applica gli stessi parametri che Platone applicò su Parmenide durante il suo “parricidio”, perché se il Non-Essere non era assoluto ma solo “privazione” o “diversità” di Essere, il Male Assoluto non era in realtà che privazione di Bene…E quindi un antagonista solo virtuale!…Non potevano esistere due Sostanze uguali ed antitetiche…Dio non può avere un avversario a lui paritetico!… Giusto per mettere fine a chi vede un Cristianesimo pregno di  viscerale pessimismo… E’ invece l’esatto contrario!… 

 

 

60.

 

 

Chiamo SUBLIME una esaltazione della coscienza, una elevata ricerca giustificante un essere “finito” contemplato e creduto INFINITO, per atterrire chi guarda e si senta inconsapevolmente consolato da ciò…

Come in ammirazione di un immenso paesaggio che la natura  ci offre (un abisso, o il fragore del mare in tempesta, per fare due esempi banali) noi proiettiamo il “sublime” in quella visione… Quando nella realtà delle cose quel paesaggio è “normale” in natura, anche se assume nel nostro “sentire” proporzioni grandiose!… Questo consegue allo stato alterato del nostro soggetto… Perché l’anormalità è in noi che guardiamo atterriti e perplessi, e non nel paesaggio abissale che da sempre è quello che era e che è… Vale a dire una continua trasformazione di materia più o meno evidente…

 

Così forse anche l’idea che abbiamo di un Dio (evidente o nascosto che sia) potrebbe essere una sublimazione di ciò che vediamo in noi stessi… Nel pensare “qualcosa” che in realtà non esiste sul serio… Come questo fosse un esaltato stato della coscienza, giusto per non voler accettare la normalità di ciò che vediamo all’intorno…Esseri costantemente rosicchiati da finitudine…

Quell’abisso che noi spaventati ammiriamo, e quel Dio sconosciuto che noi immaginiamo esaltati all’interno anche del nostro soggetto, forse potrebbero essere semplicemente la medesima cosa!…Cioè la coscienza che sfugge ogni secondo da mani bisognose di tenersela a stretto contatto del cuore… L’angoscia di non riuscir nell’impresa, se non  nella “ipostasi” di una idea ritenuta “eterna”nonché speranzosamente immortale…Cioè Dio, in questo caso…E comunque un idea che giustifichi la nostra singola esistenza per dare “un senso”   alla vita… Magari in previsione di un celeste futuro, nella  totale incoscienza che proprio l’esistere di un “Ente Supremo”toglierebbe senso alla nostra singola vita di formichine svolgenti funzione del proprio dio-formicaio!…Potrà mai questa “super-forma”, mi chiedo,volgere anche per un solo momento lo sguardo verso i poveri subalterni?…

 

Comunque consola il pensiero di un Dio tutto “bontà”, fautore di una LEGGE che dall’alto tutto sorvegli!…Una legge a cui abbandonarsi come beati babbei, e soprattutto permetta a chi causa “colpe” di potersi “pentire”!… Nella inconsapevolezza che la nostra colpa covi nell’intimo i suoi anti-corpi…Tanti piccoli “categorici imperativi” che magari col”divino” non abbiano molto a che fare… Esisterebbe il “Metafisico” se noi non “credessimo” in qualche cosa?… Questa sarebbe una bella domanda da porsi, volendola porre!…

D’altronde esistendo il “rimorso”, forse già questo è sintomo di qualcosa di non spiegabile… Debbo per forza abbinarlo alla”voce” di un Dio gridante vendetta per il sangue innocente versato?… Davvero non è possibile l’affermazione spavalda che SE DIO NON ESISTE TUTTO E’ PERMESSO?…Anche l’eroe di “Delitto e castigo” disse questo quando uccise la vecchia usuraia, per poi rodersi nella coscienza sino al finale riscatto, la confessione del suo delitto!…Cosa può essere questa “voce della coscienza” che brucia all’interno e che domanda disperatamente di accettare e scontare il suo triste fardello?… Questa voce del sangue che grida  nel profondo del cuore e che suona un po’ come il “tu devi” kantiano?…E’ forse il pentimento ad essere in relazione con il nostro Dio interiore… Per questo urge sincerità… Non necessariamente “fede cristiana”…. Semmai necessario è questo bisogno di sublimarsi, perché chi fa i conti con la propria coscienza stabilisce che vi sia sempre “qualcosa” di sovrastante con cui rapportare il nostro etico vivere… Ma forse “non credere” è tanto difficile quanto il “credere” sul serio ad un “Dio Personale”…

Proprio non credere ad un “essere supremo” può riportare, ad di là di ogni “utilitario” discorso, verso ad una insolita dimensione di egualitarismo tra singolo e singolo vivente, nel rispetto di ogni individuo concreto e contro qualsiasi assurda prevaricazione sull’altro…

Se l’Etica nel suo profondo sentire nasce dalla consapevolezza che vi sia qualcosa a noi superiore con cui fare i conti e a cui rapportarsi in ogni istante di solitaria altitudine… Beh, già questo riguarda la “Metafisica”… Perché in fondo è già un ammettere ,inconsapevolmente più o meno, l’esistenza di un Dio che tutto vede e dirige nella perfezione del suo pensare “esclusivo”…E ogni “Pensiero unico” (che sia quello del “Dio Geloso”, o della “Dea Ragione” della Rivoluzione Francese) può a volte sfociare non nel “Venerdì Santo” ma in tutto ciò che sa di fanatico “integralismo”!…

Ma se l’Etica non riguarda solo la Metafisica, allora c’è la concreta speranza che i “Valori Eterni” non appartengano al cielo bensì alla individuale esperienza dei singoli… Questi proiettati nella continua evoluzione o involuzione, progressione o regressione, verso ciò che profuma di “umano, troppo umano” o meglio “vivente, troppo vivente”!…

 

A volte mi intestardisco a sognare un “intimo” mondo ove ciascuno si sforzi sul serio di comprendere che non avremmo bisogno di un “giudice” superiore, se tutti noi rispettassimo il diritto degli altri di poter vivere in pace…

Un “edificante” pensiero, semplice semplice,

                                                                   Poco prima di risvegliarmi nel solito brodo…

 

Anche se i dormiveglia tutto sommato sono importanti… Ti fanno ritornare alla vita dopo la sbronza notturna…Solo che spesso sono conditi da cattivi pensieri… Sono come la mia sconcia coscienza che si risveglia dal sonno profondo, libera di colpire nel flusso eterno del mio scorrere quotidiano… Per ristabilire l’ordine costituito di questa vita vissuta a volte senza scopo preciso… Un flusso che può risultare continuo, sino al giungere del mio esclusivo finale con botto…

Il più bel dormiveglia che mi torna alla mente è quello di Molly Bloom nell’Ulisse di Joyce… Uno stupendo e fluido-fiume “al femminile” che dilaga e dilava una giornata vissuta tra gli stomaci e le scoregge dei dublinesi assunti ad un Mito… Il “Ritorno” dell’”Eroe” al focolare… Lui almeno un focolare lo aveva, buon vecchio Leopold Bloom… Perché il fuoco è importante cari ragazzi… Persino l’Eraclito, il grande piangente, si scaldava felice davanti alla stufa mentre invitava gli amici a ritemprarsi su quelle scintille…Perché tutto, anche in quel forno, ERA PIENO DI DEI!…

“Tutto è pieno di dèi”… Basta poi crederci , mio buon Eraclito!… Per me sei stato una “cura” alla mia solitudine pronta a colpire, appena abbassavo la guardia…

Alcuni frammenti poi sembrano scolpiti su pietra… E forse lo sono…

 

61.

 

 

“Questo Logos che è sempre gli uomini non hanno intelligenza, sia prima di averlo ascoltato ; benché infatti tutte le cose accadano secondo questo Logos, esse assomigliano a persone inesperte, pur provandosi in parole e in opere tali quali sono quelle che io spiego, distinguendo secondo natura ciascuna cosa e dicendo com’è. Ma agli altri uomini rimane celato ciò che fanno da svegli, allo stesso modo che non sono coscienti di ciò che fanno dormendo”. Eraclito. Frammento 1…

La vita si afferma… Questa sconosciuta “cosa”, finta evidente!… Svegli o dormienti, la vita scorre come il flusso del dormiveglia… Senza avvedersi o preoccuparsi di quello che siamo, vale a dire dei poveri involucri contenenti calore frammisto agli umori…

Solo il “grande saggio” si avvede di questo scorrere silenzioso… Così Eraclito se ne accorge, solitario, oscuro e piangente… L’unico vedente l’abisso che si spalanca davanti ai suoi lucidi occhi… Trattasi della VITA… del suo “mistero”… Questo invisibile scorrimento, che a poco a poco prende coscienza di essere all’interno di noi… Difficile averne l’intelligenza… Perché “pensiero” e “sentire” vivono separati tra gli uomini che non sanno vedere tutto ciò che vive nascosto dall’invisibile… Anche se ascoltano, gli uomini non comprendono il LOGOS… Perché nessuna buona novella può veramente ascoltare le parole del Logos… Perché questa “Legge” andrebbe veduta con un occhio che ormai più non appartiene al sensibile… Ed è questo l’inizio della maledetto destino di noi “non-vedenti”… Il Logos scorre, ma forse la legge, il suo modo di essere, non cerca edificazione e tanto meno consenso… Ascoltarlo e vederlo non rivela nessuna verità evidente alle cose, ma semmai ne è il suo fiore segreto… Perché quelle cose sono così come sono, né buone e nemmeno cattive “per sé”… La loro essenza ci rimane nascosta nell’ombra… Conoscerla ci farebbe afferrare lo stesso segreto di vivere, che adesso chiamiamo in modi diversi a seconda della fede e della speranza, e a seconda del luogo ove nasciamo…

Origine… Essere…Dio… Karma… Acidi nucleici ed eccetera eccetera… Tensioni che formano cose così come noi pensiamo che siano… “Ordiniamo” e “unifichiamo” perché noi questi parametri, questi paradigmi della coscienza, vogliamo renderceli familiari… Ma nella realtà “nominiamo” cose totalmente non conosciute nella vera sostanza (conoscere la formula chimica di un composto ci fa solo conoscere “come”, ma non il vero “perché”)… In questo nominare continuo vuole aiutarci il Logos eracliteo…Quest’oggetto pulsante vita insufflata all’esterno e che nomina “ordine” a cose “secondo natura”… Eraclito intuisce il suo logos senza aggiungere nulla alla cosa… Perché nulla può lui sapere… Perché quella intuizione è un “altro” sapere gettante lo sguardo da una finestra che va oltre il razionale senso comune…E’ il mistero che la scienza mai svelerà completamente… E pur essendo passati duemilacinquecento anni da allora, la domanda delle domande ancora rimane CHE COSA E’ LA VITA?… (Chargaff, un Nobel della  Scienza, afferma che “questa convergenza di sforzi non deve nasconderci il fatto che non possediamo e non saremo in grado di possedere per molto tempo, una definizione scientificamente accettabile della vita… In verità si potrebbe affermare che la vita è uno stato intorno al quale il teologo, il filosofo, il poeta possono dissertare con maggior competenza dello scienziato… Anche se chiedessimo l’ausilio di tutte le scienze, con o senza prefisso il prefisso “bio”, che possono darci un’esauriente descrizione nei limiti delle loro rispettive possibilità, la vera essenza della cellula vivente continuerebbe ancora a sfuggirci… Nel migliore dei casi ci ritroveremmo con la descrizione di una cellula morta…”)…

Perché questa vita scorre, svegli o dormienti che siamo… E quello che accomuna il sonno alla veglia forse richiama un grado di coscienza più “interno” che non risulta visibile e ascoltabile perché troppo profondo per emergere in superficie…

Nemmeno nel sonno può emergere completamente questo “profondo”… E comunque non è conoscibile, causa l’apparente perdita del soggetto stabile e razionale… E mi domando se questa “perdita” momentanea del nostro personalissimo “io” non stia a monte di un ricongiungimento con un “io” ORIGINARIO  e COMUNE a tutto ciò che è VIVENTE… Uno dei soliti e inutili balzelli a cui mai potrò dare risposta…

 

“Bisogna dunque seguire ciò che è comune. Ma pur essendo questo Logos comune, la maggior parte degli uomini vivono come avessero una propria e particolare saggezza.” Eraclito.Frammento 2.

Onde per cui le tante “individuali “ verità non fanno LA VERITA’!… Questa è una reale presa di coscienza del “metafisico”…A monte di ogni singola e personalissima norma vige una “Legge Comune” che in tutto sovrasta… Chiamiamola Etica, o come altro vogliamo, ma questa Legge a tutti appartiene… Riconosciamola, insieme al grande “piangente”, nel primo “concetto” di Logos… E dal concreto peso specifico di ogni cosa rientriamo nell’”universale”…Passando attraverso l’individuale, nella creazione di un concetto a tutti comune ma spesso non conosciuto dai più… Come se di questo “concetto” non ne avessimo piena coscienza, se non intuendolo come in un sogno… Questa è già un anticipare forse l’”oggettiva” e “socratica” Verità… Il fondamento di ciò che potrà accadere da ora in avanti nel tempo… Lo scivolare in una “astrazione” ormai percepita, con tutto il suo impatto , a futura storia di un Soggetto che apprende di esserci… E’ qualcosa  che pulsa al di sopra degli uomini singoli che non riescono a “riconoscere”… Perché forse è l’inizio di una esigenza “teologica” sgorgante dal profondo di ogni singola “anima”…

Ecco la vera “Scienza” , sembra  annunciarci l’Eraclito… Il “non-visto”, comune ad ogni molteplice, che ormai più non riguarda la “materia” dei suoi Ionici predecessori… Perché l’acqua di Talete, l’aria di Anassimene, od anche l’apeiron di Anassimandro, ancora pagano il fio di una “super-materia” che affiora nell’intuizione che forse qualcosa deve “unire il molteplice”!…Con Eraclito qualcosa di “altro” emerge dall’intuire quel Mondo “secondo natura”… Perché prioritaria non è più solo la trasformazione di una originaria materia, bensì assume priorità la LEGGE che è a monte di questa continua trasformazione… La materia è scalzata dal suo trono a scapito di ciò che la trasforma … Non è infatti la materia a imporre il movimento, bensì è imposta da questo!… E’ il MOVIMENTO ad essere COMUNE, con la materia il suo ricettacolo…Cosicché il concetto di movimento, il “tutto scorre”, diventa la LEGGE PRIMA DELL’UNIVERSO…

Dovrei poi capire se il “Concetto” può essere affine allo “scorrere”… Se questo non sia una interna contraddizione dei termini, visto che tutto ciò che riguarda il Concetto dovrebbe sapere di “stabilità”!… Perché questo elevare la fissità del Concetto rischia di arenarsi nelle sabbie mobili senza alcuna speranza…Forse in un Logos eternamente statico al di sopra di un singolo esistente ,che lo intraveda credendolo in movimento, è riposta la contraddizione per uscir dalla melma, così come il senso comune modifica i gusti e i valori nel tempo corrente… Tutto quanto si modifica ,nella storia, anche senza averne coscienza nell’immediato… Bisogna allora riconoscere che è la “Contraddizione” a guidare il Logos ed il suo Concetto, e che accoglie dentro se stessa, dal brodo iniziale, sia quiete che movimento pronto a scatenarsi, se richiamato nella “diversità”…

E’ la stessa contraddizione a vincere l’essere umano quando permette al suo esistere lo sdoppiamento da sé per “riconoscersi” ,e riconoscere gli altri, nella separazione…In grande, trattasi della contraddizione tra la vita e la morte che detta le leggi… L’Uno e i Molti… A tale riguardo un organismo “uno”(individuale) cova al suo seno la stessa”molteplicità” dei suoi interni organismi che , tra proteine e mitocondri, causa il mantenimento della sua vita, e che un giorno ne causerà la morte grazie al suo esaurimento… Perché l’esistenza singola accoglie la stessa contraddizione che vige nel Logos… Staticità e movimento fusi nell’attimo, insieme viaggiatori sino all’usura finale del meccanismo…

Ritorno all’”oscuro” per dire che il “seguire” di questo frammento impone l’ “agire”… Uscire allo scoperto per parlare con la voce del Logos “a tutti comune”… Ciò è molto difficoltoso, perché ogni singola cellula è portatrice di una sua verità… L’unico “Oggetto” è come i “tanti Oggetti”, a seconda dei tanti soggetti che perplessi lo hanno intravisto… E così una “unica” Legge rischia di essere il filtro di tante leggi, in base alla esclusiva interpretazione  dei singoli uomini… Il “Concetto” può essere scritto e segnato col marchio di garanzia, ma sarà sempre e comunque ,nell’”intimo”, pensato diverso da ognuno di noi…

Esistono tanti concetti diversi (che in realtà sono opinioni) di quella scarpa macchiata di fango che sto guardando in questo preciso momento, come sono esistenti tanti soggetti che pensano il medesimo oggetto!…

Voglio allargarmi, e provo a pensare ad una Legge Morale ASSOLUTA nelle sue implicazioni più estreme… Se “Non Uccidere” fosse NORMA ASSOLUTA e non “relativa”, sarebbe una bella questione per l’umana specie delle “brave persone”… Riguarderebbe anche la sopravvivenza di tutti noi… L’uomo dovrebbe smettere di togliere vite anche per solo cibarsene… E con paradosso questo dovrebbe valere non solo per gli animali ma anche per vegetali (anche la povera carota è un essere vivente!… Qualche comico tempo addietro disse che il mondo degli esseri viventi è in fin dei conti un grosso super-mercato… Credo che avesse ragione!)…Sembra assurdo detto così, e forse lo è, ma affermare la vita è comunque anche un dare la morte a quello che è esterno al nostro involucro fatto di carne e di ossa (senza arrivare, stronzamente parlando, ad aberrazioni malate di “superomismo” o “volontà di potenza” professata da alcuni “cattivi discepoli”!)… Se non fosse così, anche il nostro singolo esistere sarebbe in pericolo… E questa è un’altra enorme contraddizione!…

In sintesi, la capacità di “Assoluto” nell’uomo implica un grado di coscienza più elevato, e tuttavia impossibile da realizzarsi completamente, se rosicchiato sino in fondo al barile…  Eraclito ne prende malinconico atto… E questa “illuminazione” di lui è grande davvero per la sua epoca, e per tutto ciò che comporterà nello svolgimento del tempo a seguire…Se la semplice osservazione del fenomeno “fuoco” agli albori dell’uomo fa di questo fuoco esclusivo il “suo” fuoco (diverso dal fuoco del suo vicino di caverna, o del fuoco del giorno prima e di quello che seguirà) la “riflessione” un giorno arriverà, dopo un tormentato processo di “astrazione”, al ragionamento su di in fuoco che possa riassumere tutti i singoli fuochi… E questa non sarà più la cruda osservazione di un fenomeno nell’immediato, bensì l’astratto “INTUIRE” che procede oltre l’esperienza sensibile del fatto avvenuto… Una intuizione che accompagnerà l’uomo ben oltre la sua singolare saggezza, per poter cogliere quell’invisibile “unificatore” del fuoco!…IL CONCETTO DI FUOCO… Anche se ogni “assoluto” proietta poi dietro di sé l’ombra del RELATIVO tanto vituperato!…

 

“Il sole ha la grandezza di un piede umano”. Eraclito. Frammento 3.

Se l’uomo “guarda” il sole col “senso” immediato ed evidente, lo vede largo in effetti non più del suo piede… Ma il Logos , armato di “raziocinio”, gli fa capire che il sole va ben oltre la grandezza di un piede… Non si prescinde dalla nostra “intuizione” a valle della nostra “esperienza”… Perché la “sensazione” ci conduce per mano nella giusta direzione, ma è l’intuizione che dà il colpo finale all’ignoranza… Se ci fermassimo solo a ciò che è sensibile mai avremmo saputo quale sia le vera distanza del Sole… Così Copernico stabilì il suo “sistema” rappresentandosi il mondo a sua misura, cambiando il posto di osservazione… Il suo “intuire” scoprì il “Sistema Copernicano” (supportato dal calcolo) anche se nella realtà questo era sempre esistito e non “visto” ben prima che il suo geniale scopritore lo riportasse alla luce!…

Vi è in noi come una esigenza, una necessità di affermare un’IDEA GUIDA sino a sfinirci… Un’idea che dal profondo  ci tormenta da sempre non lasciandoci dormire sonni tranquilli, e che cerca di imporsi a qualsiasi costo!… Un’idea che ci faccia sentire non solo “esistenti”, ma parte attiva di un “tutto” finalizzato ad un SENSO che possa scrollare di dosso la polvere fossile delle nostre singole vite…Idea illuminante il “divino” percorso del Logos… Attenti, sembra dirci l’Eraclito, perché se rapporto il Sole con il mio piede, questi sembra della stessa misura… Ma io debbo “intuire” che ciò non corrisponde a verità… Che i miei sensi falliscono quando sono al cospetto del Logos… Perché è la “ragione” ,datami in dono da lui, a farmi riflettere su ciò che sta a monte del mio riscontro sensibile… E sappia con ciò il mio “antagonista” presunto , l’Eleate Parmenide, che nella realtà io e lui ammettiamo l’identica cosa, solo diversificata nei nostri personali punti di vista… Ma che stai dicendo, potrebbe rispondere Parmenide “venerando e terribile”!…Pur ammettendo come tu dici, mio buon Eraclito, che stiamo dicendo la medesima cosa, la verità dei “sensi” è la “non-verità” del “molteplice” che nemmeno sfiora il mio “rotondo” e “statico” ESSERE!… Orbene Eraclito, tu sostieni l’esatto contrario, e cioè che la verità è nel mutevole e continuo movimento dell’Essere!…Ma come puoi pretendere che questo sia assolutamente perfetto,mancando lui di intrinseca stabilità e non posando i suoi sacri piedi sul fermo terreno dell’unica e vera Scienza?…Ma questo è il punto, potrebbe rispondergli Eraclito… Tu Parmenide vedi nell’Essere il punto cruciale, come io lo vedo nel Logos… Ma anche questo è “ragionevole”!… Tu stai ad occuparti del “vero”, e ti accontenti di nominare il ricettacolo… Ma non consideri che questa “verità” a cui ti aggrappi con ostinata e razionale coerenza si “muove” a te insieme, non lasciandoti percepire il suo movimento segreto!… L’Essere che tu “credi” fermo non fai che “pensarlo” per ogni microsecondo passante , per poi definirlo “reale”, giusto per affermare che “Essere e Pensiero” sono la medesima cosa!… Come potrebbe sennò l’Essere pensare se stesso se non rinnovandosi di continuo ed evolvendo insieme al Pensiero?… E via così, finchè l’ambulanza non venga a prendermi portandomi via…

 

“L’opposto concorde e dai discordi bellissima armonia e tutto accade secondo contesa”. Eraclito.Frammento 8.

Prima di lui qualcuno ricercò l”unità del molteplice” scrutando in qualcosa che si potrebbe definire una “super-materia”… Ogni cosa veniva ad “essere” pagando lo scotto della sua esistenza, a scapito di altra materia al tramonto dopo aver visto esplodere il suo sole esclusivo… E così all’infinito, tra molteplici mondi che si accendono e spengono sino all’esaurimento…

Era “positivo” questo sorgere e tramontare, perché l’unità “multipla” era il collante (fosse stata acqua, od aria, o “indeterminato”, non cambiava il discorso)… L’aspetto unificante dell’Essere era una sorta di “archè” misterioso e fissato tra i paletti di una sottostante materia…

Ma perché adesso non ricercare la “verità” invertendo tendenza?…Perché non vedere in questo l’aspetto “contraddittorio” dell’Essere?… Forse ci prendi, caro Anassimandro, quando affermi che l’inizio era il caos primigenio… Ma sbagli se fai intervenire la Dike, la “giustizia”, per rimettere a posto le cose e risolvere le “contese”, facendo pagare le colpe a chi queste colpe davvero non ha!… Perché proprio nella “COLPA” risiede la vera “ARMONIA” e bontà di quel “tutto” viaggiante che insieme con lui porta il “bello” ed il “brutto”, il caldo ed il freddo, il chiaro e lo scuro, il divino ed il demonico che comporta ogni vera “creazione”!… Perché questa CREAZIONE è un atto doloroso ,ma dovuto, per smuovere lo stallo di “indifferenza” che, senza il minimo vento, ristagna e  tutto avviluppa tra le sue calde mammelle esentate da conoscenza coscienziosa e vitale…

Positivo e negativo alfine si invertono nel loro “contrario”… Per capirsi ed evolversi, formando una nuova “armonia delle cose” (chissà che Hegel non abbia ideato la sua “dialettica” partendo dalla lettura di Eraclito)… E’ la CONTESA primaria del “tutto” che fa evolvere “tutte le cose”!… Scivolando dal macrocosmo al microcosmo, questa contesa è vista come un ricercare l’”altro” dentro se stessi…Una “separazione da sé” , per riconoscere e riunificate il soggetto all’oggetto veduto, prendendo coscienza di essere “uno” e “diverso” dal mondo restante ( e non è forse una contraddizione riconoscere gli altri attraverso il riconoscimento del proprio sé?)…

Deve esservi un misterioso legame, una compatibile affinità, tra ciò che in noi vediamo accadere ed il rimanente mondo esteriore… Tra l’io e il tu, tra la puzza che odoro schifato , e la merda che ho appena pestato… Tra l’emozione che provo a rivedere un viso che ho amato in passato, e il brancolare adesso in un sentimento confuso… Tra magari la causante di questa sensazione intrigante, mentre mi titillo l’uccello  eccitato…Il mio essere al mondo si confronta con la “mia” rappresentazione del mondo… Pazzesco e sublime, altamente esclusivo ed in erezione!… Tutto ciò mi riguarda, come il processo di separazione e diversificazione da ogni altro, che non è lo stesso processo di “individuare” me stesso, anche perché per riconoscermi devo sentirmi diverso… E perché ho appena appreso sgomento che l’”individuazione” è come l’ “armonia dei contrari”, il procedimento dialettico di una coscienza “mediata”… Vedersi nella discordanza ci fa gustare la segreta armonia, uscendo dall’immediato per non più farvi ritorno e procedere oltre… Io sono altro dall’albero che vedo in questo preciso momento… E per capire di non essere come lui devo prima capire me stesso, e comprendere che nel distacco vige il riconoscimento finale… Perché l’opposizione è mediazione…

Nell’immediato vivremmo la vita senza cazzo SAPERE di viverla…Come non conosceremmo l’”idea” della morte nemmeno mezzo secondo prima di essere giunti al traguardo finale… E trovo questo molto curioso… Tramite la “mediazione” abbiamo la possibilità di immaginare la nostra morte (questo agli altri animali è precluso) senza nemmeno “conoscerla”, magari pensando al “memento mori” senza viverlo nella realtà…Così la nostra madiata “sapienza” è la vera ed autentica “angoscia” di vivere, pur sapendo che un giorno dovremo morire… Una esclusiva fragilità dell’Essere!… E una grossa fregata, tutto sommato!…

 

“Come potrebbe uno nascondersi a ciò che non tramonta mai?”. Eraclito, Frammento 16.

Cosa rispondere a cotale sentenza eraclitea non lasciante scampo di fuga?… Non rimane che il SILENZIO… Ma non un “riflessivo” silenzio, bensì quello dall’annichilimento!… Come se certe sue frasi non si possano meditare ma solo “annusare”… O forse “SENTIRE” col dono di una accentuata intuizione che sia in ascolto del NULLA… Mentre a noi non rimane che il sonno… Sogni tranquilli, avvolti tra le calde coperte delle nostre “certezze” che si vanno smarrendo nella copertura di “colpevoli” macchie… Perché lo stato di veglia riguarda “qualcosa” al di fuori di noi, che ci insegue mordendo il nostro tallone, e al quale non potremo sfuggire ancora per molto… Vogliamo forse chiamarlo il MESTIERE DI VIVERE?…

E’ come attraversare in equilibrio precario l’abisso del “divenire” che non ci riguarda sul serio, se non nel nostro breve tragitto che crediamo dettato dalla nostra individuale esistenza di maschere…Fino a che la decomposizione del nostro organismo ci riporterà, volenti o nolenti, verso quel “tutto” di humus tanto caro al nostro pianeta un tempo ricolmo di trilobiti sugli strati di roccia marina…

Ma stiamo tranquilli!…Perché forse una luce a noi esterna ci riformerà di nuovo in futura esistenza… Solo che noi più non saremo individui senzienti privatamente, ma altra materia assumente forme svariate… Grasso colante che si accende in fiamma portante calore e colore nell’universo!… Forse…Ma che cazzo mi può fregare?…Ormai più non mi riguarda… Semmai riguarda solo la luce…Ma cosa io posso pretendere da questa luce?…

Forse uno straccio di nulla assoluto!…

 

“Per la divinità tutte le cose sono bene, buone e giuste; gli uomini invece alcune cose ritengono ingiuste e altre giuste.” Eraclito, Frammento 102.

Perché per gli dèi è l’”Essere Assoluto” ad imperare su tutto, e questi è INDIFFERENZA di Bene e di Male… Se l’Essere è infatti Bene e Bellezza, la sua privazione equivale al Male e alla Bruttezza… Tuttavia l’indifferenza di Bene e di Male non significa in particolar modo che il “Male non sia”, ma che il Male è semplicemente in “potenza” e non “atto”… Definire il Bene ed il Male per gli dèi è illogico, perché essi sono AMBIVALENZA e contenitori di intrinseca “Verità”… Perché l’Essere è superiore al Bene ed al Male (è al di là del Bene e del Male…) che nella realtà sono conosciuti e definiti dal pensiero e dalle azioni degli uomini… E comunque non oltrepassano la concezione del “limite”, se non per distruggersi o per voler diventare simili a dèi!…

Non poteva essere che così…Solo la concezione del “Nulla Assoluto” implica una assoluta “Negazione”… Il “Male Assoluto” è una entità (o meglio non-entità) esattamente antitetica al “Bene”, e con la stessa “forza-valore”… Per questo chi pone il Nulla Assoluto può spaventare le anime candide e pure, visto che il Male assume la stessa importanza del Bene!…E non può esservi scampo per chi “deliberatamente” scelga il Male!…Per questo a volte i criminali sono “sublimi” nel loro scegliere il “Male”… E per questo la “Legge Morale” acquista in noi enorme valore!…

Se il Male è solo una privazione di “grado” del Bene, allora a vincere è l’ignoranza… E l’ignoranza non sarebbe vera “colpevolezza”… Basterebbe ripercorrere il sentiero che ci riporta alla conoscenza di Dio per poterci redimere da ogni peccato…

Ben più difficile è la scelta del Bene come atto di libertà estrema, anche dal dio!…In linea teorica non sarebbe tanto difficile…Basterebbe sul serio fare dell’altro una priorità paritaria a noi stessi (caro e dolcissimo Kant)…Basterebbe avere rispetto dell’altro…

Ed ora volgendo lo sguardo sul NULLA ASSOLUTO (spaventevole baratro, come parlare del “Male Assoluto”!), se Essere e Nulla sono antitetici e “assolutamente” di uguale valore, questa  contrapposizione si scioglie nel momento che uno dei due prevale sull’altro… Ma questo non può succedere… Nessuna gerarchia può esservi tra uguali tiranni!… E ciò non comporta che il renderli identici con “divina” ambivalenza… Come se l’Essere fosse il Nulla, e viceversa!… Così è salva l”indifferenza” del Dio, ma non l’”umano” aspetto di questa realtà… Perché l’umano “linguaggio” non è la realtà della “Cosa”, a meno che la COSA SIA LA PAROLA!…

E il nichilista che assumesse il suicidio come l’indifferenza di vita e di morte, giustificherebbe il suo punto di vista “assoluto”!…Atterrisce in ciò la sua smania assoluta di essere libero… Il suo “logico” intelletto che ricerca liberazione dal suo ricettacolo organico!… Proprio in questo lui vuole essere uguale al suo dio, se non superiore, tramite una LOGICA ferrea!… Per il nichilista non è infatti illogico sopprimersi compiendo un atto disperato… Anzi questo sta nella logica!…Perché il nichilista è il più spaventoso “credente”,anche se ateo, che esista sul suolo terreno di questo pianeta… La sua è una “redenzione” senza speranza!…

Perché questa voglia di annichilimento che a volte ci coglie improvvisa?…Se la colpa non è di un “Dio malvagio”, questo bacata insidia dell’anima deve provenire dal nostro interno bisogno di distruzione…Come se fosse l’immagine speculare del volto osservato davanti allo specchio…Come un Dorian Gray intimoritosi da quella immagine, noi ricopriamo lo specchio con la stessa coperta dell’Oggetto Assoluto, come se questo fosse un Dio a cui credere ciecamente per poterci salvare dallo spaventevole abisso dell’oscurità…Come una ricerca di luce nel buio profondo… Il nostro esclusivo “Vangelo di san Giovanni”, giusto per farci osservare il volto di un Dio che ci tolga di dosso le tenebre… Per non farci pensare che da lì proveniamo e lì finiremo!… Affermare Dio ci assicura l’eternità, ne è il nostro avallo (che poi sia beatitudine o dannazione, trasformazione della materia con o senza la coscienza delle vite passate , a noi poco ci importa… Pur che sia comunque un continuare la vita!)… Perché l’affermazione del Nulla ci toglierebbe da sotto il placido culo l’insopportabile eternità, facendoci ribellare ad un destino stabilito da altri!…

 

E dopo il libero commento di alcuni frammenti di Eraclito seriamente mi chiedo cosa cazzo io abbia mai scritto…In fondo è la mia singola interpretazione… Una delle tante possibili “allegorie”!… Ma si può così dissertare sull’originario pensiero di un Greco che è vissuto cinque secoli prima di Cristo?…  Tutto forse rimane “nascosto” sotto strati di sabbia, perché l’allegoria può essere cosa diversa dalla “Verità”, perché questa non andrebbe “spiegata” ma “svelata”!…

Solo tornare ad un SIMBOLO originario ci fa scorgere una scintilla di verità… Perché spiegare la “lettera” è già “mediarla”, quando il Simbolo “immediatamente” dovrebbe render visibile l’uscita da qualsiasi oblio…Come un richiamo di fuoco che, accolto nel freddo notturno, rischiari una scena non molto evidente nel buio, rimango melanconicamente a pensare che ,se così è, le origini del greco pensiero non possono essere scritte tramite allegorie… “Riflettere” su alcuni frammenti per spiegarne il “senso nascosto” è come vedere i raggi ultravioletti ad occhio nudo…

Il Presocratico pensiero rimase in buona parte fedele all’”origine”( forse con la sola eccezione di Anassagora ) perché rimase attaccato a qualcosa di “semplice”…In fondo l’acqua di Talete o l’aria di Anassimene equivalgono al fuoco di Eraclito… “Simboli” di ciò che sono nella realtà, esseri fatti di “super-materia”, perché il Nome era ancora la Cosa!… Nessun vero “soprasensibile” era evidente sino all’arrivo dell’”empio” Anassagora!… Questi accampò una non meglio definita “Intelligenza” (il Nous) a governo di un mondo fatto di “atomelli” (gli omeomeri) non “quantitativi” , come in Democrito, bensì provvisti di “qualità”… Tuttavia di questo Nous, come afferma il Socrate del Fedone “platonico”, Anassagora non sa dirci nient’altro!… E’ come affermare, dice più o meno Socrate, che l’uomo si è seduto perché posa le natiche sulla sedia!…Ma il Nous deve essere qualcos’altro!… Occorre per forza dover spiegazione ciò che è superiore ed inspiegabile!… Ma anche Platone non riesce a procedere oltre piazzando le “Idee” in un fantomatico Iperuranio!… Non potrebbe fare altrimenti, mi sento di aggiungere… Perché per far discendere il “metafisico” a livello del suolo occorre un salto nel vuoto troppo pericoloso per sfuggire all’originaria fusione di “pensiero” e “materia” (soprattutto se sprovvisti di “fede”!)… Perché , parlando sinceramente, non credo esista nulla di metafisico, come non esiste quel cavaliere comparso dalla nebbia notturna e posto a guardia del giorno a venire, che nella realtà non è che un semplice alberello ricomparso dal buio…Uno scherzo della mia immaginazione!…

Oppure se il metafisico esiste, non può spiegarsi con i parametri fisici del nostro corpo malato di finitudine… Troppi suoni, odori e profumi distraggono il nostro sentire che a volte  vorrebbe, soprattutto alleviando i peggiori momenti, poter contemplare rapito una luce diffusa che dall’alto  guida il nostro sbarazzarsi da qualsiasi filtro di protezione fittizia!… Se l’IDEA DI LETTO (quello stesso ove mi intestardisco di prendere sonno…) nel falegname ripete l’idea “oggettiva” di un letto esistente “realmente” nell’Iperuranio, dove pascolano tranquille tutte le “Idee Universali”, quel “limite” ove il “sensibile” possa almeno sfiorare il ”soprasensibile”(che lo si chiami processione od emanazione e altro…) se ne rimane basito a godersi la nostra umana presunzione ed impotenza…Perché , al di la delle tante parole inventate da noi per esprimere l’inesprimibile, non possiamo conoscere la Cosa ma solo il suo Simbolo… Non si può “capire” un trascendere” vero, perché la nostra mente, pur “astrattamente” che possa pensare, non può prescindere dal suo contenitore corporeo…

I Presocratici forse, nella loro un po’ ingenua visione del mondo, si esprimevano e agivano dentro ad un Simbolo ancora non separato del tutto dalla sua “Cosa”… Magari in questo più di noi si avvicinavano a quel miraggio in mezzo al deserto ove LA PAROLA E’ LA COSA!… Così che gli aforismi di Eraclito nella loro immediata (forse) purezza vorrebbero dirci quello che affermano  con spaventosa e ambivalente naturalezza e oscurità… In questo caso l’unico espediente per pensar come lui è di penetrare nell’”Essere” vero e trasparente usando il Simbolo come un incudine!… Tramutare l’”interpretazione” nella scarna LETTURA di questi Frammenti … Senza semplicemente nulla “spiegare”, ma solo SENTIRE ed ODORARE, come il profumo dell’erba bagnata, o l’annusare l’asfalto dopo un acquazzone improvviso!…

Non riusciamo a scorgere la Verità perché questa è ricolma di purezza e semplicità… In lei il Nome è la Cosa (volendosi proprio illudere che esista una Verità!)… E il Logos si manifesta in quella semplice lettura del testo, diventando il simbolo di quell’invisibile Essere…Per tutto ciò, a poco è servito commentare questi frammenti, se non per dimostrare che un “occidentale” nato duemilacinquecento anni dopo di Eraclito non può cogliere il vero pensiero delle origini, perché questo lo si ricerca in un metafisico “luogo” lontano , che invece è sempre rimasto invisibile da qualche parte intorno a noi tutti!… Il vero mistero è in questo mondo, non in un ipotetico “altro”… Spirito e Lettera separati non portano a nessuna verità “originaria”…

Voglio concludere con un pensiero si Schelling che trovo terribilmente affascinante… Non saprei dire perché, se non per istinto!… : “La semplice via della spiegazione non conduce a nulla e tanto meno alla vera conoscenza. La scienza non spiega : indifferente a quali siano gli oggetti che possano scaturire dal suo procedimento puramente scientifico, essa costruisce. Ma proprio l’adozione di questo procedimento fa si che alla fine essa venga come sorpresa dalla totalità compiuta e conclusa : gli oggetti si trovano ad occupare direttamente, grazie alla costruzione, il loro vero posto, e codesto posto, che essi ottengono nella costruzione, è ad un tempo la loro unica vera ed autentica spiegazione. Non è più necessario ora risalire ulteriormente dal fenomeno alla sua causa : esso è questo determinato fenomeno. Soltanto in un processo siffatto v’è realmente necessità.”…

Insomma tutto deve procedere per il suo verso, e tante grazie per avervi partecipato!… Una volta avviato quel meccanismo noi non possiamo che prenderne atto sino allo spegnimento definitivo del sole… Cosa di più “arcaicamente greco” in questo pensiero senza “speranza”?…

 

 

62.

 

 

Il “demone” è il LIMITE dell’uomo…Ciò che lo caratterizza per quello che è : la sua “diversità” da ogni altro singolo individuo di questo pianeta… Non è un caso che sia un demone l’entità di raccordo tra l’umano e il divino… Perché equivale alla tensione dell’uomo nell’infinito, e la sua bramosa voglia di raggiungere Dio per almeno toccarlo… Per sentire se la corazza è fatta di scaglie o di maglie argentee…

Ma qui scatta il limite…La divinità se ne rimane lontana e indifferente a ripensare al proprio cazzeggio esclusivo… Se così non fosse, l’anelito ad una “assoluta” libertà sarebbe fattibile e magari raggiunto…Il carattere “limitato” dell’uomo potrebbe così svanire in una moltitudine di atti istintivi nonché scollegati… E tutti morenti nella sintesi di una “storia”, per poi rinascere negli episodi dell’attimo, nemmeno chiedendo il permesso a qualcuno!…Più non si avrebbe una “persona”, ma una irrazionale infinità, oscura ed umidiccia nel suo illimitato vagare in cerca di luce e calore…

Analogamente nel macrocosmo è il dio a mettere limite all’infinita moltitudine dovuta ai maldestri gesti della natura (non potrebbe bastare il demone in questa impresa) facendo assumere a tutte le cose la loro bramata “armonia” ed “unità”… Chissà che l’anelito umano di raggiungere la divinità non sia una metafora della sua consapevole frustrazione di non poter far nulla per conoscere il vero segreto di ciò che chiamiamo col generico nome di “vita”… Perché il Dio e la Vita sarebbero i portatori sani dello stesso mistero…Coglierne il significato profondo è l’immane e inutile tentativo che l’umanità da sempre (e invano) ricerca… La stessa filosofia lo testimonia, rischiando da sempre di cazzeggiare nell’astrattezza!…

Non è forse un caso che la donna viva le “grandi domande” che l’uomo si pone in “religioso” silenzio, nonché con meno angosciata astrattezza… E’ come se a lei parole come “carità” o “provvidenza” suonassero più familiari che a noi tormentati maschietti del cazzo… E la Madre del Cristo, per fare macroscopico esempio, è simbolo di una interiore tranquillità sofferente…Un pacato mare di umidità femminile che soffre in dignitoso silenzio la visione di un povero corpo straziato e inzuppato dal sangue su di una croce… Lei , che in grembo ha tenuto “Il Figlio di Dio”, “sa” senza sapere o chiedere spiegazioni al suo fato…

La partoriente di un essere che viene alla vita non può che sorridere delle vane e inconcludenti dissertazioni operate da un uomo che vorrebbe sapere quale sia il mistero di vivere… Perché lei “sente” sul serio l’esplosione vitale al suo interno… Per lei “conoscere” ed “essere” sono identici!…Onde per cui, cara M., credevo fossi una stupida… Invece sono io il grande stupido!… A questo ripenso, facendo un gran balzo nel tempo, mentre guardo oltre la staccionata nella fervida attesa  di uscire da il mio ufficio di merda per andarmene a casa…

Urge ed incombe una veduta al di fuori, oltre la siepe del nulla che mi sono costruito negli anni… Mentre la scrivania è ricolma di computi metrici che mai porterò a buon fine… Le scartoffie  ripiene di carta intestata e “numeri primi” e secondi… Tutte le voci, incluso tabelle, di un edificio ristrutturato a nuovo di cui mi interessa una sega…  Ma è l’ora finalmente di uscire da quella prigione a doppi vetri anti-rapina… Saluto mentre esco all’aperto… E’ ancora giorno… Lì fuori mi attende una stupenda serata in compagnia delle solite caccole televisive…

Ma poco prima di arrivare sulla porta di casa incontro una persona che non vedevo da un pezzo…Dal tempo dell’”impegno politico”, per dirla tutta…Dopo le solite chiacchiere lui mi domanda a bruciapelo se alfine mi sono sposato (lui ha quattro figli ed ha avuto due mogli, intanto mi dice)…La solita domanda con la mia solita risposta evasiva attivata!…Non mi sono sposato, cazzo di budda, e accampo le solite banalità dettate dal caso e dalla necessità!… Il vero motivo è che sono afflitto da grande PAURA… Paura di uscire da quel tenero fumetto ove svolazzo libero e indisturbato in compagnia di me stesso… Un Peter Pan che mai vuole assumersi certa RESPONSABILITA’ della vita… Che a volte vorrebbe vivere solo osservando alla sera, dopo il tramonto, un cielo stellato poco prima del pisolo…Anche se nella realtà delle cose non si tratta di stelle, ma del soffitto di casa infestato da lampade alogene al posto degli astri…

Vabbè…Saluto l’amico mentre scambio con lui il numero telefonico… Ci imponiamo di sentirci per un incontro serale… Vuole farmi conoscere la seconda moglie e il suo  suo  quarto figlio…Cazzo, ne è passato di tempo dal sessantotto (che poi per noi era il settantuno)…Dall’occupazione si scuola con relativa fuga dalla finestra (del piano terra,naturalmente!) alla prima puzza di “celererini”…Per poi entrare in un bar, farmi birretta e tornare a casetta… Mi piace scherzarci un pochino, sul SESSANTOTTO e sul mio entusiastico e giovane “impegno”…Ma quello che sono adesso è la conseguenza di quello che ero…Con qualche chiletto di più e qualche capello di meno…Ma ormai sto cadendo sul banale-patetico…

Ci rivedremo senz’altro, ci stiamo dicendo io ed il mio amico un po’ ipocritamente… Tutti e due siamo consapevoli che mai più ci vedremo…Almeno durante la vita…E per oggi così può bastare…

Domani è un altro giorno, recita la Rossella…

 

63.

 

 

In certi giorni, in certe particolari situazioni, vorrei sul serio cercar di capire cosa nascondano gli sguardi assorti di tante persone che mi sfiorano passando per strada… Vicini di casa della mia esistenza di abitatore di questo condominio mondano… Sono gli sguardi di gente un po’ triste comunque… Sembrano cagati dal diavolo col male di pancia, per usare un vecchio detto nostrano…

Un analogo sguardo lo rivedo al mio specchio del bagno ogni mattina, poco prima di andare di corpo… Lo stesso sguardo che mi lascia pensare alla imperante solitudine che mi circonda quando ho ricordo di essere un singolo circondato da singoli… O quando ho la reminescenza che il mio pensiero non può riguardare nessun altro, se non confrontandosi direttamente con il mio alter ego…

Cerco altri esseri umani a me singoli, e volte non mi ritrovo che ad osservare dei volti…Perché in ogni singolo riposa , protetto dal suo nascondiglio interiore , un intero pianeta che emerge solo nei frammenti di lucida azione…

Tanti pianeti di questa umana galassia tutti i giorni si incrociano, si azzuffano l’uno con l’altro, o rimangono indifferenti a tollerarsi a vicenda… Si amano o si detestano… Ognuno di loro vive nella sua elusiva solitudine quotidiana, nell’attesa che esploda qualche super nova impazzita di luce, o qualche fatale aneurisma prima del tempo diagnosticato… Uno di questi pianeti l’ho appena scorto passarmi dinanzi in questo momento… Ha il volto fisso e perduto nei suoi ricordi non certo troppo felici… Lui crede che quel volto infelice e disfatto dal suo personale soffrire non possa riguardare alcun altro… Ma forse si sbaglia… Invece riguarda tutti quelli che inconsapevolmente provano quello che lui sta provando nell’intimo…

Ci si sente unici nel soffrire… Bisognerebbe cercar di capire cosa nasconda ogni solitaria persona  passante per strada… Forse anche lei vorrebbe amare con disperata abnegazione qualcuno… Perché poi non vi riesce?… E’ davvero poi sempre quel che ci attrae inversamente proporzionale a ciò che ripugna, o addirittura questi a volte potrebbero collimare?…

A volte vorrei amare sul serio…Così non basta…Non può mai bastare…Anche fossero solo le persone che incontro per strada, senza poi chiedermi se trattasi di paludato egoismo o di vero altruismo… A volte vorrei ritornare bambino per stringere la manina di qualche mio simile… Perché tutto il mondo, sul finire di ogni dotto cazzeggio, dovrebbe assolutamente concludersi in un totale e contagioso INNAMORARAMENTO infantile!…Perché è troppo bello vedere due giovani vite che si guardano perse una nello sguardo dell’altra, come quei due ragazzi che si stanno baciando tre posti più in là del mio tavolino di vetro, mentre mi accingo solitario a sbafarmi una birra…La mia solita Ceres…Ho cominciato con quella, e con quella finisco, tra le raspe dei miei pensieri!…Sono belli quei due…Anche se già i loro magri visetti sfumano nel non ricordo, lasciandomi addosso un senso di delicata gioia, come non mi succedeva da tanto, da troppo tempo… Ma piccoli!…

Altro che amare l’intera e generica umanità, penso in questo preciso momento mentre loro si stanno facendo le coccole!… Sul serio, basterebbero i singoli… In fondo sono loro che fanno la vera storia di questo pianeta… Gli unici che avrebbero il sacrosanto diritto di

                                                                                                         RACCONTARE                                                                                                                                

                                                                                                                                   LA STORIA…

 

 

 

FINE DEL PRIMO

(E SICURAMENTE UNICO)

QUADERNO